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domenica 16 maggio 2021

Carta straccia. - Marco Travaglio

 

Il giornalismo fantasy ci ha già dato molte soddisfazioni negli ultimi mesi del governo Conte, raccontando che il problema erano il Recovery Plan, la Ue, il Mes, la cybersecurity, i bonus a pioggia, i banchi a rotelle, le Regioni a colori, la prescrizione, l’“anima” e altre minchiate assortite. Ora però si supera con le fantacronache del cambio della guardia al Dis, il Dipartimento di Palazzo Chigi che coordina le due agenzie operative d’intelligence Aisi (sicurezza interna) e Aise (sicurezza esterna). C’è nientemeno che la telefonata virgolettata tra Draghi e Conte sull’avvicendamento Vecchione-Belloni: conversazione che conoscono solo i due protagonisti, non certo avvezzi a raccontare ai giornali quel che si dicono. E ci sono i “retroscena” del ribaltone che, in barba al dovere di trasparenza, il governo non spiega (così come per la cacciata di Arcuri, di Borrelli e di 14 membri del Cts su 26). Anziché motivare quelle legittime scelte al Parlamento e all’opinione pubblica, si fanno filtrare sui giornali amici veline più esilaranti di una barzelletta. Prima si dice che Vecchione paga la ripresa degli sbarchi dalla Libia: ma non attacca, perché il Dis non è operativo e il dossier Libia è esclusiva dell’Aise, il cui capo però resta al suo posto. Allora si fanno uscire spezzoni apocrifi dell’audizione di Vecchione al Copasir (in “seduta segreta” ah ah ah) per dipingerlo come un mezzo scemo solo perché non sa nulla dell’incontro fra il caporeparto Mancini e Renzi all’autogrill: come se la responsabilità fosse sua. Forse, per saperne di più, bisognerebbe convocare i due interessati.

Vecchione arriva al Dis nel 2018, quando Mancini è lì da tre anni, e lì lo lascia a far le pulci alle spese di Aisi e Aise, scontentando un sacco di gente e risparmiando un sacco di soldi. Mancini però vuol tornare operativo e punta, in forza dell’anzianità, alla vicedirezione Aise nel giro di nomine di fine 2020. Ma all’Aise non lo vogliono: il suo passato con Pollari e Tavaroli pesa ancora. Così Conte, a dispetto del pressing renziano, non lo promuove. Intanto Mancini cerca sponde dai due Matteo. Purtroppo un’insegnante lo riprende all’autogrill e informa Report. Ora i fantasisti di Rep sposano la tesi renziana del complotto (l’insegnante è un’emissaria di Mancini o forse di un suo nemico: massì, abbondiamo!). E tirano in ballo Gratteri, che avrebbe chiamato Renzi perché ricevesse Mancini. Come se i due – in rapporti amichevoli da quando il primo era premier, cioè da sei anni – per parlarsi avessero bisogno di Gratteri. Il quale comunque, tabulati telefonici alla mano, sfida Rep a dimostrare una sua telefonata a Renzi. Ingenuo com’è, pensa ancora che tutto ciò che si stampa su carta sia un giornale.

IlFQ



martedì 9 marzo 2021

“Renzi con mbs? Così legittima i sauditi”. - Marco Lillo e Valeria Pacelli

 

La Relatrice delle Nazioni Unite.

Matteo Renzi avrebbe dovuto essere molto più consapevole del conflitto di interessi e di come il suo nome e il suo profilo stanno contribuendo a legittimare l’Arabia”. Agnès Callamard è la ricercatrice che per prima, in un rapporto pubblicato oltre un anno e mezzo fa, ha puntato il dito verso le responsabilità del principe Muhammed bin Salman (MbS) nell’omicidio di Jamal Khashoggi, il giornalista ucciso il 2 ottobre del 2018 nel consolato saudita di Istanbul. Esperta di diritti umani, Agnes Callamard è una delle relatrici speciali per le esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite. Dopo aver svolto le sue indagini, nel suo rapporto finale di giugno 2019 scrisse di “prove credibili che richiedono ulteriori indagini, sulle responsabilità individuali di funzionari sauditi di alto livello, compreso il principe ereditario”. Ossia MbS, lo stesso davanti al quale, nel gennaio scorso, l’ex premier Renzi elogiava l’Arabia come culla del “nuovo Rinascimento”.

Agnès Callamard, lei spesso dice che parla come “esperto indipendente”, non a nome delle Nazioni Unite. Può spiegare come svolge il suo ruolo e come è iniziato il suo lavoro sul caso Khashoggi?

Come Relatore Speciale posso decidere cosa fare, non rispondo a nessun governo. Non agisco su commissione. Alla fine di dicembre, quando ho capito che nessuno avrebbe indagato, ho deciso di farlo io stessa. Devo dire purtroppo che non ho avuto molto sostegno da parte dell’Onu. Penso fossero un po’ preoccupati per l’indagine e per questo mi hanno fornito un supporto molto limitato.

Il 25 febbraio è stato rilasciato il rapporto della Direzione Nazionale dell’Intelligence Usa. Sono solo 4 pagine, il suo rapporto è di 100. Ci si poteva aspettare qualcosa di più dagli Usa?

Assolutamente! Avremmo dovuto avere più informazioni. Per un certo verso, il rapporto è una buona cosa. Sono contenta che gli Stati Uniti abbiano fatto quel che hanno fatto, è un bene per la democrazia. Fino a questo momento la Casa Bianca aveva imposto un veto su quel rapporto. Ma sono anche delusa: il rapporto non fornisce prove materiali, nè fatti, fornisce solo una conclusione. La maggior parte delle informazioni raccolte dalla Cia sono rimaste segrete. Inoltre il governo ha detto: ‘Non prenderemo alcuna azione perché è un Paese con cui abbiamo relazioni diplomatiche’. Questo tipo di messaggio è pericoloso: dà l’impressione che se tu sei un capo di Stato o un quasi capo di Stato (come il principe MbS, Ndr) puoi fare quello che vuoi.

I Paesi occidentali, tra cui l’Italia, dovrebbero varare sanzioni?

Appoggio completamente i governi pronti a intraprendere sanzioni individuali. Io chiedo sanzioni contro gli individui implicati nell’uccisione di Khashoggi e ciò include MbS. Finora tutti quelli che lo circondano sono stati sanzionati, tranne lui. Mi torna in mente l’uccisione in Egitto di Giulio Regeni. In fondo si tratta dello stesso scenario: secondo l’indagine italiana, quello di Regeni è stato un omicidio di Stato. L’Italia ha condotto un’inchiesta approfondita, ma anche in questo caso c’è assenza d’impegno da parte della comunità internazionale.

L’ex premier italiano Matteo Renzi dal 2019 ha partecipato alla Davos nel deserto organizzata a Riyad dal Future Investment Initiative (Fii) e da più di un anno è diventato membro del board pagato 80 mila dollari l’anno da questo istituto creato con decreto del Re. Come giudica questo comportamento?

Respingo le attività di persone che dovrebbero avere un quadro ben chiaro della situazione. Proprio in virtù del passato e del presente politico di Renzi, egli ha una visibilità e una credibilità che viene utilizzata per legittimare ciò che sta accadendo in Arabia Saudita. Non è un uomo d’affari qualsiasi, non è un italiano qualsiasi, è un italiano che ha una grande storia alle spalle ed è per questo che è stato avvicinato dall’Arabia Saudita. Avrebbe dovuto essere molto più consapevole, secondo me, del conflitto di interessi e di come il suo nome e il suo profilo stiano contribuendo a legittimare l’Arabia. Fa parte di una campagna di pubbliche relazioni molto efficace lanciata dall’Arabia con il sostegno delle corporation occidentali. Renzi dovrebbe aver capito che la sua presenza viene strumentalizzata allo scopo di legittimare e creare un’immagine dell’Arabia Saudita.

Mentre svolgeva la sua indagine su Khashoggi non ha avuto paura? Non si è mai sentita sola?

Nel corso di questi cinque anni ho potuto spesso contare sull’impegno di singole persone, sempre gratuitamente. Quindi, non si è mai del tutto soli. E no, non ho paura, ma non sono un’ingenua. Sono consapevole delle minacce che mi sono state rivolte da parte dell’Arabia Saudita e da altri Stati. Ho preso alcune precauzioni anche per quanto riguarda il mio telefono, il mio computer. Ma non ho paura, non lascio che siano loro a dettare come io mi debba sentire.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/03/09/renzi-con-mbs-cosi-legittima-i-sauditi/6126985/