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giovedì 16 luglio 2020

I Benetton, Benetton Edizone Holding, Atlantia e Aspi (Autostrade per l'Italia). - Massimo Erbetti

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Cerchiamo di capire come stanno realmente le cose e come i Benetton controllano le autostrade: i Benetton tramite la loro cassaforte "familiare" la "Benetton Edizone Holding" detengono il 30% di Atlantia, che a sua volta controlla circa l'88% di Aspi (Autostrade per l'Italia), per cui i Benetton non sono i soli proprietari di Aspi, ma ne detengono circa il 25/26%, praticamente un quarto, ma essendo i soci di maggioranza (quelli con più quote), ne tengono le redini e ne decidono le strategie operative. Perché dico queste cose? Lo dico perché alcuni ieri hanno voluto strumentalizzare il salto in avanti del 23% (teorico) in borsa di Atlantia. Il "favore" se di favore si vuol parlare non è stato fatto ai Benetton che ne detengono solo il 30%, ma a tutti gli azionisti, che nulla c'entrano con le decisioni scellerate della gestione di Aspi e che non hanno certo colpe su quanto avvenuto al Ponte Morandi. L'accordo raggiunto ieri, è un incredibile successo e un servizio a tutti i cittadini italiani, mai nessun governo nella storia della Repubblica italiana ha agito nel solo interesse del popolo, tutti quelli precedenti, hanno sempre chinato la testa davanti al potente di turno e proprio sulle concessioni autostradali, tutti, ma proprio tutti...destra, sinistra, centro...dovrebbero avere la decenza di tenere la bocca chiusa...da Prodi che stipuló un contratto capestro, a Berlusconi e tutto il centro destra, Lega compresa, che resero addirittura legge dello Stato i vantaggi per i Benetton. Cosa prevede l'accordo?:
-1) Un risarcimento danni allo Stato di 3,4 miliardi di euro.
-2) L'uscita dal CdA di Aspi da parte dei Benetton e la riduzione delle quote al 10%
-3) La trasformazione di Autostrade per l’Italia in una compagnia pubblica
-4) La riduzione di tutte le tariffe autostradali.
-5) La rinuncia a tutte le cause contro lo Stato.
-6) Il mantenimento di tutti i posti di lavoro.
-7) La rinuncia ad ottenere fino a 23 miliardi in caso di scioglimento del contratto anche per gravissimi inadempimenti contrattuali.
-8) La possibilità di revoca anche per "lievi" inadempimenti.
-9) Maggiori investimenti per la manutenzione e la sicurezza.


E per ultimo, ma non certo ultimo, aver fatto passare il messaggio ai cittadini, che in questo paese, non basta più essere ricchi e potenti per poter essere al di sopra della legge, tutti, (nessuno escluso) , da oggi in poi, pagheranno per gli errori commessi.
Ahh...ancora un paio di cosette...la prima: a tutti quelli che avrebbero voluto veder fallire i Benetton, ricordo, come scritto sopra, che i Benetton posseggono solo il 30% di Atlantia e non sarebbero stati gli unici a pagare, lo avrebbero fatto anche le migliaia di lavoratori Aspi e ben 750 mila piccoli investitori italiani che magari in Autostrade per l'Italia, avevano investito i loro pochi risparmi.
La seconda è per quelli che dicono che dalla revoca siamo passati all'acquisto, vorrei far presente che revocare, non significava, diventare poi proprietari della concessione...ma solo toglierla a chi la aveva...lo so per voi è difficile, anzi incomprensibile, da capire...me ne farò una ragione.


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giovedì 20 settembre 2018

Donatori in rivolta contro l’Unicef. “Chiarite sui Renzi o basta soldi”. - Giacomo Amadori

L'immagine può contenere: 3 persone, persone che sorridono
14/08/2018 – Dopo gli sviluppi delle indagini sul cognato dell’ex premier e sui suoi fratelli, i sostenitori inondano l’ente di messaggi inferociti: «Vogliamo subito spiegazioni». La denuncia spetta alla casa madre di New York . Il caso dei fondi delle organizzazioni umanitarie finiti, secondo la Procura di Firenze, in modo indebito sui conti di Alessandro Conticini e in parte riciclati anche dal fratello Andrea Conticini, cognato di Matteo Renzi, sta diventando un affaire internazionale sulla direttrice Firenze, Roma, Ginevra, New York. E i donatori si stanno rivoltando sui social.
Stiamo parlando dei 10milioni di dollari di donazioni per i bambini dell’Africa che dal 2008 al 2016 l’Unicef, la fondazione Pulitzer (attraverso Operation Usa) e altre organizzazioni misero a disposizione di tre società di Alessandro Conticini (in particolare della Play therapy Africa limited).
Nel luglio del 2016 alcuni giornali rivelarono l’iscrizione sul registro degli indagati per appropriazione indebita, riciclaggio e autoriciclaggio dei fratelli Alessandro, Luca (delegato insieme con il padre a operare sui conti) e Andrea Conticini.
La notizia uscì in modo semi clandestino e i principali quotidiani nemmeno la ripresero. Il motivo è presto detto: Matteo Renzi era presidente del Consiglio. Nel decreto di perquisizione non era specificata l’entità del presunto maltolto e i media parlarono genericamente di «qualche centinaio di migliaia di euro», Le case dei Conticini vennero perquisite sia a Rignano sull’Arno, dove vive Andrea con Matilde Renzi, sia a Castenaso, dove risiedevano gli altri due fratelli.
L’inchiesta venne innescata dalla Cassa di risparmio di Rimini che aveva segnalato operazioni sospette alla Banca d’Italia (gli altri due istituti utilizzati per le presunte operazioni illecite erano alle Seychelles e a Capo Verde). I magistrati cercarono subito di mettersi in contatto con le organizzazioni umanitarie e, per esempio, i referenti italiani dell’Unicef informarono la Procura che, essendo il fondo per l’infanzia un’agenzia dell’Onu, occorreva inoltrare una richiesta ufficiale attraverso la rappresentanza italiana delle Nazioni unite.
C’è stato il contatto e l’Unicef ha collaborato con gli inquirenti?
La notizia è ancora coperta dal segreto, ma due anni dopo i pm Luca Turco e Giuseppina Mione hanno spedito un invito a presentarsi ai tre fratelli per interrogarli. indicando questa volta cifre molto precise: gli indagati si sarebbero appropriati illecitamente di 6,6milioni di dollari di offerte destinandoli, secondo l’accusa, a investimenti immobiliari e societari, compreso l’acquisto di quote della Eventi 6 della famiglia Renzi (per questo il cognato Andrea è sotto inchiesta per riciclaggio). Solo 2,8 milioni sarebbero stati devoluti per scopi umanitari.
Un altro indizio che lascia immaginare che un abboccamento ci sia stato è rappresentato dal fatto che nei giorni scorsi gli inquirenti hanno inviato una rogatoria ufficiale per chiedere all’Unicef e alla Fondazione Pulitzer di presentare denuncia: infatti dall’aprile 2018 l’appropriazione indebita può essere perseguita solo su querela di parte.
Paolo Rozera, direttore generale di Unicef Italia, spiega: «Il nostro ufficio legale internazionale si sta relazionando con la magistratura italiana e ha comunque tre mesi di tempo per presentare denuncia e rispondere ai magistrati».
Ma perché dopo due anni il fondo per l’infanzia dell’Onu non ha ancora ritenuto di comunicare ai donatori la propria posizione ufficiale su questo caso?
«Io ho fatto delle richieste all’ufficio di Ginevra che le ha girate a quello di New York».
Facciamo notare a Rozera che la presa di posizione dell’Unicel è fondamentale, altrimenti potrebbe sembrare che l’agenzia sia complice o che sia tutto in regola. Il dg ha ben chiaro il problema: «Sui social tutti vogliono avere risposte entro la giornata, ma ci sono delle procedure da rispettare. La gente scrive: “Voi dell’Unicef dovete dare spiegazioni se no noi non vi faremo più le donazioni”. Ma noi non c’entriamo niente e per questo abbiamo interesse a mettere subito dei paletti. Spero che presto arriverà una posizione ufficiale dell’Unicef New York. Posso assicurarle che da noi i controlli sono serrati, abbiamo bisogno della fiducia dei donatori e non ci possiamo permettere danni d’immagine».
Quindi vi costituirete parte civile contro i Conticini?
«Se la magistratura ci invita a fare querela evidentemente è convinta di avere qualcosa in mano e, se le accuse saranno accertate, l’Unicef agirà per riavere indietro i propri soldi. Sa quanti vaccini si possono comprare con tutto quel denaro?».
L’avvocato dei tre fratelli, Federico Bagattini, annuncia: «Entro settembre-ottobre noi presenteremo una memoria e ci faremo interrogare per dare tutte le spiegazioni del caso. Ci eravamo offerti di farlo a novembre-dicembre ma ci siamo sentiti presi in giro. Addirittura uno dei miei assistiti comprò un costoso biglietto aereo e all’ultimo il pubblico ministero ha cambiato programma e ha fatto saltare tutto. Probabilmente non gli andava bene sentirli in quel momento. Però i tempi della difesa li detta la difesa».
Dunque, dopo due anni di indagini, gli inquirenti non hanno ancora una versione dei Conticini in mano?
«Sostanzialmente no», ammette Bagattini. Il quale, prima di chiudere la telefonata, lancia un avvertimento: «State attenti a non esagerare con i titoli, perché si rischia la querela. Oggi un quotidiano ha scritto: “Sei milioni di euro nei conti dei Renzi”. È ipotizzabile la diffamazione». E Matteo Renzi, su Facebook, ha rincarato la dose: «Un’indagine aperta da ben DUE (maiuscolo, ndr) anni su un fratello del marito di una mia sorella per presunte irregolarità (presunte), nel suo lavoro di dirigente della cooperazione. Prove? Dopo due anni di indagini non risultano, le vedremo al processo. Ma tanto basta solo evocare la vicenda per andare sui giornali oggi – esattamente come due anni fa – con un’altra condanna: quella dei titoli ad effetto. E con i social che sputano sentenze. Vedremo che cosa diranno le sentenze. Anche quelle per risarcimento danni perché essere buoni va bene, ma il mutuo di casa lo pagheremo con i risarcimenti». Il riferimento è al milione di euro che ha preso in prestito per il villone di via Tacca a Firenze. Pare di capire che l’ex premier sia alla ricerca di nuove entrate. 
LaVerità 11 agosto 2018