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lunedì 9 ottobre 2023

Patto di stabilità, “Giorgetti all’Ecofin ha chiesto di scorporare dal deficit spese militari per l’Ucraina e investimenti del Pnrr”. 16.9.2023

 

Gli investimenti fatti nell’ambito del Pnrr e le spese militari per aiutare l’Ucraina vanno scorporate dal deficit. È la richiesta fatta nel corso della discussione all’Ecofin informale sulla riforma del patto di stabilità dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che ha ribadito la posizione inserita nel Def dello scorso aprile. Lo scorporo sarebbe temporaneo, fanno sapere da via XX Settembre, fino al 2026, anno in cui termina Next Generation Eu. Su questo, secondo le stesse fonti, si sarebbe registrato un atteggiamento aperto da parte della Germania. Per quanto riguarda la proposta della Commissione, che prevede percorsi di riduzione del debito individuali per Paese, l’Italia preferirebbe una regola unica, che valga per tutti, purché sia sostenibile, anche per evitare classificazioni dei Paesi membri in “virtuosi” e “ad alto debito”. Per Roma è una partita cruciale in vista della prossima legge di Bilancio.

La Commissione lo scorso novembre ha proposto uno schema di massima che prevede piani “personalizzati” di aggiustamento fiscale e riduzioni del debito di durata compresa tra 4 e 7 anni (in questo secondo caso il Paese deve impegnarsi a realizzare ambiziosi investimenti e riforme), concordati bilateralmente con Bruxelles e monitorati da vicino. Per gli Stati che risultano avere “elevati rischi di sostenibilità del debito”, l’aggiustamento fiscale deve garantire tra l’altro che il disavanzo si mantenga al di sotto del parametro del 3 per cento del Pil nei successivi dieci anni. Ora il Consiglio sta definendo la sua posizione con l’obiettivo di chiudere entro fine anno.

Il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni ha spiegato che “la proposta che abbiamo fatto è aperta alle modifiche che decideranno gli Stati membri, ma bisogna, se ci sono delle correzioni, che vadano nella direzione di non cambiare l’equilibrio che c’è nella nostra proposta. In altri termini non possiamo modificare in modo che va soltanto in una direzione una proposta che deve comunque tenere insieme l’obiettivo della stabilità finanziaria e l’obiettivo di promuovere gli investimenti, la crescita in un contesto di rallentamento dell’economia”.

La ministra dell’Economia spagnola Nadia Calvino – la Spagna ha la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea – a margine del vertice ha detto che durante l’estate, con “due riunioni alla settimana, abbiamo elaborato un testo di consenso sul 70% del regolamento“. Adesso “è ora di passare al negoziato politico, per arrivare al necessario consenso” sui punti ancora irrisolti. “Serve un compromesso, che deve avere il giusto equilibrio tra, da una parte, la necessità di percorsi di riduzione del debito sostenibili e, dall’altra, assicurare lo spazio necessario per gli investimenti e incentivi per le riforme strutturali”.

“In fin dei conti – ha aggiunto Calvino – le questioni principali o gli elementi principali per questo consenso dipenderanno dal raggiungimento di un equilibrio adeguato tra una riduzione” del rapporto tra debito e Pil, “e quindi finanze pubbliche sostenibili nel medio e lungo termine, e la realizzazione, allo stesso tempo, degli investimenti e degli incentivi necessari ad affrontare le riforme strutturali. Questo è il cuore degli elementi più importanti che ci permetteranno di raggiungere un consenso nelle prossime settimane. Proporremo ai ministri un calendario ambizioso, in modo da poter raggiungere questo accordo prima della fine dell’anno”.
“Abbiamo coperto, con un intenso lavoro tecnico, il 70% del testo, che è già stato chiuso negli articoli corrispondenti – continua la ministra e vicepremier – arriva il momento di lavorare a livello politico per raggiungere il consenso necessario”. La presidenza spagnola del Consiglio Ue punta a “fare progressi” sulla riforma del patto di stabilità nell’Ecofin di “ottobre“, a Lussemburgo, per risolvere “tutte le questioni tecniche” nell’Ecofin di “novembre“, a Bruxelles.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/09/16/patto-di-stabilita-giorgetti-allecofin-ha-chiesto-di-scorporare-dal-deficit-spese-militari-per-lucraina-e-investimenti-del-pnrr/7293970/#:~:text=Zonaeuro

Il governo attuale si comporta come un bambino che, dopo aver ottemperato agli ordini ricevuti da chi non avrebbe dovuto emetterli, accorgendosi di aver commesso una fesseria le cui conseguenze negative si sono ritorte sfavorevolmente su se stesso, chiede aiuto e perdono...
Oltre al fatto che, volendo essere precisi, il debito pubblico verrebbe "falsificato" reso meno pesante di quello che è in realtà.
E' come prendersi per i fondelli con l'ausilio paternalistico di chi lo ha messo nei guai.
In che mani siamo?
cetta

sabato 25 settembre 2021

Giorgetti “caccia” Morisi e conta le truppe al Nord. - Giacomo Salvini

 

La “bestia” - Numeri social crollati con Draghi.

Di vittime, politicamente, ne hanno già mietute due. Entrambe eccellenti. Prima Claudio Durigon scaricato con un’alzata di spalle da Giancarlo Giorgetti (“Al governo bisogna stare attenti a quando si parla”) e dal silenzio dei governatori. E adesso Luca Morisi, spin doctor di Matteo Salvini e ideatore della “Bestia” social della Lega. Dietro l’addio del 48enne guru social del Carroccio ci sono sicuramente motivazioni personali (questa è la versione ufficiale) ma anche di più: un certo disagio sull’ambiguità della linea “di lotta e di governo” del Carroccio, ma soprattutto l’ostracismo dell’ala governista che non sopportava più i modi di fare e la comunicazione da populista della porta accanto di Morisi. “Quando si sta al governo non si può comunicare tutto e subito come all’opposizione”, spiega un parlamentare vicino a Giorgetti.

Che Morisi fosse finito in mezzo anche allo scontro tra Salvini e Giorgetti lo si era capito anche nelle ultime settimane. Raccontano che, durante i primi Consigli dei ministri dell’èra Draghi, 4-5 membri della squadra della comunicazione di Morisi si spostassero al ministero dello Sviluppo economico mentre Giorgetti partecipava alle riunioni a Palazzo Chigi. Un modo per coordinare la comunicazione leghista durante i Cdm e far uscire sulle agenzie, sui siti e sui social cosa stava succedendo in chiave leghista. A marzo e aprile, alla vigilia dei Consigli dei ministri, il Mise diventava una succursale di via Bellerio: i funzionari del ministero in diverse occasioni si sono visti arrivare Salvini spesso accompagnato dai suoi fedelissimi tra cui Durigon, in quel momento di casa al Tesoro. Quando però ad agosto, tra Salvini e i ministri si è rotto qualcosa sui primi decreti Green pass, con la sconfessione della linea del segretario, tutto si è fermato: Giorgetti ha imposto che in via Veneto non entrasse più nessuno della squadra di Morisi e della comunicazione della Lega. Secondo qualcuno, nelle ultime settimane, c’erano state anche delle frizioni tra Salvini e Morisi: il guru lamentava di non essere “più ascoltato” dal segretario. Di certo c’è che i numeri della “Bestia” – un sistema editoriale in grado di automatizzare i contenuti delle pagine “Matteo Salvini”, “Lega” e “Noi con Salvini” – negli ultimi sei mesi avevano risentito dell’effetto Draghi. La macchina si era inceppata e i numeri sono crollati: in quanto a crescita dei follower, Salvini è stato superato da Giuseppe Conte (più un milione contro i 700 mila del leghista) e tallonato da Giorgia Meloni a 600 mila. Le interazioni settimanali si sono dimezzate passando da 10 milioni a 5 mentre è stato sorpassato dalla leader di FdI sull’engagement (3,5 a 7,6%) e sulle interazioni per post (0,3 a 1,2%). Tutto questo nonostante in due anni la “Bestia” sia costata 400 mila euro al partito.

E così, dopo Durigon e Morisi, l’ala governista guidata da Giorgetti e dai governatori – Zaia, Fontana e Fedriga – può rivendicare un altro successo. Ma non si fermerà qui ed è già pronta a chiedere i congressi dopo le Comunali. Un primo assaggio arriverà oggi da Varese, feudo del ministro dello Sviluppo economico, dove si terranno gli “Stati Generali” della Lega Lombarda. Un appuntamento pre-elettorale, ma anche un modo per organizzare le truppe del nord Italia: oltre a Giorgetti ci sarà Fontana, Garavaglia, Centinaio e Locatelli. Ai 200 sindaci leghisti lombardi spiegheranno cosa sta facendo il governo nazionale. Un modo per iniziare a contarsi e rivendicare che la linea della Lega non è quella di Salvini, ma la loro. Il leader non ci sarà e manderà solo un saluto. Intanto anche Luca Zaia manda segnali: i suoi uomini stanno mettendo all’indice i 10 salviniani veneti che nei giorni scorsi non hanno votato in aula sul Green pass. Una frattura che difficilmente si ricomporrà.

ILFQ

lunedì 11 novembre 2019

Report: del leghista Giancarlo Giorgetti che se la dà a gambe davanti ai microfoni ne vogliamo parlare?

Report: del leghista Giancarlo Giorgetti che se la dà a gambe davanti ai microfoni ne vogliamo parlare?
Foto "il Messaggero"
Ragazzi: adesso anche il servizio pubblico della RAI ha messo a nudo – con i ‘numeri’ e non con i commenti – lo scippo del Centro Nord Italia ai danni del Sud. Il commento di Pino Aprile sull’ex sottosegretario della Lega, Giancarlo Giorgetti, che scappa perché non sa cosa dire ai cronisti di Report!
Il servizio che un paio di giorni fa Report – la trasmissione d’inchiesta della RAI – ha dedicato al Sud (che potete approfondire sulla Facebook di Terroni di Pino Aprile) ha aperto un dibattito interessante. Volendo, nella storia della Seconda Repubblica, è la prima volta che il servizio pubblico televisivo racconta la verità su come l’Italia ha trattato e continua a trattare il Mezzogiorno d’Italia.
Molto centrato il commento dello scrittore e giornalista Pino Aprile, leader del Movimento 24 Agosto per l’Equità Territoriale, soprattutto là dove mette in evidenza le contraddizioni della Lega di Matteo Salvini e del suo vice, Giancarlo Giorgetti. Infatti, davanti al giornalista di Report, che gli chiedeva conto e ragione della mancata applicazione della legge nazionale sul federalismo fiscale – legge voluta proprio dalla Lega – Giancarlo Giorgetti è letteralmente scappato!
Di cosa si era accorto, Giorgetti? Che se la legge – ribadiamo: voluta dai leghisti – fosse stata applicata, lo Stato avrebbe dovuto togliere soldi al Centro Nord e darli al Sud! Così la documentazione è sparita.
Scrive Pino Aprile:
“La fuga: dinanzi a dati, domande vere, non addomesticate, i ladri di diritti e verità sono scappati. Quando il cronista chiede a Giancarlo Giorgetti, numero due della Lega, che fine hanno fatto i documenti sullo scippo progettato a danno del Sud (e ordinati da lui quando era presidente della Commissione parlamentare che avrebbe dovuto garantire uguali diritti a tutti e invece li rubava ai meridionali), lui farfuglia, scappa, cambia direzione, accelera, sparisce. China il capo e gira la faccia, come per non farsi riconoscere. Conservate nella memoria e in cima alle vostre pagine social quell’immagine: è la sintesi di un delitto e di una ammissione di colpa”.
Ce n’è anche per un altro leghista, Roberto Maroni:
“Quando, dopo le solite puttanate razziste sugli amministratori del Nord più onesti, per definizione e sé-dicenti – scrive Pino Aprile – l’intervistatore elenca i nomi di quelli lombardi e veneti incarcerati per mazzette, furti, appalti truccati, l’ex presidente della Lombardia Roberto Maroni, che vide il suo vice finire in galera (e lui stesso ha qualche problemino…) si alza e fugge. Conservate l’immagine nella memoria e sulle vostre pagine social: dice di che gente si sta parlando, il loro livello, e dice che hanno coscienza di quel che hanno fatto”.
Non può mancare una ‘pennellata’ su qualche esponente della ‘sinistra’ italiani in bilico tra il PD e Italia Viva di Renzi. E’ sempre Pino Aprile che scrive:
“E l’incredibile Luigi Marattin nato a Napoli, ex-PD ora Italia Viva, già consigliere economico di Renzi, e presidente della Commissione tecnica sui fabbisogni standard, indistinguibile dal peggior leghista, quando i meridionali venivano derubati di risorse e diritti, che dice: «I 35 euro in meno a un campano serve a riconoscere paradossalmente il fatto che la spesa storica è stata più bassa»! Per capirci, il cotale dice che per ‘far riconoscere’ che i terroni sono stati fottuti dallo Stato, tramite i partiti (tutti), li fottiamo di nuovo. Metti che poi uno non se ne accorge, se smetti di derubarlo… La Lega porta la nomina, ma tutti i partiti sono al servizio del potere nordico, con uso massiccio di ascari del Sud (il PD manda i dirigenti del Nord a capeggiare almeno la metà delle liste elettorali al Sud; la Lega lascia fare il lavoro sporco agli indigeni, poi invia i commissari in tutte le regioni meridionali, ad amministrare le colonie)”.
La “spesa storica”: l’ultima trovata della Lega e dei partiti politici nazionali per gabbare i circa 20 milioni di abitanti del Sud: siccome i Terroni hanno sempre avuto meno soldi, beh, che continuino ad avere meno soldi!
“Si possono scrivere molte cose della puntata di Report – scrive sempre Pino Aprile – su come il Sud è depredato, ma dopo il successo di libri meridionalisti su cui nessuno avrebbe scommesso un soldo; dopo il dilagare sul Web di verità storiche e contemporanee taciute dalla macchina nazionale della comunicazione (inclusa, e anzi in prima fila, quella di Stato); dopo l’ottima trasmissione di Riccardo Iacona; la puntata di Report sdogana gli ultimi dubbi: l’informazione sui furti di risorse e diritti ai danni dei meridionali, da parte dello Stato, tramite i partiti ‘nazionali’ complici del potere politico ed economico del Nord (tutti, e inclusi, ripeto, i rappresentanti del Sud), è uscita dalle catacombe dei ‘sudisti’ (lo dicono in termini dispregiativi), dei neoborbonici (dispregiativo, ovvio), eccetera. Non è più roba da lamentela terronica e ‘rimboccatevi le maniche'”.
Ragazzi: questa volta è stata la RAI a mettere in luce le magagne di un Centro Italia che toglie risorse al Sud, peraltro non su commenti, ma sulla base di dati ufficiali, oggettivi, impossibile da smentire: non a caso il leghista Giorgetti se l’è data a gambe!
“Quindi, è fatta? – si chiede e chiede Pino Aprile -. No, ovvio. Ora dobbiamo temere l’uso di questa informazione, da parte di chi si è scoperto alfiere dei diritti negati al Sud qualche minuto fa (e può succedere, non è una corsa a chi arriva prima), ma per renderla ancora una volta funzionale, però ‘da Sud ribelle (quasi…)’, ai soliti interessi. Non dimentichiamo il piano dei primi anni Novanta, concertato fra Lega e mafia, per la creazione di ‘leghe’ meridionali apparentemente contro quella Nord, di fatto al suo servizio (l’ideologo razzista Gianfranco Miglio scese a Catania per incontrare il latitante boss Nitto Santapaola)”.
“Ora diventa persino più difficile gestire e analizzare l’informazione, però parliamo di qualcosa che non c’era e adesso c’è, che è poca, ma cresce e può dilagare da un momento all’altro; se lo fa nella direzione sbagliata, sarà difficile correggerla. Un problema. E finalmente il problema è questo! Fatemelo ripetere: vederli, quei prepotenti e ladri di equità, fuggire dinanzi a una domanda, alla loro colpa, alla vergogna… Tante volte ti chiedi “ma chi me lo fa fare!”; ecco quella può essere una risposta. Ne vale la pena”, conclude Pino Aprile.
Ah, dimenticavamo: Giancarlo Giorgetti è quello che, da sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, durante il Governo Giallo-Verde, si è reso protagonista della seguente furbata:
“Ha fatto mettere, nero su bianco, che le risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione verranno utilizzate man mano che i progetti saranno ‘cantierabili’, cioè esecutivi, cioè pronti per essere realizzati. Peccato che non sono stati specificati i luoghi dove la ‘cantierabilità’ dei progetti si materializzerà. Che significa? Semplice: che siccome il Sud ha pochi progetti ‘cantierabili’, mentre nel Centro Nord ci sono già tanti progetti ‘cantierabili’, una parte delle risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione – che sono fondi del Sud – andrà al Centro Nord Italia!”
“Un ‘meraviglioso’ scippo silenzioso ai danni del Sud targato Lega di Matteo Salvini-Giancarlo Giorgetti. A quanto ammonterebbe questo nuovo scippo al Sud in salsa leghista? A circa 10 miliardi di euro. C’è un rimedio? Certo: il Ministro del Sud, Giuseppe Provenzano, dovrebbe bloccare subito questa furbata: e pazienza se leghisti, renziani e PD ci resteranno male!

lunedì 7 gennaio 2013

IL RITORNO DI SILVIO-PINOCCHIO. - Francesco De Dominicis


silvio berlu pinocchio

EVVAI CON LE PROMESSE ACCHIAPPA-VOTI CHE NON DIVENTERANNO MAI REALTA’: SUPER PIANO FISCALE DA 16 MILIARDI; UNA TASK FORCE CON BRUNETTA, GIORGETTI E LEO PER TAGLIARE L'IMU SULLA PRIMA CASA, INTRODURRE IL QUOZIENTE FAMILIARE E TAGLIARE LE TASSE ALLE IMPRESE (IRAP) - GIA' PRONTA LA COPERTURA FINANZIARIA: BLA-BLA-BLA..

Un super piano fiscale da 16 miliardi di euro, destinato a cittadini e imprese. Per spazzare via l'Imu sulla prima casa, introdurre il quoziente familiare e intervenire sull'Irap (eliminando quella per i «piccoli» e introducendo sgravi per il costo del lavoro). I fondi e la copertura finanziaria? Revisione delle agevolazioni tributarie, abbattimento della spesa per gli interessi da pagare su Bot e Btp, creazione di un fondo speciale con una parte dei proventi della lotta all'evasione.
Questo in estrema sintesi, secondo quanto risulta a Libero, il progetto del Popolo delle libertà per sparigliare il tavolo nella campagna elettorale e fare presa sui moderati oltre che sui potenziali astenuti. Uno schiaffo al Governo (e al centrino) di Mario Monti e al Pd di Pierluigi Bersani che pensano ancora a nuove tasse, a cominciare dalla patrimoniale, per rilanciare il Paese e l'economia.
MARIO MONTI A RADIO ANCHIOMARIO MONTI A RADIO ANCHIO
L'iniziativa prende le mosse dalla «fissa» dell'ex premier, Silvio Berlusconi, che proprio sulla sforbiciata alle tasse vuole scommettere tutto in vista del voto del 24 febbraio. L'idea di fondo è ridurre di un punto percentuale, fino al 44%, la pressione fiscale che nel 2013, secondo le stime di Palazzo Chigi, è destinata a salire al 45,1% del Prodotto interno lordo. Il dossier «taglia tasse» è stato affidato a una sorta di task force del Pdl composta da super esperti di fisco e finanza pubblica: Renato Brunetta, Alberto Giorgetti e Maurizio Leo.
I numeri, ovviamente, non sono ancora definitivi e il lavoro di affinamento andrà avanti per qualche giorno. Poi, salvo sorprese, dovrebbe toccare proprio al Cavaliere annunciare in pompa magna il programma fiscale del partito. Ragion per cui c'è chi preferisce rimanere abbottonato, come Brunetta. L'ex ministro si è rifiutato di chiarire le mosse: «Troppo presto» ha detto al telefono. La strada, tuttavia, è quella. La riforma - che il Pdl dice di poter varare nei primi 100 giorni in caso di vittoria alle elezioni - è assai ampia.
RENATO BRUNETTA DOCETRENATO BRUNETTA DOCET
BALZELLO PRIMA CASA
Berlusconi ancora ieri su Twitter ha toccato le corde fiscali, ribadendo l'intenzione di azzerare l'Imu sull'abitazione principale. La misura vale 4 miliardi sui 16 in ballo. L'ex presidente del Consiglio mira a trovare i fondi necessari, cioè la cosiddetta copertura, dall'aumento delle imposte legate a giochi, tabacchi e prodotti alcolici. Su questo punto, in realtà, la task force Pdl è prudente. Le indicazioni più recenti sulle entrate proprio relative ai giochi indicano un netto calo del gettito.
Il che suggerisce di trovare soluzioni alternative. Sta di fatto che l'imposta municipale sugli immobili, che ha garantito oltre 24 miliardi di euro di entrate complessive dopo il saldo di dicembre, ha messo in seria difficoltà le famiglie italiane. E ha contribuito a massacrare il mercato immobiliare, già alle prese con i problemi cagionati dalla contrazione dei mutui bancari. Di fatto Berlusconi vuole ripetere l'operazione del 2008, quando - a pochi giorni dal voto - promise agli elettori l'abolizione della vecchia Ici sulle «abitazioni principali». Progetto andato in porto, anche se poi tutto è stato vanificato con l'arrivo dell'Imu, che colpisce tutti i fabbricati e con aliquote ben più pesanti rispetto all'Ici.
ALBERTO GIORGETTI SOTTOSEGRETARIO ECONOMIAALBERTO GIORGETTI SOTTOSEGRETARIO ECONOMIA
QUOZIENTE FAMILIARE
Il balzello sulla casa, comunque, è solo uno dei tre pilastri del progetto. Il secondo obiettivo - per il quale verrebbero destinati altri 4 miliardi di euro - mira a mettere in pista in Italia il quoziente familiare. Si tratta di uno strumento che, per calcolare le imposte da versare nelle casse dello Stato oltre che per determinare gli sconti fiscali, tiene conto di tutto il reddito prodotto da una famiglia oltre che del numero dei componenti. «In questo modo si riuscirebbe a rendere omogeneo il sistema fiscale italiano - spiega Leo - visto che il redditometro appena varato prende in considerazione proprio il nucleo familiare. E se la famiglia è un elemento utile per l'accertamento allora lo può essere anche per la determinazione delle agevolazioni».

IRAP SUI «PICCOLI»
La terza misura allo studio degli esperti Pdl - che costa 8 miliardi di euro - ruota attorno all'Irap e prevede, nel dettaglio, due interventi. Anzitutto, l'esenzione dei «piccoli» (professionisti e micro imprese) dal pagamento dell'imposta regionale sulle attività produttive (peraltro già previsto da una sentenza della Corte costituzionale). Il secondo filone di interventi in campo Irap, poi, contiene una serie di sgravi per il costo del lavoro, grazie a un mix di deducibilità più ampie sui bilanci delle imprese.
Giulio TremontiGIULIO TREMONTI
COPERTURA FINANZIARIA
La parte più delicata del piano targato Pdl è legata alle risorse finanziarie: servono 16 miliardi di euro. La copertura, come accennato, dovrebbe essere assicurata grazie a tre aree di intervento. La prima è quella delle agevolazioni: in pratica il Pdl vuole «salvare» parte del lavoro realizzato con Giulio Tremonti alla guida del ministero dell'Economia. Fari puntati, quindi, sulla relazione curata dalla commissione, presieduta dall'attuale sottosegretario Vieri Ceriani, relativa alle tax expenditure: una montagna di 700 «voci» che vale circa 254 miliardi di euro l'anno.
Obiettivo è un provvedimento che consenta, con rimodulazioni oculate e non con tagli orizzontali, il recupero del 3% di risorse. Calcolatrice alla mano vuol dire grosso modo 7 miliardi. Altri 7 miliardi dovrebbero essere risparmiati con una minore spesa per interessi sulle emissioni di titoli di Stato, Bot e Btp. Traguardo che il Pdl vuole raggiungere con la riduzione immediata di una fetta di debito pubblico, ormai sopra quota 2mila miliardi di euro.
La cifra della fetta di debito da tagliare va ancora definita, ma le munizioni sono pronte e la prima è un'intesa fiscale tra Italia e Svizzera che assicuri un gettito una tantum da 37 miliardi di euro e poi circa 500 milioni di euro l'anno «a regime». Un incisivo piano di privatizzazioni dei carrozzoni pubblici (enti e società dello Stato non quotati) e la «vendita di fabbricati statali e terreni demaniali», come annunciato ieri da Berlusconi sempre su Twitter, completano il quadro. Gli ultimi 2 miliardi necessari a «coprire» il progetto Pdl arriverebbero con la creazione di un «fondo imposte» da alimentare con una parte del ricavato delle lotta all'evasione fiscale (circa 12 miliardi l'anno).
Certo per passare dalle parole ai fatti ce ne vuole. In ogni caso, il fatto di aver affidato il dossier a un pool di tecnici mostra come ci sia l'intenzione di supportare le (necessarie) promesse elettorali con proposte concrete e (auspicabilmente) realizzabili.