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domenica 29 marzo 2020

Dimessi ma spediti in Rsa e hospice: 2.400 ex pazienti. - Maddalena Oliva e Natascia Ronchetti

Dimessi ma spediti in Rsa e hospice: 2.400 ex pazienti

È l’effetto di una delibera del 23 marzo della Regione Lombardia: possono essere ancora contagiosi.
Il rischio è di creare nuovi focolai.


- Ottomila e zero uno. Tanti sono i dimessi in Lombardia, dall’inizio dell’epidemia a oggi. Tra i numeri del bollettino che l’assessore al Welfare Giulio Gallera ogni giorno legge nella sua diretta Facebook “Lombardia notizie online”, sono quelli di solito accompagnati dalla rincora al sorriso. “MA oggi abbiamo avuto ANCHE 200 dimessi, 200 pazienti Covid che non sono più malati e hanno lasciato i nostri ospedali. Questa è una buona notizia”: ha detto ieri. Il giorno prima, i dimessi erano stati 1.501, quello prima ancora 990. Ma degli 8.001 dimessi in tutto, da quel maledetto 21 febbraio, il 30% – circa 2.400 persone – ha sì lasciato l’ospedale, ma è stato re-indirizzato verso gli hospice, le strutture per le cure palliative e l’assistenza ai malati terminali, e verso residenze sanitarie assistenziali, le case di riposo, presenti in tutta la regione.
A lanciare l’allarme qualche giorno fa era stato Marco Agazzi, presidente Snami-medici di famiglia di Bergamo. “Poiché negli ospedali bisogna liberare posti letto – aveva detto al Fatto – i pazienti Covid convalescenti vengono mandati nelle strutture per gli anziani, col rischio che queste diventino a loro volta dei focolai”. Per lo più si tratta di pazienti Covid “clinicamente guariti”. Vale a dire senza più sintomi come tosse, febbre, mal di gola. Questo però non significa che “guariti” in effetti lo siano. “Noi non sappiamo se hanno ancora una carica virale”, spiega Agazzi. Per averne certezza, è necessario eseguire due tamponi a distanza di 24 ore l’uno dall’altro e, entrambi, devono risultare negativi (con esito validato dall’Istituto superiore di sanità). Ma sappiamo che coi tamponi, visti i numeri dell’emergenza, In Lombardia non si riesce a star dietro ai “sospetti” Covid, figurarsi ai pazienti dimessi.
La questione, però, è fondamentale. Perché è proprio con il rischio di essere potenzialmente ancora contagiosi che i pazienti Covid dimessi dagli ospedali varcano la soglia di altre strutture sociosanitarie. E – stando anche al dato confermato dallo staff dell’assessore Gallera – succede per un dimesso su tre. La strada per liberare posti letto del resto è tracciata. Lo ha deciso la giunta del governatore Attilio Fontana di fare ricorso alla rete degli hospice. Con una delibera del 23 marzo che stabilisce, con “ulteriori determinazioni in ordine all’emergenza Coronavirus”, l’istituzione di un supporto di cure palliative, “per la presa in carico dei pazienti Covid complessi, cronici e fragili” sia in ambito domiciliare, sia attraverso l’attivazione di percorsi di consulenza.
I nuovi ricoveri per questi pazienti – nella maggioranza dei casi tutti over 75 – sono già scattati, come conferma la case di cura Domus Salutis di Brescia. Assieme all’istituto Maugeri e a una struttura della Fondazione Don Gnocchi hanno preso in carico i pazienti Covid dimessi a Brescia, una delle zone più colpite dal virus. “Ci sono due tipologie di trattamento: quella domiciliare e quella in reparto”, spiega Luigi Leone, direttore sanitario della Domus Salutis. “Parliamo di pazienti che possono essere ancora contagiosi e quindi dobbiamo attrezzarci per garantire la tutela dell’operatore sanitario e per assicurare l’assistenza adeguata. Arrivano tutti da ospedali pubblici che devono essere alleggeriti. Noi abbiamo separato i percorsi di accesso per non ripetere gli errori che sono stati fatti in passato dai pronto soccorsi, ma dobbiamo stare molti attenti. Nelle Rsa o in altre strutture sociosanitarie è già entrato qualcuno infettato: ed è stata una strage”.
A Milano anche l’Istituto Palazzolo della Fondazione Don Gnocchi ha aperto le porte ai pazienti Covid dimessi. In questo caso non parliamo però di un istituto per “cure palliative”, ma di una residenza per gli anziani (Rsa). È sempre Regione Lombardia ad aver chiesto alla Fondazione Don Gnocchi la disponibilità ad accogliere i “clinicamente guariti” nei due hospice afferenti la struttura. Disponibilità ancora in corso di valutazione, secondo i vertici della Fondazione. All’istituto Palazzolo, dopo i primi ricoveri, sono arrivati infatti anche i problemi. E, per molti dei parenti degli anziani che si ammalano, e che spesso già versano in condizioni precarie, l’accusa di “procurata epidemia” inizia a levarsi sempre più forte. È il caso della figlia di un’ospite 71enne, una donna in buona salute ma affetta da demenza senile, morta di Covid19: la figlia ha consegnato un esposto in procura. Il legale della famiglia chiede l’autopsia della 71enne: ipotizza il reato di omicidio colposo per una cattiva gestione e per la diffusione colposa dell’epidemia.
Il ricorso alle Rsa e agli hospice per i pazienti dimessi Covid non piace ai parenti degli ospiti ma nemmeno ai medici. “Parliamo di strutture, soprattutto le residenze per anziani, dove ci sono persone estremamente fragili”, dice Agazzi. “Un paziente Covid impone misure di protezione importanti: non bastano divisioni fisiche, serve anche personale addestrato, che non può e non deve muoversi da un reparto all’altro. Servono i dispositivi di sicurezza… Ecco perché continuo a ripetere: gli errori che stiamo facendo continuano a essere tanti. Troppi. Perché se ora siamo in guerra, combattiamo, ma quando finirà, ci sarà la resa dei conti. E porteremo i nostri amministratori in tribunale”.


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