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mercoledì 29 settembre 2021

Nadef, debito in calo al 153,5%, corre il Pil. Superbonus 110%, verso proroga al 2023. -

 

I punti chiave


Via libera del Consiglio dei ministri alla Nadef, ovvero la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza con le nuove stime relative ai conti pubblici. La previsione annuale di aumento del Pil sale al 6 per cento, dal 4,5 per cento ipotizzato nel Def in aprile. Il più alto livello di Pil e il minor deficit fanno anche sì che il rapporto tra debito pubblico e prodotto non salga ulteriormente quest'anno, come previsto nel Def, ma scenda invece al 153,5 per cento, dal 155,6 per cento nel 2020. Il deficit torna sotto il 10%, riducendo il livello rispetto alle previsioni di primavera. L’indebitamento netto nel 2021 si attesterà al 9,4% (dall’11,8 stimato nel Def). Nel 2022 il deficit sarà al 5,6%, per scendere al 3,9% nel 2023 e avvicinarsi al 3% nel 2024 (3,3%). È quanto si legge nella bozza della Nadef, la Nota di aggiornamento del Def, giunta sul tavolo della riunione dell’esecutivo.

Confermate misure 2020, da Superbonus a 4.0.

La pressione fiscale scenderà di circa 0,9 punti percentuali rispetto al 2020, collocandosi al 41,9% del Pil nel 2021. Il prossimo anno «si manterrà pressoché stabile, al 42%, mentre per gli anni seguenti è atteso un calo medio di circa 0,2 punti di pil all'anno, fino a raggiungere il 41,5 per cento del pil nel 2024». L’inflazione salirà all’1,5% quest’anno, quindi all’1,6% nel 2022, all’1,5% nel 2023 e all’1,7% nel 2024. Tra le misure delineate nel pacchetto Nadef, il prolungamento di alcune soluzioni adottate nel corso del 2020 come il Superbonus 110% (al 2023), Transizione 4.0 e il potenziamento del Fondo Centrale di Garanzia per le PMI. «Il sentiero programmatico per il triennio 2022-2024 - si legge nell’introduzione al documento - consente di coprire le esigenze per le cosiddette politiche invariate e il rinnovo di numerose misure di rilievo economico e sociale, fra cui quelle relative al sistema sanitario, al Fondo di Garanzia per le PMI e agli incentivi all'efficientamento energetico degli edifici e agli investimenti innovativi». Secondo quanto si è appreso dopo la cabina di regia tra il premier Draghi e i capidelegazione delle forze politiche di maggioranza, che si è tenuta martedì 28 settembre, la proroga dovrebbe essere inserita in manovra.

Una volta ottenuto il via libera del Consiglio dei ministri - la riunione a Palazzo Chigi è durata un’ora e quaranta circa -, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, alle 16 terrà una conferenza stampa insieme al ministro dell'Economia e delle Finanze, Daniele Franco, presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio. «A partire dal 2024 - si legge in un passaggio della premessa al documento, a firma del responsabile del Tesoro -, la politica di bilancio mirerà a ridurre il deficit strutturale e a ricondurre il rapporto debito/Pil intorno al livello precrisi entro il 2030».

Ok Cdm a decreto su proroghe referendum,assegno unico,Irap.

Prima di approvare la Nadef, il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al decreto legge con norme di giustizia e di proroga di un mese dei termini in scadenza per i referendum, l’assegno unico e l’Irap. Lo si è appreso da fonti governative a Cdm in corso. La Lega non ha partecipato al voto sulla norma che riguarda i referendum, esprimendo dissenso sulla scelta di prorogare i termini per la presentazione delle firme.

Avvio prima fase riforma Irpef e assegno unico a regime.

La Nadef fornisce indicazioni sulla strategia di politica economica che l’esecutivo intende mettere in campo. «Gli interventi di politica fiscale che il governo intende adottare - si legge ancora nel documento - determinano un rafforzamento della dinamica espansiva del Pil nell’anno in corso e nel successivo. Rilevano in particolare la conferma delle politiche invariate e il rinnovo di interventi in favore delle Pmi e per la promozione dell’efficientamento energetico e dell’innovazione. Si avvia inoltre la prima fase della riforma dell’Irpef e degli ammortizzatori sociali e si prevede che l’assegno unico universale per i figli sia messo a regime».

Politiche espansive fino a 2024, pieno recupero lavoro.

La Nadef, così come giunta sul tavolo del Consiglio dei ministri, spiega che «ipotizzando che il grado di restrizione delle attività economiche e sociali legato al Covid-19 si vada via via riducendo, l’intonazione della politica di bilancio resterà espansiva fino a quando il Pil e l’occupazione avranno recuperato non solo la caduta, ma anche la mancata crescita rispetto al livello del 2019. Si può prevedere che tali condizioni saranno soddisfatte dal 2024 in avanti». Nel documento l’esecutivo precisa che «a partire dal 2024, la politica di bilancio mirerà a ridurre il deficit strutturale e a ricondurre il rapporto debito/Pil intorno al livello precrisi entro il 2030».

Saldi migliori delle attese.

Saldi di finanza pubblica migliori delle attese, dunque. Se la Nota di aggiornamento del Documento di economia e di finanza (Nadef) fosse un articolo, sarebbe probabilmente questo il titolo del documento di politica economica giunto sul tavolo del governo Draghi, un documento che come tutti gli anni fa da cartina di tornasole delle risorse che saranno a disposizione per la copertura delle misure previste nella manovra, la legge di Bilancio .

Da extradeficit 2022 spazio manovra da 22 miliardi.

In particolare, stando alle indicazioni contenute nel documento, lo spazio di manovra per il 2022 aperto dalla differenza tra deficit tendenziale e programmatico ammonta a circa 22 miliardi. Il deficit programmatico è infatti fissato al 5,6% del Pil e il tendenziale al 4,4%. La differenza pari a 1,2 punti si traduce in risorse comprese tra i 21 e i 22 miliardi. Per la legge di bilancio, che poggerà su una crescita 2022 stimata al 4,2% e che per la prima volta da molti anni non poggerà su una richiesta di scostamento, i tempi sono stretti: entro il 20 ottobre il Governo dovrà presentare il ddl di Bilancio alle Camere. Il cantiere della manovra è aperto.

In manovra più fondi a sanità e rinnovo contratti Pa.

«Con la prossima Legge di Bilancio 2022-2024- si legge nella bozza dela Nadef giunta sul tavolo del Cdm - sarà rafforzato il sistema sanitario nazionale, al fine di migliorare l’accesso alle cure e incoraggiare la prevenzione. Risorse aggiuntive saranno destinate ai rinnovi dei contratti pubblici e al rifinanziamento delle politiche invariate non coperte dalla legislazione vigente, tra cui missioni di pace, taluni fondi di investimento e il rinnovo di alcune politiche in scadenza».

La corsa del Pil.

Il primo semestre dell'anno in corso - si legge ancora nel documento - ha registrato un recupero del Prodotto interno lordo (Pil) nettamente superiore alle attese. Ad un lieve incremento nel primo trimestre (0,2 per cento sul periodo precedente) è infatti seguito un aumento del 2,7 per cento nel secondo. Si prevede che il terzo trimestre segnerà un ulteriore recupero del PIL, con un incremento sul periodo precedente pari al 2,2 per cento».

Revisione sussidi dannosi per ridurre carico imprese.

Nel testo viene inoltre anticipato che «le entrate derivanti dalla revisione delle imposte ambientali e dei sussidi ambientalmente dannosi andranno utilizzate per ridurre altri oneri a carico dei settori produttivi». «Le risorse di bilancio - si legge ancora - verranno crescentemente indirizzate verso gli investimenti e le spese per ricerca, innovazione e istruzione».

Un mese in più per ottenere gli arretrati dell’assegno unico.

La Nadef è stata dunque accompagnata da un Dl che si concentra sulle proroghe. In base al provvedimento approvato dal Governo, ci dovrebbe essere un mese in più per le domande retroattive dell'assegno unico, nuovi tempi supplementari per le imprese che devono pagare l'Irap sospesa nel 2020 dopo aver superato i limiti Ue sugli aiuti di Stato e un intervento per consentire ai Comuni di certificare le firme digitali raccolte per il referendum sulla cannabis. Le misure fiscali più importanti sul piano dei conti pubblici dovrebbero invece intervenire successivamente.

Ok governo a ddl concorrenza entro fine 2021.

Nel documento il Governo conferma la legge per la concorrenza entro quest’anno. «Tra le riforme abilitanti del Pnrr - spiega la bozza giunta sul tavolo del Consiglio dei ministri - il Governo si è impegnato a presentare, con cadenza annuale, la legge per la concorrenza. Quella per l’anno 2021, verrà presentata al Parlamento entro fine anno e approvata definitivamente nel 2022».

Decreto giudice per acquisire tabulati telefonici.

Cambio delle regole in senso garantista nelle inchieste penali sull’acquisizione dei dati telefonici e telematici dai fornitori: potrà essere disposta solo con un decreto motivato del giudice. In caso di urgenza il pm potrà procedere, ma ci dovrà essere la convalida del giudice. Lo ha stabilito il Consiglio dei ministri con il decreto legge approvato su proposta della ministra Marta Cartabia e con cui l’Italia si adegua al diritto comunitario e in particolare alla sentenza della Corte di Giustizia Ue del 2 marzo 2021.

IlSole24Ore

mercoledì 4 aprile 2018

Palermo, “posti di lavoro in cambio di voti”: ai domiciliari due esponenti di Noi con Salvini in Sicilia.

Palermo, “posti di lavoro in cambio di voti”: ai domiciliari due esponenti di Noi con Salvini in Sicilia

L'ex parlamentare regionale Salvino Caputo è stato arrestato insieme al fratello Mario, candidato all'Ars con il Carroccio. Nel 2013 Salvino fu il primo parlamentare a decadere in conseguenza della legge Severino dopo la condanna per tentato abuso d'ufficio. Giorgetti: "Possibile che abbiamo fatto qualche errore". Vozza: "Classe dirigente sostituita con condannati".

Chiedevano voti in cambio di posti di lavoro. Con questa accusa è stato arrestato l’ex consigliere regionale ed ex sindaco di Monreale, Salvino Caputo, avvocato penalista e commissario straordinario per la  provincia di Palermo del movimento Noi con Salvini , la costola siciliana della Lega.  Ai domiciliari con lui anche il fratello Mario Caputo, candidato non eletto alle ultime elezioni regionali sempre con la Lega. Salvino Caputo nel 2013 era stato costretto a lasciare l’Ars dopo che nei suoi confronti era diventata definitiva una condanna a un anno e cinque mesi per tentato abuso d’ufficio. L’ex parlamentare – ex militante di An  – fu il primo in Italia a dover lasciare il proprio scranno in conseguenza della legge Severino.
“Un anno fa venni sostituito proprio da Salvino Caputo alla guida del movimento per volontà di Alessandro Pagano, che mi scaricò in malo modo”, ricorda Francesco Vozza, ex responsabile palermitano della Lega che contestò a lungo la nomina di Caputo voluta dal coordinatore della Sicilia Occidentale di Noi con Salvini. “Temo che sia giunta l’ora di dire le cose per come stanno: Pagano ha ucciso un’intera classe dirigente emergente per sostituirla con condannati, riciclati e persone che in generale non c’entrano nulla col progetto di Matteo Salvini“, ha dichiarato Vozza. “Pertanto (e credo di poter parlare a nome di tantissimi militanti), da oggi non accetteremo più la leadership dell’onorevole Pagano – ha aggiunto l’esponente leghista – La Sicilia non merita questo schifo e come Lega avremmo dovuto importare il modello Zaia, non certo questa vergogna che porta proprio il nome di Pagano”.

L’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari con la nuova accusa di voto di scambio è stata emessa dal gip di Termini Imerese su richiesta della procura. I carabinieri hanno arrestato anche Benito Vercio, 62 anni, indicato dagli investigatori come “procacciatore di voti nel termitano”. Nel corso delle indagini, la Procura della Repubblica avrebbe accertato dodici episodi di compravendita di voti in cambio di promesse di posti di lavoro o altre utilità, commessi da due degli arrestati insieme ad altri indagati.
Giancarlo Giorgetti, capogruppo della Lega alla Camera, ha commentato dicendosi “deluso e amareggiato”. “La magistratura faccia il suo lavoro, se ci sono delle colpe si condanni pesantemente”, ha aggiunto, “ma non credo che in Sicilia siano gli unici sospettati per questo reato”. Alla domanda se la Lega abbia imbarcato al Sud troppi esponenti della vecchia politica locale, il capogruppo risponde “è possibile che in alcune zone sia stato commesso qualche errore, in un percorso di crescita in zone problematiche. Ma la Lega che compra voti in Sicilia mi sembra una ricostruzione fantasiosa”.

Chi è Salvino Caputo – Caputo è un politico di lungo corso che ha militato sempre nelle fila del centrodestra. Ex attivista del Msi, per due volte sindaco di Monreale, è stato per quattro legislature deputato regionale eletto con An e Forza Italia prima e con il Pdl poi. Nella primavera scorsa, infine, l’approdo alla Lega con la nomina a commissario straordinario del movimento Noi con Salvini per i comuni della provincia di Palermo. Nel 2013 è decaduto da parlamentare dell’Ars: primo politico colpito dalla Severino. L’ex deputato cercò, secondo i giudici, di fare annullare alcune multe che i vigili urbani avevano contestato all’allora arcivescovo Salvatore Cassisa e ad alcuni suoi ex assessori quando era sindaco di Monreale. Fu la commissione Verifica dei poteri a sancire la decadenza di Caputo e nel 2015 la Corte d’appello confermò in via definitiva l’esclusione dall’Ars.
Anche a causa di questi precedenti, la nomina di Caputo da parte del coordinatore della Sicilia Occidentale Pagano, era stata appunto duramente contestata dal suo predecessore Vozza. “Non condivido la scelta di Pagano né nel metodo né nel merito. Se è normale nominare commissario un condannato in via definitiva per abuso d’ufficio, decaduto dall’Ars, allora smetto di fare politica. Ho avviato delle consultazioni con i vertici della Lega Nord per capire se Matteo Salvini è al corrente di questa nomina. Per quanto mi riguarda c’è un problema politico grande quanto una casa”, disse allora Vozza. Secca fu la replica di Pagano: “Tutto il movimento si stringerà attorno a Caputo con grande impegno, al fine di portare avanti il nostro progetto insieme a Salvini in tutto il territorio siciliano. Nella provincia di Palermo sarà il nostro punto di riferimento a livello organizzativo nei comuni che hanno imminenti scadenze elettorali”.
E fu così che la politica peggiore si appropriò dell'unica possibile risorsa di vita per avvantaggiarsene.
Il lavoro, pertanto, è un bene concesso, discrezionalmente, da pochi corruttori a pochi corrotti.
Per noi, pedine private di ogni diritto, è solo la conferma di ciò che già sospettavamo.
Ma è così viene interpretata ed applicata la democrazia in Italia.
(Se non sbaglio, però, il primo articolo della Costituzione non dice che la nostra è una Repubblica democratica fondata sul lavoro offerto dai partiti.....)

martedì 6 marzo 2018

Elezioni 2018, in Sicilia il cappotto del M5s grazie a ex astenuti ed elettori pentiti del Pd. Tradito dai voltagabbana. - Giuseppe Pipitone

Elezioni 2018, in Sicilia il cappotto del M5s grazie a ex astenuti ed elettori pentiti del Pd. Tradito dai voltagabbana

Sull'isola i pentastellati conquistano tutti i 28 collegi uninominali, gran parte di quelli plurinominali e superano il 48% Rispetto alle regionali di novembre hanno più che raddoppiato di voti grazie all'aumento dell'affluenza e al clamoroso flop dei dem, sotto il 12%. Renzi e Faraone pagano il risultato deludente dei tanti ex del centrodestra arruolati negli ultimi mesi con l'obiettivo di emulare il 61 a 0 di Berlusconi nel 2001. Tiene il centrodestra con Forza Italia al 21 e la Lega che supera il 5%.

“In Sicilia abbiamo la stessa forza del centrodestra alle elezioni del 2001”. Chissà se in queste ore Davide Faraone ricorderà quanto dichiarato in pompa magna nel marzo del 2015, quando accoglieva nel Pd l’ennesima pattuglia di transfughi del centrodestra fulminati sulla via della Leopolda. Una profezia, quella del sottosegretario, che si è rivelata nefasta esattamente due anni dopo. Il viceré di Matteo Renzi sull’isola ottiene il suo seggio al Senato – era capolista nel listino plurinominale – ma sarà ricordato inevitabilmente tra i volti del Pd che ha fatto registrare una delle più clamorose disfatte di sempre. Una sconfitta ancora più netta sull’isola, dove i dem non superano il 12% (a volte si fermano addirittura al 10) e l’intero centrosinistra raggiunge al massimo il 14%: meno di un terzo rispetto al risultato regionale del Movimento 5 stelle.

Il M5s ha guadagnato 100mila voti al mese – A ben vedere, infatti, aveva ragione Faraone: la Sicilia è stata nuovamente teatro di un altro clamoroso cappotto, come quello dei 61 seggi a zero conquistati dal centrodestra alle politiche di 17 anni fa. Questa volta, però, il bottino pieno è appannaggio totale del M5s, capace di conquistare tutti i 28 collegi uninominali: un successo talmente ampio non era stato ipotizzato neanche dai sondaggi più generosi. D’altra parte appena quattro mesi fa i pentastellati avevano perso le regionali pur imponendosi come prima forza all’Assemblea regionale Sicilia. In quattro mesi, però, la geografia del voto in Sicilia è cambiata moltissimo. A cominciare dall’affluenza: a votare per le politiche è andato il 63% dei siciliani, numeri inferiore alla media nazionale ma pur sempre diciassette punti percentuali in più rispetto al turno di novembre. Un dato che ha fatto la fortuna proprio dei 5 stelle capaci di raccogliere un milione e 181 milavoti alla Camera. Significa che a scegliere Luigi Di Maio è stato il 48%, quasi un siciliano su due: numeri che da queste parti non faceva registrare neanche la Dc. Il successo dei pentastellati, poi, diventa ancora più netto se confrontato con le cifre delle regionali, quando i voti raccolti dal M5s erano stati “appena” 513mila: vuol dire che in Sicilia i grillini di Giancarlo Cancelleri sono cresciuti al ritmo di 100mila voti al mese.

Il successo M5s: ex astenuti e pentiti del Pd – Un consenso arrivato soprattutto da elettori che a novembre si erano astenuti o che avevano scelto il centrosinistra. La coalizione di Renzi, infatti, si ferma a 331mila voti, 150mila in meno rispetto ai 488mila conquistati quattro mesi fa. E pensare che per il Pd le elezioni siciliane erano già state un’esperienza infausta: evidentemente non c’è mai fine al peggio. Perde qualcosa, nonostante l’aumento dell’affluenza, anche il centrodestra: la coalizione di Silvio BerlusconiMatteo Salvini e Giorgia Meloni si attesta sul 32% con 766mila voti, circa 50mila in meno rispetto al successo del 5 novembre. Se alle regionali il governatore Nello Musumeci aveva potuto contare sull’apporto di alcuni dei cosiddetti ras acchiappapreferenze, così non è stato a questo giro. Il risultato è appunto la schiacciante vittoria del M5s nei collegi uninominali dove i candidati poco noti dei pentastellati hanno sconfitto nettamente politici di lungo corso. A Palermo, per esempio, Aldo Penna batte a sorpresa il berlusconiano Francesco Cascio, ex presidente dell’Ars, mentre Roberta Alaimo supera Antonello Antinoro, noto come Mister Preferenza. A Monreale Giuseppe Chiazzese stacca di quasi dieci punti l’ex ministro dell’Agricoltura, Saverio Romano. A Barcellona Pozzo di Gotto Alessio Villarosa vince lo scontro diretto con Maria Tindara Gullo, deputata uscente e diretta emanazione di Francantonio Genovese. A Messina Francesco D’Uva ha la meglio su Matilde Siracusano, vicina all’ex ministro Antonio Martino. A Paternò Eugenio Saitta col 51% lascia a casa Giuseppe Lombardo, nipote dell’ex governatore Raffaele.
Il cappotto del M5s – E se i 5 stelle riescono a vincere gli scontri diretti nei collegi dove il centrodestra aveva piazzato i suoi candidati più forti, in tutti gli altri – dove gli avversari non schieravano nomi da prima fila – dilagano. All’uninominale per la Camera di Mazara Vita Martingiglio prende il 53%, a Ragusa l’uscente Marialucia Lorefice supera il 52, come Simona Suriano a Misterbianco e Maria Marzana ad Avola. Quali sono i collegi più grillini di Sicilia e quindi d’Italia? Quello di Agrigento, dove alla Camera Michele Sodano prende il 50% mentre al Senato Gaspare Marinello supera il 52, e quello di Siracusa dove Paolo Ficara conquista un posto a Montecitorio col 57% e Giuseppe Pisano vola a Palazzo Madama col 53%. Entra alla Camera col 51% nel collegio uninominale di Marsala anche Piera Aiello, la testimone di giustizia cognata di Rita Atria, morta suicida nel 1992 dopo aver deciso di collaborare con la magistratura. “Ventisette anni fa ho detto basta alla mafia, ora a questo sistema dei partiti, un sistema vecchio e superato, fatto da gente inchiodata da 50 anni alle poltrone che ha sempre considerato la Sicilia un bacino di voti, in cui fare alla vigilia del voto promesse poi dimenticate”, dice Aiello che da anni vive in una località segreta con una falsa identità e ha condotto la campagna elettorale proteggendo il suo volto dagli scatti di fotografi e dalle telecamere delle tv. Con l’elezione tornerà a utilizzare il suo vero nome e a mostrare il suo volto pubblicamente.

La destra si salva con il proporzionale – Oltre al cappotto negli uninominali i pentastellati si impongono anche nelle liste proporzionali. I conti sono in corso ma dei 16 seggi al Senato la metà è appannaggio del Movimento di Di Maio. Che quindi eleggerebbe tutti i candidati per Palazzo Madama: i quattro del collegio Sicilia 1 e i quattro del collegio Sicilia 2. Gli altri 8 seggi saranno divisi tra  Forza Italia –  ne prende 3 con Renato Schifani, Gabriella Giammanco e Urania Papatheu – il Pd – due poltrone per Faraone e Valeria Sudano – e uno a testa per Fratelli d’Italia (Raffaele Stancanelli), Lega (Giulia Bongiorno) eLiberi e Uguali, che sfiora il 3% ed elegge Pietro Grasso. Stesso discorso per i listini della Camera: dei 33 posti, 17 spettano al Movimento 5 stelle che ha rischia di avere più seggi che persone in lista. Alcuni degli eletti al proporzionale, infatti, hanno anche vinto il collegio uninominale. Il Pd porta alla Camera solo quattro deputati che sono Daniela Cardinale, figlia dell’ex ministro Totò, il segretario regionale Fausto Raciti, quello di Palermo Carmelo Miceli e il rettore di Messina Pietro Navarra, tutti piazzati dietro la Boschi. Due seggi a Leu, (Erasmo Palazzotto e Guglielmo Epifani), e undici per il centrodestra, che porta a Montecitorio tra gli altri Antonino Minardo, condannato a 8 mesi per abuso d’ufficio, il prescritto Franscesco Scoma e l’ex ministra Stefania Prestigiacomo. Da segnalare oltre all’incredibile 20% di Forza Italia (il risultato più alto d’Italia) soprattutto il 5 della Lega, che a Caltanissetta arriva al 7 e addirittura a Taormina supera il 23. È la città che ha ospitato il G7 e uno dei collegi dove Renzi aveva paracadutato Maria Elena Boschi: qualcosa vorrà dire.
Il Pd tradito dagli acchiappavoti venuti da destra –Insomma i numeri siciliani sono stati ancora una volta importanti in chiave nazionale. Sia per il successo del M5s che per la disfatta del Pd. E infatti è proprio dalla Sicilia che – come già annunciato in campagna elettorale – parte la ribellione contro Renzi. “In Sicilia più che altrove il Pd è apparso un autobus, in alcuni collegi c’erano candidati che non avevano nulla a che fare con la nostra storia. L’errore politico più grande è stato fare perdere identità al Pd, impurre una mutazione genetica al partito”, dice Antonello Cracolici, consigliere regionale e l’unico a votare “no” in direzione alle liste per le politiche. “Renzi ha avuto quello che merita, causando, in prima persona, una sconfitta che non riuscivano ad immaginare, poiché completamente distanti dalla società. Renzi voleva i voti a favore di un partito di sinistra, attraverso politiche di destra, candidando uomini di destra, impresentabili e cortigiani”, attacca l’ex governatore Rosario Crocetta. 
E in effetti a tradire il segretario e i suoi sono stati proprio quei volti ingaggiati dal fido Faraone con l’obiettivo di allargare il partito. Così non è stato: anzi i presunti acchiappavoti provenienti da destra alla fine hanno fatto perdere sostegno ai dem. Basti pensare che l’ex Udc Luca Sammartino, capace da solo di raccogliere ben 32mila preferenze personali alle regionali, nel collegio uninominale di Misterbianco si è fermato al 12% pari a 16mila voti: la metà di quanto aveva preso quattro mesi fa. La stessa percentuale raggiunta da Nicola D’Agostino, ex capogruppo del Movimento per l’Autonomia candidato ad Acireale, da Paolo Ruggirello, ex luogotenente di Raffaele Lombardo in corsa a Marsala e da Valeria Sudano a Catania, nipote di un potente ex senatore Dc e considerata da Totò Cuffaro come una sua amica. Erano questi i nomi che dovevano portare il Pd ai risultati del centrodestra nel 2001. E in effetti al 2001 il Pd c’è tornato davvero.

giovedì 1 dicembre 2016

Firme false, a Verona 71 condannati Pd, Fi, Lega a Ncd. Ma nessuno si dimette. - Andrea Tornago

Firme false, a Verona 71 condannati Pd, Fi, Lega a Ncd. Ma nessuno si dimette

Mentre la polemica politica si infiamma sul caso Palermo, nel silenzio generale decine di amministratori da destra a sinistra patteggiano per lo stesso reato, in relazione alle elezioni del 2014. Fra questi, tre sindaci e decine di consiglieri comunali. Nessuno, però, ne chiede la testa e le pene sono inferiori ai limiti della Severino. L'indagine nata d un esposto M5s.

Migliaia di firme sospette o falsificate a sostegno delle liste elettorali raccolte senza la ratifica di un pubblico ufficiale. C’è un altro caso firme in Veneto, passato sotto silenzio mentre imperversa lo scandalo delle firme false del M5s a Palermo, che ha coinvolto in modo trasversale più partiti, dal Pd alla Lega, da Ncd Forza Italia alle liste civiche. La vicenda riguarda le amministrative del 2014 nel veronese e un’inchiesta della Procura di Verona, nata in seguito a un esposto del M5s, ha portato 71 imputati a patteggiare pene fino a 5 mesi per aver raccolto firme in modo irregolare e, in alcuni casi, per aver falsificato gli elenchi dei sottoscrittori. Tra gli imputati che il 15 novembre scorso hanno chiesto l’applicazione della pena figurano decine di consiglieri comunali, ex assessori provinciali, i sindaci del Pd di Pescantina San Bonifacio, in provincia di Verona, e il sindaco Ncd di Pressana. E sono rimasti tutti al loro posto.
Nel caso di San Bonifacio, il sindaco dem Giampaolo Provoli ha patteggiato una pena di 5 mesi e 19 giorni insieme – tra gli altri – ad Alberto Bozza, ex assessore provinciale di Forza Italia e ora assessore allo Sport del Comune di Verona (5 mesi e 29 giorni), Luigi Frigotto, ex assessore provinciale all’Agricoltura in quota Lega (6 mesi), Alice Leso, ex consigliere provinciale del Pd, e il sindaco di Pressana, ex segretario provinciale dell’Udc, Stefano Marzotto (5 mesi e 20 giorni). Stessa situazione anche a Pescantina, in Valpolicella, dove il primo cittadino del Pd, Luigi Cadura, ha patteggiato 5 mesi e 12 giorni insieme – tra gli altri – al membro del Cda di Autobrennero, ex sindaco leghista di Affi ed ex assessore provinciale alla Viabilità, Carla De Beni (5 mesi e 20 giorni), oltre agli ex consiglieri provinciali Franca Maria Rizzi del Pd e Francesca Zivelonghi di Forza Italia. La vicenda riguarda anche i comuni di LegnagoAffi e Bussolengo, sempre in provincia di Verona, e coinvolge sia i pubblici ufficiali incaricati di verificare e garantire la regolarità delle sottoscrizioni, sia coloro che hanno materialmente raccolto le firme a sostegno delle liste.
Nel caso di San Bonifacio e Pescantina tra l’altro risultano imputati anche i candidati sindaci usciti sconfitti, tanto che lo scorso 18 novembre i deputati del M5s Francesca Businarolo e Mattia Fantinati hanno scritto al prefetto di Verona, Ugo Mulas, chiedendo che venissero invalidate le elezioni amministrative nei due comuni in quanto “non tutte le liste avevano le firme sufficienti per essere presentate”. Ma la legge Severino prevede l’ipotesi decadenza solo in caso di condanna superiore a sei mesi. In questo caso, le pene applicate sono tutte inferiori. E gli amministratori restano tutti tranquillamente in carica.

sabato 21 giugno 2014

Senato: nell’accordo tra Pd, Forza Italia e Lega c’è l’immunità per sindaci e consiglieri.

Tra gli emendamenti depositati da Calderoli e Finocchiaro c'è la soppressione dell'articolo 6 del testo dell'esecutivo che applicava solo ai deputati l'articolo 68 della Costituzione sulle "Prerogative dei parlamentari". Quindi, niente arresto e niente intercettazioni se non autorizzate per i membri del 'nuovo' Senato.

Niente arresto e niente intercettazioni se non autorizzate. Tra gli emendamenti depositati venerdì dal vicepresidente del Senato Roberto Calderoli e dalla presidente della Commissione affari costituzionali a Palazzo Madama Anna Finocchiaro c’è anche questo: rispunta l’immunità per i senatori, a differenza di quanto scritto nel testo del governo. L’emendamento dei relatori sopprime infatti “l’articolo 6″ del testo dell’esecutivo che applicava solo ai deputati l’articolo 68 della Costituzione sulle “Prerogative dei parlamentari”.
Gli emendamenti, frutto dell’intesa tra Partito democratico, Forza Italia e Lega, definiscono la nuova composizione di Palazzo Madama, dove siederanno 100 senatori, anzi di 95 più 5: i primi eletti dai consigli regionali in rappresentanza di Regioni e Comuni, i secondi nominati dal presidente della Repubblica (tra questi rientrano gli attuali senatori a vita). Tra i 95 “territoriali” 74 sono scelti tra i consiglieri regionali, gli altri 21 tra i sindaci. Ogni Regione eleggerà un numero di senatori in proporzione al proprio peso demografico. L’intesa non scioglie il nodo del metodo di elezione, rinviando a una successiva legge ordinaria. I senatori decadono nel momento in cui decade l’organo in cui sono stati eletti (Comune o Regione). Ciò vuol dire che il Senato sarà rinnovato mano mano che si rinnoveranno le assemblee territoriali.
Emendamenti che Calderoli ha annunciato con soddisfazione (“E’ stata trovata la quadra”, ha detto) e che sono stati accolti favorevolmente anche da Renzi. Nessuno porta la firma del Movimento 5 Stelle che incontrerà il presidente del Consiglio mercoledì 25 giugno. Proprio il giorno in cui, alle 12, scade il termine per i subemendamenti agli emendamenti dei relatori al ddl costituzionale di riforma del Senato e titolo V. Due ore dopo, alle 14, l’ufficio di presidenza della commissione si riunirà per la programmazione dei lavori. Per questo, come scrive Repubblica, i 5 Stelle vogliono anticipare di 24 ore l’incontro
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06/21/senato-nellaccordo-tra-pd-forza-italia-e-lega-ce-limmunita-per-sindaci-e-consiglieri/1035266/

Mi spiegate che c'azzecca la norma salva sindaco e consiglieri infilata nelle riforme che il governo dovrebbe approvare e varare per agevolare il libero cittadino secondo la norma del governare per il bene comune?

giovedì 16 maggio 2013

Umberto Bossi indagato: truffa ai danni dello Stato, per i figli appropriazione indebita. - Anita Richeldi

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Umberto Bossi è indagato nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Milano sui fondi del Carroccio: non poteva non sapere delle spese folli dei figli.


Umberto Bossi è indagato. Umberto Bossi sapeva... Sapeva dei soldi sottratti al partito per pagare le spese folli - e le lauree - dei suoi figli, e anzi pare che fosse lui stesso ad autorizzarle. 
E del resto "carta canta" perché sui rendiconti della Lega Nord da inviare a Roma per ottenere i rimborsi elettorali la firma del Senatùr campeggia accanto a quella di Francesco Belsito, la "pietra dello scandalo".
L'acccusa di truffa ai danni dello Stato, maturata nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Milano sui fondi del Carroccio, è stata consegnata a Bossi stesso in via Bellerio.
Sono indagati anche i suoi due figli, Renzo e Riccardo, accusati di appropriazione indebita.
E anche se la Lega grida al complotto, tirando mezzo i servizi segreti, i magistrati sembrano non avere dubbi, soprattutto dopo le dichiarazioni di Belsito e di Nadia Dagrada, responsabile amministrativa della Lega e le intercettazioni delle telefonate tra i due.
Repubblica scrive:
dialoghi intercettati fra Belsito e la Dagrada hanno fatto un po' da canovaccio in questa vicenda di malagestione dei soldi pubblici, laddove, come hanno annotato gli investigatori, "entrambi convergono che è Bossi che deve autorizzare" e "che lui sa bene cosa rischia". Oppure quando, a proposito degli investimenti a Cipro e Tanzania, l'allora amministratore parla di un "capo (...) molto nervoso perché ha paura che i soldi non rientrano". Infine, le affermazioni rese agli inquirenti. Belsito, interrogato qualche settimana fa, aveva detto che Umberto Bossi sarebbe stato avvisato delle spese "più significative" effettuate per i suoi familiari, mentre la Dagrada (sentita come testimone) aveva ricordato non solo come il leader della Lega firmasse i rendiconti, ma anche un episodio: "Belsito mi ha sicuramente detto di aver registrato un suo colloquio con l'onorevole Bossi, colloquio nel quale aveva ricordato al segretario onorevole Bossi tutte le spese sostenute nell'interesse personale della famiglia (...) con i soldi provenienti dal finanziamento pubblico. Non so se abbia effettuato tale registrazione", che avrebbe voluto utilizzare, a caso ormai scoppiato, "come strumento di pressione, dal momento che volevano farlo fuori".
E poi c'è una lettera spuntata tra le carte di Belsito, nella cartelletta 'The family' - la stessa che includeva la "laurea lampo" in Albania conseguita dal Trota - dove Riccardo Bossi, fa i conti delle sue uscite personali all'ex tesoriere, aggiungendo di averne "parlato con papà". 
Gli inquirenti stanno accertando le responsabilità di Rosi Mauro e della moglie di Umberto Bossi.

mercoledì 8 maggio 2013

Mafia, azzerati vertici cosche Bagheria. Indagato sindaco leghista: voto di scambio.


Carabinieri


Un'operazione dei carabinieri di Palermo ha portato a decine di arresti a vario titolo. Le accuse sono di associazione mafiosa, estorsione, rapine, detenzione illecita di armi da fuoco, scambio elettorale politico mafioso e traffico internazionale di stupefacenti. Tra gli indagati. Giuseppe Scrivano, primo cittadino di Alimena, candidato del Carroccio.

Azzerati i vertici delle cosche di Bagheria, oltre 30 milioni di euro sequestrati e un sindaco della Lega Nord indagato. E’ questo il bilancio di una vasta operazione antimafia dei carabinieri di Palermo e del Ros, che ha portato a decine di arresti all’alba. Il sindaco è Giuseppe Scrivano, candidato del Carroccio alle ultime elezioni politiche e ora attuale primo cittadino di Alimena, in provincia del capoluogo siciliano. Per lui è arrivato un avviso di garanzia per voto di scambio. Dalle indagini coordinate dalla Dda di Palermo è emerso che alle ultime elezioni regionali dell’ottobre scorso il sindaco, candidato nella Lista Musumeci, ha contattato persone ritenute vicine a Cosa Nostra per ottenere dei voti.
In manette sono finiti i capi storici della cosca di  Bagheria, accusati a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, rapine, detenzione illecita di armi da fuoco, scambio elettorale politico mafioso. Tra gli arresti, anche il reggente e il cassiere del mandamento e i capi delle famiglie mafiose di Villabate, Ficarazzi e Altavilla Milicia. Dall’inchiesta, inoltre, che è stata condotta con la collaborazione della Royal Canadian Mounted Police, è emersa l’esistenza di un accordo tra Cosa nostra di Bagheria e la famiglia mafiosa italo-canadese dei Rizzuto. I legami oltreoceano erano legati al traffico internazionale di stupefacenti.
Le indagini hanno dimostrato come ancora l’organizzazione mafiosa sia strutturata secondo il tradizionale assetto verticistico. Continuano ad essere usati inoltre i vecchi rituali di affiliazione: la ‘punciuta’ e la presentazione dei nuovi affiliati ai mafiosi più anziani. In un’intercettazione ambientale, un uomo d’onore, discutendo con un altro affiliato, paragona le nuove leve a giovani cavalli da trotto, da addestrare – se necessario – anche ricorrendo alle maniere forti: “Quando vedi che nella salita fanno le bizze… piglia e colpisci con il frustino…. sulle gambe… che loro il trotto non lo interrompono… purtroppo i cavalli giovani così sono”, dice.
Le indagini hanno inoltre messo in luce una mafia aggressiva e sempre più camaleontica che, se da una parte continua a vedere nell’imposizione del pizzo la manifestazione più visibile della sua autorità sul territorio, dall’altra è consapevole che, complice anche la crisi economica, è più che mai necessario ricorrere ad altre fonti illecite di guadagno, come, ad esempio, la gestione del gioco d’azzardo. Resta forte la capacità del clan di condizionare le dinamiche politico-elettorali locali.
Dall’inchiesta, infine, condotta con la collaborazione della Royal Canadian Mounted Police, è emersa l’esistenza di un raccordo operativo nel settore degli stupefacenti tra Cosa nostra bagherese e la famiglia mafiosa italo-canadese dei Rizzuto. Documentata, inoltre, la situazione di instabilità interna alle organizzazioni canadesi, degenerata negli ultimi anni in numerosi omicidi.
Nella lista dei beni sequestrati: locali notturni della movida palermitana, agenzie di scommesse, imprese edili e supermercati. Tra questi c’è anche il pub Villa Giuditta, noto in tutta la città.