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lunedì 9 agosto 2021

Lauree «inutili» e stipendi bassi? Ecco i titoli più richiesti entro il 2025. - Francesca Barbieri


Illustrazione di Andrea Marson/Il Sole 24 Ore

In Germania guadagnano quasi il doppio e in Svizzera addirittura 2,5 volte in più. In Belgio e Olanda sono a +50%, in Francia a +25%, in Gran Bretagna a +16 per cento.

Nella classifica europea degli stipendi per i giovani neolaureati l’Italia è ancora una volta nelle ultime posizioni: 28mila euro annui lordi rispetto agli oltre 32mila degli inglesi, ai 35mila dei francesi, ai 50mila dei tedeschi e ai quasi 80mila degli svizzeri.
Sarà per questo che in otto anni - registra la Corte dei conti - c’è stato un aumento del 41,8% dei trasferimenti per lavoro?

Barriere all’ingresso e lauree deboli.

Un fenomeno - sottolinea l’analisi della Corte dei conti - riconducibile sia alle persistenti difficoltà di entrata nel mercato del lavoro sia al fatto che il possesso della laurea non offre, come invece avviene in area Ocse, possibilità d’impiego maggiori rispetto a quelle di chi ha un livello di istruzione inferiore (solo il 68% dei laureati italiani ha un lavoro contro la media Ocse del’'85%).

In generale nel nostro paese il tasso di occupazione dei giovani è di molto inferiore alla media europea (16,8% tra gli under 25, quasi la metà rispetto al 32,1% dell’area euro) ed è alto il numero di Neet, oltre 3 milioni di under 35 che non studiano e non lavorano.E così in tanti, soprattutto tra i laureati, cercano fortuna all’estero.

«Il “paradosso italiano” – commenta Federica Meluzzi, dottoranda in economia all’Istituto Politecnico di Parigi – è che il rendimento del titolo universitario risulti basso nonostante l’offerta di lavoro molto qualificato sia tra le più scarse tra i paesi Ocse, come dimostrano le statistiche sul numero dei laureati. L’incapacità del sistema di assorbire e valorizzare le competenze acquisite durante gli studi universitari è sintomatica di problemi strutturali della nostra economia: da un lato, una struttura produttiva concentrata in settori a basso valore aggiunto, dall’altro una classe imprenditoriale poco qualificata, se si pensa che il 38% dei titolari delle micro e piccole imprese ha la licenza media e solo il 15% ha una laurea».

Le competenze chiamano competenze

“Skills beget skills” (le competenze chiamano competenze): «Le imprese guidate da un imprenditore o da un manager laureato - sottolinea Meluzzi - dimostrano una maggiore propensione all’assunzione di personale altamente qualificato, innovano di più e sono più produttive. Ed è questo equilibrio low-skill che è fondamentale rompere per creare opportunità e migliori condizioni per la forza lavoro più qualificata e al tempo stesso rilanciare la produttività».

Spiragli per il futuro.

Secondo un’elaborazione della società di consulenza Mercer si registra però un leggero trend di crescita almeno nelle buste paga: il salario iniziale dei neolaureati nel 2016 era 26.500 euro quindi in 5 anni è cresciuto del 6% circa (nel 2020 è di 28.000 euro), ma non per tutti. «Si sono abbassati da 27mila euro a 26mila euro i livelli d’ingresso per la laurea triennale - evidenziano da Mercer -, per la magistrale si è passati da 28mila a 28.459 euro, e per i master da 28mila a 31.500 euro». E il tasso di disoccupazione giovanile è in leggero calo (-0,2%) ad aprile 2021 attestandosi al 33,7%.

«Osservando l’andamento dei dati nel nostro storico - dichiara Mariagrazia Galliani, responsabile Mobility&Data di Mercer Italia - possiamo notare che la tendenza in Italia è di riconoscere maggiormente il ruolo dei giovani che si affacciano nel mondo del lavoro, mettendo a disposizione politiche di total reward che non solo puntino a elementi tangibili, ma che siano anche collegate a elementi di natura valoriale e che generino un senso di orgoglio e appartenenza rispetto al brand».

LAUREATI IN INGRESSO SUL MERCATO DEL LAVORO ITALIANO PER INDIRIZZO

Valori medi annui, 2021-2025 (*Comprende scienze motorie. Fonte: Unioncamere - Anpal)

LAUREATI IN INGRESSO SUL MERCATO DEL LAVORO ITALIANO PER INDIRIZZO

Superare il gap di formazione: il caso Generali.

La compagnia assicurativa Generali, ad esempio, ha condotto un’iniziativa di skill assessment globale durante il 2020 per comprendere l’effettiva preparazione dei propri dipendenti rispetto ad alcune skill fondamentali, definendo priorità e target per poi assegnare obiettivi di formazione per superare il gap tra bisogni e competenze effettive. L’iniziativa ha consentito a Generali Group di misurare oltre 45.000 livelli di professionalità nel mondo e ha potuto generare un enorme quantità di dati per meglio indirizzare i progetti formativi. Inoltre ha consentito di risparmiare il 30% del tempo che veniva prima utilizzato per training non efficaci, come per esempio corsi di formazione rivolti a lavoratori già con competenze in quell'ambito.

Il ”treno” Recovery fund.

Del resto, la formazione (non solo per i giovani) diventa la leva strategica per rilanciare il lavoro nei prossimi anni: le possibilità arrivano dal tesoretto di 30 miliardi previsti dal Pnrr al capitolo Education. Formazione chiave di volta per ripartire anche per il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco: «In Italia oltre 3 milioni di giovani tra i 15 e 34 anni non sono occupati, né impegnati nel percorso di istruzione o inattività formative - ha detto nelle considerazioni finali di lunedì 31 maggio - ; si tratta di quasi un quarto del totale, la quota più elevata tra i paesi dell’Unione europea. Se ne deve tener conto nel ridefinire le priorità per lo sviluppo economico e sociale e nel dirigere l’impegno verso la costruzione di un’economia davvero basata sulla conoscenza, il principale strumento a disposizione di un paese avanzato per consolidare e accrescere i livelli di benessere».

Quali lauree offrono più lavoro?

Allargando l’orizzonte al 2025 le previsioni di Unioncamere e Anpal evidenziano - nell’arco di 5 anni - una richiesta di 1,2 milioni di laureati da parte delle aziende italiane: per il 61-62% da inserire nel settore privato (dipendenti e indipendenti) e per il 38-39% in quello pubblico.

Economia, sanità e ingegneria al top.

In valore assoluto la richiesta riguarderà soprattutto dottori in economia o statistica, con una domanda compresa tra 36mila e 40mila unità l’anno (di cui 35.000-38.500 dell'indirizzo economico e oltre 1.300 di quello statistico).

Seguono i laureati dell’area giuridico e politico-sociale, per cui si prevede una richiesta di oltre 39mila unità all’anno (di cui 23.100 per giurisprudenza e 16.300 per l’indirizzo politico-sociale).

E poi spicca l’indirizzo medico-sanitario, dove serviranno tra 33-35mila laureati in media annua, ma anche le specializzazioni di ingegneria, con una domanda compresa tra 31-35mila unità, insegnamento e formazione (comprese scienze motorie) per cui si stima che saranno necessari circa 25mila laureati l’anno.

Skill mismatch.

Ma a fronte di 1,2 milioni di richieste delle aziende, sul mercato del lavoro faranno il proprio debutto 966mila laureati. Tra i più numerosi quelli ad indirizzo economico (oltre 30mila unità nella media dei cinque anni), poi gli ingegneri (circa 24mila all’anno), medici-sanitari e paramedici (circa 23mila unità annue) e laureati dell’indirizzo politico-sociale (20mila all’anno).

Tra gli indirizzi di ingegneria - evidenzia lo studio Anpal / Unioncamere - quello ampiamente prevalente è ingegneria industriale (11mila laureati all’anno).

Dove si concentra il gap maggiore? «Medico-sanitario, scientifico-matematico-fisico, ingegneria e architettura» si legge nel report sono gli indirizzi dove la richiesta supera la disponibilità di candidati con le competenze adeguate.

Per il settore medico-sanitario - per il quale si stima una carenza di offerta di 11-13mila laureati all’anno - il mismatch è evidentemente «il riflesso della crescente domanda di competenze sanitarie e di assistenza connesse all’invecchiamento della popolazione e all’adeguamento dei sistemi sanitari post-pandemia - evidenziano da Unioncamere -, anche in un’ottica di maggiore prevenzione e presidio territoriale».

Profili introvabili.

La forte richiesta di competenze nell’indirizzo scientifico-matematico-fisico (che comprende l’informatica), per il quale saranno richiesti oltre 8mila laureati all’anno, a fronte di un’offerta di 5mila unità in ingresso nel mercato, è la conseguenza dell’accelerazione dei processi di digitalizzazione e di automazione indotti anche dalla pandemia.

«Con buona probabilità - si legge nello studio - ciò influisce positivamente anche sui fabbisogni di laureati in ingegneria, per i quali tuttavia si riscontrano differenze rilevanti a seconda dei singoli indirizzi di ingegneria esaminati. Per architettura la domanda (compresa tra 13.000-13.400 laureati all’anno, con un'offerta di 6.200 neolaureati) appare legata soprattutto alla componente dei lavoratori indipendenti».

Per alcuni indirizzi si delinea invece un tendenziale eccesso di offerta: linguistico, chimico-farmaceutico, geo-biologico, agro-alimentare.

Per questi ultimi si ripropone quindi il fondamentale tema dell’orientamento e dei relativi servizi di supporto, tra cui una corretta informazione sugli effettivi sbocchi lavorativi che possono essere ragionevolmente previsti al momento di scegliere il corso di studi da intraprendere.

I 5 settori che pagano di più i giovani.

Secondo Page group - società specializzata in indagini retributive - sono 5 i settori offrono migliori stipendi d’ingresso per i giovani: information tecnolonogy, engineering, healthcare, finanza e tax & legal.

«In ambito It - spiegano da Page Group - un data scientist può arrivare a 40mila euro annui, software e web developer a 35mila euro, mentre in ambito finanziario un jounior financial controller può partire da 27mila euro e un junion internal auditor da 25mila».

Nel campo Engineer gli stipendi migliori per i giovani - secondo Page group - riguardano gli ingegneri di progetto (40mila euro) e gli application engineer (30mila euro). Nell’healthcare un clinical project manager può arrivare a 35mila euro l’anno e un esperto sul controllo qualità parte da 27mila euro. Nel Tax&legal infine un avvocato neoabilitato parte da 25mila euro lordi anni e un tax specialist da 30mila.

«Al netto dei ruoli che richiedono un percorso di studi specifico, nella ricerca dei candidati è in costante crescita l'importanza delle soft skill e delle attitudini caratteriali come l'intelligenza emotiva - conclude Pamela Bonavita, Senior Executive Director, della società di consulenza Hr PageGroup - che consente di adattarsi a contesti mutevoli e alla complessità moderna.Non esistono lauree “sbagliate” o ”inutili”: la regola d’oro per i giovani che si trovano a dover scegliere la propria facoltà universitaria è di optate per i percorsi che più li appassionano e gratificano, senza dimenticare di sviluppare le competenze digitali e le soft skill, tutti ingredienti fondamentali per una carriera di successo».

ILSole24Ore