Sono tre leghisti, un Cinque Stelle e un renziano di Italia Viva i 5 deputati furbastri che nei mesi scorsi hanno chiesto e incassato dall’Inps il bonus da 600 e 1.000 euro erogato a partite Iva, co.co.co, liberi professionisti e lavoratori stagionali in difficoltà a causa dell’emergenza Covid. Lo stipendio netto da 12.439 euro e tutti i benefit e privilegi di cui già godono non sono stati ritenuti sufficienti dai politici, i cui nomi restano coperti dalla legge sulla privacy. E, soprattutto, dal loro stesso velo di omertà nel non autodenunciarsi.
A segnalare le vergognose richieste è stata la struttura antifrode, anticorruzione e trasparenza dell’Inps creata dal presidente Pasquale Tridico. Così, nei momenti di massima emergenza sanitaria, all’assalto dei furbetti delle aziende ad accaparrarsi gli ammortizzatori sociali senza aver registrato cali di fatturato, ora si aggiunge anche quest’altro caso che sta incendiando il Parlamento appena chiuso per ferie. Sebbene non rientri in nessun illecito (la richiesta del bonus non prevedeva requisiti di reddito, bastava solo il numero della partita Iva e l’indicazione della propria posizione professionale), la notizia ha scosso e indignato un Paese in cui ci sono lavoratori che ancora aspettano di ricevere gli ammortizzatori sociali.
Immediato il diluvio di reazioni politiche e non, tra richieste di scuse, di dimissioni e di restituzione dei soldi. Mentre su Twitter è diventato trend topic l’hashtag #Fuoriinomi con l’invocazione di rendere noti i nomi dei deputati coinvolti. In ogni caso, anche se venissero chieste ufficialmente le identità, l’Inps non è tenuta a rivelarle. Sono prestazioni legittime e non c’è alcun motivo di richiesta istituzionale che comporti un obbligo di risposta.
Resta aperta la questione morale che abbraccia tutti gli schieramenti. I 5 deputati non sono gli unici ad aver richiesto il bonus previsto dai decreti Cura Italia e Rilancio. Sono 2.000 i politici coinvolti tra governatori di Regione, sindaci, consiglieri e assessori sia regionali che comunali. Un elenco sterminato in cui rientra anche la peggiore società civile. Oltre al conduttore tv già rivelato ieri da Repubblica, nella lista dei furbastri compaiono altri volti noti del piccolo e grande schermo e una marea di riccastri professionisti, tra notai, avvocati e commercialisti che hanno goduto di un sostegno economico pur senza averne effettivamente bisogno.
Il presidente della Camera Roberto Fico ha definito la faccenda “una vergogna” chiedendo ai 5 di restituire quanto percepito, “è una questione di dignità e di opportunità”. I capigruppo a Montecitorio hanno iniziato presto ieri mattina a compulsare i deputati nelle chat di Whatsapp, chiedendo di accertarsi dai propri commercialisti di non essere tra i colpevoli.
E non manca chi ha parlato di “un sistema bonus sbagliato”, perché ha permesso di richiedere e ricevere un sussidio anche a chi non ne aveva assolutamente necessità. “Avremmo dovuto varare un provvedimento ad hoc per escludere parlamentari e consiglieri regionali, per esempio. Si sarebbe evitato tutto questo”, hanno fatto trapelare dalle segreterie. Dal Cinque Stelle Vito Crimi al dem Nicola Zingaretti, passando per il leghista Matteo Salvini, Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia e la forzista Maria Stella Gelmini, tutti i leader hanno chiesto di cacciare i 5 dal Parlamento, ma nessuna conferma sugli indiziati. Ora la paura per i leader è tanta, soprattutto a un mese dal referendum sul taglio dei parlamentari del 20 settembre voluto fortemente dal M5S. Intanto la caccia ai furbetti continua.