Visualizzazione post con etichetta pil. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta pil. Mostra tutti i post

giovedì 7 ottobre 2021

Perché la pressione fiscale resta alta nonostante il Pil in crescita? - Dino Pesole

 

(Illustrazione di Andrea Marson)

Il Governo vuole procedere a tappe: un primo intervento nella prossima legge di Bilancio, poi decreti legislativi nel corso del 2022 con effetti non prima del 2023.

Il Pil cresce e dovrebbe consolidare l’attuale rimbalzo congiunturale così da assicurare un percorso di crescita strutturale nei prossimi anni, ma la pressione fiscale resta sostanzialmente ferma tra il livello stimato per il 2021 (41,2% del Pil, contro il 42,1% del 2020) e il 41,5% del 2024. Stando a quel che prevede la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, al netto della misura che riguardano l’erogazione del beneficio dei 100 euro mensili (che viene conteggiata tra le maggiori spese), la pressione fiscale passerebbe dal 41,2% del 2021 al 40,9% nel 2024.

Al momento si può contare sul “fondo potenziale” da destinare alla riduzione della pressione fiscale pari a 4,3 miliardi nel 2021 e sull’intenzione - ribadita dal Governo - di ridurre la pressione fiscale «utilizzando prioritariamente le risorse derivanti dal contrasto all'evasione nell'ambito della sessione di bilancio».

L’urgenza della riduzione delle tasse.

La pressione fiscale fotografa l’insieme delle tasse e dei contributi incassati dallo Stato in rapporto al Pil. È un indicatore importante da valutare nella sua dinamica anno dopo anno, che tuttavia non fotografa il peso reale del complesso delle entrate fiscali e contributi sui singoli contribuenti. In molti casi, il livello effettivo del prelievo si attesta su valori decisamente superiori rispetto all’indice ufficiale, a causa del permanere di un’alta evasione (la stima varia dai 110 ai 130 miliardi l’anno). Va dunque senz’altro accolta con favore l’intenzione del Governo di agire sul fronte del contrasto all’evasione (intendimento che peraltro è agevole individuare in tutti i programmi di governo degli ultimi decenni).

Certamente passi in avanti sono stati compiuti verso quello che i tecnici definiscono «l’adempimento spontaneo al pagamento delle imposte» (la cosiddetta tax compliance), ma l’evasione resta uno dei problemi principali da affrontare attraverso un mix di misure di contrasto, il pieno utilizzo degli incroci con le banche dati, una drastica opera di semplificazione degli adempimenti tributari e il potenziamento dei pagamenti digitali. Sono linee di indirizzo che dovrebbero tra breve essere inserite nel disegno di legge delega che il Governo si appresta a presentare in Parlamento.

Razionalizzazione della spesa e contrasto all’evasione.

Per ridurre la pressione fiscale occorre un giusto dosaggio, in termini di corrette coperture finanziarie, tra un programma pluriennale di razionalizzazione della spesa corrente - come peraltro annunciato dal ministro dell’Economia, Daniele Franco nel corso dell’audizione parlamentare dello scorso 21 luglio - e di aumento del gettito per effetto dell’azione di contrasto all'evasione.
Per quel che riguarda questa seconda fonte di finanziamento della riforma fiscale, va tuttavia precisato che le maggiori entrate che si ipotizza di incassare grazie alla lotta all’evasione dovrebbero essere correttamente contabilizzate solo ex post, una volta che siano state effettivamente incassate. Utilizzarle come fonte di copertura ex ante (lo si è già fatto in passato) pare una strada non del tutto coerente con i dettami di finanza pubblica, oltre a presentare margini di aleatorietà.

Si dovrebbe agire anche intervenendo sul complesso universo delle agevolazioni fiscali (oltre 600 per un costo di 68 miliardi), ma si tratta di un’operazione che richiede un ampio consenso in sede politica, perché comunque si tratta di decidere quali categorie andare a “colpire”, e tutto ciò può avere un costo in termini di consenso, e dunque di riscontro a breve dal punto di vista elettorale.

Il Pil e il fisco.

La nuova previsione tendenziale del Governo indica tassi di crescita del Pil reale dal 6% del 2021 al 4,2% del 2022, per poi attestarsi al 2,6% nel 2023 e all'1,9% nel 2024. Previsioni già validate dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio, che porterebbero il Pil al di sopra del trend pre-crisi nel 2024. Il quadro macroeconomico programmatico, che incorpora l’effetto della politica economica “espansiva” indicata nella Nadef, vede il Pil di quest’anno al 6%, al 4,7% nel 2022, che passa al 2,8% nel 2023 e all'1,9% nel 2024.

La politica fiscale dovrà rafforzare l’incremento del “denominatore” (il Pil), favorendo in tal modo il percorso di graduale riduzione della pressione fiscale. Ma la riforma dovrà puntare prima di tutto all’equità e alla corretta distribuzione del carico tributario, intervenendo sull’Irpef, ma anche sul cuneo fiscale, sull’Iva e sull’Irap. Il tema delle risorse è decisivo, e l’intendimento del Governo è di procedere a tappe, con un primo intervento (con ogni probabilità sul cuneo fiscale) da inserire nella prossima legge di Bilancio, per poi affidare il percorso di taglio delle tasse ai decreti legislativi che dovrebbero vedere la luce nel corso del 2022, con effetti tangibili dunque non prima del 2023.

Quanto al fondo da 4,3 miliardi indicato nella Nadef, si tratta di un insieme di risorse “potenziali” che emergono da quello che il Governo definisce il miglioramento della propensione di imprese e cittadini a pagare le imposte. Ora la quantificazione del maggior gettito dovrà essere ratificato e indicato nel Fondo speciale con un ulteriore provvedimento del ministro dell’Economia.

IlSole24Ore

mercoledì 29 settembre 2021

Nadef, debito in calo al 153,5%, corre il Pil. Superbonus 110%, verso proroga al 2023. -

 

I punti chiave


Via libera del Consiglio dei ministri alla Nadef, ovvero la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza con le nuove stime relative ai conti pubblici. La previsione annuale di aumento del Pil sale al 6 per cento, dal 4,5 per cento ipotizzato nel Def in aprile. Il più alto livello di Pil e il minor deficit fanno anche sì che il rapporto tra debito pubblico e prodotto non salga ulteriormente quest'anno, come previsto nel Def, ma scenda invece al 153,5 per cento, dal 155,6 per cento nel 2020. Il deficit torna sotto il 10%, riducendo il livello rispetto alle previsioni di primavera. L’indebitamento netto nel 2021 si attesterà al 9,4% (dall’11,8 stimato nel Def). Nel 2022 il deficit sarà al 5,6%, per scendere al 3,9% nel 2023 e avvicinarsi al 3% nel 2024 (3,3%). È quanto si legge nella bozza della Nadef, la Nota di aggiornamento del Def, giunta sul tavolo della riunione dell’esecutivo.

Confermate misure 2020, da Superbonus a 4.0.

La pressione fiscale scenderà di circa 0,9 punti percentuali rispetto al 2020, collocandosi al 41,9% del Pil nel 2021. Il prossimo anno «si manterrà pressoché stabile, al 42%, mentre per gli anni seguenti è atteso un calo medio di circa 0,2 punti di pil all'anno, fino a raggiungere il 41,5 per cento del pil nel 2024». L’inflazione salirà all’1,5% quest’anno, quindi all’1,6% nel 2022, all’1,5% nel 2023 e all’1,7% nel 2024. Tra le misure delineate nel pacchetto Nadef, il prolungamento di alcune soluzioni adottate nel corso del 2020 come il Superbonus 110% (al 2023), Transizione 4.0 e il potenziamento del Fondo Centrale di Garanzia per le PMI. «Il sentiero programmatico per il triennio 2022-2024 - si legge nell’introduzione al documento - consente di coprire le esigenze per le cosiddette politiche invariate e il rinnovo di numerose misure di rilievo economico e sociale, fra cui quelle relative al sistema sanitario, al Fondo di Garanzia per le PMI e agli incentivi all'efficientamento energetico degli edifici e agli investimenti innovativi». Secondo quanto si è appreso dopo la cabina di regia tra il premier Draghi e i capidelegazione delle forze politiche di maggioranza, che si è tenuta martedì 28 settembre, la proroga dovrebbe essere inserita in manovra.

Una volta ottenuto il via libera del Consiglio dei ministri - la riunione a Palazzo Chigi è durata un’ora e quaranta circa -, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, alle 16 terrà una conferenza stampa insieme al ministro dell'Economia e delle Finanze, Daniele Franco, presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio. «A partire dal 2024 - si legge in un passaggio della premessa al documento, a firma del responsabile del Tesoro -, la politica di bilancio mirerà a ridurre il deficit strutturale e a ricondurre il rapporto debito/Pil intorno al livello precrisi entro il 2030».

Ok Cdm a decreto su proroghe referendum,assegno unico,Irap.

Prima di approvare la Nadef, il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al decreto legge con norme di giustizia e di proroga di un mese dei termini in scadenza per i referendum, l’assegno unico e l’Irap. Lo si è appreso da fonti governative a Cdm in corso. La Lega non ha partecipato al voto sulla norma che riguarda i referendum, esprimendo dissenso sulla scelta di prorogare i termini per la presentazione delle firme.

Avvio prima fase riforma Irpef e assegno unico a regime.

La Nadef fornisce indicazioni sulla strategia di politica economica che l’esecutivo intende mettere in campo. «Gli interventi di politica fiscale che il governo intende adottare - si legge ancora nel documento - determinano un rafforzamento della dinamica espansiva del Pil nell’anno in corso e nel successivo. Rilevano in particolare la conferma delle politiche invariate e il rinnovo di interventi in favore delle Pmi e per la promozione dell’efficientamento energetico e dell’innovazione. Si avvia inoltre la prima fase della riforma dell’Irpef e degli ammortizzatori sociali e si prevede che l’assegno unico universale per i figli sia messo a regime».

Politiche espansive fino a 2024, pieno recupero lavoro.

La Nadef, così come giunta sul tavolo del Consiglio dei ministri, spiega che «ipotizzando che il grado di restrizione delle attività economiche e sociali legato al Covid-19 si vada via via riducendo, l’intonazione della politica di bilancio resterà espansiva fino a quando il Pil e l’occupazione avranno recuperato non solo la caduta, ma anche la mancata crescita rispetto al livello del 2019. Si può prevedere che tali condizioni saranno soddisfatte dal 2024 in avanti». Nel documento l’esecutivo precisa che «a partire dal 2024, la politica di bilancio mirerà a ridurre il deficit strutturale e a ricondurre il rapporto debito/Pil intorno al livello precrisi entro il 2030».

Saldi migliori delle attese.

Saldi di finanza pubblica migliori delle attese, dunque. Se la Nota di aggiornamento del Documento di economia e di finanza (Nadef) fosse un articolo, sarebbe probabilmente questo il titolo del documento di politica economica giunto sul tavolo del governo Draghi, un documento che come tutti gli anni fa da cartina di tornasole delle risorse che saranno a disposizione per la copertura delle misure previste nella manovra, la legge di Bilancio .

Da extradeficit 2022 spazio manovra da 22 miliardi.

In particolare, stando alle indicazioni contenute nel documento, lo spazio di manovra per il 2022 aperto dalla differenza tra deficit tendenziale e programmatico ammonta a circa 22 miliardi. Il deficit programmatico è infatti fissato al 5,6% del Pil e il tendenziale al 4,4%. La differenza pari a 1,2 punti si traduce in risorse comprese tra i 21 e i 22 miliardi. Per la legge di bilancio, che poggerà su una crescita 2022 stimata al 4,2% e che per la prima volta da molti anni non poggerà su una richiesta di scostamento, i tempi sono stretti: entro il 20 ottobre il Governo dovrà presentare il ddl di Bilancio alle Camere. Il cantiere della manovra è aperto.

In manovra più fondi a sanità e rinnovo contratti Pa.

«Con la prossima Legge di Bilancio 2022-2024- si legge nella bozza dela Nadef giunta sul tavolo del Cdm - sarà rafforzato il sistema sanitario nazionale, al fine di migliorare l’accesso alle cure e incoraggiare la prevenzione. Risorse aggiuntive saranno destinate ai rinnovi dei contratti pubblici e al rifinanziamento delle politiche invariate non coperte dalla legislazione vigente, tra cui missioni di pace, taluni fondi di investimento e il rinnovo di alcune politiche in scadenza».

La corsa del Pil.

Il primo semestre dell'anno in corso - si legge ancora nel documento - ha registrato un recupero del Prodotto interno lordo (Pil) nettamente superiore alle attese. Ad un lieve incremento nel primo trimestre (0,2 per cento sul periodo precedente) è infatti seguito un aumento del 2,7 per cento nel secondo. Si prevede che il terzo trimestre segnerà un ulteriore recupero del PIL, con un incremento sul periodo precedente pari al 2,2 per cento».

Revisione sussidi dannosi per ridurre carico imprese.

Nel testo viene inoltre anticipato che «le entrate derivanti dalla revisione delle imposte ambientali e dei sussidi ambientalmente dannosi andranno utilizzate per ridurre altri oneri a carico dei settori produttivi». «Le risorse di bilancio - si legge ancora - verranno crescentemente indirizzate verso gli investimenti e le spese per ricerca, innovazione e istruzione».

Un mese in più per ottenere gli arretrati dell’assegno unico.

La Nadef è stata dunque accompagnata da un Dl che si concentra sulle proroghe. In base al provvedimento approvato dal Governo, ci dovrebbe essere un mese in più per le domande retroattive dell'assegno unico, nuovi tempi supplementari per le imprese che devono pagare l'Irap sospesa nel 2020 dopo aver superato i limiti Ue sugli aiuti di Stato e un intervento per consentire ai Comuni di certificare le firme digitali raccolte per il referendum sulla cannabis. Le misure fiscali più importanti sul piano dei conti pubblici dovrebbero invece intervenire successivamente.

Ok governo a ddl concorrenza entro fine 2021.

Nel documento il Governo conferma la legge per la concorrenza entro quest’anno. «Tra le riforme abilitanti del Pnrr - spiega la bozza giunta sul tavolo del Consiglio dei ministri - il Governo si è impegnato a presentare, con cadenza annuale, la legge per la concorrenza. Quella per l’anno 2021, verrà presentata al Parlamento entro fine anno e approvata definitivamente nel 2022».

Decreto giudice per acquisire tabulati telefonici.

Cambio delle regole in senso garantista nelle inchieste penali sull’acquisizione dei dati telefonici e telematici dai fornitori: potrà essere disposta solo con un decreto motivato del giudice. In caso di urgenza il pm potrà procedere, ma ci dovrà essere la convalida del giudice. Lo ha stabilito il Consiglio dei ministri con il decreto legge approvato su proposta della ministra Marta Cartabia e con cui l’Italia si adegua al diritto comunitario e in particolare alla sentenza della Corte di Giustizia Ue del 2 marzo 2021.

IlSole24Ore

martedì 31 agosto 2021

Pil: Istat, nel secondo trimestre +2,7%, +17,3% annuo.

 

Crescita acquisita 2021 al 4,7%.


Nel secondo trimestre del 2021 il prodotto interno lordo, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato del 2,7% rispetto al trimestre precedente e del 17,3% nei confronti del secondo trimestre del 2020. Lo comunica l'Istat.

Il dato conferma le stime preliminari e vede per l'ano in corso una crescita già acquisita del 4,7%. La crescita annua, spiegava Istat durante la diffusione delle stime preliminari, e' la piu' alta mai registrata dall'inizio delle serie storiche nel 1995.

Il rialzo del Pil registrato dall'economia italiana nel secondo trimestre del 2021 pari a +17,3% è il più alto su base tendenziale mai registrato dall'inizio delle attuali serie storiche, ovvero dal 1995. Lo spiegava l'Istituto diffondendo alla fine del mese scorso il dato preliminare confermato oggi e spiegando che l'incremento deriva dal confronto con il punto di minimo toccato nel secondo trimestre dello scorso anno in corrispondenza dell'apice della crisi sanitaria

Prezzi. ad agosto +0,5% mese, +2,1% anno, top da 2013.

Ad agosto accelera l'inflazione con l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi che segna un aumento dello 0,5% su base mensile e del 2,1% su base annua (da +1,9% del mese precedente). Lo rileva l'Istat sottolineando che il livello è top dal gennaio 2013 (quando si registrò un aumento dei prezzi del 2,2%. L'accelerazione tendenziale dell'inflazione si deve prevalentemente a quella dei prezzi dei Beni energetici (da +18,6% di luglio a +19,8%) e in particolare a quelli della componente non regolamentata (da +11,2% a +12,8%). 

Ue-19: boom inflazione ad agosto, tasso schizza al 3%.

Continua a salire l'inflazione nella zona euro. Secondo la stima flash di Eurostat il tasso è salito al 3% ad agosto, in aumento dal 2,2% di luglio. A pesare soprattutto l'energia (15,4%, rispetto al 14,3% di luglio), seguita dai beni industriali al netto dell'energia (2,7%, rispetto allo 0,7% di luglio), alimentari, alcolici e tabacco (2%, rispetto all'1,6% di luglio) e servizi (1,1%, rispetto allo 0,9% di luglio). Il tasso più elevato è in Estonia (5%), Lituania (4,9%) e Belgio (4,7%). In Italia è a 2,6%. 

ANSA

martedì 3 agosto 2021

Pil italiano con il turbo, ma attenzione alla quarta ondata. - Dino Pesole

 

Illustrazione di Giorgio De Marinis / Il Sole 24 Ore


Dal “lieve recupero” del primo trimestre alla crescita “molto sostenuta” del secondo trimestre. I dati diffusi dall’Istat fotografano l’atteso rimbalzo del Pil grazie alle riaperture e alla campagna vaccinale, tanto che si ipotizza un risultato a fine anno certamente superiore al 5,1%, e che potrebbe anche attestarsi nei dintorni del 6%.

Se si guarda all’andamento delle variabili del Pil, dai servizi all’industria, il risultato pare raggiungibile anche se non va dimenticato che il confronto in termini tendenziali è con l'analogo periodo del 2020, quando - come ricorda l’Istat - si è raggiunto il picco minimo, tanto che a fine anno il Pil è crollato dell'8,9%.
Poiché la variazione acquisita è al momento del 4,8% (in sostanza il risultato che si otterrebbe qualora nel terzo e quarto trimestre si registrasse una variazione pari a zero), si può essere decisamente ottimisti circa il risultato finale dell'anno in corso. È senz’altro una buona notizia per la nostra economia, che tuttavia va registrata con una certa prudenza. Pesa l'incognita dell'andamento dei contagi, spinti dalla variabile Delta, pesano le incertezze dell’autunno collegate alla riapertura dell’anno scolastico.

Pil con il turbo ma con vaccini e green pass.

Dalla Banca d’Italia alla Commissione europea e alle principali istituzioni internazionali (Ocse e Fmi) la valutazione è unanime: il green pass e il completamento della campagna vaccinale sono la precondizione essenziale per centrare il target di crescita che va configurandosi in base ai dati preliminari diffusi dall’Istat sul secondo trimestre dell’anno. Nel Documento di economia e finanza di aprile la crescita era indicata al 4,5%, e lo stesso ministro dell’Economia, Daniele Franco, in diverse occasioni ha indicato l’obiettivo del 5% come assolutamente raggiungibile.

Il caveat è ancora una volta rappresentato dalla diffusione delle varianti del Covid. Quali potrebbero essere gli effetti anche sulle altre variabili macroeconomiche, qualora la stima di un aumento del Pil attorno al 6% fosse suffragata dai dati reali nei prossimi mesi? Le previsioni relative al deficit (-11,8%) e al debito (159,8%) sono tarate su una crescita del Pil che in termini programmatici si attesta al 4,5%.
Dall’incremento del “denominatore” (la crescita, appunto) trarrebbe beneficio il numeratore dunque il deficit e il debito. Non numeri decisivi, in grado di cambiare in modo evidente il quadro delle variabili di finanza pubblica, ma pur sempre significativi. Poi va ricordato che la Commissione europea non ha inserito nelle stime sull’economia italiana l’effetto atteso dalle riforme contenute nel Piano nazionale di ripresa e resilienza.

La spinta delle riforme.

Ne consegue che al netto della variabile costituita dall’andamento dei contagi, la possibilità di conseguire tassi di crescita sostenuti, e soprattutto di far sì che il rimbalzo del Pil si trasformi in crescita stabile e strutturale, è per buona parte connessa alla capacità del nostro paese di portare a compimento il programma di riforme e investimenti contenuto nel Pnrr.

Si agirebbe in tal modo sul Pil potenziale, con effetti positivi sulla produttività totale dei fattori, che da un paio di decenni è stagnante. Ecco perché ormai unanimemente si considera l’appuntamento con i fondi del Next Generation Eu come decisivo per il futuro del Paese.
Come ha confermato il commissario agli Affari economici, Paolo Gentiloni, a breve (probabilmente entra metà agosto) sarà erogata la prima tranche pari a circa 25 miliardi, sotto la forma di un anticipo rispetto al totale dei fondi assegnati all’Italia da qui al 2026.
La previsione è che il Governo già in settembre avanzi richiesta della nuova tranche che verrebbe erogata entro fine anno, ma differentemente dall’anticipo si tratterà (come per i successivi) di finanziamenti la cui erogazione è strettamente connessa alla realizzazione del cronoprogramma inviato dal Governo a Bruxelles.
Sui passaggi relativi alla concreta attuazione delle riforme e degli investimenti si attiverà la vigilanza europea, e ancora una volta la palla tornerà nel nostro campo. Se le riforme annunciate (nel totale circa 48) e gli investimenti non verranno realizzati o lo saranno solo in parte, la corresponsione dei fondi potrà essere sospesa con evidenti conseguenze anche sul consolidamento della ripresa.

Dal rimbalzo alla crescita strutturale.

La concreta realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza è in sostanza fondamentale per trasformare il rimbalzo congiunturale in crescita strutturale. Soprattutto in un’ottica non di breve periodo. Quando la pandemia sarà definitivamente alle nostre spalle, la partita la si giocherà proprio su come saremo in grado (come sistema Paese) di porre le premesse per una crescita stabile e sostenuta, in grado di creare occupazione stabile. E di conseguenza se riusciremo a porre il debito pubblico (che comunque andrà ridotto) in una traiettoria di costante riduzione.

Crescita dell’economia e finanza pubblica pienamente sostenibile marciano dunque di pari passo, e nessun governo da qui ai prossimi decenni potrà prescinderne.

IlSole24Ore

lunedì 26 luglio 2021

Green pass e Pil, cosa rischia l’Italia se rallenta la campagna vaccinale. - Dino Pesole


 










Le prospettive per l’economia italiana restano incoraggianti ma la ripresa va protetta dai rischi legati alla circolazione delle varianti e dalla frenata delle prime dosi. È prioritario evitare nuovi provvedimenti restrittivi in autunno.

Le prospettive per l’economia italiana restano incoraggianti, tanto che la Banca d’Italia fissa l’asticella per il Pil del 2021 al 5,1%, contro il 4,5% previsto dal governo in aprile, ma non si possono sottovalutare le incognite, che ancora una volta hanno a che fare con la ripresa dei contagi e con l’andamento della campagna vaccinale.

L’attenzione è ora tutta sul “Green pass”.

Approvato in Cdm il decreto su Green pass e nuove restrizioni anti-contagio, scatterà l’obbligo anche in zona bianca di presentare la certificazione verde per spettacoli, viaggi, sport. Una scelta resa necessaria dall’andamento dei contagi, con il chiaro intento di prevenire fin d’ora che in autunno si debba ricorrere a nuovi provvedimenti restrittivi che avrebbero immediate conseguenze sull’economia, ponendo a serio rischio la ripresa. La variante Delta del virus va contrastata con decisione, come mostrano i dati della capitale che ha visto quintuplicarsi i contagi in seguito ai festeggiamenti seguiti alla vittoria della nazionale italiana di calcio ai campionati europei dello scorso 11 luglio.

Il problema è che si è in presenza di un pericolo reale, e come ha spiegato la commissaria europea per la salute e la sicurezza alimentare, Stella Kyriakides la variante Delta sarà dominante a fine agosto, e dunque occorre potenziare al massimo la campagna vaccinale che resta l’unico strumento a disposizione per evitare una nuova ondata dei contagi.

Cosa rischiamo se frena la campagna vaccinale?

Il calcolo è presto fatto. Senza green pass e senza un’accelerazione della campagna vaccinale che conduca in autunno all’immunizzazione di gran parte della popolazione, il Governo sarebbe costretto a ricorrere a nuove chiusure, a imporre nuovi limiti alla libertà di circolazione delle persone in coincidenza peraltro con l’avvio dell’anno scolastico.
Gli effetti della variante Delta, peraltro, si sono già evidenziati sul fronte delle prenotazioni con un impatto sull’andamento della stagione turistica. Il turismo è fondamentale per la ripresa, poiché contribuisce per il 13% al Pil.

L’incertezza resta elevata - ha avvertito il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco - e la vaccinazione sta senz’altro contribuendo alla ripresa economica. Potremmo cedere sul terreno decimali, se non punti di Pil, ed è un rischio che va assolutamente scongiurato. Nella situazione fotografata dalla Commissione europea nelle sue recenti stime macroeconomiche del 7 luglio, il Pil del nostro Paese crescerebbe del 5% quest’anno e del 4,2% il prossimo, a patto però che si prosegua a ritmo incessante nella campagna vaccinale.

Pil e riforme.

Arginare l’avanzata della nuova variante del virus è del resto precondizione indispensabile per preparare il terreno (anche in termini di inversione delle aspettative e di ripristino del clima di fiducia di cittadini e imprese) perché le riforme in agenda possano dispiegare a pieno i loro effetti.
Nessuna riforma, anche la migliore e ben strutturata, può produrre risultati nel breve e medio periodo, se non si inserisce in un contesto economico e sociale in grado di valorizzarne a pieno le potenzialità.
Sulla riforma della giustizia, restano distanze all’interno del Governo (in particolare da parte del Movimento 5 Stelle) per quel riguarda i contenuti delle norme approvate lo scorso 9 luglio dal Consiglio dei ministri (la maggior parte degli emendamenti presentati finora si concentra sul tema caldo della prescrizione).

Ma entro fine luglio dovrebbero vedere la luce anche il disegno di legge delega sulla riforma fiscale e la nuova legge sulla concorrenza. Una road map molto impegnativa, che il presidente del Consiglio Mario Draghi giudica indispensabile per accedere non solo ai primi fondi in arrivo dall’Europa (pari a circa 25 miliardi) ma soprattutto le tranche successive del Next Generation Eu.

In Europa si corre ai ripari

Dalla Francia all’Olanda e alla Spagna, è corsa al green pass per salvare le economie dalle conseguenze di nuovi provvedimenti restrittivi. Se si andasse verso nuove chiusure in piena estate, ne pagherebbe le conseguenze il Pil dell’eurozona in primis, e a cascata anche la nostra economia.
Le stime della Commissione prevedono che l’Unione europea possa tornare ai livelli di crescita antecedenti all’esplodere della pandemia entro la fine del 2022. Ma è evidente che in autunno anche la stima per l’Italia dovrebbe essere rivista al ribasso se fosse necessario varare nuovi provvedimenti restrittivi.

Una certa aleatorietà è insita in tutte le previsioni, ma in questo caso lo scarto tra le stime formulate finora e lo scenario che potrebbe determinarsi in autunno resta ampio. Per la nostra economia ciò significherebbe allungare i tempi per un pieno recupero dei punti di Pil persi nel 2020 (8,9%), con un impatto evidente sul versante dell’occupazione. Ecco perché occorre non solo ricorrere a tutti gli strumenti a disposizione per incrementare il numero delle somministrazioni del vaccino (con annesso il green pass) ma anche attivare una campagna informativa a tappeto che sintetizzi un semplice concetto: la libertà di non vaccinarsi ha dei costi e va tutelata la libertà di non essere infettato da parte di chi si è vaccinato o si accinge a farlo.

IlSole24Ore

lunedì 5 agosto 2019

Istat, economia verso "lieve miglioramento".

Istat, economia verso lieve miglioramento

L'economia del nostro Paese procede a passo di lumaca, anzi - tra dato sul Pil e produzione industriale - è praticamente ferma ma guardando in prospettiva appare uno scenario "di lieve miglioramento dei livelli produttivi". Dalla nota mensile di luglio sull'andamento dell'economia italiana diffusa oggi dall'Istat, il pil in valori concatenati con anno di riferimento 2010, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, in base alla stima preliminare, ha registrato nel secondo trimestre una variazione congiunturale pari a zero a sintesi di una diminuzione del valore aggiunto dell’industria e dell’agricoltura e di un contenuto incremento in quello dei servizi. Sia la domanda nazionale (al lordo delle scorte) sia la componente estera netta hanno fornito un contributo nullo.
L'Istituto evidenzia che a giugno, l’indice destagionalizzato della produzione industriale è diminuito dello 0,2% in termini congiunturali. Nella media del secondo trimestre, la produzione si è contratta dello 0,7% rispetto al trimestre precedente (+1,0% in T1). Il dato mensile ha mostrato un aumento congiunturale solo per l’energia (+2,4%) mentre si sono registrate flessioni per i beni di consumo (-0,7%), i beni intermedi (-0,6%) e, in misura più lieve, per i beni strumentali (-0,1%).

Nonostante il deciso incremento congiunturale di maggio (+2,5%), gli ordinativi dell’industria nel trimestre marzo-maggio hanno segnato una crescita contenuta (+0,2% sul trimestre precedente) a causa del peggioramento della componente interna (-0,7%) che, spiega la nota mensile di luglio dell'Istat, ha in parte compensato l’andamento positivo di quella estera (+1,5%).
A luglio, rileva ancora l'Istat, l’indice del clima di fiducia dei consumatori ha segnato un marcato aumento per effetto di un miglioramento di tutte le componenti. Il recupero della fiducia dei consumatori è stato determinato soprattutto dalla componente economica e dalle attese sulla disoccupazione. Con riferimento alle imprese, l’indice di fiducia ha segnato un progresso, raggiungendo il valore massimo da ottobre 2018. L’aumento è stato diffuso tra i settori economici a eccezione del settore manifatturiero per il quale sono peggiorati i giudizi sul livello degli ordini e migliorati quelli sulle attese sulla produzione, con una diminuzione del saldo relativo alle scorte di prodotti finiti.

L’indicatore anticipatore, osserva l'Istituto di statistica, ha interrotto la tendenza alla flessione in atto dalla fine dello scorso anno, prospettando uno scenario di lieve miglioramento dei livelli produttivi.

https://www.adnkronos.com/soldi/economia/2019/08/05/per-istat-economia-ferma_E8uYPRqotF0bhGmCZI5qNK.html

giovedì 11 luglio 2019

Ue, Italia ultima in Europa per crescita. Promosso il reddito di cittadinanza.

Ue, Italia ultima in Europa per crescita. Promosso il reddito di cittadinanza

Male anche la Germania, penultima. Al top Malta e Ungheria.


Ue, Italia si conferma ultima in Europa per crescita.
Con un Pil che sale di 0,1% nel 2019 e di 0,7% nel 2020, l'Italia resta ultima per crescita nella Ue in entrambi gli anni. Nelle nuove previsioni economiche della Commissione europea, e' Malta al top nel 2019 (+5,3%), seguita da Ungheria e Polonia (+4,4%), e dall'Irlanda (+4%). In fondo alla classifica, ma prima dell'Italia, c'e' la Germania (+0,5%), che pero' nel 2020 recupera (+1,4%).

Ue: aumento Pil Italia 2020 anche grazie a reddito cittadinanza.
La crescita del Pil italiano, che dovrebbe passare dallo 0,1% di quest'anno allo 0,7% nel 2020, si basa "in gran parte sul consumo privato, supportato dal calo dei prezzi dell'energia e dal reddito di cittadinanza per i percettore di redditi bassi". Lo scrive la Commissione europea nelle sue previsioni economiche d'estate. Tuttavia, aggiunge la Commissione, "questi fattori positivi potrebbero essere parzialmente attenuati da un mercato del lavoro meno dinamico e da un calo della fiducia dei consumatori associato a un aumento dei risparmi precauzionali".

Ue: da aggiustamento conti 2019 effetto positivo su spread.
Le tensioni sui mercati sui titoli del debito italiano sono "recentemente diminuite" a causa delle aspettative di una politica monetaria piu' accomodante e grazie "alla correzione di bilancio adottata dal governo italiano a meta' del 2019". Lo scrive la Commissione europea nelle sue previsioni economiche d'estate.

Ue: crescita Eurozona a +1,2% nel 2019; +1,4% nel 2020.
La crescita nella zona euro dovrebbe attestarsi al 1,2% nel 2019, per poi salire al 1,4% nel 2020, secondo le previsioni economiche d'estate pubblicate della Commissione europea. Le stime per quest'anno sono rimaste invariate rispetto alle previsioni di primavera, mentre quelle per il prossimo anno sono state riviste leggermente al ribasso (-0,1%) a causa di un ritmo piu' moderato di crescita atteso per il resto del 2019. Per l'Unione Europea a 28, le stime sono rimaste invariate con una crescita al 1,4% nel 2019 e al 1,6% nel 2020. Secondo la Commissione la crescita nella zona euro e' stata piu' forte del previsto nel primo trimestre dell'anno grazie a diversi fattori temporanei come l'inverno meno rigido e una ripresa delle vendite di auto. Alcune misure espansive hanno aumentato il reddito disponibile delle famiglie in diversi Stati membri. Se le stime saranno confermate, il 2019 sara' il settimo anno consecutivo di crescita per l'economia europea. 

Ue: rischi a ribasso su Pil, pesano tensioni commerciali e politiche.
Sulle prospettive di breve termine dell'economia europea pesano fattori esterni, in particolare le tensioni commerciali a livello mondiale e importanti incertezze politiche. Lo dice la Commissione europea nelle sue previsioni economiche d'estate. I rischi al ribasso sono considerati "piu' importanti" rispetto alle stime di primavera. Secondo la Commissione, lo scontro economico che si prolunga tra gli Usa e la Cina, a cui si aggiungono le forti incertezze sulla politica commerciale americana, potrebbe prolungare il rallentamento attuale del commercio e dell'industria manifatturiera su scala mondiale, con impatti su altre regioni e settori. In particolare, la Commissione non esclude "perturbazioni dei mercati finanziari". Inoltre "le tensioni in Medio Oriente aumentano il rischio di rialzi importanti del prezzo del petrolio". Sul piano interno i rischi al ribasso derivano dall'incertezza della Brexit, il rallentamento dei motori della crescita europea (la Germania, ndr), la debolezza del settore manifatturiero e il calo della fiducia delle imprese che potrebbero ripercuotersi su altri settori e nuocere alla situazione del mercato del lavoro, al consumo privato e alla crescita. 

martedì 30 aprile 2019

L'Italia è fuori dalla recessione, Pil primo trimestre +0,2%.


Shopping nelle vie del centro a Roma.

Stima flash dell'Istat, su base annua aumento dello 0,1%.


Nel primo trimestre dell'anno il Pil italiano (corretto per giorni lavorativi) è cresciuto dello 0,2% rispetto ai tre mesi precedenti. L'economia è così uscita dalla recessione tecnica dovuta ai due cali consecutivi del prodotto interno lordo registrati negli ultimi due trimestri del 2018, entrambi chiusi a -0,1%. Secondo i dati della prima stima flash dell'Istat, su base tendenziale, cioè nel confronto con il primo trimestre 2018, la crescita è stata dello 0,1%.

I dati comunicati dall'Istat mettono in evidenza "il positivo andamento del mercato del lavoro, con il tasso di disoccupazione che scende a marzo al 10,2%". Lo afferma il ministro dell'Economia Giovanni Tria commentando i numeri resi noti dall'Istituto di statistica. Da segnalare in particolare, "oltre all'aumento dei giovani occupati e delle posizioni permanenti, il miglioramento del tasso di occupazione che risale al 58,9%, tornando ai livelli massimi da aprile 2018. Numeri che testimoniano la solidità e la tenuta dell'economia italiana".

All'inizio del 2019 l'economia italiana ha registrato "un moderato recupero che ha interrotto la debole discesa dell'attività registrata nei due trimestri precedenti". Nel complesso, "l'ultimo anno si è caratterizzato come una fase di sostanziale ristagno del Pil, il cui livello risulta essere nel primo trimestre del 2019 pressoché invariato rispetto a quello di inizio del 2018". E' il commento dell'Istat ai dati sul Pil del primo trimestre 2019, chiusosi con un aumento dello 0,2% rispetto agli ultimi tre mesi dello scorso anno.

La crescita del Pil acquisita per il 2019 (quella che si otterrebbe cioè se i prossimi tre trimestri si chiudessero con una variazione nulla del prodotto interno lordo) è pari a +0,1%. Lo comunica l'Istat in base ai dati preliminari dei primi tre mesi dell'anno che mostrano un aumento congiunturale dello 0,2%.

A 11 anni dall'inizio della crisi economica, il Pil italiano è ancora del 5% inferiore ai livelli precrisi, nonostante il moderato rimbalzo dei primi tre mesi del 2019. Il dato emerge dal confronto tra le ultime rilevazioni Istat sul primo trimestre di quest'anno e il primo trimestre del 2008, considerato il picco precedente la grande recessione.

Di Maio, direzione giusta, avanti come un treno - "L'Italia fuori dalla recessione dimostra che la direzione intrapresa è quella giusta". Lo afferma il vice presidente del Consiglio Luigi Di Maio commentando i dati sul Pil appena diffusi dall'Istat secondo i quali nel primo trimestre 2019 si registra un +0,2% sui tre mesi precedenti. "Andiamo avanti come un treno verso il cambiamento", ha concluso Di Maio.

Salvini, bene ma ora flat tax senza dubbi - "I dati positivi sul Pil, sul lavoro e sulla ripresa economica impongono al governo una doverosa e sostanziale riduzione delle tasse. È obbligatorio realizzare al più presto la Flat Tax per imprese, lavoratori e famiglie, come da contratto di governo, senza dubbi o ritardi." Così il vicepremier e ministro dell'interno Matteo Salvini.

sabato 29 settembre 2018

Debito e deficit, il tramonto delle regole Ue: il più delle volte sono violate.

Risultati immagini per gioia m5s def

MILANO - L'interpretazione flessibile delle regole europee di bilancio è stata accolta come un passo, tardivo ma necessario, da una buona fetta degli osservatori dell'Eurozona. Il rovescio della medaglia è che le regole rischiano di perdere credibilità. Ne ha fatto un tema costante di appunto il Fondo monetario internazionale, che soltanto poche settimane fa puntava il dito contro l'incapacità europea di applicare le norme che il Vecchio continente si è dato. Secondo l'organizzazione di Washington, infatti, gli obiettivi fiscali di medio termine dal 2002 al 2015 sono stati violati "ogni singolo anno da quasi due terzi dei Paesi membri". In giorni caldi per la definizione della manovra correttiva da 3,4 miliardi che Bruxelles ha chiesto all'Italia, con la minaccia concretissima di aprire una procedura d'infrazione, la Cgia di Mestre ripercorre quanto accaduto negli ultimi anni utilizzando i due binari entro i quali - secondo i Trattati - si deve mantenere la contabilità pubblica, vale a dire il rapporto deficit/Pil sotto il 3 per cento e il rapporto debito/Pil non superiore al 60 per cento.

Secondo l'elaborazione effettuata dall'Ufficio studi dell'associazione veneta, tra i 28 Paesi che compongono l'Unione europea poco più di 1 su 2 (per la precisione 16)  l'anno scorso non ha rispettato le disposizioni previste dai 2 principali criteri di convergenza. Per altro, sottolineano gli artigiani, "ad eccezione della Polonia, tra i dodici paesi virtuosi è importante segnalare che si tratta in massima parte di realtà di piccola dimensione: Malta, Slovacchia, Lituania, Lettonia, Lussemburgo, Bulgaria ed Estonia che fanno parte dell'Area euro".

La crisi ha portato ancor più - legittimamente, diranno in molti - ad allentare i vincoli: "Tra il 2009 e il 2016, solo tre Paesi in Ue (Svezia, Estonia e Lussemburgo) non hanno mai 'sforato' la soglia del 3 per cento del rapporto deficit/Pil; mentre Spagna, Regno Unito e Francia lo hanno fatto ben 8 volte (ovvero ogni anno); Grecia, Croazia e Portogallo 7. L'Italia, invece, lo ha fatto in 3 occasioni e in questi anni ha mantenuto un'incidenza percentuale media del disavanzo pubblico al -3,3: contro il -7,9 della Spagna, il -6,6 del Regno Unito e il -4,8 della Francia".

Il calcolo è semplicistico, perché come ricorda la stessa Cgia la valutazione dei parametri viene effettuata dalla Commissione Europea sulla base di complessi meccanismi di calcolo che tengono conto di ulteriori criteri, come il Pil potenziale, medie triennali, relativi scostamenti ed eventuali accordi precedenti. Ma la sintesi è: "O le disposizioni previste da Maastricht sono troppo rigide, oppure le economie più avanzate d'Europa, dopo tutte le crisi economiche e finanziarie che sono scoppiate in questi ultimi anni, non ce la fanno più ad adeguarvisi. In entrambi i casi è necessario intervenire, introducendo margini di sicurezza per debiti e deficit eccessivi meno stringenti, perché le politiche di austerità e di rigore praticate fino ad adesso non hanno funzionato. Anzi, hanno peggiorato i conti e hanno aumentato a dismisura la disoccupazione e l'esclusione sociale in tutta Europa".
 

I Deficit cumulati dall'avvento della crisi (2009-2016): l'Italia, a metà classifica, ha fatto meglio della media europea
(valori in miliardi di euro e in %)
RANK
(% su PIL)
PAESIANNI 2009-2016 (dati cumulati)In 8 anni...
UNIONE EUROPEA
PILDEFICITInc % DEFICIT/PIL...quante volte è stata sforata la soglia del 3%?
(mld €)(mld €)(media 2009-2016)
1Grecia1.572-145-9,27volte
2Irlanda1.581-138-8,76volte
3Spagna8.524-673-7,98volte
4Regno Unito16.726-1.102-6,68volte
5Portogallo1.408-93-6,67volte
6Slovenia297-17-5,86volte
7Croazia355-18-5,17volte
8Francia16.745-801-4,88volte
9Cipro148-7-4,66volte
10Polonia3.111-133-4,36volte
11Slovacchia585-24-4,14volte
12Romania1.137-42-3,74volte
13Lituania267-10-3,64volte
14Belgio3.105-112-3,65volte
15ITALIA12.966-431-3,33volte
16Paesi Bassi5.224-162-3,14volte
17Ungheria822-25-33volte
18Lettonia174-5-2,83volte
19Austria2.550-66-2,62volte
20Repubblica Ceca1.286-31-2,43volte
21Finlandia1.598-38-2,41volte
22Malta62-1-2,33volte
23Bulgaria335-7-2,13volte
24Danimarca2.048-34-1,61volte
25Germania22.419-172-0,82volte
26Svezia3.290-17-0,50volte
27Estonia143000volte
28Lussemburgo36430,70volte
Unione Europea108.842-4.301-4
Area Euro79.732-2.891-3,6