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martedì 3 agosto 2021

Pil italiano con il turbo, ma attenzione alla quarta ondata. - Dino Pesole

 

Illustrazione di Giorgio De Marinis / Il Sole 24 Ore


Dal “lieve recupero” del primo trimestre alla crescita “molto sostenuta” del secondo trimestre. I dati diffusi dall’Istat fotografano l’atteso rimbalzo del Pil grazie alle riaperture e alla campagna vaccinale, tanto che si ipotizza un risultato a fine anno certamente superiore al 5,1%, e che potrebbe anche attestarsi nei dintorni del 6%.

Se si guarda all’andamento delle variabili del Pil, dai servizi all’industria, il risultato pare raggiungibile anche se non va dimenticato che il confronto in termini tendenziali è con l'analogo periodo del 2020, quando - come ricorda l’Istat - si è raggiunto il picco minimo, tanto che a fine anno il Pil è crollato dell'8,9%.
Poiché la variazione acquisita è al momento del 4,8% (in sostanza il risultato che si otterrebbe qualora nel terzo e quarto trimestre si registrasse una variazione pari a zero), si può essere decisamente ottimisti circa il risultato finale dell'anno in corso. È senz’altro una buona notizia per la nostra economia, che tuttavia va registrata con una certa prudenza. Pesa l'incognita dell'andamento dei contagi, spinti dalla variabile Delta, pesano le incertezze dell’autunno collegate alla riapertura dell’anno scolastico.

Pil con il turbo ma con vaccini e green pass.

Dalla Banca d’Italia alla Commissione europea e alle principali istituzioni internazionali (Ocse e Fmi) la valutazione è unanime: il green pass e il completamento della campagna vaccinale sono la precondizione essenziale per centrare il target di crescita che va configurandosi in base ai dati preliminari diffusi dall’Istat sul secondo trimestre dell’anno. Nel Documento di economia e finanza di aprile la crescita era indicata al 4,5%, e lo stesso ministro dell’Economia, Daniele Franco, in diverse occasioni ha indicato l’obiettivo del 5% come assolutamente raggiungibile.

Il caveat è ancora una volta rappresentato dalla diffusione delle varianti del Covid. Quali potrebbero essere gli effetti anche sulle altre variabili macroeconomiche, qualora la stima di un aumento del Pil attorno al 6% fosse suffragata dai dati reali nei prossimi mesi? Le previsioni relative al deficit (-11,8%) e al debito (159,8%) sono tarate su una crescita del Pil che in termini programmatici si attesta al 4,5%.
Dall’incremento del “denominatore” (la crescita, appunto) trarrebbe beneficio il numeratore dunque il deficit e il debito. Non numeri decisivi, in grado di cambiare in modo evidente il quadro delle variabili di finanza pubblica, ma pur sempre significativi. Poi va ricordato che la Commissione europea non ha inserito nelle stime sull’economia italiana l’effetto atteso dalle riforme contenute nel Piano nazionale di ripresa e resilienza.

La spinta delle riforme.

Ne consegue che al netto della variabile costituita dall’andamento dei contagi, la possibilità di conseguire tassi di crescita sostenuti, e soprattutto di far sì che il rimbalzo del Pil si trasformi in crescita stabile e strutturale, è per buona parte connessa alla capacità del nostro paese di portare a compimento il programma di riforme e investimenti contenuto nel Pnrr.

Si agirebbe in tal modo sul Pil potenziale, con effetti positivi sulla produttività totale dei fattori, che da un paio di decenni è stagnante. Ecco perché ormai unanimemente si considera l’appuntamento con i fondi del Next Generation Eu come decisivo per il futuro del Paese.
Come ha confermato il commissario agli Affari economici, Paolo Gentiloni, a breve (probabilmente entra metà agosto) sarà erogata la prima tranche pari a circa 25 miliardi, sotto la forma di un anticipo rispetto al totale dei fondi assegnati all’Italia da qui al 2026.
La previsione è che il Governo già in settembre avanzi richiesta della nuova tranche che verrebbe erogata entro fine anno, ma differentemente dall’anticipo si tratterà (come per i successivi) di finanziamenti la cui erogazione è strettamente connessa alla realizzazione del cronoprogramma inviato dal Governo a Bruxelles.
Sui passaggi relativi alla concreta attuazione delle riforme e degli investimenti si attiverà la vigilanza europea, e ancora una volta la palla tornerà nel nostro campo. Se le riforme annunciate (nel totale circa 48) e gli investimenti non verranno realizzati o lo saranno solo in parte, la corresponsione dei fondi potrà essere sospesa con evidenti conseguenze anche sul consolidamento della ripresa.

Dal rimbalzo alla crescita strutturale.

La concreta realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza è in sostanza fondamentale per trasformare il rimbalzo congiunturale in crescita strutturale. Soprattutto in un’ottica non di breve periodo. Quando la pandemia sarà definitivamente alle nostre spalle, la partita la si giocherà proprio su come saremo in grado (come sistema Paese) di porre le premesse per una crescita stabile e sostenuta, in grado di creare occupazione stabile. E di conseguenza se riusciremo a porre il debito pubblico (che comunque andrà ridotto) in una traiettoria di costante riduzione.

Crescita dell’economia e finanza pubblica pienamente sostenibile marciano dunque di pari passo, e nessun governo da qui ai prossimi decenni potrà prescinderne.

IlSole24Ore