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martedì 26 febbraio 2019

Mondo di mezzo, Gianni Alemanno condannato a sei anni di carcere per corruzione e finanziamento illecito.

Mondo di mezzo, Gianni Alemanno condannato a sei anni di carcere per corruzione e finanziamento illecito

Per l'ex sindaco anche l'interdizione dai pubblici uffici. La sentenza è più pesante della richiesta dall'accusa: il pm Luca Tescaroli, infatti, aveva chiesto per l’ex sindaco cinque anni di carcere. Secondo la procura Alemanno avrebbe percepito oltre 200mila euro senza averne titolo, buona parte dei quali attraverso la fondazione Nuova Italia da lui presieduta. L'ex primo cittadino: "Sentenza sbagliata, ricorso in Appello".

Sei anni di carcere e interdizione perpetua dai pubblici uffici per corruzione e finanziamento illecito. È la sentenza emessa dal tribunale di Roma per l’ex sindaco Gianni Alemanno. La decisione della seconda sezione penale del tribunale capitolino è legata a uno dei filoni dell’inchiesta Mondo di mezzo, l’indagine della Procura di piazzale Clodio che tra il dicembre 2014 e il giugno 2015 cambiò lo skyline politico della Capitale. Ed è più pesante della condanna chiesta dall’accusa: il pm Luca Tescaroli aveva chiesto per l’ex sindaco cinque anni di carcere. “Una sentenza sbagliata. Ricorreremo sicuramente in appello dopo aver letto le motivazioni. Io sono innocente l’ho detto sempre e lo ribadirò davanti ai giudici di secondo grado”, è il primo commento dell’ex esponente di Alleanza Nazionale ed ex ministro delle Politiche agricole e forestali.
Il nome dell’uomo che decise le sorti di Roma tra il 2008 e il 2013 era comparso nelle carte della prima ondata di arresti dell’inchiesta su Mafia Capitale, il 2 dicembre 2014, nel corso della quale erano finite in carcere 37 persone. I magistrati di piazzale Clodio lo accusavano di aver ricevuto oltre 200mila euro, in gran parte attraverso la fondazione Nuova Italia da lui presieduta, per il compimento di atti contrari ai doveri del suo ufficio. I pm gli contestavano anche il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, accusa in seguito archiviata il 7 febbraio 2017.
I fatti risalgono al periodo tra il 2012 e il 2014: l’ex ministro avrebbe ricevuto dall’imprenditore Salvatore Buzzi in accordo con Massimo Carminati223.500 euro, dei quali il pm Tescaroli ha chiesto la confisca, attraverso pagamenti alla fondazione e al suo mandatario elettorale e diecimila euro in contanti. Il tutto con l’aiuto e l’intermediazione dell’ex amministratore dell’azienda romana dei rifiuti (Ama), Franco Panzironi, suo stretto collaboratore.
Alemanno è stato “l’uomo politico di riferimento dell’organizzazione Mafia Capitale all’interno dell’amministrazione comunale – aveva sostenuto Tescaroli in dibattimento – soprattutto, in ragione del suo ruolo apicale di sindaco, nel periodo 29 aprile 2008-12 giugno 2013 (e successivamente di consigliere di minoranza in seno al Pdl)”. I suoi “uomini di fiducia – aveva insistito – indagati e alcuni anche condannati in Mafia Capitale, sono stati proiezione della persona di Alemanno, che ha impiegato per la gestione del proprio potere, e si sono interfacciati con gli esponenti apicali di Mafia Capitale, suoi corruttori (Buzzi e Carminati)”.
In che modo? Secondo le accuse pronunciate da Tescaroli durante le 6 ore di requisitoria dell’8 febbraio, Alemanno ha “venduto” la sua funzione anche con l’ausilio “del fidato Franco Panzironi, parimenti corrotto”, al “sodalizio criminale Mafia Capitale” che “è riuscito a ottenere il controllo del territorio istituzionale di Ama spa, società presieduta dal Comune di Roma, incaricata di pubblico servizio, ente aggiudicatore di appalti, target privilegiato dell’organizzazione”. E ancora: Alemanno “ha consentito di porre le strutture del suo ufficio, di Ama Spa e di Eur Spa a disposizione di Buzzi e di Carminati”.
Tra le pene accessorie, il tribunale ha stabilito anche che Alemanno per due anni non potrà contrattare con la pubblica amministrazione e deciso l’interdizione legale per tutta la durata della pena. L’ex sindaco di Roma – al quale sono stati confiscati 298mila euro – dovrà risarcire sia Ama che Roma Capitale ed è stata fissata una provvisionale di 50mila euro sia per la municipalizzata che per il Campidoglio. La sentenza – ha commentato il presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra – “potrà soddisfare tanti e scontentare tanti altri, ma sentenza!” e quindi “ragioniamo insieme su come e quanto la cosa pubblica sia stata in passato asservita a logiche di mafia“.
“Provo dispiacere e amarezza”, ha commentato Marco Marsilio, neo presidente della Regione Abruzzo. “Mi auguro riesca a dimostrare la sua innocenza e totale estraneità alla vicenda”.
I 5 Stelle in Campidoglio vanno all’attacco. “Indipendentemente da quale sarà il risvolto nei successivi gradi di giudizio, questa sentenza accende per l’ennesima volta i riflettori su Mafia Capitale – scrive su Facebook il capogruppo del M5S in Campidoglio Giuliano Pacetti – Già, non dobbiamo dimenticare che la mafia ha distrutto Roma. Voglio ricordarlo, ancora una volta, a chi ci accusa di dare sempre la colpa a quelli che ci hanno preceduto. Per ripristinare la legalità siamo partiti dalle macerie. Tenetelo sempre a mente ogni volta che attaccate questa amministrazione dimenticando quello che abbiamo ereditato. #Alemanno#MafiaCapitale”, conclude.

venerdì 31 marzo 2017

Cuffaro è interdetto dai pubblici uffici ma detta la linea: “Sicilia dia l’esempio: Pd e Forza Italia insieme per battere il M5s”. - Giuseppe Pipitone

Cuffaro è interdetto dai pubblici uffici ma detta la linea: “Sicilia dia l’esempio: Pd e Forza Italia insieme per battere il M5s”

Intervista all'ex governatore condannato per favoreggiamento a Cosa nostra, regista dell'appoggio di Forza Italia a Fabrizio Ferrandelli, candidato sindaco a Palermo. "Se Renzi vince le primarie - dice - i dem a trazione centrista attireranno anche il partito di Berlusconi: dopo le elezioni andranno insieme". Una grande coalizione che verrebbe inaugurata a pochi mesi dalle elezioni politiche, e cioè alle regionali siciliane dove fino a questo momento i grillini sono dati al 37%. "Per questo motivo - dice il governatore - io do il mio contributo".

“Ormai sono una specie di buttana: mi mettete con tutti solo perché così la gente si interessa a cose che in caso contrario neanche leggerebbe”. Salvatore Cuffaro torna a parlare di politica. Cinque anni trascorsi a Rebibbia dopo la condanna definitiva per favoreggiamento a Cosa nostra, la libertà riacquistata da 15 mesi, tre settimane in Burundi a fare il medico volontario e un’interdizione dai pubblici uffici che non gli consente né di votare e neanche di candidarsi. Ma Salvatore Cuffaro non solo parla di politica: a modo suo la fa. Anzi detta la linea: saranno gli altri poi a farla. L’ex governatore della Sicilia ha appena raccontato a Repubblica di essere il vero regista del sostegno di Forza Italia a Fabrizio Ferrandelli, il candidato sindaco di Palermo approdato a Gianfranco Micciché dopo essere stato coi Verdi, con l’Italia dei Valori e con il Pd.
“Io rivendico il mio diritto a portare le mie idee, le mie riflessioni”, spiega Cuffaro, che per la verità all’inizio non è felicissimo della telefonata del fattoquotidiano.it. “Io non ho una grande stima di lei”, è la prima frase pronunciata dall’ex governatore. Il motivo? Non ha gradito un articolo del maggio 2015 su un sequestro all’ex deputato Giuseppe Acanto. “Mi avete attribuito rapporti che io non ho mai avuto in vita mia. Potevate chiamarmi e vi avrei spiegato: ma non fa niente, ero in carcere, non mi potevate chiamare”. Come dire: Totò Cuffaro non ha evidentemente perso neanche una riga di quello che i giornali hanno scritto di lui. E di lui, di Totò Vasa Vasa (bacia bacia, perché – come scrisse Gian Antonio Stella -baciava qualsiasi cosa fosse a portata di smack), i giornali hanno scritto tanto. Anzi tantissimo.”Io, però, sono sempre gentile con tutti: sarò gentile anche con voi”, concede l’ex presidente, prima di cominciare a disegnare uno scenario politico che da Palermo a Roma punta alla costruzione di un nuovo grande partito della Nazione. “È un termine abusato quello di partito della Nazione ma se Matteo Renzi vince le primarie, il Pd acquisirà una trazione moderata“.
Cuffaro, è tornato sulla scena politica da kingmaker occulto?
Io ho il diritto di avere delle mie idee, di fare le mie riflessioni. E ho il diritto di portarle in dote a quell’area dei moderati alla quale ho sempre appartenuto. Non mi candido, non voto (non può farlo, visto che  è interdetto dai pubblici uffici ndr), non faccio il dirigente di partito anche se me l’hanno chiesto in molti. Io non dico che sono stato condannato giustamente: sono stato condannato e stop. Le sentenze si rispettano. Ho pagato e adesso rivendico il diritto di occuparmi di quello che amo: e cioè la Sicilia.
E Renzi che vince le primarie con la Sicilia che c’entra? 
Segua il mio ragionamento. Stiamo andando verso una legge elettorale proporzionale pura: alle elezioni il Pd, Forza Italia e gli altri partiti principali andranno da soli. Casini, Fitto, Alfano, invece, proveranno ad unirsi visto che ci sarà comunque una soglia di sbarramento da superare. Il Pd di Renzi a trazione centrista può attirare – come in alcuni casi già fa –  quest’area di moderati. Ma attirerà anche Forza Italia: dopo le elezioni potrebbero immaginare di governare tranquillamente insieme.
Insomma una grossa coalizione contro i 5 Stelle?
Non è proprio una grossa coalizione, diciamo mezza grossa. Se vince Renzi darà una trazione centrista al suo partito e attirerà questa galassia di moderati che vanno appunto da Alfano a Fitto. A quel punto arriveranno anche gli altri.
Chi?
Berlusconi che lascerebbe isolate le destre e la Lega.
Sì, ma la Sicilia che c’entra? 
La Sicilia potrebbe essere un laboratorio perfetto per questo mio ragionamento perché qui alle regionali  si vota pochi mesi prima delle politiche e i sondaggi danno i grillini al 37%. Per questo motivo porto il mio contributo. Perché queste anime centriste di cui ho parlato trovino un candidato che faccia sintesi.
Nel Pd, per la verità, di centristi suoi ex sostenitori ce ne sono già parecchi.
Certo, l’ho detto io stesso: ci sono tanti miei amici che sono entrati nel Pd renziano. E infatti il mio ragionamento funziona solo se Renzi vince.
E se invece Renzi non vince?
Se vince Andrea Orlando – perché onestamente Michele Emiliano lo vedo più defilato – semplicemente il Pd rimarrà connotato a sinistra e quelli che sono usciti – Bersani e gli altri – torneranno dentro.
A Palermo, però, il Pd appoggia Leoluca Orlando e lo fa senza il suo simbolo.Sulla situazione di Palermo io condivido in toto l’intervista di Repubblica a Emanuele Macaluso. È sorprendente che il più grande partito italiano rinunci alla sua identità e al suo simbolo per allearsi con Leoluca Orlando. Che senso ha? Stanno andando a sinistra, con la sinistra estrema. La chiamo estrema per farmi capire, non voglio offendere nessuno, sono persone perbene anche loro, per carità.
Stanno andando a sinistra, ma si sono fusi con Angelino Alfano.
Io capisco il ragionamento che il Pd fa con il Nuovo Centrodestra o Alternativa Popolare, come si chiama adesso: l’alleanza l’hanno fatta a Roma e la fanno anche a Palermo. Alfano io l’ho visto crescere. Ma Renzi non è di sinistra, è nato democristiano. Era il segretario dei giovani democristiani quando c’ero io: che Alfano e Renzi abbiano stretto un’alleanza da giovani nati con la Dc lo capisco. Non capisco cosa c’entrino con Rifondazione e Sel. Secondo me non lo capiscono neanche loro, quelli della sinistra, che ci fanno con Alfano.
Grazie alla sua mediazione a Palermo Forza Italia appoggerà Ferrandelli ufficialmente, con il suo simbolo: perché lo ha fatto? Perché si è mosso per Ferrandelli?
Perché secondo me Ferrandelli è in condizioni di riorganizzare le speranze in una città sfiduciata come Palermo. Io giro per Palermo e dovunque vada mi parlano di Fabrizio. Fabrizio di qua, Fabrizio di là. Porta entusiasmo, mi ricorda me vent’anni fa.
Quando lei era al potere Ferrandelli era un anti cuffariano di ferro, però.
È giusto che lo sia stato, perché il suo partito era alla mia opposizione. Ma la politica è un movimento che cambia e si aggiorna continuamente. Basta vedere le dichiarazioni del leader del Pd palermitano, Antonello Cracolici, che fino a tre mesi fa era il più accanito oppositore di Orlando. L’ultima volta che il Pd è stato con Orlando è sparito dalla scena politica palermitana: era il ’90 e prese il 2 o il 3%, andate a controllare i dati.
Ha parlato di destra, sinistra, centro: la grande novità rispetto a quando lei era al potere, però, sono i 5 Stelle.Io credo che nel Movimento 5 Stelle ci siano tantissime persone perbene, motivati e forse incazzati per come è andata la politica degli ultimi anni. Vanno guardati con attenzione: quando un voto di protesta prende il 10 % è accettabile. Ma un voto di protesta che arriva al 37 % deve confrontarsi e diventare qualcosa di più. Io aspetto di vedere cosa succederà con questo grande consenso che hanno in Sicilia. È chiaro che se la mala politica fosse stata invece una politica un po’ meno mala e un po’ più buona, il voto di protesta sarebbe stato ridotto.
Lei ha fatto il governatore della Sicilia per 8 anni, l’unico rieletto da quando si vota direttamente per il presidente. Di quella mala politica che poteva essere un po’ più buona avrà qualche responsabilità anche lei o no?
Assolutamente sì, ho sbagliato tante cose. Anzi tantissime cose. Io ho fatto tanti errori ma ho fatto anche tante cose buone che voi magari non avete voglia di raccontare. In politica solo chi non fa non sbaglia. Questa è una frase che Alfieri mette in bocca a Saul nella sua tragedia.
Né Saul e né Alfieri, però, erano governatori della Sicilia.
Io preferisco aver fatto tante cose e quindi tanti errori invece di essere come Crocetta che forse ha fatto meno errori ma non ha fatto niente.
Che fine ha fatto Cosa nostra?
È  la cosa più schifosa che c’è in Sicilia. La mafia fa schifo, e si ricordi che il copyright su questa frase è mio. Ecco tra gli errori che ho fatto c’è sicuramente quello di non aver creato abbastanza occupazione. Se avessi creato più posti di lavoro tanti poveri cristi non si sarebbero fatti coinvolgere dall’illegalità pur di poter mangiare.
Lei, però, è condannato per favoreggiamento a Cosa nostra.
Io ammetto di avere fatto degli sbagli: c’era anche chi non dovevo incontrare tra le migliaia e migliaia di persone che ho incrociato, ho salutato e forse ho baciato. Anzi sicuramente baciato. Ma siamo in Sicilia e queste persone non ce l’avevano scritto sul collo chi erano. Io contro la mafia sono andato a sbattere: è come quando si guida una macchina. Uno fa una curva più veloce di un’altra, si distrae un attimo e va a sbattere.
Ha sbattuto con Michele Aiello, uno dei prestanome di Bernardo Provenzano. Lo incontrerebbe ancora nel retrobottega di un negozio di scarpe?
Non è che lo incontravo solo io Aiello: lo incontravano in tanti, magistrati, paladini dell’antimafia. Però se lo incontravo io era reato mentre se lo incontravano i paladini dell’antimafia non era reato. Ancora oggi mi domando: perché? Io comunque ho pagato. E adesso voglio dare il mio contributo.