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mercoledì 5 gennaio 2022

Ma vista la situazione pandemica, davvero Draghi può lasciare? - Peter Gomez

 

Il 30 dicembre, forse in preda a un eccesso di nostalgia bonapartista, il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, ha pronunciato una frase di cui temiamo (ma non ci auguriamo) dovrà prima o poi rendere conto. Mentre già i contagi erano in aumento, Brunetta, sprezzante del pericolo e allergico a ogni scaramanzia, ha detto: “Quella che stiamo vivendo è una sfida tra l’intelligenza di chi governa, con il consenso del 90% degli italiani, e l’intelligenza del virus. Per il momento la stiamo vincendo noi e penso che continueremo a vincerla”.

Nei giorni successivi, però, tra la truppa (i cittadini) sono cominciati a serpeggiare i primi dubbi. Ovunque nel mondo la variante Omicron appare inarrestabile: un milione di positivi negli Stati Uniti, 300mila circa in Francia, quasi 200mila in Italia. E se la bassa letalità di Omicron permette ai più di affrontare il virus come un’influenza, un dato preoccupa. Per le statistiche, arrivati oltre una certa soglia di contagi, anche la piccola percentuale di persone positive che finisce in ospedale o al camposanto sarà sufficiente per riportare la sanità nelle condizioni in cui si trovava durante le precedenti ondate. Accanto a questo vi è poi il problema dei servizi essenziali: in molte città cominciano ad aprirsi vuoti tra le file degli autisti di mezzi pubblici, dei vigili del fuoco, della polizia locale, degli insegnanti e del personale non docente. Gli assenti sono tutti contagiati, quasi tutti poco o per niente gravi, ma in ogni caso sono costretti a restare a casa per almeno una decina di giorni.

È facile insomma prevedere che nelle prossime settimane la nostra vita non sarà semplice. Come dimostra ciò che sta accadendo negli uffici dove, al di là dell’inerzia del governo, ci si organizza autonomamente per lo smart working: ogni multinazionale, ogni banca e azienda riduce al massimo il numero di lavoratori in presenza. A Milano, la capitale del virus, la gente, se può, sta rinchiusa in casa; bar e ristoranti sono vuoti così come i cinema e i teatri. Si vive un lockdown non dichiarato in cui la sensazione prevalente è quella di esser stati lasciati soli: senza guida, senza precisi ordini dall’alto e senza nemmeno una parola di conforto.

Tutti i cittadini hanno chiara solo una cosa: c’è un inverno davanti, bisogna tener duro e reggere fino all’ancora lontana primavera. E così facciamo anche noi. Certi che il virus sia meno intelligente di Brunetta (anche perché i virologi ci spiegano che i virus sono privi di cervello).

Ma visto che, a seconda dei punti di vista, il Signore o l’evoluzione ci ha dotati di materia grigia (poca o tanta non importa) una domanda tentiamo di avanzarla. Davvero ha un senso stare a dibattere in questi giorni di Mario Draghi al Quirinale? Il 24 gennaio, giorno dell’apertura delle danze, è a un passo. Speriamo di essere smentiti, ma nulla fa supporre che la situazione possa improvvisamente migliorare. Anzi, la logica e i numeri per ora dicono il contrario. Draghi, che piaccia o meno, in questo momento è il comandante in capo. È il capitano di una nave in tempesta. È l’uomo a cui spetta il compito di prendere, da un giorno all’altro, da un’ora all’altra, decisioni difficili e possibilmente (cosa che fin qui non ha fatto) di spiegarle. Davvero si può pensare che abbandoni nave, equipaggio e passeggeri per diventare ammiraglio? Per questo da lui, se come crediamo non è uno Schettino qualsiasi, ci attendiamo che finalmente parli. Per dire ai cittadini dove sta cercando di portarli e ai grandi elettori che un premier, finché c’è uragano, resta a bordo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/01/05/ma-vista-la-situazione-pandemica-davvero-draghi-puo-lasciare/6445628/?fbclid=IwAR0oqZdHpV2CI3h_zhFi1m6huuXsRkfvUiERgkED1tb9zn37Px34BPyQGAU

venerdì 3 dicembre 2021

Strappare lungo i bordi. - Zerocalcare

 

Ieri ho visto la serie animata "Strappare lungo i bordi" di Zerocalcare.

Non l'avrei mai vista se non me l'avesse consigliata mio figlio.

Una denuncia dura e pura contro lo status quo.

Ne sono rimasta impressionata; è una fantastica elencazione della vita quotidiana di un qualsiasi individuo, cittadino della nostra Italia, che si districa tra i vari gangli da incubo creati ad hoc da chi ha interesse a mantenere il controllo su tutto, creando paletti che generano disagio a chiunque voglia addentrarsi nel mondo del lavoro.

Ormai la politica, nata come arte di governare, è diventata la nuda proprietà di chi si dovrebbe assumere la gravosa responsabilità di governare il paese, ma, in effetti se ne sente il padrone assoluto.

Infatti, chi vi ha chiesto di credere in lei/lui promettendovi mari e monti, una volta ottenuta la vostra approvazione, diventa inarrivabile, inavvicinabile, perchè dedicherà tutto il suo prezioso tempo a stringere accordi con chi lo foraggia economicamente, e, molto spesso, disonestamente.

Così anche un posto di lavoro diventa appannaggio e proprietà della politica peggiore e chi non si piega ad essa vaga a vuoto in quel circolo vizioso fatto di rifiuti e vane promesse, mentre il tempo trascorre inesorabilmente.

Si sono appropriati di tutto, detengono il potere, ci tartassano privandoci del necessario, dimentichi del fatto che siamo noi a mantenerli.

L'Italia siamo noi, noi la manteniamo, pertanto, noi abbiamo il diritto di pretendere ciò che il primo articolo della Costituzione sancisce: "L'italia è una repubblica fondata sul lavoro."

Il lavoro è un diritto di ogni cittadino, il lavoro è la dignità di ogni cittadino e non va parcellizzato dalla politica che lo amministra secondo i suoi criteri per cui chi non lo ha meritato e lo ha ottenuto, sentendosi protetto, non lo adempie al meglio e crea caos.

Parliamo dei concorsi? Tutti truccati.

Vi siete mai chiesti perchè chi partecipa ai concorsi per posti di lavoro o per entrare nelle facoltà a numero chiuso non deve firmare il proprio lavoro? No, non è perchè non si debbano preferire i raccomandati riconoscendone la firma, ma perchè, se il loro compito è sbagliato viene eliminato e, quindi, non va preso in considerazione. E' più facile, invece, avendo tanti risultati a disposizione, attribuire ai raccomandati quelli giusti ed agli altri quelli sbagliati.  

Le pensano tutte, pur di gestire a loro piacimento il potere.

"O cumannà è meglio d' 'o fottere" (Il potere è meglio del sesso) diceva un anonimo, e non gli si può dar torto..

Ed è così che va avanti da tempo immemore la ruota del carrozzone Italia, e le falle create da questo pessimo sistema si vedono in tutte le situazioni che dobbiamo affrontare: non funziona nulla, siamo in un caos creato ad arte da imbecilli ammalati di potere.

E i nostri giovani, intanto, aspettano, si adattano, hanno inventiva, sono creativi, ma gli è preclusa anche la possibilità di realizzare qualcosa da soli. 

E' un gioco al massacro.

Ci tartassano e ci privano anche della speranza di un futuro migliore, perchè con loro ai posti di comando nulla potrà migliorare, semmai peggiorare...

cetta.

giovedì 16 luglio 2020

I Benetton, Benetton Edizone Holding, Atlantia e Aspi (Autostrade per l'Italia). - Massimo Erbetti

Nessuna descrizione della foto disponibile.

Cerchiamo di capire come stanno realmente le cose e come i Benetton controllano le autostrade: i Benetton tramite la loro cassaforte "familiare" la "Benetton Edizone Holding" detengono il 30% di Atlantia, che a sua volta controlla circa l'88% di Aspi (Autostrade per l'Italia), per cui i Benetton non sono i soli proprietari di Aspi, ma ne detengono circa il 25/26%, praticamente un quarto, ma essendo i soci di maggioranza (quelli con più quote), ne tengono le redini e ne decidono le strategie operative. Perché dico queste cose? Lo dico perché alcuni ieri hanno voluto strumentalizzare il salto in avanti del 23% (teorico) in borsa di Atlantia. Il "favore" se di favore si vuol parlare non è stato fatto ai Benetton che ne detengono solo il 30%, ma a tutti gli azionisti, che nulla c'entrano con le decisioni scellerate della gestione di Aspi e che non hanno certo colpe su quanto avvenuto al Ponte Morandi. L'accordo raggiunto ieri, è un incredibile successo e un servizio a tutti i cittadini italiani, mai nessun governo nella storia della Repubblica italiana ha agito nel solo interesse del popolo, tutti quelli precedenti, hanno sempre chinato la testa davanti al potente di turno e proprio sulle concessioni autostradali, tutti, ma proprio tutti...destra, sinistra, centro...dovrebbero avere la decenza di tenere la bocca chiusa...da Prodi che stipuló un contratto capestro, a Berlusconi e tutto il centro destra, Lega compresa, che resero addirittura legge dello Stato i vantaggi per i Benetton. Cosa prevede l'accordo?:
-1) Un risarcimento danni allo Stato di 3,4 miliardi di euro.
-2) L'uscita dal CdA di Aspi da parte dei Benetton e la riduzione delle quote al 10%
-3) La trasformazione di Autostrade per l’Italia in una compagnia pubblica
-4) La riduzione di tutte le tariffe autostradali.
-5) La rinuncia a tutte le cause contro lo Stato.
-6) Il mantenimento di tutti i posti di lavoro.
-7) La rinuncia ad ottenere fino a 23 miliardi in caso di scioglimento del contratto anche per gravissimi inadempimenti contrattuali.
-8) La possibilità di revoca anche per "lievi" inadempimenti.
-9) Maggiori investimenti per la manutenzione e la sicurezza.


E per ultimo, ma non certo ultimo, aver fatto passare il messaggio ai cittadini, che in questo paese, non basta più essere ricchi e potenti per poter essere al di sopra della legge, tutti, (nessuno escluso) , da oggi in poi, pagheranno per gli errori commessi.
Ahh...ancora un paio di cosette...la prima: a tutti quelli che avrebbero voluto veder fallire i Benetton, ricordo, come scritto sopra, che i Benetton posseggono solo il 30% di Atlantia e non sarebbero stati gli unici a pagare, lo avrebbero fatto anche le migliaia di lavoratori Aspi e ben 750 mila piccoli investitori italiani che magari in Autostrade per l'Italia, avevano investito i loro pochi risparmi.
La seconda è per quelli che dicono che dalla revoca siamo passati all'acquisto, vorrei far presente che revocare, non significava, diventare poi proprietari della concessione...ma solo toglierla a chi la aveva...lo so per voi è difficile, anzi incomprensibile, da capire...me ne farò una ragione.


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