"Avevo annunciato che l’Italia si sarebbe mossa con rapidità per ridurre la dipendenza dal gas russo. Gli accordi di oggi sono una risposta significativa a questo obiettivo strategico, ne seguiranno altre", ha spiegato il presidente del Consiglio. L'intesa aiuta ma non è risolutiva. Il Paese oggi è il secondo fornitore dell'Italia con circa 21 miliardi di metri cubi di gas l'anno.
La missione di Mario Draghi e Luigi Di Maio ad Algeri finisce con la firma di una “dichiarazione d’intenti sulla cooperazione bilaterale nel settore dell’energia” ma soprattutto, ed è quel che più conta, di un accordo tra Eni e la compagnia statale algerina Sonatrach per aumentare le esportazioni di gas verso l’Italia. Il Paese, che oggi è il secondo fornitore dell’Italia dietro la Russia con circa 21 miliardi di metri cubi venduti ogni anno, ne fornirà “gradualmente” attraverso il gasdotto TransMed che approda a Mazara del Vallo una quantità maggiore, fino ad arrivare a 9 miliardi in più nel 2023-24. L’obiettivo del viaggio del premier e del ministro degli Esteri era liberarsi, il più rapidamente possibile, dal gas di Mosca smettendo così di finanziare indirettamente l’invasione dell’Ucraina decisa da Vladimir Putin. E mettere in sicurezza le forniture, per non trovarsi spiazzati – e costretti a razionamenti – il prossimo inverno. L’intesa da questo punto di vista aiuta ma non è risolutiva, visto che l’incremento non sarà immediato.
“Aumentare le forniture richiede tempo”, aveva spiegato a Ilfattoquotidiano.it Nicola Pedde, direttore di Institute for Global Studies, lo scorso 24 marzo sottolineando che realisticamente Algeri potrebbe aumentare il gas inviato in Italia di 2-3 miliardi di metri cubi nel giro di poco tempo e di altri 4-5 miliardi nel giro di 5 anni. In ogni caso non una soluzione miracolosa non immediata né sufficiente per colmare un’ipotetica interruzione dei flussi russi. Il viaggio ad Algeri è comunque il primo di una serie nell’agenda del premier delle prossime settimane, per accelerare al massimo la diversificazione delle fonti di approvvigionamento: dopo Pasqua potrebbe essere la volta del Congo, seguito da Angola e Mozambico. Paesi con cui l’Italia intende “rafforzare la cooperazione energetica” come ha ribadito Di Maio, che ha già fatto tappa anche in Qatar e Azerbaijan per preparare il terreno di nuove intese. “Subito dopo l’invasione dell’Ucraina, avevo annunciato che l’Italia si sarebbe mossa con rapidità per ridurre la dipendenza dal gas russo. Gli accordi di oggi sono una risposta significativa a questo obiettivo strategico, ne seguiranno altre“, ha commentato non a caso il presidente del Consiglio aggiungendo che “il governo vuole difendere i cittadini e le imprese dalle conseguenze del conflitto“.
Presentando il piano strategico di Eni, l’ad Claudio Descalzi aveva calcolato in 9-11 miliardi di metri cubi le forniture aggiuntive che potrebbero arrivare da Algeria e Libia già entro il prossimo inverno. In media, come ha ricordato più volte il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani – in delegazione ad Algeri con il premier e Di Maio – importiamo dalla Russia circa 29 miliardi di metri cubi di gas che potrebbero essere ridotti velocemente di circa un terzo grazie alla collaborazione tra Eni e l’algerina Sonatrach. L’intesa tra le due società passerà anche per investimenti nelle infrastrutture, per potenziare l’estrazione nei giacimenti attivi e per accelerare lo sviluppo dei nuovi progetti, come quello annunciato a marzo nell’area Berkine Sud per olio e gas.
Va inoltre considerato che, al di là delle pressioni di Mosca sull’Algeria, l’intesa – come aveva spiegato Pedde – è appesa anche alla “instabilità interna” del Paese. “C’è una grave frattura tra la classe dirigente, ancora espressione di quella andata al potere nel 1962 e il resto della società che rischia di rendere molto inverta la situazione dei prossimi anni – afferma il direttore dell’Institute for Global Studies – I paesi Ue, che nel Mediterraneo pianificano molto ma fanno poco in concreto, dovrebbero intervenire per puntellare economicamente questi Paesi e cercare di stabilizzarli. In questo momento, un’altra crisi non saremmo davvero in grado di gestirla.