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venerdì 28 maggio 2021

Fisco, con la flat tax al 15% in fuga dall’Irpef oltre 700mila contribuenti. - Marco Mobili e Giovanni Parente

 

È quanto emerge dall’analisi delle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2020 e relative all'anno d'imposta 2019 pubblicate sul sito del Dipartimento delle Finanze.

Sono più di 700mila i contribuenti in fuga dall'Irpef. A tanto ammontano le adesioni delle partite Iva che hanno scelto la flat tax al 15% e che nel 2019, primo anno d'imposta di applicazione della tassa piatta introdotta dal Governo Conte 1 a trazione giallo-verde, ha fatto lievitare l'esercito dei contribuenti forfettari a 1.563.000. È quanto emerge dall'analisi delle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2020 e relative all'anno d'imposta 2019 pubblicate sul sito del Dipartimento delle Finanze.

Crescono i redditi degli autonomi.

Grazie alla flat tax al 15% per chi ha ricavi o compensi fino a 65.000 euro, dunque, le Finanze sottolineano come crescano significativamente i redditi medi da lavoro autonomo (+25,4%) e quelli d'impresa (+6,8%). La fuga dalla progressività dell'Irpef in favore di una tassa piatta è l'opzione dei contribuenti che hanno ricavi e redditi più bassi. Nella tassazione ordinaria, dunque, restano solo i soggetti con redditi più alti, determinando così valori medi più elevati. Si mantengono invece sostanzialmente stabili i valori medi del reddito da partecipazione (+0,8%).

Tasse e mattoni.

Nel 2019 il reddito da fabbricati, fanno notare dal Dipartimento delle Finanze, tassato in via ordinaria, si è attestato a 26,1miliardi di euro. Anche sul mattone va comunque registrata una fuga dall'Irpef che per il 2019 è stata del 2,2% favorita soprattutto dalla cedolare secca sugli affitti.

«Quota 100» spinge i redditi da pensionati.

Il reddito medio da pensione dichiarato al Fisco cresce del 2,4%, confermando il trend degli anni precedenti, mentre, grazie a Quota 100 diversamente dagli altri anni è aumentato il numero di pensionati (oltre 18.500 soggetti in più, +0,1%).

iù contratti a termine.

La fotografia restituita dalle Dichiarazioni dei redditi prima della pandemia coronavirus mostra come sia cresciuto anche il reddito medio da lavoro dipendente (+1,1%). Un dato che conferma evidenzia da una parte l'aumento del numero di lavoratori con contratti a tempo indeterminato (+2,5%) e dall'altra una diminuzione dei lavoratori con contratti a tempo determinato (-2,6%).

Le dichiarazioni presentate.

I contribuenti Irpef che si sono dichiarati al Fisco sono circa 41,5 milioni e hanno presentato i modelli di dichiarazione “Redditi Persone Fisiche” e “730”, e risultano in aumento di oltre153.000 unità La dichiarazione più usata è il 730 scelto da oltre 22 milioni di persone fisiche. A spingere il modello semplificato è stata soprattutto la precompilata anche questa in crescita e scelta da altri 800mila contribuenti in più rispetto all'anno d'imposta 2018. Sono invece 9,1 milioni i soggetti che hanno presentato invece il modello “Redditi Persone Fisiche”, mentre i dati dei restanti 10,4 milioni di contribuenti sono transitati con le Certificazioni uniche.

IlSole24Ore

martedì 11 agosto 2020

Bonus malus. - Marco Travaglio

La società del futuro tra valanghe di soldi e politiche rigoriste ...
Ormai qualunque cosa accada, anche la più misteriosa o imprevedibile, una certezza matematica ci conforta: la cazzata più enorme la dirà Salvini, peraltro opposta a quelle sparate fino a un attimo prima. É capitato sul lockdown, da lui chiesto a gran voce il 10 marzo (“Tutta Italia zona rossa, tutta Europa zona rossa, chiudere tutto!”), cinque mesi prima di invocare l’arresto di Conte per aver “sequestrato tutta Italia contro il parere del Comitato tecnico scientifico” (che ovviamente era d’accodo). É ricapitato per lo scandalo dei cinque deputati (più 2mila politici locali e un esercito di professionisti) che han chiesto e ottenuto il bonus da 600-1000 euro per partite Iva in difficoltà pur guadagnando 13-14 mila euro netti al mese. Noi pensiamo che le regole della privacy non valgano per gli eletti: i cittadini elettori hanno il diritto di conoscerne i nomi e le spiegazioni, per decidere se rivotarli o mandarli a casa. Perciò oggi il Fatto invierà una richiesta di accesso agli atti all’Inps sostenuta da una petizione fra i lettori sul sito, pronto anche a ricorrere al Tar. Ma nell’attesa, torniamo al Cazzaro Verde, che neppure stavolta ha deluso le attese. Prima, a botta calda, ha strillato: “Vergogna, dimissioni subito!”. Poi ha saputo che tre su cinque sono suoi e allora ha virato sulla “sospensione subito”. E ha incolpato “il governo che ha fatto il decreto che lo permette e l’Inps che ha dato quei soldi” (e ha scoperto i profittatori).
Ora, quel bonus era una misura di pronto soccorso per tutte le partite Iva impoverite dal lockdown e, per raggiungerne il maggior numero nel minor tempo possibile, doveva essere per tutti: altrimenti, a furia di carte bollate e controlli, avrebbe mancato lo scopo. Com’è accaduto per la Cig straordinaria, che ha le sue regole pluridecennali e infatti non è ancora arrivata a tutti; e per la nuova norma sui prestiti bancari garantiti dallo Stato che, provenendo da istituti privati, richiedono un’istruttoria minima su solvibilità, bilanci, garanzie, con tempi spesso lunghi. La logica del bonus Iva è l’“elicopter money” di Milton Friedman che, per raggiungere tanta gente, non va troppo per il sottile. Ci si affida al buon senso, al buon cuore e al buon gusto dei cittadini. Poi, a posteriori, si controlla. E, se qualcuno fa il furbo, è colpa sua, non del governo o dell’Inps: a meno che il quoziente intellettivo dei parlamentari che ha in mente Salvini (i suoi) sia così basso da non capire che un deputato con partita Iva che prende 13-14 mila euro al mese il bonus non deve proprio chiederlo, anche se il decreto non glielo vieta. Il bello è che, quando il bonus fu varato, Salvini e tutta la destra al seguito accusavano il governo di bonus troppo bassi e controlli troppo severi.
Come ricorda Emiliano Rubbi su Fb, il 30 marzo Salvini girava per tv e dirette social a strillare: “La Svizzera, compilando un foglio, ti mette a disposizione fino a 500mila euro. Servono aiuti subito! Io mi fido degli italiani!”. Naturalmente la Svizzera non s’è mai sognata di regalare mezzo milione a chicchessia in cambio di un foglio compilato, ma questo era il mantra del Cazzaro e dei suoi trombettieri. Gli stessi che ora incolpano il governo di non aver escluso i politici, come se fossero tutti uguali (ci sono sindaci e consiglieri comunali sottopagati che lavorano per mantenersi, diversamente dai governatori, consiglieri e assessori regionali che viaggiano dai 5-6 ai 13 mila euro netti al mese). “Ovviamente –scrive Rubbi– se per il bonus il governo avesse previsto parametri più stringenti, i tempi si sarebbero allungati per i controlli. E Salvini avrebbe urlato che il governo non si fidava degli italiani, diversamente da lui, e che di quei soldi c’era bisogno subito, non dopo mesi. Io mi chiedo come facciano gli elettori leghisti a sopportare di essere presi per il culo ogni giorno, costantemente, dal loro leader. Forse non capiscono, o forse gli sta proprio bene così, boh”.
Forse il suo calo di consensi, tanto clamoroso quanto tardivo, dipende anche da questo. Se vuole rialzarsi, o almeno provarci, il Cazzaro dovrebbe fare come i 5Stelle: chiedere a tutti i suoi eletti una rinuncia alla privacy da consegnare all’Inps per sapere chi ha ottenuto il bonus; e magari anche le dimissioni in bianco, per mandare a casa gli accattoni. Se non lo farà, provvederemo noi a ottenere le informazioni a cui tutti i cittadini hanno diritto. Anzi, non tutti: solo quelli che non hanno fatto i furbi. Perchè, oltre ai politici nazionali e locali, nelle stesse condizioni ci sono migliaia fra imprenditori, notai, avvocati, professionisti con conti in banca milionari che hanno pensato bene di arraffare pure i 600 e poi i 1000 euro con la scusa del Covid. Anch’essi non hanno violato alcuna norma, a parte quelle dell’etica e della decenza. É grazie a gente come loro (e sono milioni) che in Italia ogni misura di Welfare diventa una potenziale truffa, ogni bonus un malus: evasori fiscali e contributivi, prenditori che mandano i dipendenti in cassa e li fanno lavorare lo stesso, schiavisti del lavoro nero, falsi invalidi, finti disoccupati. Anziché farsi lapidare con ridicole scuse scajoliane (“è stato un disguido”, “è una vendetta di mia moglie da cui mi sto separando”, “è stato il il commercialista che ha chiesto il bonus a mia insaputa”), i cinque onorevoli furbastri potrebbero dire così: “Siamo rappresentanti del popolo e il nostro popolo ruba come noi”. Verrebbero lapidati lo stesso, ma per aver detto la verità.

lunedì 10 agosto 2020

I furbastri del Covid: politici, star tv e ricchi. - Patrizia De Rubertis

I furbastri del Covid: politici, star tv e ricchi

Sono tre leghisti, un Cinque Stelle e un renziano di Italia Viva i 5 deputati furbastri che nei mesi scorsi hanno chiesto e incassato dall’Inps il bonus da 600 e 1.000 euro erogato a partite Iva, co.co.co, liberi professionisti e lavoratori stagionali in difficoltà a causa dell’emergenza Covid. Lo stipendio netto da 12.439 euro e tutti i benefit e privilegi di cui già godono non sono stati ritenuti sufficienti dai politici, i cui nomi restano coperti dalla legge sulla privacy. E, soprattutto, dal loro stesso velo di omertà nel non autodenunciarsi.
A segnalare le vergognose richieste è stata la struttura antifrode, anticorruzione e trasparenza dell’Inps creata dal presidente Pasquale Tridico. Così, nei momenti di massima emergenza sanitaria, all’assalto dei furbetti delle aziende ad accaparrarsi gli ammortizzatori sociali senza aver registrato cali di fatturato, ora si aggiunge anche quest’altro caso che sta incendiando il Parlamento appena chiuso per ferie. Sebbene non rientri in nessun illecito (la richiesta del bonus non prevedeva requisiti di reddito, bastava solo il numero della partita Iva e l’indicazione della propria posizione professionale), la notizia ha scosso e indignato un Paese in cui ci sono lavoratori che ancora aspettano di ricevere gli ammortizzatori sociali.
Immediato il diluvio di reazioni politiche e non, tra richieste di scuse, di dimissioni e di restituzione dei soldi. Mentre su Twitter è diventato trend topic l’hashtag #Fuoriinomi con l’invocazione di rendere noti i nomi dei deputati coinvolti. In ogni caso, anche se venissero chieste ufficialmente le identità, l’Inps non è tenuta a rivelarle. Sono prestazioni legittime e non c’è alcun motivo di richiesta istituzionale che comporti un obbligo di risposta.
Resta aperta la questione morale che abbraccia tutti gli schieramenti. I 5 deputati non sono gli unici ad aver richiesto il bonus previsto dai decreti Cura Italia e Rilancio. Sono 2.000 i politici coinvolti tra governatori di Regione, sindaci, consiglieri e assessori sia regionali che comunali. Un elenco sterminato in cui rientra anche la peggiore società civile. Oltre al conduttore tv già rivelato ieri da Repubblica, nella lista dei furbastri compaiono altri volti noti del piccolo e grande schermo e una marea di riccastri professionisti, tra notai, avvocati e commercialisti che hanno goduto di un sostegno economico pur senza averne effettivamente bisogno.
Il presidente della Camera Roberto Fico ha definito la faccenda “una vergogna” chiedendo ai 5 di restituire quanto percepito, “è una questione di dignità e di opportunità”. I capigruppo a Montecitorio hanno iniziato presto ieri mattina a compulsare i deputati nelle chat di Whatsapp, chiedendo di accertarsi dai propri commercialisti di non essere tra i colpevoli.
E non manca chi ha parlato di “un sistema bonus sbagliato”, perché ha permesso di richiedere e ricevere un sussidio anche a chi non ne aveva assolutamente necessità. “Avremmo dovuto varare un provvedimento ad hoc per escludere parlamentari e consiglieri regionali, per esempio. Si sarebbe evitato tutto questo”, hanno fatto trapelare dalle segreterie. Dal Cinque Stelle Vito Crimi al dem Nicola Zingaretti, passando per il leghista Matteo Salvini, Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia e la forzista Maria Stella Gelmini, tutti i leader hanno chiesto di cacciare i 5 dal Parlamento, ma nessuna conferma sugli indiziati. Ora la paura per i leader è tanta, soprattutto a un mese dal referendum sul taglio dei parlamentari del 20 settembre voluto fortemente dal M5S. Intanto la caccia ai furbetti continua.

lunedì 29 gennaio 2018

Partite Iva, da luglio addio alla scheda carburante. Le risposte a Telefisco. - Giuseppe Latour



Mancano pochi mesi. Dal primo luglio del 2018 i soggetti titolari di partita Iva dovranno dire addio alla cara, vecchia scheda carburante. Lo ha stabilito la legge di Bilancio 2018 (legge n. 205/2017), fissando un principio semplice, ma di grande impatto per la vita quotidiana di migliaia professionisti e imprese: le spese di carburante per autotrazione diventeranno, infatti, deducibili solo se sostenute tramite carte di credito, carte di debito o carte prepagate. Con relative difficoltà applicative. Anche su questo tema, allora, sarà possibile porre i propri quesiti agli esperti di Telefisco.
Cosa cambia dal primo luglio. Dal primo luglio si dovrà dire addio, insomma, alla scheda e ai timbri, dando grande spazio alla moneta elettronica. Con l’obiettivo di contrastare l’evasione. Perché i soggetti titolari di partita Iva non potranno più dedurre il costo relativo all’acquisto di carburante, né detrarre la corrispondente imposta sul valore aggiunto utilizzando il semplice contante.
La fatturazione elettronica. E non finisce qui. Sempre a partire dal primo luglio 2018, infatti, la stessa legge di Bilancio prevede che gli acquisti di carburante per autotrazione effettuati da partite Iva presso gli impianti stradali di distribuzione dovranno essere obbligatoriamente documentati con la fattura elettronica. In pratica, sempre in chiave anti-evasione, diventa onere del benzinaio tutte le volte che effettua un rifornimento a un soggetto dotato di partita Iva emettere la fattura elettronica.
Il credito di imposta. Per chiudere il cerchio, infine, è prevista l’introduzione di un credito d’imposta pari al 50%, del totale delle commissioni addebitate per le transazioni effettuate, a partire dal primo luglio 2018 tramite sistemi di pagamento elettronico. Il credito d’imposta sarà utilizzabile solo in compensazione tramite modello F24, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello di maturazione.
Il Forum di Telefisco. Anche la fatturazione elettronica e gli acquisti di carburante saranno tra i temi sui quali sarà possibile porre domande agli esperti del Sole 24 Ore, in occasione dell’apertura del Forum speciale dell’Esperto risponde, abbinato a Telefisco. È possibile inviare le domande fino alle 18 di venerdì 2 febbraio. Le risposte saranno pubblicate sul quotidiano e da lunedì 5 febbraio sul sito. Inoltre, lunedì 12 febbraio sarà in edicola un numero speciale dell’inserto L’esperto risponde con una selezione dei migliori quesiti.