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venerdì 11 giugno 2021

I miserabili. - Gianfranco Zucchelli

 


Noi siamo noi……voi (parenti delle vittime) non siete un cazzo…..

Aperta parentesi. Ho sempre invidiato chi ha frequentato un corso di laurea, se poi questo corso è stato fatto in alcune università prestigiose tipo la Bocconi di Milano o L'Alma Mater Studiorum di Bologna…chapeau! Senza fare nomi , ma solo cognomi, pare che Berlusconi e Prodi, abbiano frequentato queste prestigiose università o comunque qualcosa di simile. Chiusa parentesi.

Questi due signori che vengono definiti cavaliere e professore, hanno a suo tempo sottoscritto un accordo con i Benetton, per la gestione di qualche migliaio di km di autostrade.

Autostrade costruite e finanziate dai comuni cittadini. Questo accordo è stato “SECRETATO”, perché tu cittadino coglione che le hai pagate, non devi sapere che tipo di contratto è stato stipulato.

Tu, cittadino coglione, cornuto e mazziato devi pagare e basta.
E fin qui tutto normale in uno stato di merda.

Poi c’è il crollo di un ponte che per taluni è una fatalità, quando relazione tecniche di università d’ingegneria di Zurigo- Milano e Genova, mettono nero su bianco che il ponte è a rischio crollo e quindi è una tragedia annunciata.

Ma chi doveva controllare (lo stato ) è stato ben oleato con tangenti, mazzette, pagando partiti di dx-sx-centro mentre i media cartacei e catodici venivano addolciti con spot pubblicitari sui canali rai (giri d’italia di ciclismo) sky (documentari sull’ambiente e sul bel paese) mentre ad alcuni giornali (repubblica e corriere) venivano finanziate le kermesse di tre giorni dove sfilavano soloni universitari che raccontavano balle (più erano grosse e più veniva aumentato il gettone di presenza).
Insomma per anni ci hanno raccontato balle galattiche.

Poi arriva un coglione di ministro, straccione, puzzolente e per di più 5 stelle, che ha l’ardire di scoperchiare il merdaio racchiuso nei verbali, dove si evince che i Benetton avevano carta bianca sulla gestione e manutenzione delle autostrade, ovvero ricavi miliardari garantiti, mentre la manutenzione era un optional.

Inutile dire che è stato silurato.......

Il crollo del ponte evidenzia tutto questo, ma…….a distanza di quasi tre anni, la magistratura procede con i piedi di piombo, perché dall’altra parte si sono schierati fior di avvocati che dopo aver letto i contratti a suo tempo sottoscritti fra Berlusconi&Prodi e i Benetton, in base alle clausole a suo tempo firmate, questi ultimi - pur avendo sulla coscienza 43 anime innocenti - sono dalla parte della ragione. Ma non solo.
Tu stato che hai concesso le autostrade ai Benetton (ripeto con contratti secretati) e dopo che questi le hanno ridotte a trincee, se vuoi entrare in possesso, devi pagare 2.4 miliardi di euro come indennizzo. Siamo fantastici.

I morti e parenti delle vittime? Loro non sono un cazzo, mentre io sono io……Ma per cortesia non ditelo in giro, perchè potreste disturbare le trattative in corso.....

Gianfranco Zucchelli su FB

domenica 18 aprile 2021

La Gronda di Genova, quella giusta. - Beppe Grillo

 

In questi giorni Autostrade per l’Italia – che attualmente è ancora in mano ai Benetton – torna all’attacco e rimette sul tavolo una delle “grandi opere” più controverse degli ultimi anni, sperando forse che il governo Draghi, con dentro la Lega, possa cancellare ciò che è stato fatto con gran fatica dal primo governo Conte e in particolare lo straordinario lavoro del nostro Ministro delle Infrastrutture e Trasporti Danilo Toninelli.

La Gronda di Genova, così come progettata dal concessionario, è un regalo che volevano farsi da soli, pensato anni addietro principalmente per aumentare i guadagni e spuntare una proroga di quattro anni sui 3000Km di autostrade che Aspi ha in concessione.

Una doppia follia: primo perché il loro progetto è sovradimensionato rispetto alle reali necessità, secondo perché concedere quattro anni di proroga ad una concessione che già scadrà nel 2038 significa appunto fare un regalo da miliardi di euro al concessionario, alla faccia del libero mercato e della concorrenza. Miliardi che nel loro progetto iniziale avrebbero addirittura iniziato a incassare ancora prima di fare partire i lavori.

Pensate infatti che fino al 2018 i grandi concessionari autostradali aumentavano i pedaggi semplicemente pianificando investimenti sulla carta. Investimenti che molto spesso non venivano neppure realizzati o erano in grave ritardo e che le società poi usavano per spuntare proroghe delle concessioni.

Il sistema dei colossi del casello era rodato: prima della scadenza della concessione andavano dallo Stato sventolando il progetto di una o più opere ferme da anni, facendo intendere che, senza proroga, il progetto sarebbe finito nel cestino. Lo Stato, per evitare ulteriori ritardi, la concedeva.

In poche parole, prima dell’arrivo del M5S al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, i privati con questi giochetti incassavano sempre di più spendendo meno di quanto avrebbero dovuto. Un sistema che è rimasto in piedi fino all’approvazione del decreto Genova, dove abbiamo rivoluzionato il mondo delle concessioni legando gli aumenti tariffari agli investimenti effettivamente realizzati. Con meno investimenti i pedaggi diminuiscono. Una cosa mai vista prima in Italia!

Oggi probabilmente qualcuno in Autostrade pensa che i tempi siano tornati indietro di almeno tre anni. E allora eccoci di nuovo qui a ricordare che nell’agosto del 2019, un anno dopo il crollo del Morandi, venne pubblicata un’analisi costi benefici indipendente che contemplava diversi progetti alternativi alla Gronda dei Benetton, meno mastodontici, i cui risultati non lasciavano dubbi: era necessario intervenire per risolvere i problemi di traffico di quella tratta, ma si poteva farlo con progetti enormemente meno costosi e meno impattanti da tutti i punti di vista. Al posto di un progetto folle da oltre 4,5 miliardi di euro e una galleria di decine di chilometri scavata nella montagna, era possibile ottenere benefici maggiori potenziando il tratto dell’autostrada A7 già esistente e triplicando le corsie in direzione Genova aeroporto.

Chi vi racconta che il M5S è contro la Gronda vi sta mentendo. Noi siamo contro un progetto scellerato che regala miliardi ai concessionari scaricando tutti i costi sugli utenti e sull’ambiente.

Chi oggi parla della Gronda, di quella voluta dai Benetton, probabilmente lo fa perché pensa sia arrivato il momento di distruggere tutto il lavoro fatto con grande fatica fino ad oggi per riequilibrare il sistema delle concessioni.

Chi oggi parla di quella Gronda come l’unica soluzione possibile forse lo fa perché ha voglia di fare un regalo a chi, negli anni, si è sempre dimostrato generoso con chi di fatto gli ha quasi regalato le nostre autostrade.

Chissà che oggi qualcuno non speri che grazie alla Gronda dei Benetton questo sistema si rimetta in moto. Peccato per lui che si troverà ancora una volta il M5S a fare da muro.

IlBlogdiBeppeGrillo

giovedì 12 novembre 2020

United leccons. - Marco Travaglio

 

Il minimo che si possa fare leggendo le intercettazioni di Castellucci, Mion e degli altri magnager di casa Benetton intercettati dalla Procura di Genova, è vomitare. Ma stupirsi, per favore, no. Da ieri siamo inondati dai commenti indignati di politici, giornalisti e commentatori che fingono di meravigliarsi per le parole sprezzanti dei manager scelti dai Benetton per speculare a suon di dividendi miliardari su un bene pubblico (le autostrade), la sicurezza pubblica (le mancate manutenzioni dei viadotti) e l’incolumità pubblica (i cavi del Morandi “corrosi” e i pannelli “incollati col Vinavil”). Ecco: ce li risparmino. Oggi intitoliamo questa colonna come quella dell’agosto 2018 sul crollo del ponte Morandi, perchè ricordiamo benissimo cosa dicevano questi tartufi. Era già tutto chiaro e lampante allora, almeno per le responsabilità gestionali dei dirigenti scelti da Luciano, Gilberto & F.lli, noti imprenditori a pelo lungo passati dal tosare le pecore al tosare gli italiani. Ma quando il premier Conte e i suoi vice Di Maio e Salvini (che si sfilò un minuto dopo) promisero ai funerali di cacciare i Benetton da Aspi, furono investiti da una potenza di fuoco politico-mediatica mai vista prima, al grido di “no all’esproprio” e “aspettiamo la Cassazione”. Anche se il crollo del Morandi (43 morti) era il macabro replay della strage di Avellino del 2013 (40 morti).

Solo il Fatto e la Verità osarono mettere la parola “Benetton” in prima pagina. Quella del Corriere non citava né Atlantia, né Autostrade, né Benetton: in compenso additava come colpevoli i 5Stelle e gli ambientalisti contrari alla Gronda (anche se la Gronda non l’avevano certo bloccata loro, non avendo mai governato né la Liguria né l’Italia, ma la destra e la sinistra; e comunque la Gronda, anche se esistesse, non rimpiazzerebbe ma affiancherebbe il Morandi). Stessa favoletta su Repubblica: niente Atlantia, Autostrade e Benetton, ma giù botte a i 5Stelle anti-Gronda. Idem su La Stampa (“Imbarazzo per un documento M5S” e per “il blog di Grillo”), il Giornale (“chi è stato”: i Benetton? No, “i grillini”) e tutti i tg. Perché? Elementare, Watson: i Benetton riempiono di pubblicità milionarie giornali e tv; il M5S e gli ambientalisti un po’ meno. In più, per pura combinazione, Autostrade sponsorizzava la festa di Repubblica “Rep Idee” e aveva nel Cda l’amministratore di Repubblica Monica Mondardini. Quindi la revoca della concessione alla Sacra Famiglia trevigiana era pura bestemmia. Repubblica, Corriere, Stampa, Messaggero e

Giornale ripeterono per giorni che Conte, Di Maio e chiunque altro si azzardasse a incolpare Atlantia per le colpe di Atlantia era affetto da patologie gravissime.

Eccole: populismo, giustizialismo, moralismo, giustizia sommaria, punizione cieca, voglia di ghigliottina, ansia da Piazzale Loreto, sciacallaggio, speculazione, ansia vendicativa, barbarie umana e giuridica, cultura anti-impresa che dice “no a tutto”, deriva autoritaria, ossessione del capro espiatorio, pressappochismo, improvvisazione, avventurismo, collettivismo, socialismo reale, oscurantismo. Ezio Mauro spiegò su Repubblica che “una delle più grandi società autostradali private del mondo” non può diventare “il capro espiatorio di processi sommari e riti di piazza”, “tipici del populismo” e dei “pifferai della decrescita”. Toccare la sacra concessione, per Daniele Manca del Corriere, era una pericolosa “scorciatoia”, “un errore” e “un indizio di debolezza”. Giovanni Orsina, su La Stampa, lacrimava inconsolabile per i poveri Benetton (mai nominati), “sacrificati” come “capro espiatorio”: roba da “paesi barbari”. L’emerito Sabino Cassese tuonava a edicole unificate, dal Corriere al Sole 24 Ore a Repubblica, contro la revoca ai Benetton e il ritorno delle Autostrade allo Stato: “Sarebbe una decisione immotivata e anche illegale”, strillava, scordandosi di premettere che nel 2000-‘05 era stato nel Cda del gruppo Benetton, uscendone con 700mila euro tra gettoni e consulenze.

Centrosinistra e centrodestra, a suo tempo lautamente foraggiati da Autostrade, le fecero scudo come un sol uomo, tempestando la Consob di esposti contro Conte&C.: il crollo che li angosciava non era quello del Ponte sui 43 morti, ma quello del titolo Benetton in Borsa. “Qualcuno sarà chiamato a rispondere di aggiotaggio” (Michele Anzaldi, deputato renziano, 16.8). “Consob avverte Palazzo Chigi: ‘Pericoloso turbare i mercati’” (Stampa, 17.8). “Consob raccoglie l’appello di Forza Italia: verifiche su Autostrade. Brunetta: ‘Attenzione a chi turba i mercati’” (Giornale, 18.8). Il Partito d’Azioni trovava il suo naturale portavoce nell’Innominabile: “Revocare la concessione ad Autostrade significa pagare 20 miliardi di danni”. Poi, con comodo, il nome Benetton riapparve sui giornaloni. Ma per riabilitarli con titoli e interviste strappalacrime. Da Pulitzer quella di Francesco Merlo (Repubblica) a Luciano dai capelli turchini, poco dopo la morte del fratello Gilberto. Merlo lo definì “imprenditore di sinistra”, forse perché nelle foto di famiglia siede da quella parte. Poi affondò il colpo: “È vero che il crollo del Ponte Morandi a Genova con i suoi 43 morti ha ferito lei e ha ucciso suo fratello?”. Mancò poco che chiedesse i danni ai famigliari delle vittime. Quindi, signore e signori: vomito sì, stupore no. Magari qualche parolina di scuse, ecco.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/12/united-leccons/6000684/

giovedì 1 ottobre 2020

Il governo ha deciso: revoca Atlantia, 10 giorni per cedere. - Carlo Di Foggia


 










Rottura totale. I Benetton minacciano l’apocalisse finanziaria.

Nel dossier Autostrade per l’Italia ogni giorno ha la sua pena e il suo ultimatum. La strada però sembra tracciata verso una nuova escalation. Il governo ha deciso di procedere alla revoca della concessione ed entro 10 giorni porterà la decisione in Consiglio dei ministri. In questo lasso di tempo si attende da Atlantia, la holding controllata dai Benetton, un passo indietro. Dal canto suo il colosso ha reagito ieri paventando l’apocalisse finanziaria: “Una simile mossa causerebbe un default gravissimo per l’intero mercato finanziario europeo”, ha fatto filtrare alla stampa. È l’ultima trincea dei Benetton ed è anche l’aspetto che spaventa di più il governo. In ambienti finanziari filtra che Altantia stia facendo il diavolo a quattro per spingere la Commissione europea a intervenire, tanto più che al netto dei Benetton, il 70% della holding è in mano soprattutto ai grandi fondi esteri.

Andiamo con ordine. Ieri è servito un ennesimo vertice a Palazzo Chigi. Al tavolo, il premier Giuseppe Conte e i ministri di Tesoro e Infrastrutture Roberto Gualtieri e Paola De Micheli con i rispettivi capi di gabinetto. Ieri scadeva l’ultimatum dato ad Atlantia per accettare le condizioni previste dall’accordo del 14 luglio scorso per chiudere la ferita del Morandi con la vendita di Aspi e la presa di controllo da parte della Cassa Depositi e Prestiti. La trattativa si è arenata sulla richiesta di Cdp di essere manlevata dai rischi legati ai contenziosi giudiziari sul ponte di Genova, che possono ammontare a miliardi di euro. Atlantia martedì ha risposto che la manleva è inaccettabile e si può trattare solo sul prezzo. Poi ha bollato come “illegale” la decisione del governo di subordinare tutti gli atti amministrativi, necessari ad aggiornare la concessione e chiudere il contenzioso del Morandi, alla cessione di Autostrade alla Cassa Depositi e Prestiti. Mossa che la holding ha denunciato a Bruxelles.

A Palazzo Chigi, ministri, premier e tecnici hanno fatto il punto. Ne è uscita una lettera spedita ieri ad Atlantia in cui il governo respinge le accuse, e avverte che porterà gli atti conseguenti in un Cdm che sarà convocato entro dieci giorni. In serata il premier ha fatto il punto nel Consiglio dei ministri convocato, già previsto per approvare alcuni provvedimenti in scadenza.

Nelle stesse ore, Atlantia riuniva la stampa e paventava l’apocalisse finanziaria: “La revoca – ha fatto sapere – provocherebbe un default sistemico gravissimo, esteso a tutto il mercato europeo, per oltre 16,5 miliardi di euro (i debiti di Atlantia, ndr), oltre al blocco degli investimenti. Verrebbero così messi a serio rischio 7.000 posti di lavoro di Autostrade. Bisogna assolutamente evitare questo scenario nefasto”. Il colosso si appella “all’equilibrio del premier Giuseppe Conte”, ma conferma di non voler accettare le condizioni dettate dal governo, anche perché “gli azionisti di Atlantia, dei quali il 70% è rappresentato da fondi istituzionali, hedge fund, investitori internazionali, non sono disposti ad approvare in assemblea soluzioni che non siano trasparenti e di mercato”. È questa l’ultima trincea. I grandi fondi stanno premendo a Bruxelles perché intervenga inibendo l’esecutivo italiano. Tutti guardano a Margrethe Vestager, la commissaria europea alla Concorrenza, assai sensibile alle istanze francesi. Tra gli azionisti colpiti ci sarebbero anche gruppi d’oltralpe. Tra i soci di minoranza di Aspi, per dire, oltre ai cinesi di Silk Road c’è un altro 7% detenuto da un veicolo, Appia Investment, sottoscritto dal gruppo assicurativo tedesco Allianz e dal colosso francese Edf Invest e Dif, con due suoi fondi infrastrutturali. Nei giorni scorsi Atlantia ha fatto sapere che la Commissione le ha inviato una lettera in cui spiega di star monitorando attentamente la situazione. La speranza è che un intervento più deciso blocchi la strada al governo italiano.

La palla, come sempre, è nelle mani dell’esecutivo. Se manterrà fede alla minaccia, la prossima settimana sarà convocato un Cdm per decidere sulla revoca. Tecnicamente sarà un’informativa del premier, la revoca vera e propria arriverà con un decreto interministeriale firmato da Gualtieri e De Micheli. Servirà però sciogliere il nodo di cosa fare di Aspi e della gestione dei 3mila km di autostrade in mano al concessionario. In base al decreto Milleproroghe di fine 2019 dovrebbe passare in mano all’Anas, ma si ipotizza anche di commissariare Aspi. Un primo punto verrà fatto già lunedì, quando è in programma il Consiglio dei ministri che deve approvare la Nota di aggiornamento al Def e le modifiche ai decreti Sicurezza. Parte del governo, specie i 5Stelle, premono però per decidere già in quella data.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/01/il-governo-ha-deciso-revoca-atlantia-10-giorni-per-cedere/5950014/

giovedì 16 luglio 2020

La grigliata di Ferragosto sarebbe un gran film. - Antonio Padellaro

Risarcimento maxi ai Benetton per il taglio degli alberi dello chalet
Soggetto per un film dal titolo: “Grigliata di Ferragosto”. 
A Cortina, nella villa di un ricchissimo e potentissimo industriale si svolge una riunione di famiglia per decidere se confermare oppure rinviare la tradizionale grigliata del 15 agosto, in compagnia dei parenti e degli amici più cari. La vigilia è stata funestata da una immane tragedia: a Genova il crollo del viadotto gestito da una società autostradale di cui la famiglia controlla il pacchetto azionario ha provocato decine e decine di morti e di feriti. I tg di tutto il mondo trasmettono continuamente le immagini del ponte che si sbriciola, con le auto e i camion che precipitano nel vuoto mentre si sentono le urla terrorizzate di chi non si capacita che sia tutto vero e prega di svegliarsi dall’incubo.
Anche nella grande villa tutti naturalmente si dicono turbati di quanto accaduto ma non tutti condividono l’idea di annullare gli inviti. Le voci si sovrappongono, poi tacciono quando un signore dall’aria saggia e gentile, probabilmente il patriarca comincia a parlare. Dice: comprendo i vostri sentimenti, che sono anche miei ma la nostra grigliata è stata organizzata da tempo, gli invitati stanno per raggiungerci, e cancellare tutto all’ultimo momento sarebbe complesso e anche poco educato. E poi, aggiunge, rimandare indietro i nostri amici e chiuderci in casa sembrerebbe quasi un’ammissione di colpa, e noi non abbiamo colpa di nulla. La decisione sembra presa quando una voce femminile sale di tono, e nell’osare ciò che osa quasi trema. Appartiene a una giovanissima donna, forse la nipote dell’uomo dalla voce saggia e gentile. Poche frasi soltanto, queste. Ma come possiamo fare finta che non sia accaduto nulla? Fatevi la vostra grigliata, io non ci sarò. Prima però che lasci la villa, il patriarca la ferma e le dice: hai ragione, non possiamo. E tutti si sentono sollevati. Quando ho sottoposto questa idea a un regista amico mi ha detto solamente: “Non funziona, troppo irrealistica”.

I Benetton, Benetton Edizone Holding, Atlantia e Aspi (Autostrade per l'Italia). - Massimo Erbetti

Nessuna descrizione della foto disponibile.

Cerchiamo di capire come stanno realmente le cose e come i Benetton controllano le autostrade: i Benetton tramite la loro cassaforte "familiare" la "Benetton Edizone Holding" detengono il 30% di Atlantia, che a sua volta controlla circa l'88% di Aspi (Autostrade per l'Italia), per cui i Benetton non sono i soli proprietari di Aspi, ma ne detengono circa il 25/26%, praticamente un quarto, ma essendo i soci di maggioranza (quelli con più quote), ne tengono le redini e ne decidono le strategie operative. Perché dico queste cose? Lo dico perché alcuni ieri hanno voluto strumentalizzare il salto in avanti del 23% (teorico) in borsa di Atlantia. Il "favore" se di favore si vuol parlare non è stato fatto ai Benetton che ne detengono solo il 30%, ma a tutti gli azionisti, che nulla c'entrano con le decisioni scellerate della gestione di Aspi e che non hanno certo colpe su quanto avvenuto al Ponte Morandi. L'accordo raggiunto ieri, è un incredibile successo e un servizio a tutti i cittadini italiani, mai nessun governo nella storia della Repubblica italiana ha agito nel solo interesse del popolo, tutti quelli precedenti, hanno sempre chinato la testa davanti al potente di turno e proprio sulle concessioni autostradali, tutti, ma proprio tutti...destra, sinistra, centro...dovrebbero avere la decenza di tenere la bocca chiusa...da Prodi che stipuló un contratto capestro, a Berlusconi e tutto il centro destra, Lega compresa, che resero addirittura legge dello Stato i vantaggi per i Benetton. Cosa prevede l'accordo?:
-1) Un risarcimento danni allo Stato di 3,4 miliardi di euro.
-2) L'uscita dal CdA di Aspi da parte dei Benetton e la riduzione delle quote al 10%
-3) La trasformazione di Autostrade per l’Italia in una compagnia pubblica
-4) La riduzione di tutte le tariffe autostradali.
-5) La rinuncia a tutte le cause contro lo Stato.
-6) Il mantenimento di tutti i posti di lavoro.
-7) La rinuncia ad ottenere fino a 23 miliardi in caso di scioglimento del contratto anche per gravissimi inadempimenti contrattuali.
-8) La possibilità di revoca anche per "lievi" inadempimenti.
-9) Maggiori investimenti per la manutenzione e la sicurezza.


E per ultimo, ma non certo ultimo, aver fatto passare il messaggio ai cittadini, che in questo paese, non basta più essere ricchi e potenti per poter essere al di sopra della legge, tutti, (nessuno escluso) , da oggi in poi, pagheranno per gli errori commessi.
Ahh...ancora un paio di cosette...la prima: a tutti quelli che avrebbero voluto veder fallire i Benetton, ricordo, come scritto sopra, che i Benetton posseggono solo il 30% di Atlantia e non sarebbero stati gli unici a pagare, lo avrebbero fatto anche le migliaia di lavoratori Aspi e ben 750 mila piccoli investitori italiani che magari in Autostrade per l'Italia, avevano investito i loro pochi risparmi.
La seconda è per quelli che dicono che dalla revoca siamo passati all'acquisto, vorrei far presente che revocare, non significava, diventare poi proprietari della concessione...ma solo toglierla a chi la aveva...lo so per voi è difficile, anzi incomprensibile, da capire...me ne farò una ragione.


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mercoledì 15 luglio 2020

Autostrade, passo indietro dei Benetton. Entra Cdp, sarà una public company. - Serenella Mattera e Michele Esposito

L'esterno della sede di 'Autostrade per l'Italia', Roma.


Ingresso di Cdp con il 51%. Alla famiglia veneta resta il 10%, non saranno neanche in Cda. Balzo in Borsa di Atlantia, +21%.

Arriva il passo indietro dei Benetton che apre all'accordo su Autostrade per l'Italia. L'intesa passa dall'ingresso di Cdp con il 51%, che renderà di fatto Aspi una public company. E da una revisione complessiva della concessione, dai risarcimenti alle tariffe. E' l'alba quando, dopo sei ore di riunione assai tesa e dure discussioni, il Consiglio dei ministri dà mandato a Cassa depositi e prestiti per avviare, entro il 27 luglio, il percorso che dovrebbe portare all'uscita progressiva dei Benetton, prima scendendo al 10-12% dell'azionariato, poi con un'ulteriore diluizione in coincidenza con la quotazione in borsa di Aspi. Tra i punti della proposta transattiva di Aspi arrivata in Cdm c'è la "rinuncia a tutti i giudizi promossi in relazione alle attività di ricostruzione del ponte Morandi, al sistema tariffario, compresi i giudizi promossi avverso le delibere dell'Autorità di regolazione dei trasporti (ART) e i ricorsi per contestare la legittimità dell'art. 35 del decreto-legge "Milleproroghe"". Inoltre è prevista la "riscrittura delle clausole della convenzione al fine di adeguarle all'articolo 35 del dl "Milleproroghe"", che ha ridotto l'indennizzo in caso di revoca da 23 a 7 miliardi.
Balzo in Borsa di Atlantia.  Non riesce a fare prezzo Atlantia in Piazza Affari dopo l'intesa in Cdm raggiunta nella notte. Ammessa agli scambi, il titolo guadagna il 21% a 13,9 euro. 
Nel comunicato del Cdm si legge che per l'ingresso di Cassa depositi e prestiti in Aspi, la proposta transattiva prevede un aumento di capitale per l'acquisizione del controllo da parte di Cdp e l'uscita di Aspi dal perimetro di Atlantia. "In alternativa Atlantia ha offerto la disponibilità a cedere direttamente l'intera partecipazione in Aspi, pari all'88%, a Cdp e a investitori istituzionali di suo gradimento". Lo si legge nel comunicato stampa del Cdm.
Nella proposta transattiva sono previste anche - secondo quanto si legge nel comunicato del Cdm - "misure compensative ad esclusivo carico di Aspi per il complessivo importo di 3,4 miliardi di euro" e "accettazione della disciplina tariffaria introdotta dall'ART (Autorità di regolazione dei trasporti, ndr) con una significativa moderazione della dinamica tariffaria" è uno degli altri punti.
Ai ministri Roberto Gualtieri, che ha portato sul tavolo del Cdm la proposta finale dell'azienda, e Paola De Micheli viene dato il mandato a definire gli altri aspetti dell'accordo. Sul tavolo il premier Giuseppe Conte fino all'ultimo tiene l'arma della revoca: "Se gli impegni assunti questa notte non vengono rispettati, sarà revoca", spiega un ministro.
L'ultima trattativa tra il premier e i Benetton si consuma nella notte, nel corso di un Consiglio dei ministri infuocato che vede il capo del governo stretto tra sospetti interni alla maggioranza, l'irritazione di Iv e un M5S che assomiglia ogni giorno di più a un vulcano pronto a ribollire. In Cdm Gualtieri, che descrivono non contrario in principio alla revoca ma convinto di poter trovare una soluzione migliore, porta una nuova proposta di Aspi. Ma non basta, e parte così una lunga e durissima negoziazione, che porta l'azienda a inviare al governo quattro diverse lettere nel corso della notte per perfezionare una bozza di intesa.
Conte e anche i Cinque stelle, per la parte dell'assetto societario, si dichiarano subito insoddisfatti: l'uscita graduale di Benetton richiederà una negoziazione dai tempi troppo lunghi, secondo fonti pentastellate. "Nessuna divisione", fa sapere una fonte di governo Pd. Ma tra gli stessi Dem il dossier porta tensioni. E il clima a Palazzo Chigi si fa pesante. Salta una riunione dei capi delegazione che era stata convocata prima del Cdm: raccontano sia stato Dario Franceschini a chiedere di confrontarsi direttamente in Consiglio, dove siedono anche De Micheli e Gualtieri.
Il Cdm viene aperto intorno alle 23 e sospeso poco dopo. La cosa non va giù a Teresa Bellanova, che ne fa una questione di metodo: quando Conte e Gualtieri si riuniscono per decidere come condurre la trattativa finale, la capo delegazione di Iv, l'unico partito apertamente contro la revoca, fa trapelare la sua irritazione. Ma è soprattutto l'irritazione nel Movimento a emergere durante la lunga notte di Chigi: è rivolta anche - forse soprattutto - al premier, in un crescendo che fa ipotizzare a qualche esponente di maggioranza come possibile addirittura lo scenario un ribaltone estivo. Al di là di trame e suggestioni, Conte sul dossier Autostrade si gioca molto.
L'intervista al Fatto Quotidiano ha segnato un cambio di passo nella sua strategia. E, prima del Cdm, il premier non cambia linea. "O Aspi accetta le condizioni che il governo le ha già sottoposto o ci sarà la revoca", è l'ultimo avvertimento con cui Conte entra alla riunione di Palazzo Chigi. Anche perché, dice ai suoi, "non si può tergiversare". Il premier non è disposto a fare passi indietro sul taglio delle tariffe autostradali, sulla modifica dell'articolo 35 del decreto Milleproroghe che riduce da 23 a 7 miliardi l'indennizzo in caso di revoca, sulla manleva per sollevare lo Stato dalle richieste risarcitorie legate al ponte Morandi e sul diritto di recesso, per il futuro, in caso di gravi inadempienze del concessionario risarcendo solo gli investimenti non ammortizzati. Ma la novità che permette alla trattativa di sbloccarsi riguarda l'azionariato: i Benetton danno la disponibilità allo scorporo di Autostrade rispetto ad Atlantia, al contemporaneo ingresso di Cdp in Aspi e alla successiva quotazione in Borsa.
Il processo, che secondo fonti di governo si consumerebbe nel giro di sei mesi o un anno, avverrebbe in due fasi: nella prima Cdp entrerebbe con il 51% e ci sarebbe lo scorporo che porterebbe il peso della famiglia Benetton tra il 10 e il 12%, soglia sotto la quale non si entra in Cda; nella seconda ci sarebbe la quotazione in che dovrebbe portare a una società con un azionariato diffuso alto, fino al 50%, in cui potrebbero entrare nuovi soci, con un'operazione di mercato, abbassando ulteriormente il peso della famiglia Benetton. Ma sul range temporale dell'uscita dei Benetton il M5S mostra subito un evidente scetticismo.
"E' un tempo troppo lungo", spiega una fonte autorevole del Movimento. Che, già nel pomeriggio, non nascondeva l'irritazione per la gestione di De Micheli, inserita - nelle ipotesi pentastellate - nella casella degli addii in un eventuale rimpasto a settembre. Trapela in giornata una lettera di marzo in cui la ministra spingeva per un accordo e chiedeva a Conte di agire ma la cosa non piace ad alcuni tra i Dem: "Non è iniziativa del Pd", dicono dal partito, mentre tra le fila parlamentari emergono diverse anime. Attorno alla mezzanotte, quando il Cdm viene sospeso, la proposta dell'azienda non convince ancora il governo: "Non è abbastanza", osserva il premier. Ma si decide di trattare, fino in fondo, per evitare la revoca: il negoziato con gli "sherpa" dei Benetton continua in parallelo. All'alba in Consiglio dei ministri, dopo un cornetto offerto a tutti i colleghi da Vincenzo Spadafora, si legge l'ultima lettera inviata dall'azienda: "Accoglie tutte le richieste del governo", dice un ministro. Il M5s chiede fino all'ultimo garanzie che Benetton esca davvero dall'azienda. La revoca della concessione non viene tolta dal tavolo, visto che gli aspetti tecnici del negoziato dovranno essere perfezionati, ma appare ormai molto lontana.

lunedì 1 giugno 2020

I Benetton sono stanchi: pronti a uscire da Atlantia. - Carlo Di Foggia

Nei conti dei Benetton: maglieria a picco e asfalto ricchissimo ...
Quasi due anni dopo il disastro del ponte Morandi di Genova. la partita della concessione di Autostrade per l’Italia potrebbe chiudersi con l’uscita di scena dei Benetton da Atlantia, la holding che controllano e che a sua volta controlla la concessionaria. Sembra fanta finanza, ma l’idea che attraversa la famiglia ha una sua logica: sparire dalla scena e restituire tutto allo Stato. Sembra questo l’unico modo di disinnescare un contenzioso infinito e devastante. Finora, la sola mossa è stata quella di scaricare le colpe su Giovanni Castellucci, il manager che li ha resi ricchi spremendo profitti dalla concessionaria anche a spese della manutenzione. Ma lo stallo sta diventando esplosivo.
Il 30 giugno scadono i sei mesi per restituire la concessione allo Stato e avviare una causa miliardaria, dopo che il decreto Milleproroghe ha eliminato la clausola che assicura ad Atlantia un indennizzo enorme anche in caso di revoca per colpa grave. Finora Gianni Mion, il manager richiamato da Luciano Benetton, dopo la cacciata di Castellucci, si è limitato a offerte offensive. Il risultato è che Aspi rischia di affogare. Il governo può vedere il bluff di Mion. Il contenzioso ha tempi biblici, e senza concessione Aspi collassa e con essa anche Atlantia, che garantisce metà dei suoi debiti. Cedere Aspi a prezzo scontato, magari alla Cassa depositi e prestiti, sarebbe l’opzione più sensata, ma Mion chiede il prezzo pieno, forse temendo la reazione degli altri azionisti di Atlantia. Nessuno però compra a prezzo pieno una concessione che andrà rivista rendendola assai meno generosa per il concessionario e più favorevole agli utenti.
Si spiegano così i segnali di insofferenza che provengono da Ponzano Veneto. L’85enne Luciano, e con lui quel che resta della famiglia, pare essersi convinto che così non se ne esce, meglio mollare Atlantia che, dal disastro del Morandi, ha dimezzato il suo valore in Borsa. Da quanto è stata privatizzata, Aspi ha distribuito dividendi per 11 miliardi ai suoi azionisti. Oggi la quota dei Benetton in Atlantia vale 3,5 miliardi, dovranno accettare di perderci ancora. Lo Stato potrebbe coinvolgere Cdp. Ma andrà affrontata, sul serio, la revisione della concessione.

giovedì 28 maggio 2020

Il gatto dei Benetton, tre amici al bar e quello scemo di Leonardo. - Daniele Luttazzi

L’altro giorno, il gatto dei Benetton, un persiano bianco dalla mente finanziaria raffinatissima, durante una riunione della Spectre (Atlantia-Autostrade-Ponte Morandi) ha consigliato il suo boss, che lo stava accarezzando, di ricattare con una minaccia legale il governo italiano per ottenere garanzie pubbliche su due miliardi di prestiti: così, se la Spectre non li onorerà, dovrà pensarci lo Stato. Il mio gatto, Romeo, è un suo secondo cugino, e ieri si è collegato con lui via Zoom per rampognarlo. L’altro, che è un figlio di buona donna come pochi, ha finto di cadere dalle nuvole: “Per legge, abbiamo diritto a quelle garanzie”. “E grazie al cazzo”, ha replicato Romeo. “Lo Stato vuole togliere le concessioni ad Autostrade per tutte le manchevolezze omicide della Spectre. Ma senza più concessioni, Autostrade salta, e non potrà restituire i prestiti, che a quel punto dovrà pagare lo Stato. Il tuo ricatto è schifoso!”. “Grazie”, gli ha detto quello, prima di pigiare un pulsante rosso che ha carbonizzato il mio gatto con una scossa elettrica sulla sua poltroncina.
Carlo De Benedetti pubblicherà un nuovo giornale. Si chiamerà Domani. Il nome non è felicissimo: nel romanzo di Eco Numero zero, il quotidiano Domani era una macchina del fango. E prima di Eco, nel film di James Bond Il Domani non muore mai, Tomorrow (“Domani”) era il giornale del malvagio Elliot Carver. Il neo-direttore sarà Stefano Feltri, uno dei tre italiani ammessi all’ultimo Bilderberg. Non so voi, io non vedo l’ora di leggere il primo numero.
In certi supermercati americani, quando una cliente va a lamentarsi all’ufficio reclami, il funzionario convoca un certo signor Smith e lo licenzia seduta stante. La cliente se ne va, contenta di avere stravinto; ma se il giorno dopo si ripresentasse con una nuova lagnanza, ritroverebbe il funzionario che convoca di nuovo il signor Smith per licenziarlo su due piedi, perché il signor Smith è pagato dall’azienda per fare quella parte almeno una dozzina di volte al giorno. Alle conferenze stampa di Conte, i giornaloni fanno sempre il tiro al piccione. A Conte farebbe comodo un signor Smith. O è Casalino?
Nel 1680, Papin osservò che il coperchio della pignatta si solleva per la pressione del vapore acqueo, e intuì che in quella pentola bollente c’era “materia per produrre con poca spesa delle forze estremamente grandi”. Passarono 80 anni prima che Watt, sfruttando l’idea di Papin, costruisse la prima macchina a vapore. Ora: le pignatte le mettevano sul fuoco anche all’epoca di Leonardo da Vinci. Ma a Leonardo da Vinci non venne mai in mente l’idea di Papin. Che cretino!
Ritorno alla normalità. Roma, tre amici al bar. Il conto è 30 euro. Ognuno dei tre dà 10 euro al cameriere. Il gestore chiede al cameriere se i clienti sono stati soddisfatti. “Hanno detto che è un po’ caro”, risponde il cameriere. E il gestore: “Col Coronavirus abbiamo più spese. Vabbè, restituiscigli 5 euro”. Poiché è difficile dividere 5 per 3, il cameriere intasca 2 euro e ne restituisce 3 ai clienti. Così avranno pagato 9 euro ciascuno. Ora: 9 x 3, 27. Più i 2 che si è tenuto il cameriere, 29. Dov’è finito l’euro che manca?

sabato 23 maggio 2020

Autostrade e la beffa agli italiani. - Gaetano Pedullà

Genova Morandi

Il Gruppo che ha incassato miliardi grazie a una concessione pubblica delle autostrade ancora oggi inspiegabilmente vantaggiosa fa causa allo Stato perché la pacchia è finita. Un epilogo inevitabile, perché la vecchia politica non gli ha consegnato soltanto le chiavi di un patrimonio che appartiene a noi tutti, ma ha permesso di blindare legalmente il contratto. Così l’esito dello scontro finale tra Atlantia, la holding controllata dai Benetton, e il Governo è del tutto imprevedibile, e per i cittadini c’è il rischio di trovarsi dopo il danno pure la beffa.
La storia di partenza è nota. Dopo il crollo del ponte Morandi di Genova l’Esecutivo e in particolar modo i 5 Stelle dissero basta alla svendita della nostra rete viaria, sulla quale Autostrade per l’Italia porta a casa enormi utili mentre all’Erario restano briciole. Nel mirino c’era quella che appare una palese violazione contrattuale, e cioè la carenza delle manutenzioni. La risposta fu prima prepotente, minacciando cause e preventivando un risarcimento di oltre 20 miliardi, poi diventò mercantile, come si usava nella Prima Repubblica, quando in qualche modo ci si metteva tutti d’accordo e a pagare il conto restava lo Stato. Perciò si è preso per il naso l’intero Paese facendo finta di voler partecipare al salvataggio dell’Alitalia.
Uno scambio che i 5S nei ministeri competenti non hanno preso in considerazione, costringendo il concessionario a cambiare nuovamente strategia, creando l’incidente con cui tornare alle vie legali. Un’occasione arrivata con il Covid. Esattamente come la Fiat e decine di altri colossi industriali, anche rifugiati all’estero, Autostrade ha chiesto allo Stato di garantirle enormi prestiti bancari. Un’assurdità visto che questi soldi servono a migliaia di piccole imprese, al turismo, alla rete dei commercianti che non ha mai drenato miliardi pubblici e ora rischia di non risollevarsi dopo la pandemia.
Il logico rifiuto del Governo era però il pretesto che mancava, e adesso Atlantia minaccia di annullare gli investimenti previsti e di far causa per essere stata discriminata. Una mossa che spiega perché i 5S ci hanno dovuto mettere tanto per revocare la concessione e perché quest’ultimo epilogo resta tutt’altro che scontato.

Autostrade, Atlantia ricatta il governo per avere garanzie statali: “Senza prestito stop a 14,5 miliardi di investimenti. Pronti alle vie legali”. - Andrea Tundo

Autostrade, Atlantia ricatta il governo per avere garanzie statali: “Senza prestito stop a 14,5 miliardi di investimenti. Pronti alle vie legali”

La società dei Benetton ha convocato un consiglio di amministrazione straordinario per analizzare la situazione di Autostrade e la presa di posizione al termine della riunione è netta: "Incertezza sulla revoca e decreto Milleproproghe hanno provocato gravi danni al gruppo". Quindi l'avviso al governo, dopo il "no grazie" di Stefano Buffagni alle indiscrezioni sulla garanzia da 1,2 miliardi: "Mandato ai legali di valutare tutte le iniziative necessarie per la tutela della società".
Congelamento dei 14,5 miliardi di investimenti, a parte 900 milioni per la sicurezza, e l’avviso di essere pronta a fare causa allo Stato. E ancora: un duro attacco alla norma del decreto Milleproroghe che ‘cancella’ le penali da versare ai concessionari in caso di revoca per inadempimento e al viceministro Stefano Buffagni che ha anticipato un “no grazie” alla richiesta della garanzia statale su un prestito da 1,2 miliardi di euro per sostenere i conti nel pieno dell’emergenza coronavirus. La holding Atlantia, controllata dai Benetton e ‘padrona’ di Autostrade, prepara il terreno per un nuovo scontro frontale con il governo nella battaglia aperta dal crollo del ponte Morandi il 14 agosto 2018. A leggere tra le righe del comunicato, nel quale si parla di “gravi danni” e si lascia intravedere la crisi di liquidità, l’ultimo ricatto è proprio sulla garanzia statale miliardaria visto il crollo del traffico a causa del Covid-19: in caso di no, verranno cancellati gli investimenti. Non solo: la società annuncia anche un’imminente azione legale per tutelarsi.
La netta presa di posizione è maturata nel corso di un consiglio di amministrazione straordinario convocata per analizzare la situazione di Autostrade. Si parte criticando la mancanza di risposte “alla proposta formale inviata” da Autostrade al ministero delle Infrastrutture e Trasporti lo scorso 5 marzo, “al fine di trovare una soluzione condivisa relativamente al procedimento di contestazione in corso ormai da quasi due anni”. Insomma la holding dice di aver teso la mano all’alba dell’emergenza Covid-19 e di restare in una “situazione di incertezza” pur “avendo autorevoli esponenti dell’esecutivo manifestato pubblicamente, fin dallo scorso febbraio, la propria disponibilità a valutare le proposte” che ammontano appunto a 14,5 miliardi di investimenti, compresi 2,9 come compensazione per il Morandi, una riduzione delle tariffe per i pendolari e la ricostruzione del ponte. Nel frattempo, attacca ancora Atlantia, la ministra Paola De Micheli ha “dichiarato l’avvenuta conclusione dell’analisi del dossier” che potrebbe portare alla revoca della concessione.
I due anni di battaglia, l’incertezza sulla revoca e le mosse propedeutiche del governo, è la lettura di Autostrade, hanno “determinato gravi danni all’intero gruppo” e generato “preoccupazione sul mercato e a tutti gli stakeholder”. Ad infastidire Atlantia, che vorrebbe la seconda più alta maxi-garanzia dopo i 6,3 miliardi chiesti da Fca, è in particolare l’articolo 35 del decreto Milleproroghe che ha eliminato le penali da versare ai concessionari in caso di revoca per inadempimento, caso in cui potrebbe rientrare il crollo del ponte Morandi e quanto sta emergendo dalle inchieste della procura di Genova: quelle modifiche, secondo la holding dei Benetton, hanno finito per stravolgere “il quadro di riferimento” per gli investitori e le banche e “hanno determinato il downgrade del rating” da parte di Moody’s lo scorso 3 gennaio.
E quindi è diventato, scrive Atlantia, “particolarmente difficile l’accesso ai mercati finanziari” e si è generata una “grave tensione finanziaria” che è stata “aggravata anche dai pesanti effetti della pandemia”. Di fronte ai quali, sostiene ancora la holding che controlla Autostrade, Cassa Depositi e Prestiti ha rifiutato anche a “inizio aprile” una linea di finanziamento da 200 milioni “anche in ragione” del Milleproroghe nonostante fosse stata “definita” già nel 2017 e restino “ad oggi inutilizzati 1,3 miliardi di euro”.
Il traffico sulla rete gestito da Autostrade, nel periodo di lockdown, continua Atlantia, “ha subìto un tracollo con punte massime dell’80%, generando una perdita di ricavi stimata in oltre 1 miliardo di euro per il solo 2020″. E, insomma, è il ragionamento in questo scenario il prestito garantito è essenziale per non dover tagliare posti di lavoro. Di fronte alle indiscrezioni, il viceministro allo Sviluppo Economico, Stefano Buffagni, aveva già detto “no grazie”. E la holding lo attacca bollando la sua risposta come “contrastante” con lo spirito del decreto Rilancio e “basate piuttosto su valutazioni e criteri di natura ampiamente discrezionale e soggettiva”.
“Tutto ciò causa danni per Atlantia e le sue controllate. Per cui diventa impossibile per la società – che deve tutelare 31.000 dipendenti di cui 13.500 in Italia oltre all’indotto, rispondere ai propri creditori, bondholders e alle proprie controparti commerciali, oltre che a più di 40.000 azionisti nazionali e internazionali – non valutare di intraprendere azioni a tutela dei propri interessi”, è l’avviso del consiglio di amministrazione di Atlantia che ha quindi deciso lo stop agli investimenti, salvo 900 milioni per “garantire manutenzioni e investimenti per la sicurezza” della rete e ha dato mandato “ai propri legali di valutare tutte le iniziative necessarie per la tutela della società e del gruppo, visti i gravi danni”.
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