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lunedì 9 ottobre 2023

Patto di stabilità, “Giorgetti all’Ecofin ha chiesto di scorporare dal deficit spese militari per l’Ucraina e investimenti del Pnrr”. 16.9.2023

 

Gli investimenti fatti nell’ambito del Pnrr e le spese militari per aiutare l’Ucraina vanno scorporate dal deficit. È la richiesta fatta nel corso della discussione all’Ecofin informale sulla riforma del patto di stabilità dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che ha ribadito la posizione inserita nel Def dello scorso aprile. Lo scorporo sarebbe temporaneo, fanno sapere da via XX Settembre, fino al 2026, anno in cui termina Next Generation Eu. Su questo, secondo le stesse fonti, si sarebbe registrato un atteggiamento aperto da parte della Germania. Per quanto riguarda la proposta della Commissione, che prevede percorsi di riduzione del debito individuali per Paese, l’Italia preferirebbe una regola unica, che valga per tutti, purché sia sostenibile, anche per evitare classificazioni dei Paesi membri in “virtuosi” e “ad alto debito”. Per Roma è una partita cruciale in vista della prossima legge di Bilancio.

La Commissione lo scorso novembre ha proposto uno schema di massima che prevede piani “personalizzati” di aggiustamento fiscale e riduzioni del debito di durata compresa tra 4 e 7 anni (in questo secondo caso il Paese deve impegnarsi a realizzare ambiziosi investimenti e riforme), concordati bilateralmente con Bruxelles e monitorati da vicino. Per gli Stati che risultano avere “elevati rischi di sostenibilità del debito”, l’aggiustamento fiscale deve garantire tra l’altro che il disavanzo si mantenga al di sotto del parametro del 3 per cento del Pil nei successivi dieci anni. Ora il Consiglio sta definendo la sua posizione con l’obiettivo di chiudere entro fine anno.

Il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni ha spiegato che “la proposta che abbiamo fatto è aperta alle modifiche che decideranno gli Stati membri, ma bisogna, se ci sono delle correzioni, che vadano nella direzione di non cambiare l’equilibrio che c’è nella nostra proposta. In altri termini non possiamo modificare in modo che va soltanto in una direzione una proposta che deve comunque tenere insieme l’obiettivo della stabilità finanziaria e l’obiettivo di promuovere gli investimenti, la crescita in un contesto di rallentamento dell’economia”.

La ministra dell’Economia spagnola Nadia Calvino – la Spagna ha la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea – a margine del vertice ha detto che durante l’estate, con “due riunioni alla settimana, abbiamo elaborato un testo di consenso sul 70% del regolamento“. Adesso “è ora di passare al negoziato politico, per arrivare al necessario consenso” sui punti ancora irrisolti. “Serve un compromesso, che deve avere il giusto equilibrio tra, da una parte, la necessità di percorsi di riduzione del debito sostenibili e, dall’altra, assicurare lo spazio necessario per gli investimenti e incentivi per le riforme strutturali”.

“In fin dei conti – ha aggiunto Calvino – le questioni principali o gli elementi principali per questo consenso dipenderanno dal raggiungimento di un equilibrio adeguato tra una riduzione” del rapporto tra debito e Pil, “e quindi finanze pubbliche sostenibili nel medio e lungo termine, e la realizzazione, allo stesso tempo, degli investimenti e degli incentivi necessari ad affrontare le riforme strutturali. Questo è il cuore degli elementi più importanti che ci permetteranno di raggiungere un consenso nelle prossime settimane. Proporremo ai ministri un calendario ambizioso, in modo da poter raggiungere questo accordo prima della fine dell’anno”.
“Abbiamo coperto, con un intenso lavoro tecnico, il 70% del testo, che è già stato chiuso negli articoli corrispondenti – continua la ministra e vicepremier – arriva il momento di lavorare a livello politico per raggiungere il consenso necessario”. La presidenza spagnola del Consiglio Ue punta a “fare progressi” sulla riforma del patto di stabilità nell’Ecofin di “ottobre“, a Lussemburgo, per risolvere “tutte le questioni tecniche” nell’Ecofin di “novembre“, a Bruxelles.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/09/16/patto-di-stabilita-giorgetti-allecofin-ha-chiesto-di-scorporare-dal-deficit-spese-militari-per-lucraina-e-investimenti-del-pnrr/7293970/#:~:text=Zonaeuro

Il governo attuale si comporta come un bambino che, dopo aver ottemperato agli ordini ricevuti da chi non avrebbe dovuto emetterli, accorgendosi di aver commesso una fesseria le cui conseguenze negative si sono ritorte sfavorevolmente su se stesso, chiede aiuto e perdono...
Oltre al fatto che, volendo essere precisi, il debito pubblico verrebbe "falsificato" reso meno pesante di quello che è in realtà.
E' come prendersi per i fondelli con l'ausilio paternalistico di chi lo ha messo nei guai.
In che mani siamo?
cetta

martedì 1 ottobre 2019

Def, la bozza della Nota: deficit/Pil al 2,2%, stop gli aumenti dell’Iva, mini taglio del cuneo. “Dalla lotta all’evasione attesi 7,2 miliardi”

Def, la bozza della Nota: deficit/Pil al 2,2%, stop gli aumenti dell’Iva, mini taglio del cuneo. “Dalla lotta all’evasione attesi 7,2 miliardi”

Il premier Conte: "Inizieremo a realizzare i 29 punti programmatici anche se non possiamo fare tutto il primo anno". Poi ribadisce: "Operazione di contrasto all'evasione come mai è stato fatto in passato. Incentiveremo la moneta elettronica ma senza penalizzare i commercianti". Per iniziare a ridurre le tasse sul lavoro ci sono l'anno prossimo solo 2,7 miliardi, a Bruxelles da chiedere oltre 14 di flessibilità. Il ministro Gualtieri: "Utilizzo significativo dei margini previsti, ma ho fiducia nel dialogo con la Commissione". Nel bilancio ci saranno "due nuovi fondi di investimento da 50 miliardi su un orizzonte pluriennale per riconversione energetica e incentivo all'uso di fonti rinnovabili".

Completa cancellazione dei 23 miliardi di clausole Iva e un primo avvio del taglio del cuneo fiscale. Sul fronte delle coperture, oltre 14 miliardi di flessibilità e 7,2 miliardi di proventi dalla lotta alla evasione. A meno di un mese dalla sua nascita, il governo Conte 2 ha approvato la nota di aggiornamento al Def, il documento che disegna la cornice di una manovra da circa 29 miliardi. Il deficit viene fissato al 2,2% del pil, come auspicato dal ministro Roberto Gualtieri che assicura il rispetto delle regole Ue e si dice “fiducioso che il dialogo costruttivo con la Commissione europea consentirà di confermare questo obiettivo”. Il debito però non è nei parametri di Bruxelles: cala di pochissimo, dal 135,7 al 135,1% del pil. La crescita è stimata nel 2020 allo 0,6%, anche se Gualtieri afferma che ora “c’è l’opportunità di un vero rilancio economico”, dopo la frenata dell’anno “gialloverde”. Per il governo resta però il nodo spinoso di indicare come in concreto si ricaveranno i 7 miliardi di lotta all’evasione. Per ora Conte conferma di avere in mente un’operazione di contrasto “come mai fatto in passato“. Per quanto riguarda l’Iva il titolare del Tesoro spiega che “nelle varie ipotesi esistono anche degli scenari di rimodulazione che complessivamente non aumentano l’Iva”. Che poi “questo debba essere svolto in un’altra fase o contestualmente” con la manovra sarà da vedere.

Iva sterilizzata e incentivazione moneta elettronica.
“Voglio confermare che abbiamo sterilizzato l’aumento dell’Iva. Ma non ci accontentiamo di questo”, ha commentato in conferenza stampa Giuseppe Conte. “Io ho chiesto la fiducia su 29 punti programmatici, su un progetto politico molto articolato”, e il governo è al lavoro per iniziare a realizzarli “già da quest’anno, non possiamo rinviare. Già da quest’anno progettiamo, con questa manovra e i documenti collegati, la modernizzazione del paese, la digitalizzazione delle sue infrastrutture, la svolta green per proteggere da subito il nostro ambiente. Vogliamo anche già iniziare a ridurre il cuneo fiscale, come promesso ai lavoratori. E in prospettiva abbassare le tasse e le aliquote Iva, anche se siamo consapevoli che non possiamo fare tutto il primo anno”. Per quanto riguarda la lotta all’evasione, “siamo consapevoli di dover lavorare per inasprire le sanzioni ai grandi evasori ma anche realizzare un grande patto con i cittadini”, ha ribadito Conte. “Uno degli strumenti più efficaci per conseguire questo obiettivo è incentivare la moneta elettronica. Ma lo vogliamo fare senza penalizzare nessuno, senza meccanismi disincentivanti. Il nostro obiettivo, e stiamo lavorando a tante simulazioni per scegliere quella giusta, è raggiungere questa finalità senza penalizzare i commercianti e avvantaggiando i consumatori, valorizzando anche i circuiti per la moneta elettronica alternativi, quello postale ma non solo”. Conte ha spiegato poi che “dalle interlocuzioni che abbiamo avuto fin qui con le istituzioni europee c’è consapevolezza della necessità di consentire l’utilizzo dello spazio fiscale e quindi anche manovre un po’ più espansive rispetto al passato”.
Gualtieri: “Voltare pagina sull’evasione”.“L’enorme sacca di evasione fiscale è una sfida che dobbiamo affrontare, non risolveremo mai i problemi strutturali se non voltiamo pagina sull’evasione”, ha aggiunto il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, secondo cui lo spread dovrebbe tornare al di sotto dei livelli di Spagna e Portogallo “con un beneficio per la finanza pubblica che sarebbe assai considerevole” anche se già ora “il minor costo del debito pubblico” per il calo dello spread vale “6 miliardi”. Secondo il nuovo titolare del Tesoro il quadro macroeconomico delineato nella Nota “coniuga bene l’esigenza di assicurare un sostegno alla crescita, evitando una manovra restrittiva che avrebbe avuto un effetto negativo in una fase di rallentamento internazionale, e quella di assicurare la solidità della finanza pubblica e di garantire un percorso graduale” di riduzione “del debito e del costo del suo finanziamento”. “Vorremmo emettere dei green bond, emissioni di titoli di debito italiani esplicitamente destinati a sostenere gli investimenti nella sostenibilità ambientale“, ha anticipato Gualtieri. Inoltre nel bilancio “verranno introdotti due nuovi fondi di investimento, assegnati a Stato e Enti territoriali, per un ammontare complessivo di almeno 50 miliardi su un orizzonte pluriennale. Le risorse saranno assegnate per attivare progetti di rigenerazione urbana di riconversione energetica e di incentivo all’utilizzo di fonti rinnovabili”.
Solo 2,7 miliardi per il cuneo. Unico intervento espansivo insieme a stop clausole.In attesa di conoscere i contenuti della manovra vera e propria, oggetto delle discussioni e delle tensioni tra gli alleati di governo, la Nota di aggiornamento che ne costituisce la cornice macroeconomica conferma solo in parte le anticipazioni di queste settimane. Due le sorprese principali: sul fronte delle entrate, gli introiti attesi da lotta all’evasione e promozione dei pagamenti elettronici sono monstre, considerato che lo scorso anno l’intera “macchina” del recupero ne ha portati a casa 19. Conte però ha detto che la previsione non è eccessiva perché “proprio oggi un quotidiano ha pubblicato stime su transazioni elettroniche di 46 pro capite in Italia, contro la media europea di 135 a persona. Se si colmasse il gap, si stima il recupero di 12,5 miliardi“. Per quanto riguarda il cuneo fiscale, il primo arriverà solo un segnale. Quasi simbolico. Stando alle bozze, infatti, “l’impegno aggiuntivo nel 2020 è valutato in 0,15 punti percentuali di Pil che saliranno a 0,3 punti nel 2021″. Si tratta di circa 2,7 miliardi nel 2020 e di circa 5,4 miliardi nel 2021. “Le misure di riduzione della tassazione sul lavoro intendiamo avviarle e rafforzarle nel quadro triennale di azione del governo”, ha spiegato Gualtieri rispondendo a una domanda. Il taglio è peraltro l’unico intervento – oltre al disinnesco degli aumenti Iva – cui viene attribuito un valore espansivo. Ma di soli 0,1 punti percentuali, contro gli 0,3 punti di “spinta” prevista dalla “rimodulazione delle imposte indirette”. In tutto, la manovra avrà un effetto espansivo di soli 0,2 punti, che aggiunti agli 0,4 tendenziali portano la crescita prevista a +0,6%.
Deficit/pil al 2,2%. Ma nella trattativa con Bruxelles potrebbe salire.
L’andamento del deficit “migliora notevolmente in confronto alle proiezioni del DEF”, scendendo dal 2,4 al 2,2, anche se “rispetto alle proiezioni di inizio luglio, l’aggiornamento del Conto economico della PA di questo Documento incorpora una revisione al rialzo delle stime delle entrate tributarie più contenuta“. Pesa, in positivo, il “calo dell’incidenza della spesa per interessi sul PIL (dal 3,6 per cento di aprile al 3,4 per cento)”. Il punto di partenza è un deficit 2018 “lievemente più elevato di quanto precedentemente stimato, 2,2 per cento anziché 2,1 per cento del PIL”, per effetto della revisione Istat comunicata il 23 settembre.
Le coperture: 0,8 punti di flessibilità, il resto da lotta all’evasione e spending.
La manovra per il 2020 sarà di circa 29 miliardi. La flessibilità che verrà richiesta sul deficit è di circa 14,4 miliardi, lo 0,8% del Pil. Le risorse a cui attingere come coperture “sono pari a quasi 0,8 per cento del Pil (circa 14,4 miliardi)” così suddivisi: 7,2 miliardi (0,4% del Pil) dalla lotta all’evasione, compresa la “diffusione di strumenti di pagamento tracciabili”, 1,8 miliardi dalla spending review (0,1% del Pil), 1,7 miliardi (circa lo 0,1% del Pil). Il resto verrà dalla “riduzione delle spese fiscali e dei sussidi dannosi per l’ambiente e nuove imposte ambientali, che nel complesso aumenterebbero il gettito di circa lo 0,1 per cento del pil”, altri 1,7 miliardi.
23 ddl collegati alla manovra tra cui il Green new deal.
Saranno 23 i ddl collegati alla manovra. Nella bozza è elencata la lista dei provvedimenti: il primo è il Ddl Green New Deal e transizione ecologica del Paese. Ci sono poi un ddl recante riduzione del cuneo fiscale, uno “in materia di revisione della disciplina del ticket e delle esenzioni per le prestazioni specialistiche e di diagnostica ambulatoriale” e un “ddl recante interventi per favorire l’autonomia differenziata ai sensi dell’articolo 116 comma 3 della Costituzione attraverso l’eliminazione delle diseguaglianze economiche e sociali nonché l’implementazione delle forme di raccordo tra Amministrazioni centrali e regioni, anche al fine della riduzione del contenzioso costituzionale”.

giovedì 22 novembre 2018

Manovra, la procedura di infrazione Ue nasce dall’eccesso di debito lasciato in eredità da Padoan.

Manovra, la procedura di infrazione Ue nasce dall’eccesso di debito lasciato in eredità da Padoan

La "grave inosservanza" della legge di Bilancio per quanto riguarda il deficit ha fatto sì che Bruxelles riaprisse il giudizio sul 2017, sospeso lo scorso 23 maggio. Quando la Commissione aveva avvertito della necessità di una correzione di oltre 5 miliardi già nel 2018 e di più di 10 per il 2019. Ora non sono più ritenute valide le scusanti riconosciute al governo Gentiloni.

La procedura di infrazione a cui l’Italia va incontro nei prossimi mesi scatterà perché la manovra per il 2019 firmata da Giovanni Tria viola in modo “particolarmente grave” le raccomandazioni europee sulla riduzione del disavanzo strutturale. Cioè la differenza tra le spese e le entrate dello Stato al netto dei fattori eccezionali. Ma, a ben guardare, questa inosservanza è solo il presupposto in base al quale Bruxelles ha alzato il cartellino giallo per una violazione del passato: il mancato rispetto del criterio del debito nel 2017. Nel mirino c’è dunque l’eredità del precedente titolare del Tesoro, Pier Carlo Padoanche andandosene da via XX Settembre ha lasciato un debito/pil al 131,2% e un “conto” da oltre 10 miliardi. La Commissione all’epoca aveva deciso di soprassedere: Roma stava portando avanti riforme in grado di migliorare la sostenibilità dei conti e aveva ottenuto flessibilità per eventi eccezionali, dal terremoto alla crisi dei rifugiati. Ora però, davanti alla scelta del governo gialloverde di presentare una finanziaria dichiaratamente non in linea con il Patto di stabilità, il giudizio è stato riaperto e il verdetto dei commissari (l’ultima parola spetta all’Ecofin) è stato di condanna.
A fine maggio la promozione con riserva – E’ lo stesso esecutivo comunitario a ricostruire tutte le tappe in maniera dettagliata nel rapporto pubblicato mercoledì. La premessa è che dopo l’uscita dalla precedente procedura per disavanzi eccessivi, nel 2013, l’Italia è stata graziata per tre anni dal rispetto del criterio del debito che impone, al netto di sconti legati a un ciclo economico negativo, di ridurre di un ventesimo all’anno la quota eccedente il 60% del pil. Il parametro è diventato applicabile nel 2016 e già quell’anno (governo Renzi) è stato registrato uno scostamento pari al 5,2% del pil. Che nel 2017 (Gentiloni) è salito al 6,6 per cento.
Il 23 maggio 2018, presentando il “pacchetto di primavera”, la Commissione ha rilevato che a prima vista l’Italia risultava “non conforme con il parametro per la riduzione del debito nel 2016 e nel 2017″. Quel giorno, una settimana prima dell’insediamento del governo Conte, Bruxelles spiegò che la relazione preparata ad hoc portava a concludere che il criterio dovesse “considerarsi soddisfatto tenuto conto di “tutti i fattori significativi e, in particolare, il rispetto da parte dell’Italia del braccio preventivo del patto”.
L’eredità di Padoan: buco da 5 miliardi nel 2018 e 10 miliardi nel 2019 – Tuttavia sottolineò anche che lo sforzo sui conti pubblici previsto dall’ultima manovra di Gentiloni e Padoan era “inadeguato”, che già nel 2018 era necessario “uno sforzo strutturale di bilancio pari almeno allo 0,3% del pil” e per il 2019 era richiesta una correzione pari allo 0,6% del pil, oltre 10 miliardi. Il giudizio definitivo fu rinviato. “In Italia è in corso il processo di formazione del governo, parleremo con il nuovo governo al momento giusto”, spiegò il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici.






      “Marcia indietro sulle riforme e aumento del disavanzo: riapriamo il giudizio” – Da maggio a oggi, però, il quadro è cambiato: “L’inosservanza particolarmente grave rilevata dalla Commissione della raccomandazione indirizzata all’Italia dal Consiglio il 13 luglio 2018”, riassume il rapporto, “rappresenta una modifica sostanziale dei fattori significativi analizzati il 23 maggio 2018, che impone un riesame del giudizio della Commissione”. Tra i fattori significativi di cui Bruxelles tiene conto nel preparare le sue pagelle ci sono infatti l’impegno a raggiungere “l’obiettivo di medio termine” (cioè a ridurre il deficit strutturale), le sempreverdi “riforme strutturali” che aumentano la sostenibilità del debito e le eventuali “condizioni macroeconomiche sfavorevoli”, in particolare la bassa inflazione, che possono ostacolare la riduzione del debito/pil e rendere particolarmente difficile il rispetto del patto di stabilità. Su tutti e tre i fronti l’Italia, agli occhi di Bruxelles, non ha scuse. Le condizioni macroeconomiche, vista la “crescita del pil nominale superiore al 2% dal 2016″, non sono più una attenuante. La legge di Bilancio “fa marcia indietro rispetto alle riforme strutturali attuate in passato, rischia di scoraggiare il rispetto degli obblighi fiscaliaumenta la pressione fiscale sulle imprese a livello aggregato e potrebbe ridurre l’offerta di credito a causa di condizioni di finanziamento più sfavorevoli per le banche dovute ai maggiori rendimenti del debito sovrano”.
Infine, per quanto riguarda il 2018 l’aggiustamento di bilancio risulta “non adeguato” visto che il nuovo governo non ha fatto la manovra correttiva dello 0,3% ritenuta necessaria sei mesi fa per rimediare al buco lasciato da Padoan. E per il 2019 come è noto è stata rilevata una “inosservanza particolarmente grave” visto che la manovra, oltre a non contenere misure “efficaci per affrontare né la fiacca crescita potenziale dell’Italia, né la persistente stagnazione della produttività, “prevede un deterioramento del saldo strutturale (ricalcolato) dell’Italia pari allo 0,9 % del pil”. Conclusione che resterebbe invariata anche se “si sottraesse l’incidenza sul bilancio (circa 0,2% del pil) del programma di manutenzione straordinaria della rete viaria e di collegamenti successivo al crollo del ponte Morandi di Genova e di un piano di prevenzione volto a limitare i rischi idrogeologici a seguito di condizioni meteorologiche avverse”.
La procedura per la violazione sul 2017 e gli altri rischi – Per tutti questi motivi il giudizio finale sul rispetto del criterio del debito nel 2017 viene rivisto e la Commissione ora raccomanda una procedura per disavanzo eccessivo. Aggiungendo peraltro che si tratta solo del primo passo perché “sulla base sia dei piani del governo che delle previsioni d’autunno 2018, è da prevedere che l’Italia non riuscirà a rispettare il parametro di riferimento per la riduzione del debito né nel 2018 (scostamento rispettivamente del 3,7% del pil) né nel 2019 (scostamento rispettivamente del 3,6% del pil)”.
Fonte: ilfattoquotidiano del 22 nov. 2018

sabato 29 settembre 2018

Debito e deficit, il tramonto delle regole Ue: il più delle volte sono violate.

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MILANO - L'interpretazione flessibile delle regole europee di bilancio è stata accolta come un passo, tardivo ma necessario, da una buona fetta degli osservatori dell'Eurozona. Il rovescio della medaglia è che le regole rischiano di perdere credibilità. Ne ha fatto un tema costante di appunto il Fondo monetario internazionale, che soltanto poche settimane fa puntava il dito contro l'incapacità europea di applicare le norme che il Vecchio continente si è dato. Secondo l'organizzazione di Washington, infatti, gli obiettivi fiscali di medio termine dal 2002 al 2015 sono stati violati "ogni singolo anno da quasi due terzi dei Paesi membri". In giorni caldi per la definizione della manovra correttiva da 3,4 miliardi che Bruxelles ha chiesto all'Italia, con la minaccia concretissima di aprire una procedura d'infrazione, la Cgia di Mestre ripercorre quanto accaduto negli ultimi anni utilizzando i due binari entro i quali - secondo i Trattati - si deve mantenere la contabilità pubblica, vale a dire il rapporto deficit/Pil sotto il 3 per cento e il rapporto debito/Pil non superiore al 60 per cento.

Secondo l'elaborazione effettuata dall'Ufficio studi dell'associazione veneta, tra i 28 Paesi che compongono l'Unione europea poco più di 1 su 2 (per la precisione 16)  l'anno scorso non ha rispettato le disposizioni previste dai 2 principali criteri di convergenza. Per altro, sottolineano gli artigiani, "ad eccezione della Polonia, tra i dodici paesi virtuosi è importante segnalare che si tratta in massima parte di realtà di piccola dimensione: Malta, Slovacchia, Lituania, Lettonia, Lussemburgo, Bulgaria ed Estonia che fanno parte dell'Area euro".

La crisi ha portato ancor più - legittimamente, diranno in molti - ad allentare i vincoli: "Tra il 2009 e il 2016, solo tre Paesi in Ue (Svezia, Estonia e Lussemburgo) non hanno mai 'sforato' la soglia del 3 per cento del rapporto deficit/Pil; mentre Spagna, Regno Unito e Francia lo hanno fatto ben 8 volte (ovvero ogni anno); Grecia, Croazia e Portogallo 7. L'Italia, invece, lo ha fatto in 3 occasioni e in questi anni ha mantenuto un'incidenza percentuale media del disavanzo pubblico al -3,3: contro il -7,9 della Spagna, il -6,6 del Regno Unito e il -4,8 della Francia".

Il calcolo è semplicistico, perché come ricorda la stessa Cgia la valutazione dei parametri viene effettuata dalla Commissione Europea sulla base di complessi meccanismi di calcolo che tengono conto di ulteriori criteri, come il Pil potenziale, medie triennali, relativi scostamenti ed eventuali accordi precedenti. Ma la sintesi è: "O le disposizioni previste da Maastricht sono troppo rigide, oppure le economie più avanzate d'Europa, dopo tutte le crisi economiche e finanziarie che sono scoppiate in questi ultimi anni, non ce la fanno più ad adeguarvisi. In entrambi i casi è necessario intervenire, introducendo margini di sicurezza per debiti e deficit eccessivi meno stringenti, perché le politiche di austerità e di rigore praticate fino ad adesso non hanno funzionato. Anzi, hanno peggiorato i conti e hanno aumentato a dismisura la disoccupazione e l'esclusione sociale in tutta Europa".
 

I Deficit cumulati dall'avvento della crisi (2009-2016): l'Italia, a metà classifica, ha fatto meglio della media europea
(valori in miliardi di euro e in %)
RANK
(% su PIL)
PAESIANNI 2009-2016 (dati cumulati)In 8 anni...
UNIONE EUROPEA
PILDEFICITInc % DEFICIT/PIL...quante volte è stata sforata la soglia del 3%?
(mld €)(mld €)(media 2009-2016)
1Grecia1.572-145-9,27volte
2Irlanda1.581-138-8,76volte
3Spagna8.524-673-7,98volte
4Regno Unito16.726-1.102-6,68volte
5Portogallo1.408-93-6,67volte
6Slovenia297-17-5,86volte
7Croazia355-18-5,17volte
8Francia16.745-801-4,88volte
9Cipro148-7-4,66volte
10Polonia3.111-133-4,36volte
11Slovacchia585-24-4,14volte
12Romania1.137-42-3,74volte
13Lituania267-10-3,64volte
14Belgio3.105-112-3,65volte
15ITALIA12.966-431-3,33volte
16Paesi Bassi5.224-162-3,14volte
17Ungheria822-25-33volte
18Lettonia174-5-2,83volte
19Austria2.550-66-2,62volte
20Repubblica Ceca1.286-31-2,43volte
21Finlandia1.598-38-2,41volte
22Malta62-1-2,33volte
23Bulgaria335-7-2,13volte
24Danimarca2.048-34-1,61volte
25Germania22.419-172-0,82volte
26Svezia3.290-17-0,50volte
27Estonia143000volte
28Lussemburgo36430,70volte
Unione Europea108.842-4.301-4
Area Euro79.732-2.891-3,6