mercoledì 9 luglio 2014

L’albero delle melanzane (e dei pomodori).

albero melanzane500 Lalbero delle melanzane (e dei pomodori)

L’idea è semplice ma efficace. Prendete una pianta resistente alle malattie, vigorosa, (è indicato il "Solanum torvum” che è una pianta spinosa originaria dell’america tropicale) che da adulta diventi un alberello di circa 3/4 metri e innestate degli ortaggi su alcuni dei suoi rami. Costruirete così un “frankenstein” vegetale, ovvero un esemplare in cui l’alberello fornirà radici, tronco e le sue qualità migliori per far crescere delle piante diverse, senza radici né tronco, attaccate ai suoi rami. E’ questa la tecnica che permette la coltivazione e la fruttificazione del cosiddetto“albero di melanzane e pomodori”, salito alla ribalta grazie a Giuseppe Marino, geometra siciliano in pensione, che li coltiva da molti anni nella sua terra a Palermo.  Ne parlo qui grazie al bel suggerimento di Andra, a proposito del post dell’Orto sul balcone. Vediamo dunque di cosa si tratta esattamente.
L’innesto è una procedura antica in agricoltura. Non è praticabile tra tutte le piante però. Richiede infatti che porta-innesto e nesto siano piante affini dal punto di vista botanico. Viene da sempre usato, in modalità diverse, per poter coltivare meglio o moltiplicare specie e varietà poco vigorose che però producono fiori o frutti desiderabili per sapore, forma e/o dimensioni. Nel caso dell’”albero delle melanzane“, la pianta che fa da porta-innesto è un alberello tropicale, il solanum torvum, della stessa famiglia di pomodori (solanum lycopersicum) e melanzane (solanum melongena). Comincia a produrre i frutti, a quanto leggo dalle interviste fatte al Sig. Marino, ben due mesi prima delle varietà di ortaggi comuni e la raccolta è facilitata dall’altezza della pianta, peraltro perenne. Il problema, per chi vive al Nord Italia, è che la pianta ha bisogno di almeno un paio d’anni per raggiungere all’altezza richiesta dall’innesto e non tollera inverni troppo freddi, dove la temperatura scende sotto lo zero (minima +6°C). Per cimentarsi dunqueoccorre che al Nord la pianta venga riparata. Inoltre, avendo radici robuste richiede, per produzione e velocità di crescita ottimali, la piena terra piuttosto che un vaso. Nulla toglie che valga la pena cimentarsi icon wink Lalbero delle melanzane (e dei pomodori)
Occorre però prima di tutto procurarsi i semi del solanum torvum, che non si trova comunemente in vendita nei vivai. A questo proposito Florablog ha fatto un intero reportage  molto interessante sull’Albero delle Melanzane, in diretto contatto con coltivatori che lo allevano da tempo nel Sud Italia, tra cui lo stesso Marino. Tenete conto che, quando il vostro alberello avrà raggiunto l’altezza desiderata (un paio di metri), dovrete eseguire il vostro innesto con attenzione. L’innesto consigliato in Rete è quello, cosiddetto, “per approssimazione” (che avviene anche comunemente in natura, si vede spesso nei tronchi di glicine per esempio quando si “fondono”), che si fa tra due piante vicine, togliendo un pò di corteccia dai rami dei due “donatori”, avvicinandoli e poi legandoli fino a farli aderire perfettamente tra loro. Nel giro di un paio di mesi i due rami si salderanno e a quel punto si potrà procedere ad eliminare le parti di troppo in modo che rimanga solo il ramo produttivo.
Sperimentare l’innesto è divertente anche nel caso delle piante da fiore ornamentali come per esempio l’oleandro (nerium oleander), che ha il pregio di crescere veloce e di resistere piuttosto bene anche al gelo. E’ possibile creare un alberello di oleandro con rami dai fiori di colore diverso. Anche i ciliegi ornamentali (prunus) vengono spesso innestati, anche se sicuramente è la rosa la regina degli innesti da fiore. Gli arbusti delle varietà moderne infatti sono praticamente tutti innestati: quando comprate una rosa quindi, di solito in realtà ve ne danno due! Che aspettate a provare, dunque? E, se avete voglia, fateci sapere com’è andata!icon biggrin Lalbero delle melanzane (e dei pomodori)

Esplorazione Saturno - Missione spaziale Cassini-Huygens

Cassini–Huygens - immagini del veicolo 

Cassini–Huygens è una missione robotica interplanetaria congiunta NASA/ESA/ASI, lanciata il 15 ottobre 1997, con il compito di studiare il sistema di Saturno, comprese le sue lune e i suoi anelli. La sonda si compone di due elementi: l'orbiter Cassini della NASA ed il lander Huygens dell'ESA.
Cassini è la prima sonda ad essere entrata nell'orbita di Saturno, il 1º luglio 2004 (ore 04:12 GMT), e solo la quarta ad averlo visitato (prima della Cassini erano già passate la Pioneer 11 e le Voyager 1 e 2). Il 25 dicembre 2004 la sonda Huygens si è separata dalla nave madre e si è diretta verso la principale luna di Saturno, Titano. Il 14 gennaio 2005 Huygens è scesa nell'atmosfera del satellite e durante la corsa ha raccolto dati sull'atmosfera, immagini della superficie, rumori dall'ambiente circostante. Ha toccato il suolo dopo una discesa di 2 h e 30 m ed ha poi continuato a trasmettere il suo segnale per altri 90 minuti.
L'orbiter Cassini prende il nome dall'astronomo italiano Gian Domenico Cassini che, verso la fine del Seicento, ebbe un ruolo di primaria importanza nello studio di Saturno e dei suoi anelli. Il lander Huygens prende il nome dall'astronomo olandese del XVII secolo Christiaan Huygens che utilizzando il proprio telescopio scoprì Titano. (tratto da wikipedia)

Saturno visto dalla Cassini: 94 KB

Saturno visto da Voyager: 25 KB

I satelliti di Saturno: 9 KB

Alcuni satelliti: 19 KB

Gaza, Hamas lancia razzi su Tel Aviv, Israele bombarda.

Photo

GAZA/GERUSALEMME (Reuters) - I militanti a Gaza hanno sparato oggi altri razzi contro Tel Aviv, dopo gli attacchi israeliani nell'enclave che secondo funzionari palestinesi hanno ucciso almeno 27 persone.
Nessuna vittima è stata registrata per la nuova ondata di razzi, nel secondo giorno di offensiva israeliana nella striscia di Gaza, controllata da Hamas.
Missili del sistema di difesa israeliano hanno intercettato i proiettili, che hanno costretto i cittadini a cercare rifugio, benché gli uffici funzionino regolarmente in Israele, così come la borsa di Tel Aviv.
Nella striscia di Gaza, invece, i residenti sono stati scossi per tutta la notte dal rumore, ogni pochi minuti, di potenti esplosioni.
Almeno 18 civili, di cui cinque bambini, sono tra i 27 palestinesi morti da quando Israele ha incrementato il suo assalto ieri, e 150 persone sono rimaste ferite, riferiscono i sanitari.
I leader israeliani, che sembrano avere il sostegno popolare per l'operazione su Gaza, hanno ammonito di una possibile invasione di terra nel territorio palestinese, densamente popolato.
L'esercito israeliano ha riferito di aver colpito nella notte 118 siti per il lancio di razzi, magazzini di armi, 10 tunnel e 10 posizioni di comando e controllo.
Sul sito www.reuters.it le altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia

martedì 8 luglio 2014

Cosa stanno decidendo circa il referendum...



Sta accadendo ORA ed è GRAVISSIMO! Da 500 mila ad UN MILIONE di firme per un referendum. Questa è le democrazia che vogliono i partiti #riforme #senato

Riccardo Nuti

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Contro le punture di zanzara ecco 5 piante miracolose.

Le zanzare in estate popolano le nostre nottate? Teniamole lontane in modo naturale con le piante. Alcune di queste sono anche utili per calmare il prurito da puntura.

Oltre al caldo torrido, l'estate porta con se un'altro "effetto collaterale" che tutti ben conosciamo: le zanzare. E se di giorno la nostra battaglia è contro le odiose zanzare tigre, di notte siamo tormentati dalla specie più comune e fastidiosa, che ci pungola con il suo ronzio e con le sue pizzicate pruriginose. Come fare quindi a tenerle lontane, o quantomeno a non patire il prurito post puntura? Grazie a 5 piante miracolose, nemiche delle nostre sgradite ospiti.

Citronella - Diciamo che questo è un vero classico, tanto che normalmente l'essenza di questa pianta viene usata per spray e candele che tengono lontane zanzare e pappataci. Tuttavia, chi ha un bel giardino, può piantarla senza problemi contando anche sulla sua estetica adattabile a qualsiasi stile, fatta di cascate verdi di foglie dal profumo inconfondibile.

Citronella  

Calendula - Una bella pianticella di Calendula vale la pena tenerla sul balcone vicino alla finestra per allontanare le fastidiose zanze. Questa pianta contiene infatti una sostanza chiamata piretro, che è un anti-insetto naturale. In più l'essenza di Calendula è l'ingrediente principale delle creme lenitive, quindi è nostra alleata anche per attenuare rossori, irritazioni e pruriti.



Geranio - Oltre ad essere uno dei fiori più apprezzati per adornare giardini e balconi, il Geranio possiede anche proprietà repellenti indiscusse. Puntate sulle varietà più profumate, come il Pelargonium odoratissimum o il Pelargonium grandiflorum, che con il loro odore aiutano a non farci molestare dalla zanzara comune e anche dalla più feroce zanzara tigre.



Erba Gatta - Vi stupiamo con effetti speciali. Eh si, perché anche l'erba gatta ha proprietà anti-zanzara. Lo studio sugli effetti repellenti è relativamente recente: nel 2001 i ricercatori dell'Università dell'Iowa hanno visto che per cause ancora sconosciute, le zanzare non gradivano appoggiarsi su materiali trattati con un componente attivo di quest'erba. E in effetti in America molti la strofinano sulla pelle per avere una protezione anti-insetto e la cosa pare funzionare egregiamente.



Incenso - Anche la pianta dell'incenso è da annoverare fra quelle più sgradite alle zanzare fameliche. Si può tenere in vaso e quindi può essere posizionata ovunque in casa. Il suo odore ha il potere di stordire e allontanare i fastidiosi insettini a caccia di sangue, lasciandoci più tranquilli quando siamo seduti in veranda o schiacciamo un sonnellino a letto.



http://www.pinkblog.it/post/237473/contro-le-punture-di-zanzara-ecco-5-piante-miracolose?utm_source=fb&utm_medium=ed&utm_campaign=Facebook:%20Blogo

Buonanotte Palermo Cronache di una città allo sbando. - Roberto Puglisi



   







Niente risveglia Palermo dal coma profondo in cui è piombata. Dalle catacombe non arrivano notizie confortanti. Nel frattempo, la vita è sempre più complicata.


L'unica paradossale e fantastica notizia del risveglio a Palermo, città sonnambula, si specchia nello sguardo di una bambina quasi centenaria che, dopo un lungo periodo di immobilità, ha aperto le sue pupille pietrificate nel buio di una cripta, secondo gossip e credulità popolare. Rosalia Lombardo, celebre mummia, vanto dell'ossario dei Cappuccini, è finita suo malgrado sui giornali, nella diceria dell'oltretomba, per uno scatto che la ritrae con gli occhi socchiusi, in posa da viva e, appunto, da sveglia. Fenomeno surreale, impregnato di mistero solo letterario, essendo Rosalia morta e conservata sugli scaffali del tempo, da quando il destino la rapì che era piccola e suo padre col cuore spezzato la affidò alle cure di un noto imbalsamatore, affinché la morte somigliasse alla vita.
Povera Rosalia, passata nell'istante di un respiro alla giovinezza immutabile, all'eternità di ciò che non può crescere più.

Poveri noi che abbiamo provato un sussulto, una scossa elettrica, mediati da coriaceo stupore difensivo, nell'apprendere che la bambina dei Cappuccini si era risvegliata. Un segno del cielo pareva. Un modo per dire: alzati, Palermo, non dormire più.
La storia si è spenta come una fiammella. E' rimasta soffocata nei fondali dell'anima irrazionale. Era, ovviamente, un'illusione ottica. Una metafora inutilizzabile. Siamo ripiombati nel sonnambulismo, nel vizio che scambiamo per virtù, nel nostro consueto dormire a occhi spalancati, nel sonno dinamico che ci consente di scavalcare macerie e corpi, mettendo a tacere i conati dell'indignazione. E' la sopravvivenza al minimo sindacale garantita ai palermitani: dormire, per non vedere. Non guardare, per non soffrire. Procedere con gli occhi serrati, per non immaginare di meglio. Non hanno luce i nostri occhi, né la cercano. Sono puntini neri dipinti sulla corteccia di burattini che siamo diventati, noi, imbalsamati, disperati e soddisfatti. Palermitani, morti e contenti. In piena (in)coscienza. E non c'è contraddizione.

La morte civile della città sonnambula non è un modo di dire, è uno stato di catatonia individuale e generale. Chiunque, in qualunque parte del mondo segnata a dito sulla cartina geografica, aprirebbe gli occhi per cominciare un percorso di rinnovamento, per demolire il brutto, sottraendosi all'alibi della lamentazione, proprio perché il brutto non ci dà più scampo, invade le case, dai marciapiedi. Né è più sufficiente lo scudo dell'insigne intellettuale che proclamò: "Io non sto a Palermo. Io sto a casa mia". Non siamo fatti per la fatica, per i mattoni sollevati a spalla, per la luminosità di una cittadinanza rinascimentale. Ci vuole un condottiero-capro espiatorio a cui affidarsi, sapendo che per fortuna fallirà, uno che regali perline colorate, mentre si prepara il gran finale in cui sta scritto che siamo immutabili. A sipario chiuso, si leverà un ronf ronf di sollievo, dalla platea di dormienti. Conviviamo con l'orrore e con la felicità del disastro. Il sonnambulismo è una disgrazia, ma è pure l'antidoto contro pericolosi sintomi di  una vivacità che ci obblighi a fare i conti nel modo giusto. Hai visto mai che si cambi rotta sul serio, che secoli di autocannibalismo siano sostituiti dalla misura di una buona amministrazione, in grado di pensare rivoluzioni sensate, non rivolte senza capo né coda?

La politica cittadina è funzionale alla proclamazione del naufragio, a confermare Palermo come luogo della decadenza: è questa la sicurezza che pretendiamo, nello spazio del cuore nascosto, sotto il cuore di superficie che mente a se stesso, lì, nel posto della vergogna. Dove non c'è una città, non ci sono cittadini, né doveri, né obblighi. Non ci sono neanche i diritti. Ci sono i furbi che si giustificano con lo stato di necessità. E' una categoria generosa, quella dei furbi. Si accettano le iscrizioni di tutti, soprattutto degli ex duri e puri.

Da condottiero a condottiero, da fante a fante, da sottogoverno a sottogoverno, Palermo non cambia. Si compiace della sua sporcizia, del suo caos, della sua degradazione. Possono cambiare parole, promesse e trucchi. Può cambiare l'abilità del prestigiatore pro tempore sulla scena. Ma Palermo non cambia. E' una catacomba gigantesca, senza un filo d'aria. I morti viventi che la abitano non hanno l'istinto di socchiudere mezza palpebra. I cammini si confondono nelle ripetizioni, nell'eco di altri cammini egualmente destinati alla sconfitta e alla sua rassegnata accettazione. La reiterazione obbligata della speranza ha il pallore di un trapasso. Il suono di sottofondo che invita alla lotta, alla battaglia per la legalità, alla sacra crociata, appartiene alla ruggine di un registratore rotto. Non è soltanto la politica, l'inutile e retorica politica, la mano che stringe il cappio.
La favola di una palingenesi impossibile si celebra perché garantita dall'indifferenza delle orecchie che ascoltano la musica, noncuranti del senso. La puntura di spillo della coscienza dura un attimo. Prestiamo fede alle bugie, ai santissimi salvatori, ai ciarlatani, ai miracoli subito smentiti, alla piccola Rosalia, alla suora che - altro gossip dell'oltretomba - appare al Capo, non si sa se per impartire benedizioni o anatemi dall'alto di un campanile. Perfino  la Grande Rosalia, nel senso della Santuzza, ha abdicato e non ci protegge più dalla peste.

La morte civile, compiuta, di Palermo è narrata dalla cronaca abitudinaria, dalle intercettazioni delle operazioni che conducono in galera file chilometriche di mafiosi, con un'abbondanza da fare invidia al prefetto Mori. Eppure, neanche la decimazione del mafioso antropologico provoca l'ingresso di aria fresca nella cripta. Per uno scarafaggio schiacciato ce ne sono altri dieci, partoriti dal fango e dall'immondizia.

Il sonnambulismo è spiegato benissimo dal contesto omertoso dell'omicidio di Daniele Discrede, il commerciante assassinato davanti alla sua bambina. Sangue ingoiato e digerito. Non un comitato spontaneo, non un cenno di rabbia, non un moto cittadino di protesta e di richiesta di verità. Un corteo con la gente del quartiere, poi basta. La morte violenta, corollario della morte civile, torna a rivestire panni privati. Un affare della famiglia, di quelli presi in mezzo, degli amici e dei conoscenti. Ci pensino loro a percorrere la strada oscura nella cripta verso un filo di spiegazione, nell'intreccio dei perché. Non avranno nessuno accanto, stati di Facebook esclusi. Non ci sarà alcun piede in transito, accanto ai piedi delle vittime ingiustamente offese in viaggio verso l'ignoto.

Ma non c'è bisogno di citare episodi eclatanti. Questa città cade a pezzi, per quanto si volga lo sguardo altrove. E' defunta nella sua quotidianità. Sporca. Priva di servizi elementari. Intasata. Spogliata del più flebile anelito di riscatto. Preda di personaggi che dettano legge nei vicoli, corroborati da protervia e arroganza, senza che alcuno osi frapporsi tra la violenza e il raggiungimento di un risultato abusivo. Gli esempi di scuola abbondano. Provate a gironzolare con la macchina, un martedì a caso, in viale Francia, zona di palazzoni borghesi. Provateci e scoprirete che non si può passare. C'è il mercatino a invadere la carreggiata. I residenti non escono. I forestieri non entrano. E ci sono i vigili. E c'è un assessore. E c'è un sindaco. E c'è la legalità. Viale Francia, nei suoi martedì, subisce un provvedimento di custodia cautelare. Lo stesso accade nei mercoledì di viale Campania, nei giorni qualsiasi di una capitale rubata a se stessa. In ogni paesello italiano scoppierebbe un'insurrezione, per sottrazione di suolo pubblico. Da noi no. Accettiamo il fa(t)to. Chiniamo la testa. Siamo sonnambuli. Dormiamo. Palermo sonnecchia in custodia cautelare, con le manette ai polsi, tra i negozi con le saracinesche calate e un plumbeo annuncio di tracollo.

E che raccontare di nuovo di Mondello, simbolo dei simboli, al culmine della stagione estiva? La cittadella che costeggia il mare sarebbe un forziere di bellezza, dappertutto, non qui. La martoriata Mondello è assediata dall'incuria, dalla munnizza. Il mare si conserva intatto, con una magia che non sappiamo amare abbastanza, fino ai primi giorni di luglio e per tutto settembre. Nel resto della stagione assume una tonalità inquietante, un colorito ambiguo, da sedimentazione delle urine. Vengono convocati esperti al capezzale dell'acqua marcia. Variabilmente sentenziano, ma ciò ha poca importanza. E' invece importante che il palermitano si senta rassicurato nel suo calvario estivo, che ricominci a tuffarsi, senza il disagio di onde stranamente pulite. E' importante che le spiagge, ridotte a campo di sterminio della bellezza, diano il consueto colpo d'occhio desolante. E' importante sapere di essere a casa, a Palermo, la città sporca e invivibile, dove basta dormire o vagare da sonnambuli per adattarsi. Il sonnambulismo è l'arte che si impara per campare, guai a metterla da parte.

Nel frattempo, i condottieri pro tempore sperimentano. Chiudono pezzi di viabilità in odio alle cavie della macchina, millantando l'esistenza di invisibili mezzi comunali a disposizione. Chiudono il parco della Favorita, infliggendo agli automobilisti una pena aggiuntiva, per garantire una corsia pedonale popolata da cani, zecche e radi ciclisti. Tutto viene contrabbandato come una svolta epocale, una gemma di educazione, un diadema di civiltà. E' proprio quello che ci voleva: infedele panormosauro sei, se non lo capisci da te. La neo-lingua della finzione tramite comunicato autorizza ogni paradosso. L'ordalia termina con un gioioso comunicatone finale in cui appunto si comunica che - certo, ma chi l'avrebbe mai pensato - c'è stata qualche criticità. Dunque si rimanda la soluzione del problema, scontentando i ciclomani che avevano fatto la bocca alla Favorita sgombra e i volantomani che non hanno mai capito l'origine di tale, gratuita sofferenza. Era un esperimento, siatene orgogliosi. In calce al comunicato non c'è traccia di un sommesso "scusate". Gli esperimenti costano. E, modestamente, non latitano, a condizione che siano almeno sufficientemente inutili, se non proprio meravigliosamente dannosi.

In calce alla devastazione, nel cuore nascosto della cripta di Palermo, nessuno apre gli occhi. Nessuno ha uno sguardo che non sia sonnambulo. Nessuno si affaccia oltre le grate della prigione per respirare un po'. Dormi tranquilla il sonno dei bambini per sempre. Dormi e non svegliarti, piccola Rosalia.

AL MINISTRO DELLA SANITA’. - Mariapia Caporuscio

Ci si chiede come mai ogni qualvolta un cittadino denuncia un abuso o sperpero di denaro pubblico, questo venga classificato come “protesta” e resta inascoltato dalla classe politica. In un paese civile i cittadini hanno il dovere di denunciare gli abusi e i politi quello di ascoltarli: i crimini vanno stroncati non lasciati lievitare!
La società dovrebbe porsi come obiettivo la giustizia sociale in simbiosi con tutti gli appartenenti, invece troppo spesso la classe politica non tiene in alcun conto la voce dei cittadini, mostrando una spregevole codardia, che favorisce la sfiducia se non il disprezzo nei loro confronti. 
Tutto questo non è solo una questione morale fra la popolazione e le istituzioni, perché da questi comportamenti dipende la qualità di vita di una intera nazione.
Una nazione come la nostra ricca di eccellenze in ogni campo, di cui dovremmo essere fieri, viene purtroppo umiliata e sottomessa proprio da chi “deve” prendersene cura. Eccellenze ignorate in patria e molto spesso costrette ad emigrare, andando ad arricchire altri paesi. Un comportamento suicida e questa assurda mancanza di logica da parte della classe politica è per davvero demenziale.
Questa volta a gridare è il Centro di Radioterapia Oncologica dell’Ospedale San Giovanni Addolorata di Roma. Si tratta dell’ennesimo scempio di denaro pubblico da parte dei responsabili del sistema sanitario. Questo centro di eccellenza, dotato di attrezzature d’avanguardia per la radioterapia oncologica di elevatissimo livello tecnologico, progettato per garantire ai malati di tumore terapie più efficaci e all’avanguardia, occupa una superficie di 5.000 mq e si configura come uno dei più completi e moderni della regione Lazio e dell’Italia centro-meridionale.
A questa struttura (in grado di trattare circa 200 pazienti al giorno) e costata alla comunità 32 milioni di euro, viene impedito il pieno funzionamento.
Da oltre un anno dal termine dei lavori di ristrutturazione e ampliamento, questo centro è in stato di blocco per mancanza di personale, nonostante le ripetute sollecitazioni ad acquisire personale specializzato. A tutt’oggi il reparto dispone solo di due medici, due infermieri, e tre tecnici, un numero grottescamente ridicolo, mentre lo staff necessario per il completo funzionamento è valutato in 25/30 unità tra medici specialisti, fisici sanitari, tecnici di radioterapia, personale infermieristico e amministrativo, ma ogni sollecitazione è rimasta lettera morta: di assunzioni non se ne parla e il centro resta mutilato, privando migliaia di malati della speranza di vita.

Il congelamento di questa struttura è moralmente intollerabile, è un insulto ai malati e ai contribuenti onesti, che ancora sperano in una presa di coscienza della classe politica.
Nonostante l’assurda situazione questo piccolo nucleo sanitario si può definire eroico per i miracoli che compie ogni giorno: per dedizione, competenza, disponibilità e umanità verso i malati, benché moralmente umiliati di dover rifiutare il trattamento radiante alla maggior parte dei malati e questo li costringe a vivere un intollerabile stato di frustrazione, impotenza e rabbia.
Persone meravigliose come queste sono la conferma di quanto gli italiani meriterebbero una più degna classe dirigente.


Una domanda però voglio rivolgerla ugualmente al ministro della sanità: in nome di quale diritto vengono compiuti sfregi contro gente indifesa, come i malati di cancro?


E ancora: con quale diritto osate dilapidare i soldi che la popolazione è costretta a pagare col sangue, rinunciando anche al pane?


Urge il suo intervento ministro della sanità!