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martedì 26 marzo 2024

Simulata al computer l’esplosione termonucleare che avviene in una stella di neutroni. - Marco della Corte

 

Le simulazioni al computer ci stanno fornendo nuove informazioni sul fenomeno conosciuto come esplosione termonucleare e il comportamento delle cosiddette “stelle cannibali”.

Quando una stella di neutroni assorbe materiale da una compagna binaria vicina, la combustione termonucleare instabile del materiale accumulato può produrre un’esplosione incontrollabile che invia radiazioni X in tutto l’Universo.

L’esplosione termonucleare è tuttavia un processo che ha bisogno di ulteriori approfondimenti: come esattamente queste potenti eruzioni si evolvano e si diffondano sulla superficie di una stella di neutroni rimane un mistero. Cercando però di replicare i brillamenti di raggi X osservati utilizzando simulazioni, gli scienziati stanno imparando di più sui loro dettagli, nonché sulle stelle di neutroni ultra-dense che li producono.

Esplosione termonucleare, Zingale: “Una visione più dettagliata”.

Michael Zingale è astrofisico computazionale presso la State University di New York a Stony Brook. Lo studioso ha affermato sull’esplosione termonucleare: “Possiamo vedere questi eventi accadere in modo più dettagliato con una simulazione. Una delle cose che vogliamo fare è comprendere le proprietà della stella di neutroni perché vogliamo capire come si comporta la materia alle densità estreme che si troverebbero in una stella di neutroni”.

Cosa sono le stelle di neutroni.

Le stelle di neutroni sono alcuni degli oggetti più densi dell’Universo. Sono ciò che rimane dopo che una stella massiccia ha terminato la sua vita, ha esaurito il carburante ed è esplosa in una supernova. Mentre il materiale esterno viene lanciato nello spazio, però, il nucleo dell’atro collassa sotto la gravità, formando una palla super densa di circa 20 chilometri (12 miglia) di diametro, che racchiude in quella piccola sfera una massa pari a quella di 2,3 Soli circa.

Si ipotizza che la materia schiacciata in modo così denso sia un po’ “atipica”, se volessimo utilizzare un eufemismo. Gli scienziati possono tuttavia studiare le loro esplosioni termonucleari per comprendere di più su ciò che rimane di queste stelle. Non possiamo esattamente avvicinarci a un corpo celeste formato da neutroni per osservarlo più da vicino, per ragioni ben valide come la distanza oppure il pericolo che una simile stella potrebbe arrecare. Possiamo però raccogliere tutte le informazioni possibili sui raggi X che fuoriescono da essa, grazie alle nuove tecnologie e simulazioni, come quella descritta nell’articolo in questione.

Approfondimenti sull’esplosione termonucleare.

L’esplosione termonucleare è un fenomeno estremamente potente che avviene quando nuclei atomici leggeri si combinano per formare nuclei più pesanti, liberando enormi quantità di energia. Questo processo è al centro del funzionamento delle bombe atomiche e delle stelle, incluso il nostro Sole. Qui di seguito proponiamo una panoramica più dettagliata dell’evento:

  1. Fusione nucleare: l’esplosione termonucleare è principalmente il risultato di tale fusione, che avviene quando due nuclei atomici leggeri, tipicamente isotopi di idrogeno (come deuterio e trizio), si combinano per formare un nucleo atomico più pesante, come elio. Durante questo evento vengono rilasciate enormi quantità di energia sotto forma di radiazione elettromagnetica (luce) e particelle ad alta energia.
  2. Condizioni estreme di temperatura e pressione: affinché la fusione nucleare avvenga efficacemente, è necessario creare condizioni estreme di temperatura e pressione simili a quelle presenti nel nucleo delle stelle. Queste condizioni possono essere raggiunte tramite due principali metodi: la compressione di una miscela di isotopi di idrogen, ad esempio quando esplode una bomba atomica, o tramite reazioni di fusione nucleare all’interno di una stella.
  3. Bomba termonucleare: chiamate anche bombe a idrogeno, esse sfruttano il principio della fusione nucleare per generare un’enorme esplosione. Queste armi sono una via di mezzo tra una bomba atomica tradizionale (detta anche a fissione) e un secondo stadio che utilizza la radiazione e il calore generati dalla fissione nucleare per avviare e accelerare la fusione nucleare di isotopi di idrogeno, come il deuterio e il trizio. Questo processo rilascia quantità di energia molto maggiori rispetto alle armi a fissione sola.
  4. Reazioni nucleari nel Sole e nelle stelle: le stelle, compresa la nostra, generano energia attraverso reazioni di fusione nucleare costanti, come quella di idrogeno in elio. All’interno del nucleo stellare, le enormi pressioni e temperature causate dalla gravità convergente rendono possibile la fusione nucleare. Questo processo continua per gran parte della vita di una stella, mantenendo il suo equilibrio termico e luminoso.

In sintesi, l’esplosione termonucleare è un processo in cui nuclei atomici leggeri si combinano per formare nuclei più pesanti, rilasciando enormi quantità di energia. Questo fenomeno è fondamentale per comprendere il funzionamento delle bombe atomiche e il processo di produzione di energia all’interno delle stelle.

https://reccom.org/esplosione-termonucleare-al-computer/

domenica 26 luglio 2015

LHCb OSSERVA I PENTAQUARK, PARTICELLE ESOTICHE A CINQUE QUARK.




LHCb, uno dei quattro grandi esperimenti del Large Hadron Collider LHC, il superacceleratore del CERN a Ginevra, ha riportato la scoperta di una classe di particelle esotiche note come pentaquark. La collaborazione ha pubblicato oggi sul sito open access arXiv.org lo studio che descrive questi risultati, sottomesso per la pubblicazione alla rivista Physical Review Letters.


“Il pentaquark osservato non è soltanto una nuova particella - ha spiegato Alessandro Cardini, responsabile dell’esperimento LHCb per l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare INFN – ma anche un nuovo modo in cui i quark, che rappresentano i costituenti fondamentali di neutroni e protoni, possono combinarsi tra loro, in uno schema mai osservato prima in oltre cinquant'anni di ricerche sperimentali. Ulteriori studi delle proprietà dei pentaquark ci permetteranno di comprendere meglio la natura di neutroni e protoni, i costituenti della materia di cui siamo fatti noi e tutto ciò che ci circonda”, conclude Cardini.


La nostra comprensione della struttura della materia è stata rivoluzionata nel 1964, quando il fisico americano, Murray Gell-Mann, ha proposto che una categoria di particelle, note come barioni, e che comprende protoni e neutroni, fossero composti di tre oggetti chiamati quark, e che un’altra categoria, i mesoni, fossero invece formati di coppie quark-antiquark. Gell-Mann fu insignito per questo lavoro del Premio Nobel per la fisica nel 1969. Ma il modello a quark elaborato da Gell-Mann permette anche l'esistenza di altri stati di aggregati di quark, come il pentaquark, appunto, composto da quattro quark e un antiquark. Fino ad ora, tuttavia, nonostante una ricerca serrata durata mezzo secolo e condotta da parte di molti esperimenti in tutto il mondo, non era mai stata portata nessuna prova conclusiva dell’esistenza del pentaquark.


I ricercatori di LHCb hanno cercato stati di pentaquark esaminando il decadimento di un barione, conosciuto come Λb (Lambda b), in altre tre particelle: una J/ψ (J-psi), un protone e un kaone carico. Lo studio della distribuzione dell'energia della J/ψ e del protone ha rivelato che stati di aggregazione di materia intermedi, i pentaquark appunto, si formano a volte nel corso del decadimento di questi barioni.

"Approfittando della grande mole di dati forniti da LHC, e potendo contare sull'eccellente precisione del nostro rivelatore, abbiamo esaminato tutte le possibilità per questi segnali, e abbiamo concluso che si può spiegare solo con stati di pentaquark", spiega il fisico della collaborazione internazionale LHCb Tomasz Skwarnicki, della Syracuse University negli Stati Uniti, che ha coordinato lo studio. "Più precisamente gli stati devono essere formati da due quark up, un quark down, un quark charm e un anti-quark charm", conclude Skwarnicki.


La ricerca di questi nuovi agglomerati di quark dura da cinquant’anni e conta numerosi risultati che inizialmente erano sembrati positivi ma che successivamente, sottoposti a ulteriori verifiche, si sono rivelati invece inconcludenti. Ora, il risultato dell’esperimento LHCb è forte di un’analisi dei dati estremamente accurata a rigorosa, basata su un’elevatissima statistica, mai raggiunta prima, e su un’altissima precisione del rivelatore. LHCb è stato così in grado di studiare i pentaquark da molte prospettive, e tutte puntano alla stessa conclusione. È come se gli studi precedenti avessero individuato delle silhouette nel buio e le avessero associate ai pentaquark, mentre LHCb ha condotto la sua ricerca a luci accese e da tutte le angolazioni.
"L'esistenza di particelle esotiche, quelle che non riusciamo a inquadrare nei modelli che descrivono mesoni e barioni, è ormai un fatto sperimentalmente accertato: ad esempio, stati con quattro quark sono già stati scoperti in diversi esperimenti, incluso LHCb”, approfondisce Pierluigi Campana, a capo della collaborazione internazionale LHCb dal 2011 al 2014. “Però adesso abbiamo una forte indicazione di qualcosa di equivalente per i cinque quark. E questo grazie alla capacità di LHCb di riconoscere la natura delle particelle, in mezzo a quella tempesta di tracce che ci è generosamente offerta dalle collisioni a LHC”, conclude Campana.
Ma questo risultato non è conclusivo, perché i pentaquark sono una classe di particelle che ci può aprire le porte a una comprensione molto più approfondita della materia. Infatti, se noi conosciamo bene la forza elettromagnetica che tiene legati assieme gli atomi, cioè i nucleoni e gli elettroni, non altrettanto possiamo dire della forza forte, che tiene legati sia i protoni e i neutroni all’interno del nucleo, sia i quark che li compongono tra di loro.
“La scoperta della collaborazione LHCb, di uno stato composto da cinque quark, se sarà confermata, arriva gradita, ma non inattesa”, commenta Luciano Maiani, fisico teorico fra coloro che hanno maggiormente contribuito agli studi sui quark. “Nel lavoro in cui introduceva i quark, Gell-Mann aveva anche suggerito che, oltre ai mesoni noti fatti da una coppia quark-antiquark, potessero esistere particelle mesoniche composte da due coppie quark-antiquark (tetraquark) e che, oltre alle particelle barioniche composte da tre quark, potessero esserci dei pentaquark. Ci attende adesso l’esplorazione di un nuovo mondo di particelle, al CERN e ai collisori elettrone-positrone in Giappone e in Cina. Speriamo di trovare, nei pentaquark, quella “pistola fumante” che convinca anche gli scettici dell’esistenza di una nuova serie di particelle subnucleari, che ci daranno informazioni cruciali sulle, ancora misteriose, interazioni forti”, conclude Maiani.
Quindi, si apre ora tutto un nuovo filone di ricerca. Il passo successivo per l'analisi sarà perciò studiare come i quark sono legati all'interno dei pentaquark. I quark, infatti, potrebbero essere strettamente vincolati, oppure potrebbero essere tenuti assieme più debolmente in una sorta di molecola mesone-barione, in cui il mesone e il barione risentono del residuo dell’interazione forte, la stessa forza che lega protoni e neutroni a formare i nuclei. Saranno quindi necessari ulteriori studi per distinguere tra queste possibilità, e per vedere che cosa i pentaquark possono insegnarci. I nuovi dati che LHCb raccoglierà durante il RUN2 di LHC consentiranno di compiere progressi in questo campo.
Approfondimento
di Luciano Maiani
Idee sulla struttura di tetra e pentaquark sono state avanzate da diversi autori a partire dagli anni ’70 del secolo scorso (R. Jaffe, poi G. Rossi e G. Veneziano e successivamente R. Jaffe e F. Wilczeck), ma nessuna prova sperimentale indicava allora la presenza di particelle più complicate del minimo necessario. La situazione è cambiata con la scoperta di particelle costituite da quark “pesanti”, il quark charm e il quark beauty. Nel decadimento di una particella con quark pesanti, questi ultimi non possono “sparire”: li possiamo rintracciare nelle particelle dello stato finale e vedere se nella particella iniziale non ce ne dovessero essere degli altri. L’idea che alcuni mesoni, osservati a partire dal 2003 e non interpretabili nello schema tradizionale fossero tetraquark formati da una coppia di quark pesanti e una di quark leggeri, è stata avanzata nel 2005 dal nostro gruppo (L. Maiani, A. Polosa, F. Piccinini, V. Riquer) e approfondita negli anni successivi, tra gli altri da S. Weinberg e da S. Brodsky, negli USA. Mesoni contenenti una coppia di quark beauty sono stati interpretati come tetraquark da A. Ali e altri collaboratori del laboratorio DESY, in Germania. Nel 2007, la scoperta del mesone Z+, da parte della collaborazione BELLE in Giappone, è stata confermata nel 2014 da LHCb. Oltre a una coppia charm-anticharm, che ha nel complesso carica elettrica zero, lo Z+ “deve” contenere una coppia di quark leggeri, per arrivare alla carica elettrica positiva osservata, proprio come previsto dai nostri tetraquark. I pentaquark osservati sono di questo tipo: decadono in un mesone charm-anticharm e in un protone, quindi devono contenere, in aggiunta, due quark up e un quark down. L’esistenza dei pentaquark è una logica conseguenza dell’esistenza dei tetraquark.