Visualizzazione post con etichetta Palestina. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Palestina. Mostra tutti i post

mercoledì 28 agosto 2024

Palestina, ritrovato cesto intrecciato risalente a 10500 anni fa.

 

Un cesto intrecciato perfettamente conservato, che si ritiene abbia circa 10.500 anni, è stato scoperto all'interno della grotta di Muraba’at, nel deserto della Giudea, a est di Gerusalemme. Si pensa che sia il più antico del suo genere mai trovato. Si crede che sia stato intrecciato prima ancora che fosse sviluppata la ceramica, e attualmente gli esperti stanno analizzando il materiale del cesto, che ha una capacità di 92 litri.

https://www.facebook.com/photo/?fbid=122118357140384452&set=a.122094832226384452

lunedì 16 ottobre 2023

LA GEOPOLITICA DELL’OPERAZIONE AL-AQSA FLOOD. - Pepe Escobar thecradle.co

 

L’operazione Al-Aqsa Flood di Hamas è stata pianificata meticolosamente. La data di inizio scelta sulla base di due fattori scatenanti.

Il primo era stato l’intervento del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di settembre, quando aveva presentato la sua mappa del “Nuovo Medio Oriente”, in cui aveva completamente cancellato la Palestina e si era fatto beffe di ogni singola risoluzione ONU sull’argomento.

In secondo luogo, le continue provocazioni alla sacra Moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme, compresa la goccia che ha fatto traboccare il vaso: due giorni prima dell’Operazione Al-Aqsa Flood, il 5 ottobre, almeno 800 coloni israeliani avevano preso d’assalto i dintorni della moschea, picchiando i pellegrini e distruggendo i negozi dei palestinesi, il tutto sotto gli occhi delle forze di sicurezza israeliane.

Chiunque abbia un po’ di cervello sa che Al-Aqsa è l’ultima linea rossa, non solo per i palestinesi, ma per l’intero mondo arabo e musulmano.

Ma c’è di peggio. Gli israeliani hanno poi invocato la retorica di “Pearl Harbor”. Questo è quanto di più minaccioso possa esistere. L’attacco a Pearl Harbor era stato il pretesto dell’America per entrare in una guerra mondiale e bombardare il Giappone e questa “Pearl Harbor” potrebbe essere la giustificazione di Tel Aviv per lanciare un genocidio a Gaza.

I settori dell’Occidente che applaudono l’imminente pulizia etnica – compresi i Sionisti che si atteggiano ad “analisti” dicendo ad alta voce che i “trasferimenti di popolazione” iniziati nel 1948 “devono essere completati” – credono di poter ribaltare la situazione in breve tempo, annientando la resistenza palestinese e indebolendo gli alleati di Hamas, come Hezbollah e l’Iran.

Il loro progetto sull’Ucraina si è arenato, lasciando non solo uova marce sulla faccia dei potenti, ma intere economie europee in rovina. Eppure, mentre una porta si chiude, un’altra si apre: passare dall’alleato Ucraina all’alleato Israele e puntare sull’avversario Iran invece che sull’avversario Russia.

Ci sono altre buone ragioni per andare avanti a tutta forza. Un’Asia occidentale pacifica significherebbe la ricostruzione della Siria – in cui la Cina è ora ufficialmente coinvolta; la riqualificazione attiva dell’Iraq e del Libano; l’Iran e l’Arabia Saudita che entrano a far parte dei BRICS 11; il partenariato strategico Russia-Cina pienamente rispettato e attivo con tutti gli attori regionali, compresi i principali alleati degli Stati Uniti nel Golfo Persico.

Incompetenza. Strategia intenzionale. O entrambe le cose.

Questo ci porta al costo del lancio di questa nuova “guerra al terrorismo”. La propaganda è in pieno svolgimento. Per Netanyahu a Tel Aviv, Hamas è l’ISIS. Per Volodymyr Zelensky a Kiev, Hamas è la Russia. In un fine settimana di ottobre, la guerra in Ucraina è stata completamente dimenticata dai media mainstream occidentali. La Porta di Brandeburgo, la Torre Eiffel, il Senato brasiliano sono ora tutti israeliani.

L’intelligence egiziana sostiene di aver avvertito Tel Aviv di un imminente attacco da parte di Hamas. Gli israeliani hanno scelto di ignorarlo, così come avevano fatto con le esercitazioni di Hamas viste nelle settimane precedenti, compiaciuti della loro superiore consapevolezza che i palestinesi non avrebbero mai avuto l’audacia di lanciare un’operazione di liberazione.

Qualunque cosa potrà accadere, Al-Aqsa Flood ha già irrimediabilmente infranto la pesante mitologia popolare sull’invincibilità di Tsahal, del Mossad, dello Shin Bet, del carro armato Merkava, dell’Iron Dome e delle Forze di Difesa Israeliane.

Anche se ha abbandonato le comunicazioni elettroniche, Hamas ha approfittato dell’incredibile defaillance dei multimiliardari sistemi elettronici di Israele che monitorano il confine più sorvegliato del pianeta.

I droni palestinesi a basso costo hanno colpito diverse torri di sensori, hanno facilitato l’avanzata delle truppe in parapendio e hanno spianato la strada a squadre d’assalto in maglietta e AK-47 che hanno aperto brecce nel muro e attraversato il confine, una cosa che nemmeno i gatti randagi osavano fare.

Israele, inevitabilmente, ha iniziato a colpire la Striscia di Gaza, una gabbia completamente circondata di 365 chilometri quadrati con 2,3 milioni di persone. È iniziato il bombardamento indiscriminato di campi profughi, scuole, condomini civili, moschee e baraccopoli. I palestinesi non hanno una Marina, né un’aviazione, né unità di artiglieria, né veicoli da combattimento blindati, né un esercito professionale. Non hanno quasi mezzi di sorveglianza ad alta tecnologia, mentre Israele può avere accesso ai dati NATO, se li vuole.

Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha proclamato “un assedio completo sulla Striscia di Gaza. Non ci sarà elettricità, né cibo, né carburante, tutto è chiuso. Stiamo combattendo contro animali umani e agiremo di conseguenza”.

Gli israeliani possono tranquillamente impegnarsi in una punizione collettiva perché, con in tasca tre veti garantiti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, sanno di poterla fare franca.

Non importa che Haaretz, il più autorevole quotidiano israeliano, ammetta apertamente che, “in realtà, il governo israeliano è l’unico responsabile di quanto è accaduto (l’Operazione Al-Aqsa Flood) per aver negato i diritti dei palestinesi”.

Gli israeliani non potrebbero essere più coerenti. Già nel 2007, l’allora capo dell’intelligence della Difesa israeliana, Amos Yadlin, aveva dichiarato: “Israele sarebbe felice se Hamas prendesse il controllo di Gaza, perché l’IDF potrebbe trattare Gaza come uno Stato ostile”.

L’Ucraina invia armi ai palestinesi.

Solo un anno fa, il comico di Kiev con la maglietta sudata parlava di trasformare l’Ucraina in un “grande Israele” e veniva debitamente applaudito dalla claque del Consiglio Atlantico.

Ebbene, le cose sono andate diversamente. Come mi ha appena confidato una fonte del Deep State della vecchia scuola:

“Le armi destinate all’Ucraina finiscono nelle mani dei palestinesi. La domanda è quale Paese le pagherà. L’Iran ha appena concluso un accordo con gli Stati Uniti per sei miliardi di dollari ed è improbabile che lo metta a rischio. Ho una fonte che mi ha fornito il nome del Paese, ma non posso rivelarlo. Il fatto è che le armi ucraine stanno andando nella Striscia di Gaza e vengono pagate, ma non dall’Iran”.

Dopo l’incredibile incursione dello scorso fine settimana, Hamas si è già assicurata una leva negoziale maggiore di quella che i palestinesi avevano avuto per decenni. Significativamente, mentre i colloqui di pace sono sostenuti da Cina, Russia, Turchia, Arabia Saudita ed Egitto, Tel Aviv si rifiuta. Netanyahu è ossessionato dall’idea di radere al suolo Gaza, ma, se ciò accadesse, una guerra regionale più ampia sarebbe quasi inevitabile.

Gli Hezbollah libanesi – un fedele alleato dell’Asse della Resistenza palestinese – preferirebbero non essere trascinati in una guerra che potrebbe essere devastante sul loro lato del confine, ma le cose potrebbero cambiare se Israele perpetrasse un genocidio de facto a Gaza.

Hezbollah possiede almeno 100.000 missili balistici e razzi, dai Katyusha (gittata: 40 km) ai Fajr-5 (75 km), Khaibar-1 (100 km), Zelzal 2 (210 km), Fateh-110 (300 km) e Scud B-C (500 km). Tel Aviv sa cosa significa e rabbrividisce per i frequenti avvertimenti del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, che la prossima guerra con Israele sarà condotta all’interno del Paese.

Il che ci porta all’Iran.

Plausibile negatività geopolitica

La principale conseguenza immediata di Al-Aqsa Flood è che il sogno erotico dei neoconservatori di Washington di una “normalizzazione” tra Israele e il mondo arabo svanirà semplicemente, se questo scontro si trasformerà in una guerra lunga.

Ampie fasce del mondo arabo, infatti, stanno già normalizzando i loro legami con Teheran – e non solo all’interno dei nuovi BRICS 11.

Nella spinta verso un mondo multipolare, rappresentato dai BRICS 11, dall’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), dall’Unione Economica Eurasiatica (EAEU) e dall’Iniziativa Belt and Road (BRI) della Cina, tra le altre istituzioni innovative dell’Eurasia e del Sud Globale, non c’è posto per uno Stato d’Apartheid etnocentrico e amante delle punizioni collettive.

Proprio quest’anno, Israele si è visto disinvitato dal vertice dell’Unione Africana. Una delegazione israeliana si era comunque presentata, ma era stata espulsa senza tanti complimenti dalla sala principale, un’immagine diventata virale. Il mese scorso, durante le sessioni plenarie delle Nazioni Unite, un diplomatico israeliano aveva cercato di interrompere il discorso del presidente iraniano Ibrahim Raisi. Nessun alleato occidentale si era schierato al suo fianco e anche lui era stato fatto allontanare dalla sala.

Come aveva diplomaticamente affermato il presidente cinese Xi Jinping nel dicembre 2022, Pechino “sostiene fermamente l’istituzione di uno Stato palestinese indipendente che goda di piena sovranità sulla base dei confini del 1967 e con Gerusalemme Est come capitale. La Cina sostiene la Palestina nel suo diritto a diventare un membro a pieno titolo delle Nazioni Unite”.

La strategia di Teheran è molto più ambiziosa: offrire consulenza strategica ai movimenti di resistenza dell’Asia occidentale, dal Levante al Golfo Persico: Hezbollah, Ansarallah, Hashd al-Shaabi, Kataib Hezbollah, Hamas, Jihad islamica palestinese e innumerevoli altri. È come se tutti facessero parte di un nuovo Grande Scacchiere supervisionato di fatto dal Gran Maestro Iran.

I pezzi della scacchiera erano stati accuratamente posizionati da nientemeno che il defunto comandante della Forza Quds del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche, il generale Qassem Soleimani, un genio militare unico nella vita. Era stato determinante nel creare le basi per i successi degli alleati iraniani in Libano, Siria, Iraq, Yemen e Palestina, oltre a creare le condizioni per un’operazione complessa come Al-Aqsa Flood.

Altrove nella regione, la spinta atlantista per aprire corridoi strategici attraverso i Cinque Mari – il Mar Caspio, il Mar Nero, il Mar Rosso, il Golfo Persico e il Mediterraneo orientale – si sta arenando.

La Russia e l’Iran stanno già distruggendo i progetti statunitensi nel Caspio – attraverso il Corridoio Internazionale di Trasporto Nord-Sud (INSTC) – e nel Mar Nero, che sta per diventare un lago russo. Teheran sta prestando molta attenzione alla strategia di Mosca in Ucraina, anche se sta affinando la propria strategia su come debilitare l’egemone senza un coinvolgimento diretto: chiamiamola plausibile negatività geopolitica.

Addio al corridoio UE-Israele-Arabia Saudita-India

L’alleanza Russia-Cina-Iran è stata demonizzata come il nuovo “asse del male” dai neoconservatori occidentali. Questa rabbia infantile tradisce un’impotenza cosmica. Questi sono veri Paesi sovrani, con cui non si può scherzare, perché, in caso contrario, il prezzo da pagare sarebbe incalcolabile.

Un esempio chiave: se l’Iran, attaccato da un asse USA-Israele, decidesse di bloccare lo Stretto di Hormuz, la crisi energetica globale schizzerebbe alle stelle e il collasso dell’economia occidentale sotto il peso di quadrilioni di derivati sarebbe inevitabile.

Ciò significa, nell’immediato futuro, che il sogno americano di interferire attraverso i Cinque Mari non si qualifica nemmeno come un miraggio.  Al-Aqsa Flood ha anche seppellito il corridoio di trasporto UE-Israele-Arabia Saudita-India, annunciato di recente e tanto sbandierato.

La Cina è ben consapevole di tutta questa incandescenza giusto una settimana prima del suo terzo Belt and Road Forum a Pechino. In gioco ci sono i corridoi di connettività BRI, quelli che contano: attraverso l’Heartland, attraverso la Russia, oltre alla Via della Seta marittima e alla Via della Seta artica.

Poi c’è l’INSTC che collega Russia, Iran e India – e, per estensione, le monarchie del Golfo.

Le ripercussioni geopolitiche dell’Operazione Al-Aqsa Flood accelereranno le connessioni geoeconomiche e logistiche di Russia, Cina e Iran, aggirando l’egemone e il suo impero di basi. L’aumento degli scambi commerciali e il transito ininterrotto delle merci favoriscono i buoni affari. In condizioni di parità, con rispetto reciproco – non esattamente lo scenario del Partito della Guerra per un’Asia occidentale destabilizzata.

Oh, le cose che possono accelerare delle truppe in parapendio in lento movimento sopra un muro di confine.

Pepe Escobar

https://comedonchisciotte.org/la-geopolitica-delloperazione-al-aqsa-flood/

mercoledì 12 maggio 2021

Guerra tra Hamas e Israele, ancora razzi da Gaza e raid sulla Striscia.

 

Sono 1.050 i razzi e colpi di mortaio lanciati dalla Striscia contro Israele, ha detto il portavoce militare spiegando che l'85% è stato intercettato mentre circa 200 sono esplosi all'interno della Striscia. In risposta l'esercito ha compiuto oltre 500 attacchi contro obiettivi terroristici di Hamas e Jihad nella Striscia.

nuovi disordini si sono verificati stamani nella Spianata delle Moschee di Gerusalemme, nel corso delle preghiere del mattino, secondo quanto riferito dalla televisione pubblica israeliana: sette palestinesi sono stati arrestati dalla polizia dopo un fitta sassaiola contro gli agenti.

Questi incidenti si sono verificati alla vigilia dell'Id el-Fitr, la festa che conclude il digiuno del Ramadan. In Cisgiordania intanto l'esercito israeliano sta arrestando nelle ultime ore dirigenti locali di Hamas. Retate sono avvenute, secondo i media, a Jenin e a Tubas nel tentativo israeliano di impedire che le violenze palestinesi si estendano anche alla Cisgiordania. A Jenin e a Tubas le operazioni dell'esercito sono state accolte dall'opposizione della popolazione locale. Ci sono feriti.

Un uomo e una ragazza sono morti oggi nella città israeliana di Lod mentre erano in un'auto colpita da un razzo sparato dalla Striscia di Gaza. Lo ha riferito la polizia israeliana. E nel corso di uno degli attacchi di razzi da Gaza su Israele una donna è morta di infarto. Sono in totale 6 le persone morte finora in Israele per i razzi d Gaza.



Il movimento islamista Hamas, al potere a Gaza, ha annunciato oggi il lancio di 210 razzi sul territorio israeliano in risposta agli attacchi su un edificio al centro dell'enclave palestinese.

La Jihad islamica, il secondo più grande gruppo armato palestinese nella Striscia di Gaza, ha annunciato oggi di aver lanciato 100 razzi dall'enclave palestinese nel territorio israeliano.

Due dirigenti militari di Hamas sono stati uccisi stamane a Gaza in un attacco aereo israeliano. Lo ha reso noto il portavoce militare.

In una terza salva di razzi sparati da Gaza nelle ultime ore verso ampie zone nel centro di Israele, Hamas ha cercato di colpire fra l'altro l'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv. Lo riferisce Haaretz.

I combattimenti fra Israele e Hamas hanno elevato la tensione anche in Cisgiordania. Secondo la agenzia di stampa ufficiale Wafa, nel campo profughi al-Fawar (Hebron) ci sono stati scontri fra gli abitanti e reparti dell'esercito, ed un giovane (Hussein al-Titi) è rimasto ucciso.

Il consiglio di sicurezza dell'Onu terrà un incontro urgente oggi sul conflitto in corso tra Israele e palestinesi, su richiesta di Tunisia, Norvegia e Cina. Si tratta del secondo incontro in tre giorni, stando a fonti diplomatiche della Afp. Il primo, tenutosi lunedì, si è concluso senza un comunicato congiunto, secondo le stesse fonti perchè gli Usa ritenevano che commenti pubblici sarebbero stati controproducenti.

La spirale di violenza tra Israele e gli islamisti di Hamas che controllano Gaza si sta "intensificando verso una guerra su vasta scala", ha detto l'inviato delle Nazioni Unite per la pace in Medio Oriente Tor Wennesland, lanciando un appello: "Fermate immediatamente il fuoco".

ANSA

martedì 29 luglio 2014

Norman G. Finkelstein.




Norman Finkelstein : per rispetto dei miei genitori sterminati nei lager nazisti non starò in silenzio sui crimini d'Israele verso i Palestinesi .

Norman G. Finkelstein, ebreo scienziato politico americano e autore, specializzato in questioni legate al conflitto israelo-palestinese. 

mercoledì 16 luglio 2014

Gaza, 4 bambini uccisi in spiaggia Israele: sei ore di tregua umanitaria.



Una bambina palistinese ferita in un ospedale della Striscia di Gaza - 

Ancora raid israeliani sulla Striscia. Il bilancio delle vittime a quota 216.

Quattro bambini sono rimasti uccisi oggi a Gaza, nel corso dei raid israeliani. Le vittime, riferiscono fonti palestinesi, sono state colpite da proiettili provenienti dal mare, probabilmente da una motovedetta, mentre si trovavano in un bar sulla spiaggia.  

Israele è tornato a mettere in guardia la popolazione di Gaza, chiedendo ai 100mila persone di lasciare le proprie case e tornando a minacciare di far entrare i blindati e le ruspe nella Striscia. «Non saremo in grado di garantire un’estate serena ai nostri figli senza un’operazione di terra a Gaza», ha avvertito il ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, secondo cui Israele deve impiegare ogni mezzo per garantire la sicurezza dei suoi cittadini. Ma in serata gli israeliani hanno accolto la richiesta dell’emissario dell’Onu per la regione Robert Serry: domani osserverà a Gaza una tregua umanitaria di sei ore. Ancora non è noto se in parallelo anche Hamas sospenderà i lanci di razzi verso Israele. 

Al nono giorno dell’offensiva Margine Protettivo, il bilancio dei morti è arrivato a 216, con oltre 1.550 feriti (in uno degli ultimi raid è morto anche un ragazzino di 10 anni). Nella notte Israele ha bombardate le case di vari capi di Hamas e della Jihad, in gran parte vuote. Dalla Striscia sono partite nuove raffiche di razzi, almeno sei intercettati da Iron Dome nei cieli di Ashkelon. Ma proprio perché evidentemente prevede una più intensa offensiva, Israele nella notte ha intimato agli abitanti del settore orientale e settentrionale di Gaza di lasciare le proprie case con messaggi telefonici e volantini. Un avvertimento in gran parte ignorato, sia perché nessun punto di Gaza è considerato sicuro e sia perché Hamas continua a liquidare gli avvertimenti come «guerra psicologica». E mentre il presidente palestinese, Abu Mazen, vola al Cairo per cercare un soluzione alla crisi, la diplomazia mondiale si muove e chiede la tregua. Il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, lo ha detto stamane al presidente uscente, Shimon Peres, e lo ha ripetuto ai vari interlocutori della giornata, il presidente designato, Reuven Rivlin, considerato un “falco”; il suo omologo, Lieberman, il ministro della Giustizia, Tzipi Livni, lo stesso premier, Benjamin Netanyahu. 

Secondo un’emittente tv israeliana, Channel 2, Hamas è pronto a un cessate-il-fuoco ma solo se sarà accompagnato da una tregua decennale. Il movimento silamico chiede anche il rilascio dei prigionieri liberati nello scambio per il soldato israeliano, Gilad Shalit, riarrestati recentemente, l’apertura dei valichi di Gaza per far passare beni e persone e la supervisione internazionale del porto di Gaza, attualmente bloccato da Israele. L’ex deputato arabo-israeliano, Azmi Bishara, ha illustrato le condizioni del Movimento di resistenza islamica dagli schermi di Al-Jazira. Bishara, fuggito da Israele nel 2007 perché accusato di aver aiutato Hezbollah, ha ipotizzato che l’escalation durerà ancora un paio di giorni e ha anche accusato Israele di aver accettato brevemente il cessate-il-fuoco mediato dall’Egitto soltanto per poi riprendere con maggiore virulenza gli attacchi.  

mercoledì 9 luglio 2014

Gaza, Hamas lancia razzi su Tel Aviv, Israele bombarda.

Photo

GAZA/GERUSALEMME (Reuters) - I militanti a Gaza hanno sparato oggi altri razzi contro Tel Aviv, dopo gli attacchi israeliani nell'enclave che secondo funzionari palestinesi hanno ucciso almeno 27 persone.
Nessuna vittima è stata registrata per la nuova ondata di razzi, nel secondo giorno di offensiva israeliana nella striscia di Gaza, controllata da Hamas.
Missili del sistema di difesa israeliano hanno intercettato i proiettili, che hanno costretto i cittadini a cercare rifugio, benché gli uffici funzionino regolarmente in Israele, così come la borsa di Tel Aviv.
Nella striscia di Gaza, invece, i residenti sono stati scossi per tutta la notte dal rumore, ogni pochi minuti, di potenti esplosioni.
Almeno 18 civili, di cui cinque bambini, sono tra i 27 palestinesi morti da quando Israele ha incrementato il suo assalto ieri, e 150 persone sono rimaste ferite, riferiscono i sanitari.
I leader israeliani, che sembrano avere il sostegno popolare per l'operazione su Gaza, hanno ammonito di una possibile invasione di terra nel territorio palestinese, densamente popolato.
L'esercito israeliano ha riferito di aver colpito nella notte 118 siti per il lancio di razzi, magazzini di armi, 10 tunnel e 10 posizioni di comando e controllo.
Sul sito www.reuters.it le altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia

mercoledì 21 novembre 2012

E la chiamano «guerra». - Noam Chomsky



Noam Chomsky: l'operazione militare israeliana contro Gaza non è una guerra, ma la fase finale della campagna di pulizia etnica dei palestinesi

Editoriale pubblicato su Il Manifesto, 21 novembre 2012

L'incursione e i bombardamenti su Gaza non puntano a distruggere Hamas. Non hanno il fine di fermare il fuoco di razzi su Israele, non puntano a instaurare la pace.

La decisione israeliana di far piovere morte e distruzione su Gaza, di usare armamenti letali degni di un moderno campo di battaglia su una popolazione civile largamente indifesa, è la fase finale di una pluridecennale campagna per fare pulizia etnica dei palestinesi.

Israele usa sofisticati jet da attacco e navi da guerra per bombardare campi profughi densamente popolati, scuole, abitazioni, moschee e slum; per attaccare una popolazione che non ha aviazione né contraerea, armamenti pesanti, unità di artiglieria, blindati (...). E la chiama guerra. Ma non è guerra, è un assassinio.

Quando gli israeliani nei territori occupati dicono che si devono difendere, si difendono nel senso che ogni esercito occupante deve difendersi dalla popolazione che sta schiacciando. Non puoi difenderti, quando stai occupando militarmente la terra di qualcun altro.

Questa non è difesa. Chiamatela come volete, ma non è difesa.


http://nena-news.globalist.it/Detail_News_Display?ID=41763&typeb=0

lunedì 19 novembre 2012

PERCHE' ISRAELE ATTACCA DI NUOVO LA STRISCIA DI GAZA ? - Gaetano Colonna



Per chi si occupa di Medio Oriente, l'impressione è che la nuova offensiva israeliana contro Gaza non ha come scopo reale quello che le forze armate ed il governo israeliano stanno dichiarando con enfasi e che i media occidentali accettano con grande naturalezza.

Israele è infatti oggi assai meglio protetto contro i missili di quanto lo sia mai stato in precedenza: l'installazione del sistema anti-missile Iron Dome ha fornito allo Stato ebraico un ulteriore potenziamento dei propri sistemi di difesa passiva.

Anche per questo, il rischio effettivo costituito dal lancio dei razzi dalla Striscia di Gaza non si è mai tradotto in un pericolo strategico per Israele, com'è dimostrato dal numero delle vittime: 21 israeliani uccisi in totale negli ultimi undici anni, rispetto agli oltre 2.300 Palestinesi uccisi nello stesso periodo.

D'altra parte Israele, dalla fine dell'operazione Piombo Fuso del dicembre di quattro anni fa, ha sempre esercitato con estrema durezza il suo controllo militare nell'area, intervenendo costantemente con sanguinosi attacchi, più o meno mirati, contro gli uomini di Hamas e delle altre fazioni, come avvenuto il 22 e 23 ottobre scorsi (7 vittime fra i palestinesi), il 10 settembre scorso (4 palestinesi uccisi) e il 5 agosto scorso (1 palestinese ucciso).

Hamed Jabari stava trattando? 

Ma c'è qualcosa che non convince anche nell'episodio che ha dato inizio all'offensiva, l'uccisione dell'uomo forte di Hamas a Gaza, quell'Hamed Jabari che i media di tutto il mondo si sono affrettati a presentare, sulla scorta di quanto dichiaravano i portavoce delle forze armate israeliane, il capo militare di Hamas. In realtà, una voce non sospetta, il giornale israeliano Haaretz, riportava lo scorso 15 novembre le dichiarazioni di Gershon Baskin, un pacifista israeliano che ha partecipato alle trattative per il rilascio del soldato Gilad Shalid: secondo Baskin, Jabari era al centro di contatti con Israele, mediati dall'Egitto, tanto che avrebbe ricevuto, poche ore prima di essere ucciso, la bozza di un accordo di tregua permanente, "che comprendeva i meccanismi per mantenere il cessate-il-fuoco anche nel caso di una recrudescenza di ostilità fra Israele e le diverse fazioni palestinesi nella Striscia di Gaza". 

Addirittura, secondo la dettagliata ricostruzione che Baskin ha fatto ad Haaretz della trattativa in corso, Jabari sarebbe stato pronto a questo accordo sulla base della considerazione della crescente inutilità del lancio di razzi contro Israele.

Che potesse esserci in corso una qualche forma di trattativa, d'altra parte, lo si potrebbe anche dedurre dalla visita, lo scorso 23 ottobre, dell'emiro del Qatar Hamad bin Khalifa, il primo capo di Stato di un paese arabo a venire a visitare la Striscia di Gaza ed il governo di Hamas, con l'ovvio consenso dello Stato ebraico, dato che, non possiamo dimenticarlo, la Striscia di Gaza si trova dal punto di vista internazionale tuttora sotto occupazione israeliana, nonostante il ritiro delle truppe occupanti avvenuto nel 2005: ricorda infatti Gilles Paris su Le Monde che Israele "continua a controllare la stragrande maggioranza delle frontiere terrestri, la totalità della linea costiera (con uno spazio minimo lasciato alla pesca autorizzata) e la totalità dello spazio aereo" della Striscia.

Il fatto che Israele abbia permesso questo tutto sommato storico avvenimento, d'altra parte, fa pensare che l'emiro, sicuramente non sospetto di simpatie per l'Iran, avesse per obiettivo anche quello di accrescere il peso politico delle forze arabe anti-shiite a Gaza, in coerenza con quanto sta avvenendo in tutta l'area intorno ad Israele, Egitto e Libano in primo luogo.

Ma il clima generale mostrava altri sintomi interessanti, tra i quali giganteggia, per quanto trascuratissima dai media, la dichiarazione del 6 novembre scorso di Abu Mazen, come si sa presidente dell'Autorità Palestinese, che conteneva una ancor più storica apertura sulla questione del "diritto al ritorno" dei palestinesi, l'affermazione che sarebbe tornato nella sua città natale, Safed, da turista: un'apertura davvero ampia nel momento in cui, lo stesso giorno, Israele apriva invece le gare d'appalto per la costruzione di altri 1.200 alloggi negli insediamenti dei coloni israeliani a Gerusalemme est.

Israele deve impedire la pace in Medio Oriente

Difficile credere quindi che la preoccupazione israeliana sia rivolta alla minaccia dei razzi di Hamas. Come sempre, a nostro avviso, come già avvenuto nel dicembre 2008, lo scopo dello Stato ebraico è quella di evitare che si arrivi ad una definizione pacifica dei contenziosi che si vanno accumulando come non mai negli ultimi venti anni in Medio Oriente, per salvaguardare esclusivamente gli interessi strategici dello Stato ebraico, che oggi sono soprattutto due: evitare il completamento del processo di pace di Oslo, che Israele considera superato dai fatti, soprattutto in presenza di un fronte politico palestinese dilaniato dalla lotta fra Hamas e Olp; chiudere i conti con la questione iraniana. Non a caso, quindi, Israele colpisce in Palestina subito dopo la rielezioni di Obama, costringendo il presidente americano ad un immediato appoggio alla propria politica di "auto-difesa" che si traduce nella ripresa di violazioni gravissime del diritto internazionale, dati gli effetti di questa nuova operazione di guerra sulla popolazione civile della Striscia di Gaza, già ridotta in condizioni inimmaginabili dal conflitto del 2008. Così facendo, si spazza via non solo qualsiasi possibilità di mediazione con Hamas, ma anche di concedere un sia pur minimo spazio diplomatico all'Egitto di Morsi o ai Paesi arabi reazionari del Golfo. La prospettiva dei due Stati, l'interruzione della politica degli insediamenti nella Cisgiordania, la questione di Gerusalemme e quella, già ricordata, del "diritto al ritorno" vengono una volta ancora travolte da una nuova operazione israeliana.

Ma la questione dell'Iran, rimane quella centrale. L'Iran è in situazione estremamente difficile, per la perdita dell'ultimo alleato possibile, la Siria di Assad, alla cui guerra civile si collega anzi il rischio di un coinvolgimento in una "libanizzazione" che si estenderebbe dalla costa mediterranea al confine della Persia, con uno stillicidio di forze che non potrebbe recare alcun beneficio al regime degli ayatollah. L'Iran è in crisi interna, come dimostra il recente durissimo scambio di lettere fra il presidente Mahmoud Ahmadinejad ed il capo del potere giudiziario Sadegh Larijani, una disputa in cui Ahmadinejad ha finito per attaccare apertamente la stessa guida suprema, Ali Khamenei (che ha preso le parti di Larijani), rilevando, non a torto, che mentre Ahmadinejad è stato "eletto dal popolo", Khamenei no - un attacco che evidenzia la diversa concezione politica di fondo delle due massime autorità iraniane. L'Iran è poi in crisi dal punto di vista economico, poiché la sua moneta, il rial, ha perso in un anno il 75% del suo valore, come hanno evidenziato le preoccupate dichiarazioni di molti esponenti religiosi ed economici iraniani ai primi di ottobre che hanno accusato l'Occidente di condurre una vera e propria guerra economica contro il Paese. 

Kissinger, Obama e Pillar of Defense

Sono le ragioni che possono spiegare il tentativo iraniano di aprire una trattativa diretta con gli Usa, di cui la stampa statunitense ha dato notizie fin dallo scorso 20 ottobre. Una prospettiva di cui si è da ultimo occupato Henry Kissinger sul Washington Post del 16 novembre, in un articolo diretto al neo-eletto presidente Obama nel quale definiva quella iraniana la "questione più urgente che il presidente deve affrontare". Kissinger conclude in maniera molto chiara: "Perché negoziare con un paese che ha dimostrato una tale ostilità ed evasività? Proprio perché la situazione è così tesa. La diplomazia può ottenere come risultato un accordo accettabile. Oppure il suo fallimento mobiliterà il popolo americano ed il mondo, rendendo chiare o le cause di una escalation della crisi fino al livello di una pressione militare, oppure quelle di una sostanziale acquiescenza al programma nucleare iraniano. Qualunque sia il risultato, esso esigerà la volontà di guardare fino in fondo alle sue implicazioni finali. Non ci possiamo permettere un altro disastro strategico".

Precisamente nelle parole di Kissinger risiede a nostro avviso la motivazione della nuova iniziativa militare di Israele: chiudere il varco a qualsiasi trattativa per una sistemazione stabile del Medio Oriente, mantenere alta la tensione sul problema iraniano e, forse, creare le pre-condizioni per quella "escalation della crisi fino al livello di una pressione militare" di cui parla l'ex-segretario di stato americano. Basta poco, in un nuovo clima di guerra come quello che Israele ha aperto in Palestina, perché si aprano possibilità di chiudere anche la partita iraniana: potrebbe essere il nuovo rapporto dell'AIEA, sul quale filtrano indiscrezioni che avvalorano le analisi israeliane di poche settimane perché l'Iran arrivi alla capacità di produrre materiale fissile di uso militare; basta che un nuovo drone, come avvenuto qualche settimana fa, sorvoli i cieli israeliani; basta un'intensificazione della tensione al confine con il Libano, o con la Siria.

Una cosa per noi è certa: non sono i missili di Hamas, l'obiettivo di questa campagna. Per questo, bisognerà prenderla molto sul serio, più di quanto non stiano facendo i media occidentali.

Gaetano Colonna

18.11.2012


http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=11106