Secondo il sondaggio Pagnoncelli-Corriere, il 57% degli italiani pensano che la prescrizione sia una scappatoia per i colpevoli e il 59% di chi conosce la legge Bonafede e la condivide. Buon segno: nemmeno questi partiti infami e questa “informazione” degna di loro sono riusciti a mettere l’anello al naso alla gente. Ora qualcuno dovrebbe domandarsi come sia possibile che, di una legge che domina giornali, tg e talk da mesi, solo il 5% sappia tutto e un altro 40% qualcosa. Il motivo è semplice: se ne dicono e sentono di tutti i colori, senza che arrivi mai un esperto a zittire tutti e a dire come stanno le cose. Infatti i primi a non sapere nulla sono i media: molti descrivono il “lodo Conte bis” all’incontrario: cioè come una norma che svuota la Bonafede bloccando la prescrizione non più dopo la sentenza di primo grado, ma dopo quella d’appello se c’è doppia condanna. Una cosa inutile, visto che in Cassazione si prescrivono solo 600 dei 130 mila processi morti ogni anno. Per fortuna è una balla.
1. Indagini e primo grado. Non cambia nulla: se la prescrizione scatta prima della sentenza di primo grado, il processo muore lì. Le cose cambiano dopo la sentenza di primo grado.
2. Primo grado, condanna. Se il pm e/o la difesa impugnano, si va in appello. E la prescrizione è abolita fino alla sentenza definitiva, salvo che in appello arrivi l’assoluzione (vedi punto 5).
3. Primo grado, assoluzione. Se il pm impugna, si va in appello. E la prescrizione continua a correre, ma con 2 anni in più di sospensione rispetto ai termini attuali: quanto basta per celebrare gli altri due gradi, anche con i tempi medi odierni. Ma bisogna sbrigarsi, dunque nessun rischio di “processi eterni” per gli assolti in tribunale.
4. Appello, condanna. Se il pm e/o la difesa ricorrono, si va in Cassazione. La prescrizione si blocca sine die fino alla sentenza di terzo grado (conferma della condanna d’appello, annullamento senza rinvio, annullamento con rinvio a nuovo appello).
5. Appello, assoluzione. È la novità del lodo Conte-bis. Se il Pg ricorre (caso rarissimo: riguarda il 2-3% delle assoluzioni), si va in Cassazione. E si recupera la prescrizione “persa” in appello, come se non fosse mai stata bloccata dopo la prima sentenza: termini ordinari, più i 2 anni di sospensione in appello, più 1 altro anno previsto per il giudizio di Cassazione. Anche qui, pochi rischi che il processo si prescriva in vista del traguardo o che duri in eterno.
Ora chi strilla sugli “imputati a vita” cambi musica e dica finalmente la verità: cioè che non voleva processi più brevi, ma più processi morti.