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venerdì 2 febbraio 2024

Trovati fossili di eucarioti di 1,6 miliardi di anni. - Arianna Guastella

I ricercatori hanno scoperto i più antichi fossili eucariotici (o eucarioti) multicellulari, datati 1,63 miliardi di anni, nel nord della Cina, rivelando le prime forme di vita complesse e suggerendo una precedente emergenza della multicellularità.

I fossili multicellulari provengono dalla formazione Chuanlinggou del tardo Paleoproterozoico. Credito: Lanyun Miao

In uno studio, i ricercatori guidati dal Prof. Maoyan Zhu dell’Istituto di geologia e paleontologia di Nanchino dell’Accademia cinese delle scienze, hanno riferito la loro recente scoperta di fossili multicellulari risalenti a 1,63 miliardi di anni fa provenienti dalla Cina settentrionale.

Questi microfossili squisitamente conservati sono attualmente considerati la più antica documentazione di eucarioti multicellulari. Questo studio rappresenta un altro passo avanti dopo la precedente scoperta da parte dei ricercatori di fossili eucariotici di dimensioni decimetriche nell’area di Yanshan, nel nord della Cina, e respinge l’emergere della multicellularità negli eucarioti di circa 70 milioni di anni.

Tutta la vita complessa sulla Terra, compresi diversi animali, piante terrestri, funghi macroscopici e alghe marine, sono eucarioti multicellulari. La multicellularità è fondamentale affinché gli eucarioti acquisiscano complessità organismica e grandi dimensioni, ed è spesso considerata come una transizione importante nella storia della vita sulla Terra. Tuttavia, gli scienziati non sono sicuri di quando gli eucarioti abbiano sviluppato questa innovazione.

I reperti fossili che offrono prove convincenti hanno mostrato che gli eucarioti con multicellularità semplice, come alghe rosse e verdi e presunti funghi, apparvero già 1,05 miliardi di anni fa

I fossili multicellulari risalgono al tardo Paleoproterozoico.

“I fossili multicellulari appena scoperti provengono dalla formazione Chuanlinggou del tardo Paleoproterozoico, che ha circa 1.635 milioni di anni. Sono filamenti non ramificati e uniseriati composti da due a più di 20 grandi cellule cilindriche o a forma di botte con diametri di 20–194 μm e lunghezze incomplete fino a 860 μm. Questi filamenti mostrano un certo grado di complessità in base alla loro variazione morfologica”, ha affermato Lanyun Miao, uno dei ricercatori.

I filamenti sono costanti, oppure rastremati per tutta la loro lunghezza o rastremati solo ad un’estremità. Le analisi morfometriche hanno dimostrato la loro continuità morfologica, suggerendo che rappresentano una singola specie biologica piuttosto che specie distinte. I fossili sono stati chiamati Qingshania magnifica, una forma taxon con morfologia e dimensioni simili, e sono stati descritti come provenienti dalla Formazione Chuanlinggou.

Una caratteristica particolarmente importante della Qingshania è la struttura intracellulare rotonda (diametro 15–20 μm) in alcune cellule. Queste strutture sono paragonabili alle spore asessuali conosciute in molte alghe eucariotiche, indicando che Qingshania probabilmente si riproduceva tramite spore.

Caratteristiche distintive degli eucarioti.

Nella vita moderna, i filamenti uniseriati sono comuni sia nei procarioti (batteri e archaea) che negli eucarioti. La combinazione di grandi dimensioni cellulari, ampia gamma di diametri dei filamenti, variazione morfologica e spore intracellulari ha dimostrato l’affinità eucariotica di Qingshania, poiché nessun procarioto conosciuto è così complesso. I procarioti filamentosi sono generalmente molto piccoli, circa 1–3 μm di diametro, e sono distribuiti in più di 147 generi di 12 phyla. Alcuni cianobatteri e solfobatteri possono raggiungere grandi dimensioni, fino a 200 μm di spessore, ma questi grandi procarioti sono molto semplici nella morfologia, con cellule a forma di disco, e non si riproducono tramite spore.

I migliori analoghi moderni sono alcune alghe verdi, sebbene i filamenti siano presenti anche in altri gruppi di alghe eucariotiche (ad esempio alghe rosse, alghe brune, alghe gialle, cariofite, ecc.), nonché nei funghi e negli oomiceti.

“Questo indica che Qingshania molto probabilmente era un’alga fotosintetica, probabilmente appartenente al gruppo staminale estinto degli Archaeplastidi (un gruppo importante costituito da alghe rosse, alghe verdi e piante terrestri, nonché glaucofite), sebbene la sua esatta affinità non sia ancora chiara” ha spiegato Miao.

Fossile di alga eucariotica

I fossili eucariotici più antichi.

I ricercatori hanno condotto un’indagine spettroscopica Raman per testare l’affinità eucariotica di Qingshania dal punto di vista della composizione chimica, utilizzando tre taxa di cianobatteri per il confronto. Gli spettri Raman hanno rivelato due ampi picchi caratteristici della materia carboniosa disordinata. Inoltre, le temperature di sepoltura stimate utilizzando i parametri Raman variavano da 205 a 250 °C, indicando un basso grado di metamorfismo. L’analisi delle componenti principali degli spettri Raman ha classificato Qingshania e i taxa di cianobatteri in due cluster distinti, indicando che la materia carboniosa di Qingshania è diversa da quella dei fossili di cianobatteri, supportando ulteriormente l’affinità eucariotica di Qingshania. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Science Advances.

Attualmente, i fossili eucariotici più antichi e inequivocabili sono forme unicellulari provenienti dai sedimenti del tardo Paleoproterozoico (~ 1,65 miliardi di anni fa) nella Cina settentrionale e nell’Australia settentrionale. Qingshania è apparso  solo leggermente più tardi di queste forme unicellulari, indicando che gli eucarioti acquisirono la multicellularità semplice molto presto nella loro storia evolutiva.

Le alghe eucariotiche (Archaeplastidi) sono sorte dopo l’ultimo antenato comune eucariotico (LECA), la scoperta di Qingshania, se veramente di natura algale, supporta ulteriormente la comparsa precoce di LECA nel tardo Paleoproterozoico, il che è coerente con molti studi sull’orologio molecolare, piuttosto che nel tardo Mesoproterozoico di circa 1 miliardo di anni fa.

https://reccom.org/trovati-fossili-eucariotici-di-16-miliardi-di-anni/

domenica 2 luglio 2023

In Gabon Il reattore nucleare vecchio due miliardi di anni.

 

Il reattore nucleare vecchio due miliardi di anni

Lo chiamavano il ‘mostro atomico‘. In tutto il pianeta non è mai esistito un generatore di energia così grande e così efficiente: pareti ad angolo inclinato, isolamento per i residui nucleari e il miglior sistema di raffreddamento che l’ingegneria abbia mai potuto sviluppare. Ma questo reattore nucleare è vecchio di due miliardi di anni.

Il reattore nucleare della Repubblica del Gabon ha una struttura talmente ben progettata che avrebbe potuto funzionare per sempre. C’è chi dice che sia appartenuto a un’antica civiltà super avanzata, citando la suggestiva teoria che vede la storia umana come un susseguirsi di estinzioni di massa e ritorno della civiltà. Dopo il periodo della ‘grande distruzione’, molte civiltà successive avrebbero provato ad approfittare dei resti del ‘mostro’, per ritornare ai tempi di gloria.

Nel corso degli anni, la struttura del reattore originale potrebbe essere divenuta troppo traballante e il sistema di riciclaggio dell’uranio potrebbe aver smesso di funzionare. Alla fine, con il passare dei millenni, le pareti e i canali di raffreddamento, arrugginiti, avrebbero finito per confondersi con la montagna che un tempo li aveva ospitati. Miliardi di anni dopo, l’unico resto di quel possibile sito ‘tecnologico’ era l’uranio impoverito: il resto del reattore era irriconoscibile.

Questo scenario fittizio potrebbe non esser molto lontano da quello reale, se teniamo in considerazione che per molti scienziati l’esistenza del ‘reattore nucleare del Gabon’ ‒ un gigantesco deposito di uranio scoperto in Africa nei primi anni 70 ‒ è un fenomeno che non si sarebbe mai potuto verificare naturalmente. Con un’età approssimativa di due miliardi di anni, le miniere di Oklo, nella Repubblica del Gabon, sono state scoperte quando i tecnici di una società francese si sono accorti che l’uranio del luogo era già stato estratto e utilizzato.

Dopo aver analizzato i campioni della miniera, i tecnici della Centrale Nucleare di Tricastin si sono resi conto che il minerale non poteva essere utilizzato a fini industriali. Sospettando una possibile frode da parte della società che lo esportava, i responsabili della centrale di Tricastin hanno deciso di indagare sul motivo per cui, mentre i normali campioni di uranio possedevano circa lo 0,7 per cento di materiale utilizzabile, quelli di Oklo ne avevano solo lo 0,3 per cento. Una volta confermato che il materiale era quel che rimaneva di una vecchia reazione nucleare, i ricercatori di tutto il mondo sono accorsi sul luogo per studiare il fenomeno.

Dopo approfondite analisi chimiche e geologiche, la comunità scientifica arriva a una sorprendente conclusione unanime: la miniera di uranio del Gabon era stata un reattore di 35 mila chilometri quadrati, entrato in funzione 2 miliardi di anni fa e rimasta funzionante per 500 mila anni.

Queste enormi cifre hanno spinto molti specialisti a impegnarsi per trovare una spiegazione plausibile. Ma ancora oggi il caso del Gabon suscita gli stessi e scomodi interrogativi di quaranta anni fa. Cosa o chi aveva usato il nucleare prima che qualsiasi civiltà mettesse piede sulla Terra? Come riuscirono a progettare un complesso di reattori così grandi? Come hanno potuto mantenerlo in funzione per cosi tanto tempo?

LA SPIEGAZIONE IMPROBABILE

Nel tentativo di spiegare l’origine del reattore, gli scienziati si sono rivolti a una vecchia teoria del chimico giapponese Kazuo Kuroda, che anni prima era stato ridicolizzato dopo averla divulgata.

Kuroda aveva sostenuto che una reazione nucleare potesse aver luogo anche senza l’intervento dell’uomo, se esistevano in natura un certo numero di condizioni essenziali: un deposito di uranio della giusta dimensione, un minerale con un’alta percentuale di uranio fissile, un elemento che agisse come moderatore, e l’assenza di particelle disciolte, poiché ostacolano la reazione.

Nonostante ben tre di queste condizioni fossero altamente improbabili, ancora più difficile da spiegare era come una reazione nucleare naturale potesse essersi mantenuta in equilibrio senza che il nucleo di uranio scomparisse o si fondesse durante un periodo stimato di 500 mila anni. Per questo motivo, gli scienziati hanno aggiunto all’ipotesi di Kuroda un ultimo fattore: un sistema geologico casuale che permetteva l’entrata di acqua nei depositi e l’uscita del vapore di reazione.

Si stima che milioni di anni fa, la percentuale di uranio fissile presente in natura fosse molto più alta (circa il 3 per cento del minerale), un fatto chiave perché la supposta reazione potesse avvenire. In base a questo fattore, gli scienziati proposero che ogni tre ore i depositi di uranio potevano essersi attivati spontaneamente quando venivano inondati dall’acqua filtrata dalle fessure, generando calore e raffreddandosi, quando l’acqua, che funzionava da moderatore, evaporava completamente.

Tuttavia, secondo la teoria di Kuroda, l’acqua doveva avere una buona percentuale di deuterio (acqua pesante), e doveva essere priva di qualsiasi particella che potesse impedire ai neutroni di innescare la reazione. Poteva l’acqua filtrata dalla rocce avere caratteristiche così eccezionali? Potrebbe esistere in natura un liquido che anche oggi richiede un così elaborato processo produttivo?

INGEGNERIA ESTREMA

Dopo una serie di analisi geologiche, i ricercatori hanno scoperto che il reattore di Oklo conservava ancora un’ultima sorpresa: i ‘depositi’ dei rifiuti erano disposti in una maniera tale da far rilevare ancora radioattività nella miniera, nonostante fossero passati milioni di anni. Infatti, è stato stimato che l’impatto termico di quei reattori a Oklo non superasse il raggio d’azione di 40 metri. Gli scienziati riconoscono l’impossibilità di emulare un sistema di smaltimento così efficiente, e il reattore ancora viene studiato al fine di progettare nuove tecnologie basate sulla sua struttura.

In poche parole, il reattore gigante nel Gabon era progettato meglio di qualsiasi altro reattore moderno.

Pertanto, anche se la teoria dei ‘reattori naturali’ è oggi la più diffusa a livello accademico, sul sito di Oklo molte domande devono ancora ricevere una risposta. Perché l’uranio è stato rinvenuto in depositi ben definiti e non sparsi in tutto il territorio? Può una reazione avvenire spontaneamente e in forma indipendente in venti luoghi distinti di tutto il giacimento? Perché questo fenomeno è accaduto esclusivamente in Africa e non anche in altre parti del mondo? Possono le pareti di una miniera formare casualmente un disegno tale che non permetta alla radioattività di fuoriuscire? Ma soprattutto, che cosa è accaduto esattamente in Gabon due miliardi di anni fa?

https://www.universo7p.it/in-gabon-il-reattore-nucleare-vecchio-due-miliardi-di-anni/misteri/?fbclid=IwAR1vD4w35BzPOHQSg2t0qq5FhvY2fjAJKZ7iN30yw93vtxthIJq2gFBWdag