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giovedì 3 dicembre 2020

Chi ha davvero paura della patrimoniale. - Salvatore Cannavò

 

Qual è il “ceto medio”. Dibattito e isterie. La proposta è approssimativa, ma la destra mente sui dati. Solo il 10% delle famiglie supera i 500 mila euro (ma ha il 44% di beni e denaro).

Che paura che fa la patrimoniale. Basta solo accennarne l’introduzione che in Italia scatta una reazione isterica, prevalentemente a destra, ma non solo, da far impallidire i camionisti cileni che diedero il via all’affossamento di Salvador Allende.

La proposta avanzata da LeU con qualche improbabile compagno di strada democratico (vedi Matteo Orfini, che da presidente del Pd avallò il Jobs Act) non ha certo brillato per fattibilità, come ha già argomentato su queste pagine Antonio Padellaro. Non a caso quell’emendamento alla legge di Bilancio è stato giudicato ieri “inammissibile” dalla commissione Bilancio della Camera per “carenza o inidoneità della compensazione”, cioè per mancanza di coperture.

Qui viene a galla il primo paradosso. L’inammissibilità, infatti, dipende da ragioni opposte a quelle per cui il provvedimento è stato duramente attaccato. A fronte di un prelievo sul patrimonio, infatti, l’emendamento prevedeva anche l’abolizione dell’Imu sulle persone fisiche (oggi esistente solo sulle seconde case) e dell’imposta di bollo sui conti correnti bancari e deposito titoli.

L’abolizione provocherebbe un mancato gettito di circa 19 miliardi da compensare con la “patrimoniale” che è stata pensata così: un’imposta sui grandi patrimoni superiori a 500 mila euro comprensivi di attività mobiliari e immobiliari al netto delle passività finanziarie, con un’aliquota base dello 0,2% che sale allo 0,5% oltre 1 milione di euro e fino a 5 milioni di euro e poi sale ancora all’1% sopra i 5 milioni e al 2% sopra i 50 milioni. Per la commissione Bilancio, però, la compensazione non è chiara e quindi l’emendamento non è stato accolto.

Nicola Fratoianni, mostrandosi sorpreso e minacciando ricorsi, dice al Fatto che secondo i calcoli di Sinistra italiana il saldo netto positivo della misura sarebbe di 10 miliardi, “ma in Italia manca una valutazione del patrimonio e quindi è difficile fare valutazioni esatte”.

Lasciando da parte l’improvvisazione con cui l’iniziativa è stata presa, quello che colpisce è il furore con cui la destra italiana e quel manipolo di “liberisti de noantri” che popola le pagine dei principali giornali ha reagito al grido di “giù le mani dai nostri portafogli”. Tra i più esagitati, Alessandro De Nicola, presidente dell’Adam Smith society e Nicola Porro, vicedirettore del Giornale e uomo-Mediaset.

Gli attacchi vengono portati senza alcuna attinenza ai numeri reali e con la reale condizione delle famiglie italiane preferendo urlare a un generico “assalto criminale” al bene supremo degli italiani, la casa. Qui, però, si fa sempre finta di non sapere che le imposte si pagano sui valori catastali e non sul valore commerciale, che è di circa tre volte il valore di riferimento per l’imposta. Ne troviamo conferma sia in uno studio della Cisl che nelle stime di Salvatore Morelli, Research Assistant Professor presso il Graduate Center della City University of New York.

Quando si pensa a un valore immobiliare di 500 mila euro occorre pensare a un bene che sul mercato vale circa 1,5 milioni, una piccola reggia se non è collocato di fronte al Duomo di Milano. Ma non è neanche questo a inquinare il dibattito. Il vero problema è la concentrazione della ricchezza in Italia dimostrata da tutti gli studi da qualunque parte provengano. I numeri di Banca d’Italia parlano chiaro. Solo il 10% più ricco delle famiglie italiane ha un patrimonio complessivo, finanziario e non, superiore ai 500 mila euro, anzi, stando ai dati riferiti al 2016, gli ultimi disponibili, ai 462 mila euro.

Questo decile della popolazione, come si vede nella tabella, detiene il 44% della ricchezza complessiva stimata, al lordo delle passività finanziarie, in 9.742 miliardi di euro. Significa che il 10% delle famiglie detiene circa 4.286 miliardi di euro della ricchezza complessiva. Quella detenuta dal 30% più povero delle famiglie è appena l’1% di quella complessiva, e come sottolinea la Banca d’Italia, “tre quarti di queste famiglie sono anche a rischio di povertà. Il 30% più ricco delle famiglie, invece, detiene circa il 75% del patrimonio complessivo, con una ricchezza netta media pari a 510 mila euro, il doppio della ricchezza media delle famiglie pari a 206 mila euro.

“Tra il 2014 e il 2016 la ricchezza netta media è diminuita del 5%”, ricorda ancora Banca d’Italia mentre uno studio di Morelli e di Paolo Acciari, dirigente del Mef, mostra come dal 1995 al 2014 la ricchezza dell’1% più ricco della popolazione sia passata dal 17 al 27% della ricchezza netta complessiva.

Altro che “ceto medio” in lacrime di fronte alla patrimoniale, qui c’è un nucleo molto ristretto di super-ricchi – spesso evasori fiscali, beneficiari di paradisi intra ed extra-europei, meri beneficiari di eredità – che monopolizza il patrimonio nazionale.

Per questo la discussione sulla tassazione dei patrimoni non è un tabù e infatti è entrata nel dibattito spagnolo, grazie a Podemos, con un’imposta del 2% sulle attività nette superiori a 1 milione di euro, per poi salire progressivamente. Anche in Francia, benché a governare ci sia il liberista Emmanuel Macron, l’imposta sulla fortuna (Isf) non è stata eliminata del tutto lasciando in vigore quella sui patrimoni immobiliari con aliquote progressive a partire da 1,3 milioni.

L’economista Thomas Piketty nel suo recente Capitale e ideologia mostra come la quota di reddito a disposizione del 10% di popolazione più ricca (di Usa, Europa, Cina, India e Russia) sia passata dal 25-35% del 1980 al 35-55% del 2018. E ispirandosi alla “giustizia” di John Rawls propone una robusta tassazione patrimoniale per finanziare una “dotazione di capitale” ai giovani di 25 anni dall’importo di 120 mila euro.

Una idea simile rilancia il Forum Diseguaglianze e Diversità coordinato da Fabrizio Barca, che ha lanciato l’ipotesi di offrire ai giovani di 18 anni una “eredità universale” di 15 mila euro al compimento della maggiore età da prelevare proprio con una imposizione sulla successione. Figurarsi dopo il napalm berlusconiano cosa succederebbe se si discutesse di nuovo di tassa di successione. Eppure, ai “liberisti de noantri” non farebbe male rileggere Alexis de Tocqueville: “Mi stupisco – scriveva ne La democrazia in America – che gli scrittori politici non abbiano attribuito alle leggi sulle successioni una maggiore influenza sulle cose umane: dovrebbero essere messe in testa a tutte le istituzioni politiche”. Già.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/03/chi-ha-davvero-paura-della-patrimoniale/6024836/