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domenica 28 marzo 2021

La Russa fa entrare i fascisti in Senato per lo sfratto di FN. - Ilaria Proietti

 

Istituzioni - Mercoledì il vicepresidente di Palazzo Madama ha accolto Fiore e Castellino. Che occupano le sedi di FdI.

Senato, interno giorno: un mercoledì da leoni per Ignazio La Russa. Ché ha appena finito di incalzare in aula Mario Draghi sulla partita dei vaccini lo invita a far valere la sua autorevolezza in Europa. “Altrimenti – dice il numero 2 del partito di Giorgia Meloni – andrebbe benissimo un Conte qualsiasi”. Il clima si surriscalda, La Russa si svocia e ancora non è niente. Perché la giornata per lui è lunga: lo attende l’incontro con quelli di Forza Nuova che sono venuti a trovarlo in Senato dove è vicepresidente, giusto un gradino sotto Maria Elisabetta Alberti Casellati.

E allora ecco La Russa che fa accomodare i suoi ospiti nella saletta attigua all’ingresso principale di Palazzo Madama. Chi sono? L’ex europarlamentare Roberto Fiore, alle spalle una condanna poi prescritta per banda armata e associazione sovversiva. E Giuliano Castellino suo sodale in Forza Nuova e apostolo no-mask, a cui la questura di Roma ha inflitto la sorveglianza speciale con divieto di partecipare a pubbliche riunioni senza l’autorizzazione perché ritenuto soggetto pericoloso. Che ci facevano mercoledì a Palazzo?

Sono reduci da appena pochi giorni dall’occupazione della sede storica del Movimento sociale oggi assegnata a FdI di via Livorno a Roma. Al grido di battaglia, “è giunta l’ora di una nuova marcia che vede uomini e donne di nuovo uniti e decisi a riconquistare spazi”. Spazi che fanno litigare.

In via Livorno la faccenda si è chiusa bene, diciamo così. Perché subìto l’assedio, i meloniani avevano chiamato la polizia e si era temuto il peggio. Ma poi La Russa si era messo al telefono con Fiore e lo aveva convinto a sgombrare insieme a Castellino e a tutti gli altri. Con le buone e con la promessa di incontrarsi al più presto per risolvere una questione che si trascina da tempo: la sede di via Paisiello ai Parioli occupata da FN da anni e di cui la Fondazione di An vorrebbe al più presto rientrare in possesso.

Fiore non la molla. Forse lo farebbe sempre che la Fondazione (che ha in pancia un patrimonio ingente di lasciti e donazioni), si convincesse ad assegnargli un’altra sede. Certo non una qualunque: un posto che rappresenti qualcosa per la destra italiana.

“Prima di parlarne devono innanzitutto sgomberare via Paisiello che avevamo in origine concesso a Francesco Storace per ospitare la redazione del suo giornale. Storace poi ci aveva restituito le chiavi, ma nel frattempo l’immobile era stato occupato abusivamente da Forza Nuova. Per 17 volte l’ufficiale giudiziario ha tentato l’accesso: questo prima del Covid che ha bloccato tutto. Insomma, finora, per un motivo o per un altro non è stato possibile eseguire lo sfratto e vorremmo evitare di ricorrere alla forza pubblica”, dice La Russa, ripercorrendo la vicenda e le ragioni dell’incontro di mercoledì che a Palazzo Madama non è passato inosservato.

Perché a vedere Fiore e Castellino in compagnia di La Russa al Senato a qualcuno è venuto il sangue agli occhi. “Abbiamo lasciato i documenti e fatto i pass come fa chiunque altro che abbia un appuntamento. Del resto non è la prima volta che entro nei Palazzi, non capisco lo scandalo. Sono fascista, e allora?”, dice Castellino, che sulla trattativa in corso con La Russa non fornisce dettagli. Gli si scuce di bocca giusto l’indispensabile per capire l’aria: “Le sedi della Fondazione sono state donate alla comunità di destra per fare politica, non per altro. Noi di Forza Nuova con l’occupazione del 2011 abbiamo salvato via Paisiello dalla svendita: c’era il rischio che facesse la fine della casa di Montecarlo”. E l’incontro al Senato? “Direi un posto sordo e grigio, ma tant’è. Ho fatto tutti i controlli e firmato il foglio Covid. Il braccialetto elettronico? Il metal detector non ha suonato perché non ce l’ho: sono sorvegliato speciale mica sto ai domiciliari”.

ILFattoQuotidiano

sabato 21 giugno 2014

Senato: nell’accordo tra Pd, Forza Italia e Lega c’è l’immunità per sindaci e consiglieri.

Tra gli emendamenti depositati da Calderoli e Finocchiaro c'è la soppressione dell'articolo 6 del testo dell'esecutivo che applicava solo ai deputati l'articolo 68 della Costituzione sulle "Prerogative dei parlamentari". Quindi, niente arresto e niente intercettazioni se non autorizzate per i membri del 'nuovo' Senato.

Niente arresto e niente intercettazioni se non autorizzate. Tra gli emendamenti depositati venerdì dal vicepresidente del Senato Roberto Calderoli e dalla presidente della Commissione affari costituzionali a Palazzo Madama Anna Finocchiaro c’è anche questo: rispunta l’immunità per i senatori, a differenza di quanto scritto nel testo del governo. L’emendamento dei relatori sopprime infatti “l’articolo 6″ del testo dell’esecutivo che applicava solo ai deputati l’articolo 68 della Costituzione sulle “Prerogative dei parlamentari”.
Gli emendamenti, frutto dell’intesa tra Partito democratico, Forza Italia e Lega, definiscono la nuova composizione di Palazzo Madama, dove siederanno 100 senatori, anzi di 95 più 5: i primi eletti dai consigli regionali in rappresentanza di Regioni e Comuni, i secondi nominati dal presidente della Repubblica (tra questi rientrano gli attuali senatori a vita). Tra i 95 “territoriali” 74 sono scelti tra i consiglieri regionali, gli altri 21 tra i sindaci. Ogni Regione eleggerà un numero di senatori in proporzione al proprio peso demografico. L’intesa non scioglie il nodo del metodo di elezione, rinviando a una successiva legge ordinaria. I senatori decadono nel momento in cui decade l’organo in cui sono stati eletti (Comune o Regione). Ciò vuol dire che il Senato sarà rinnovato mano mano che si rinnoveranno le assemblee territoriali.
Emendamenti che Calderoli ha annunciato con soddisfazione (“E’ stata trovata la quadra”, ha detto) e che sono stati accolti favorevolmente anche da Renzi. Nessuno porta la firma del Movimento 5 Stelle che incontrerà il presidente del Consiglio mercoledì 25 giugno. Proprio il giorno in cui, alle 12, scade il termine per i subemendamenti agli emendamenti dei relatori al ddl costituzionale di riforma del Senato e titolo V. Due ore dopo, alle 14, l’ufficio di presidenza della commissione si riunirà per la programmazione dei lavori. Per questo, come scrive Repubblica, i 5 Stelle vogliono anticipare di 24 ore l’incontro
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06/21/senato-nellaccordo-tra-pd-forza-italia-e-lega-ce-limmunita-per-sindaci-e-consiglieri/1035266/

Mi spiegate che c'azzecca la norma salva sindaco e consiglieri infilata nelle riforme che il governo dovrebbe approvare e varare per agevolare il libero cittadino secondo la norma del governare per il bene comune?

giovedì 3 gennaio 2013

Negli ambulatori del Parlamento 60 camici bianchi a 2 milioni di euro all’anno. - Thomas Mackinson


Aula Senato


Con una nuova delibera datata 18 dicembre, Palazzo Madama punta a rafforzare ulteriormente il presidio di cardiologi e infermieri interni: aperte le selezioni per altri cinque cardiologi e altrettanti tra anestesisti e rianimatori.

La via crucis del ri-candidato si fa più stretta e incerta che mai. Una corsa al cardiopalma, roba da rimanerci secchi. Sarà per questo che il presidente del Senato, Renato Schifani ha deciso di rafforzare il presidio di cardiologi e infermieri presso l’Ambulatorio di Palazzo Madama. Sotto l’albero di Natale, il 18 dicembre, è arrivata una delibera dell’ufficio di presidenza che apre ufficialmente le selezioni per cinque specialisti in cardiologia e cinque in anestesia e rianimazione. Non tirocinanti di primo pelo ma laureati con almeno 105/110 ed esperienza professionale minima di cinque anni per i medici e di quattro per gli infermieri.
Quello del Senato, del resto, è un ambulatorio di tutto rispetto: aperto tutto l’anno, 24 ore su 24, gratuito e a uso esclusivo degli inquilini del palazzo. E lì per legge da ben 27 anni: in origine, spiegano da Palazzo Madama, doveva garantire ai senatori non residenti a Roma l’assistenza sanitaria dei loro colleghi della Capitale, ma col tempo il mini-ambulatorio è diventato maxi. La platea dei pazienti si è infatti allargata a deputati, ex parlamentari, dipendenti del Senato e dei gruppi, mentre il personale conta oggi un medico e quattro infermieri in pianta stabile, più altri 26 camici bianchi retribuiti a prestazione per assicurare i turni h24. E così sono lievitati i anche i costi: nel 2011, ultimo dato disponibile, sono arrivati a 650mila euro. Non è difficile crederlo, visto che per quasi trent’anni il presidio è stato aperto anche quando il palazzo era semideserto e gli inquilini in vacanza, nei week end, perfino a Natale e ad agosto.
Solo qualche mese fa il Consiglio di Presidenza ha deciso di chiuderlo dalle 13 di sabato alle 8 del lunedì, durante i festivi infrasettimanali e nei giorni di ferie con un risparmio di circa 240mila euro. Ma niente panico. Quando l’ambulatorio è chiuso l’assistenza medica è assicurata da una società esterna (Medical Care) a un costo di 20 mila euro l’anno. A Palazzo Madama spiegano che non sono soldi buttati perché nel presidio medico si lavora a pieno regime: in un anno si effettuano 13mila prestazioni, più 700 soccorsi, in maggioranza di tipo cardiologico. Un dato sorprendente se rapportato al numero dei senatori e alla platea dei potenziali marcatori di visita. In un giorno di normale attività parlamentare al Senato, infatti, entrano più o meno 2.500 persone. Forse lavorare in Parlamento è più usurante di quanto si pensi e questo potrebbe spiegare anche quei 7,7 milioni di euro chiesti da senatori (e parenti) per prestazioni sanitarie integrative.
I deputati non sono da meno. I servizi sanitari d’emergenza alla Camera sono assicurati da un ambulatorio con personale medico-infermieristico rinforzato da un servizio distaccato dall’Asl di Roma e da una convenzione diretta con il Policlinico Gemelli. Un presidio che conta su una trentina di camici bianchi tra interni ed esterni che costa 1,4 milioni di euro l’anno. La convenzione per i presidi di palazzo Montecitorio e dei palazzi Marini, in corso dal 2007, conta quattro medici dirigenti e due unità di personale infermieristico che prestano servizio per 36 ore la settimana. Tutti ben retribuiti. Un medico alla Camera costa 60 euro lordi l’ora che diventano 90 dopo le 22, il sabato e nei giorni festivi.
A fine anno il camice bianco a Montecitorio porta a casa 90-100 mila euro. E sono in quattro. Gli infermieri, prendono 44 mila euro l’anno più maggiorazioni e sono in due. Ma vanno poi aggiunti i turnisti esterni e i 435mila euro per la convenzione con il Policlinico. Il conto finale è così salato da spiazzare gli stessi beneficiari del servizio (che in teoria dovrebbero godere di ottima salute, visti i 10 milioni di rimborsi sanitari dello scorso anno). Rita Bernardini (Pd), ad esempio, il 12 ottobre scorso ha chiesto al Collegio dei Questori di optare per uno dei due servizi. Il parere è stato accolto e protocollato ma non si sa se sortirà qualche effetto. L’emergenza sanitaria in Parlamento, a quanto pare, continua.