Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
mercoledì 16 settembre 2015
Felicità, amicizia, simbiosi, fiducia.
Ognuno di noi, in fondo, resta sempre un bambino.
E, come un bambino, sa custodire i più bei sentimenti.
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martedì 15 settembre 2015
Pd-Articolo 4, i legami tra i Sudano e la Oikos dei Proto «La discarica di Tiritì prende la tessera dei democratici». - Salvo Catalano
CRONACA – A Misterbianco quasi tutto il gruppo dirigente del Pd va verso le dimissioni. A Motta Sant'Anastasia quasi. Sono i due Comuni in cui il matrimonio con il partito di Luca Sammartino e Valeria Sudano non va giù. Questione di valori. E di persone. «È inconcepibile per chi ha fatto della battaglia alla discarica una ragione di vita».
Se c'è un luogo dove il matrimonio tra Pd e Articolo 4 non unisce ma lascia ferite sanguinanti è Motta Sant'Anastasia. La scorsa primavera per giorni i deputati Valeria Sudano e Luca Sammartino si sono fermati nella cittadina del Catanese, per sostenere il loro candidato sindaco, Anastasio Carrà, poi risultato vincitore per una manciata di voti. Un impegno notevole per una cittadina diventata di strategica importanza per la presenza della discarica Tiritì-Valanghe d'inverno. Impianto di proprietà della famiglia Proto, storicamente vicina proprio ai Sudano. Finora Pd e Articolo 4 si sono trovati sulle due parti opposte della barricate. Valori antitetici che ora si chiede di far convivere in un unico contenitore. Differenze da sacrificare sull'altare della capitalizzazione dei voti.
«Per chi come me ha fatto della battaglia alla discarica Tiritì una ragione di vita,è inconcepibile che Articolo 4 prenda la tessera del Pd, è come se fosse la stessa discarica a tesserarsi nel mio ormai ex partito». Massimo La Piana, militante democratico di Misterbianco e candidato a sindaco (sconfitto) del Pd alle ultime elezioni comunali, mastica amaro mentre annuncia le proprie dimissioni dal partito. Ieri nella cittadina del Catanese si è svolta una riunione per decidere cosa fare dopo il matrimonio, sancito dalla direzione regionale, con Articolo 4. «La stragrande maggioranza del gruppo dirigente si dimetterà», annuncia La Piana. A Motta Sant'Anastasia, paese che con Misterbianco condivide la battaglia contro l'impianto, i malumori sono gli stessi, mentre le decisioni al momento si limitano alla stesura di un documento che invita il Pd regionale a tornare sui suoi passi. Seguiranno chiarimenti con la segreteria provinciale. Ma se queste mosse non avranno l'effetto sperato, anche in questo caso si profila l'ipotesi di dimissioni di massa.
I militanti democratici di Misterbianco e Motta non saranno gli unici a consegnare le tessere. La protesta dal basso si allarga, soprattutto nell'ala che fa riferimento a Pippo Civati. In più di 600 tra amministratori, dirigenti locali e semplici militanti hanno sottoscritto una lettera scritta da Valentina Spata, a capo dell'area siciliana che fa riferimento a Civati. Si pone in attesa il sindaco di Misterbianco, Nino Di Guardo, anche lui del Pd. «Confido nella saggezza del mio partito e do per scontato che la nostra politica sulla discarica non cambierà. In caso contrario - continua - se dovesse cedere a eventuali ricatti, non sarebbe più il mio partito. Resta il fatto che l'adesione al Partito Democratico di esponenti politici come Sammartino e Sudano, non è affatto una bella notizia. È noto, infatti, il sostegno che gli stessi hanno profuso per mantenere in vita la discarica di Motta Sant'Anastasia».
Un nome su tutti non va giù ai militanti antidiscarica: Valeria Sudano, deputata regionale di Articolo 4, tra i principali artefici insieme a Luca Sammartino dell'ingresso nel Pd, ma soprattutto nipote dell'ex senatore Mimmo Sudano. La famiglia Sudano è legata a doppio filo ai Proto, titolari della ditta Oikos, a sua volta proprietaria dell'impianto. Il capostipite, Domenico Proto, è sotto processo a Palermo, proprio per le vicende legate alla discarica. «I legami tra le due famiglie sono storici, il Pd ha deciso di assumere una precisa identità nella quale non possiamo riconoscerci», afferma La Piana. Il cugino di Valeria Sudano, Salvatore detto Chicco, figlio dell'ex senatore di Forza Italia Mimmo Sudano, è uno degli avvocati della Oikos. La sede della ditta si trova nello stesso appartamento dello studio legale di Sudano. Il suo nome compare (da non indagato) negli atti del processo Terra Mia, alle prime battute a Palermo. Tra i rinviati a giudizio ci sono il numero uno della Oikos, Domenico Proto e Gianfranco Cannova (dipendente dell'assessorato regionale Territorio e ambiente) che avrebbe rilasciato autorizzazioni alle attività di diversi impianti senza i relativi controlli, accettando denaro, regali e viaggi, agevolando gli iter per gli impianti amici.
È proprio Chicco Sudano, per conto della Oikos, come scrive il gip nell'ordinanza per l'applicazione delle misure cautelari in carcere, a pagare due soggiorni presso l'Hotel Baia Verde di Aci Castello a Cannova. «La disinvolta confidenza tra i due indagati (Cannova e Proto ndr) - scrive ancora il Gip - è avvalorata dagli altri elementi in atti a partire dai contatti intrattenuti dal Cannova anche con l’avvocato Sudano Salvatore (Chicco), il quale ha anche inviato una sua memoria intercettata con e-mail. Un documento di notevole rilevanza dal momento che contiene, in pratica, la risposta che il Cannova a nome dell’ufficio che rappresentava quale funzionario dell’assessorato al Territorio, avrebbe dovuto fornire alla richiesta della Provincia Regionale di Catania di parere sulla chiusura della discarica di contrada Valanghe d’Inverno e sull’annullamento del decreto Aia già emesso». Danilo Festa, esponente del Pd di Motta, ricorda come, quando nel 2013 i comitati sono stati ascoltati alla commissione Rifiuti e ambiente dell'Ars, «Valeria Sudano si mostrò ostile verso le criticità da noi spiegate e quando arrivò Mimmo Proto si abbracciarono calorosamente».
Di certo se qualcosa nella politica del Pd rispetto alla discarica Tiritì cambierà si vedrà a breve. «Entro Pasqua l'impianto verrà chiuso, sono questi i tempi previsti e che vogliamo fare rispettare», spiega il sindaco Di Guardo. «A novembre - aggiunge Festa - dissero che, in base al programma di chiusura fissato della Oikos che prevede il riempimento della struttura, a marzo avrebbero chiuso. Poi si passerà alla fase di bonifica che sarà sempre a carico della Oikos. Vedremo se quanto promesso sarà effettivamente rispettato».
Dall'inchiesta tv alla Procura. I "cambiacasacca" dell'Ars. - Accursio Sabella
Ieri le telecamere di Presa diretta hanno raccontato i "nuovi acquisti" del Pd siciliano. Mentre la Procura, dopo un esposto del Movimento cinque stelle, ha aperto un fascicolo su possibili "favori" del governo ai deputati pronti a passare in maggioranza. Al di là delle indagini, il Parlamento siciliano è l'immagine del trasformismo. Tutte le storie.
PALERMO - L'inchiesta televisiva. E quella della Procura. Il vortice dei cambi di casacca e i dubbi sugli incarichi del governo. La Sicilia è terra di trasformismo, di geometrie politiche che piegano le leggi stesse della geometria, di impasti originalissimi e impensabili.
Su Rai Tre, ieri sera, è andata in scena la rappresentazione plastica della rottamazione siciliana. Tramutatasi in inciucio, calcolo, persino paradosso. Il Pd accoglie tutti. Come fosse la Democrazia cristiana, commentano in tanti, facendo persino torto, forse, al partito di De Gasperi. I renziani prendono tutto. E la trasformazione genetica del partito è eticamente giustificata dai numeri. Cioè dai voti. Non è importante, in fondo, da dove vengano. Da quali storie. Da quali tradizioni.
Ma insieme all'inchiesta giornalistica, ecco profilarsi un'altra indagine, dai contorni ancora non del tutto definiti. Una indagine senza indagati, insomma. Che nasce, però, dalle parole di un deputato regionale, Pippo Sorbello (al momento “in panchina” in seguito all'ennesima pronuncia dei giudici sul ricorso del primo dei non eletti nell'Udc, Edi Bandiera) durante la seduta d'Aula del 4 aprile scorso. Secondo Sorbello, i cambi di casacca all'Ars altro non sarebbero che un metodo scientifico per ottenere in cambio dal governo incarichi per “parenti, amici e amici degli amici”. Frase “raccolta” dai parlamentari grillini che hanno presentato un esposto in Procura. “Pochi giorni dopo – racconta il capogruppo grillino Giorgio Ciaccio – sono stato convocato dalla Digos. Hanno avuto mandato dalla Procura di Palermo di approfondire quell'esposto”. In pratica, un fascicolo è stato aperto. Si vedrà.
Al di là delle responsabilità penali eventualmente da verificare, a unire le due inchieste è il riferimento ai “saltafosso” dell'Assemblea regionale. Tanti. Così tanti da rendere complicata persino la ricostruzione dei loro movimenti. Movimenti in qualche modo favoriti dalla nascita in seno a Sala d'Ercole di gruppi che non esistevano al momento delle elezioni: da Articolo 4 al Pdr, per giungere a Sicilia democratica.
Chi salta dentro il Pd
Ieri, le telecamere di Presa diretta hanno puntato i propri obiettivi verso il Partito democratico. Il “nuovo” Pd, quello che ha cambiato verso con Renzi. Quello, per intenderci, che avrebbe dovuto rottamare e ha preferito, alla fine, rivolgersi all'usato sicuro. Scegliendo, ad esempio, la “Leopolda sicula” voluta da Davide Faraone per dare il benvenuto al partito agli ex di Articolo 4. Si tratta, lo ricordiamo, di Luca Sammartino eletto tra le fila dell'Udc, di Valeria Sudano nipote di Mimmo Sudano big democristiano a Catania e soprattutto eletta col Cantiere popolare dei cuffariani di Saverio Romano. Democristiano si definisce Nello Dipasquale che fu sindaco a Ragusa col Pdl, negli anni in cui il Pd “gli faceva schifo”. L'altro Pd, ovviamente, perché adesso quel partito ha “cambiato verso”, nella direzione di Dipasquale, pronto a cambiare casacca dopo essere stato eletto nel Megafono di Rosario Crocetta ed esser transitato nel gruppo “Territorio”. Alice Anselmo, invece, è riuscita a cambiare cinque gruppi in meno di tre anni dopo essere stata eletta nel listino di Rosario Crocetta. Nell'ordine: Megafono, Territorio, Drs, Udc e appunto Pd. Pippo Nicotra, invece, è stato eletto con l'Udc, poi ha deciso di seguire Lino Leanza in Articolo 4, infine ecco l'approdo a quel Pd che oggi, ha ammesso ai cronisti di Raitre, “somiglia tanto alla Dc”. Il trapanese Paolo Ruggirello viene da una esperienza con l'Mpa di Lombardo e persino da un breve innamoramento per il “nuovo Berlusconi”, quel Luca Samorì che fondò il Mir: i Moderati in rivoluzione. Un paradosso già in partenza, quella forza politica dei moderati rivoluzionari, ma in un certo senso anche un segno premonitore. Il moderato Ruggirello, che verrà eletto addirittura con la Lista Musumeci, quella che faceva capo allo sfidante di Crocetta, giungerà al Pd, dopo aver già sposato la rivoluzione crocettiana col passaggio ad Articolo 4.
I nuovi aspiranti renziani
Ma il Pd della rottamazione trasformista non è riuscito ovviamente ad accaparrarsi l'esclusiva dei cambiacasacca. Dovunque ti volti, vedi deputati seduti su uno scranno dal colore diverso da quello originario. Una mano di vernice e voilà, chi è di destra diventa di sinistra. I moderati diventano “compagni”. È quello che sta accadendo al'interno di due movimenti che – tra polemiche interne e speranze – hanno già deciso di sposare la causa renziana. Movimenti che abbiamo già descritto in un articolo di qualche giorno fa, citato proprio ieri sera dai giornalisti di Presa Diretta. Ci limitiamo a ricordare qui il contenuto di quel servizio. Secondo il capogruppo di Sicilia democratica Totò Lentini, nei giorni della festa dell'Unità, il vicesegretario nazionale Lorenzo Guerini, in occasione della sua partecipazione alla kermesse palermitana, darà la sua “benedizione politica” (e quindi quella del Pd) alla federazione tra il Pdr di Totò Cardinale e, appunto, il movimento che rappresenta uno dei due tronconi in cui si è spezzato Articolo 4. Ma chi fa parte, oggi, di questi gruppi? A chi insomma, il Pd “metterà il bollino” (per usare le parole dello stesso Lentini) di nuovi renziani? C'è intanto lo stesso Lentini, eletto con l'Udc dopo un passato nell'Mpa di Lombardo e transitato da Articolo 4, c'è la vicecapogruppo Luisa Lantieri eletta addirittura con Grande Sud il movimento dell'ex plenipotenziario di Forza Italia in Sicilia Gianfranco Micciché, c'è un cuffariano storico come l'agrigentino Totò Cascio non a caso eletto col Cantiere popolare di Romano e transitato da Articolo 4, c'è Giamabattista Coltraro eletto col Megafono prima di lasciarlo in polemica con Crocetta e infine ecco Pippo Currenti. E qui dobbiamo fermarci un attimo. Il deputato messinese infatti, giunto alla terza legislatura, è riuscito a farsi eleggere più o meno da tutti i partiti di centrodestra che in questi anni hanno “comandato” in Sicilia. La prima elezione è tra le fila di Alleanza Nazionale, la seconda col Pdl, la terza con la Lista Musumeci. In mezzo, una militanza con Futuro e Libertà, il movimento politico fondato, senza troppo successo, da Gianfranco Fini. Se passi al Pdr di Cardinale, poi, puoi imbatterti in Michele Cimino, un berlusconiano della prima ora non a caso finito dentro la prima giunta di Raffaele Lombardo insieme agli ex compagni dell'Udc di Cuffaro, dei berluscones, dei miccicheiani. Con Grande Sud in effetti Cimino verrà eletto a Sala d'Ercole, per poi prenderne le distanze e transitare ai Drs (poi Pdr) di Cardinale appunto. Dove milita un altro ex miccicheiano come Edi Tamajo. Salvo Lo Giudice decise di cambiare casacca prima ancora dell'inizio della partita: pochi giorni dopo le elezioni aveva già deciso di lasciare la Lista Musumeci e passare al movimento “Territorio” di Dipasquale, poi l'approdo appunto al Pdr. Lo stesso capogruppo Beppe Picciolo, che eppure ha un trascorso col Pd, è stato eletto con l'Mpa di Raffaele Lombardo, a sostegno del candidato governatore Gianfranco Micciché.
Dal grillino pentito al deputato "contromano"
Una valzer infinito. Che ha finito per coinvolgere persino il Movimento cinque stelle. Antonio Venturino, una volta messosi in tasca l'elezione a vicepresidente dell'Ars, ha deciso di lasciare i pentastellati, scoprendosi “socialista”. Oggi fa parte di un gruppo “composito” insieme al Megafono di Crocetta. Il Nuovo centrodestra di Alfano, nato ovviamente in seguito alla scissione del Pdl, ha accolto Giovanni Lo Sciuto, eletto tra le fila dell'Mpa di Lombardo. In Forza Italia, invece, finirà l'esperto deputato Riccardo Savona, giunto alla quarta legislatura di fila. Per lui, inizialmente eletto tra le fila di Grande Sud (nonostante avesse lanciato un proprio movimento alleatosi, senza conquistare seggi, col Fli di Fini), il passaggio al Pdr di Totò Cardinale. Per lui si deve parlare di una trasmigrazione “contromano”. Uno dei pochi, insomma, a passare dalla maggioranza all'opposizione. E il motivo è legato a un intervento di Crocetta a una convention del Pdr: il governatore di fatto cacciò Savona prendendo spunto da una vecchia inchiesta sull'Eolico nella quale si era fatto riferimento ai rapporti del deputato con un imprenditore compromesso. E se il “cambio di casacca” di Santi Formica, eletto col Pdl e passato alla Lista Musumeci, è solo tecnico (utile per garantire, numericamente, la sopravvivenza del gruppo parlamentare), paradossale è il cambio di casacca più prestigioso. Quello del governatore. Crocetta, in seguito a feroci polemiche nel Pd, ha lasciato il gruppo Megafono passando a quello dei democratici. E così, a Sala d'Ercole, per mesi potevi imbatterti in una “Lista Crocetta”. Ma senza Crocetta.
Su Rai Tre, ieri sera, è andata in scena la rappresentazione plastica della rottamazione siciliana. Tramutatasi in inciucio, calcolo, persino paradosso. Il Pd accoglie tutti. Come fosse la Democrazia cristiana, commentano in tanti, facendo persino torto, forse, al partito di De Gasperi. I renziani prendono tutto. E la trasformazione genetica del partito è eticamente giustificata dai numeri. Cioè dai voti. Non è importante, in fondo, da dove vengano. Da quali storie. Da quali tradizioni.
Ma insieme all'inchiesta giornalistica, ecco profilarsi un'altra indagine, dai contorni ancora non del tutto definiti. Una indagine senza indagati, insomma. Che nasce, però, dalle parole di un deputato regionale, Pippo Sorbello (al momento “in panchina” in seguito all'ennesima pronuncia dei giudici sul ricorso del primo dei non eletti nell'Udc, Edi Bandiera) durante la seduta d'Aula del 4 aprile scorso. Secondo Sorbello, i cambi di casacca all'Ars altro non sarebbero che un metodo scientifico per ottenere in cambio dal governo incarichi per “parenti, amici e amici degli amici”. Frase “raccolta” dai parlamentari grillini che hanno presentato un esposto in Procura. “Pochi giorni dopo – racconta il capogruppo grillino Giorgio Ciaccio – sono stato convocato dalla Digos. Hanno avuto mandato dalla Procura di Palermo di approfondire quell'esposto”. In pratica, un fascicolo è stato aperto. Si vedrà.
Al di là delle responsabilità penali eventualmente da verificare, a unire le due inchieste è il riferimento ai “saltafosso” dell'Assemblea regionale. Tanti. Così tanti da rendere complicata persino la ricostruzione dei loro movimenti. Movimenti in qualche modo favoriti dalla nascita in seno a Sala d'Ercole di gruppi che non esistevano al momento delle elezioni: da Articolo 4 al Pdr, per giungere a Sicilia democratica.
Chi salta dentro il Pd
Ieri, le telecamere di Presa diretta hanno puntato i propri obiettivi verso il Partito democratico. Il “nuovo” Pd, quello che ha cambiato verso con Renzi. Quello, per intenderci, che avrebbe dovuto rottamare e ha preferito, alla fine, rivolgersi all'usato sicuro. Scegliendo, ad esempio, la “Leopolda sicula” voluta da Davide Faraone per dare il benvenuto al partito agli ex di Articolo 4. Si tratta, lo ricordiamo, di Luca Sammartino eletto tra le fila dell'Udc, di Valeria Sudano nipote di Mimmo Sudano big democristiano a Catania e soprattutto eletta col Cantiere popolare dei cuffariani di Saverio Romano. Democristiano si definisce Nello Dipasquale che fu sindaco a Ragusa col Pdl, negli anni in cui il Pd “gli faceva schifo”. L'altro Pd, ovviamente, perché adesso quel partito ha “cambiato verso”, nella direzione di Dipasquale, pronto a cambiare casacca dopo essere stato eletto nel Megafono di Rosario Crocetta ed esser transitato nel gruppo “Territorio”. Alice Anselmo, invece, è riuscita a cambiare cinque gruppi in meno di tre anni dopo essere stata eletta nel listino di Rosario Crocetta. Nell'ordine: Megafono, Territorio, Drs, Udc e appunto Pd. Pippo Nicotra, invece, è stato eletto con l'Udc, poi ha deciso di seguire Lino Leanza in Articolo 4, infine ecco l'approdo a quel Pd che oggi, ha ammesso ai cronisti di Raitre, “somiglia tanto alla Dc”. Il trapanese Paolo Ruggirello viene da una esperienza con l'Mpa di Lombardo e persino da un breve innamoramento per il “nuovo Berlusconi”, quel Luca Samorì che fondò il Mir: i Moderati in rivoluzione. Un paradosso già in partenza, quella forza politica dei moderati rivoluzionari, ma in un certo senso anche un segno premonitore. Il moderato Ruggirello, che verrà eletto addirittura con la Lista Musumeci, quella che faceva capo allo sfidante di Crocetta, giungerà al Pd, dopo aver già sposato la rivoluzione crocettiana col passaggio ad Articolo 4.
I nuovi aspiranti renziani
Ma il Pd della rottamazione trasformista non è riuscito ovviamente ad accaparrarsi l'esclusiva dei cambiacasacca. Dovunque ti volti, vedi deputati seduti su uno scranno dal colore diverso da quello originario. Una mano di vernice e voilà, chi è di destra diventa di sinistra. I moderati diventano “compagni”. È quello che sta accadendo al'interno di due movimenti che – tra polemiche interne e speranze – hanno già deciso di sposare la causa renziana. Movimenti che abbiamo già descritto in un articolo di qualche giorno fa, citato proprio ieri sera dai giornalisti di Presa Diretta. Ci limitiamo a ricordare qui il contenuto di quel servizio. Secondo il capogruppo di Sicilia democratica Totò Lentini, nei giorni della festa dell'Unità, il vicesegretario nazionale Lorenzo Guerini, in occasione della sua partecipazione alla kermesse palermitana, darà la sua “benedizione politica” (e quindi quella del Pd) alla federazione tra il Pdr di Totò Cardinale e, appunto, il movimento che rappresenta uno dei due tronconi in cui si è spezzato Articolo 4. Ma chi fa parte, oggi, di questi gruppi? A chi insomma, il Pd “metterà il bollino” (per usare le parole dello stesso Lentini) di nuovi renziani? C'è intanto lo stesso Lentini, eletto con l'Udc dopo un passato nell'Mpa di Lombardo e transitato da Articolo 4, c'è la vicecapogruppo Luisa Lantieri eletta addirittura con Grande Sud il movimento dell'ex plenipotenziario di Forza Italia in Sicilia Gianfranco Micciché, c'è un cuffariano storico come l'agrigentino Totò Cascio non a caso eletto col Cantiere popolare di Romano e transitato da Articolo 4, c'è Giamabattista Coltraro eletto col Megafono prima di lasciarlo in polemica con Crocetta e infine ecco Pippo Currenti. E qui dobbiamo fermarci un attimo. Il deputato messinese infatti, giunto alla terza legislatura, è riuscito a farsi eleggere più o meno da tutti i partiti di centrodestra che in questi anni hanno “comandato” in Sicilia. La prima elezione è tra le fila di Alleanza Nazionale, la seconda col Pdl, la terza con la Lista Musumeci. In mezzo, una militanza con Futuro e Libertà, il movimento politico fondato, senza troppo successo, da Gianfranco Fini. Se passi al Pdr di Cardinale, poi, puoi imbatterti in Michele Cimino, un berlusconiano della prima ora non a caso finito dentro la prima giunta di Raffaele Lombardo insieme agli ex compagni dell'Udc di Cuffaro, dei berluscones, dei miccicheiani. Con Grande Sud in effetti Cimino verrà eletto a Sala d'Ercole, per poi prenderne le distanze e transitare ai Drs (poi Pdr) di Cardinale appunto. Dove milita un altro ex miccicheiano come Edi Tamajo. Salvo Lo Giudice decise di cambiare casacca prima ancora dell'inizio della partita: pochi giorni dopo le elezioni aveva già deciso di lasciare la Lista Musumeci e passare al movimento “Territorio” di Dipasquale, poi l'approdo appunto al Pdr. Lo stesso capogruppo Beppe Picciolo, che eppure ha un trascorso col Pd, è stato eletto con l'Mpa di Raffaele Lombardo, a sostegno del candidato governatore Gianfranco Micciché.
Dal grillino pentito al deputato "contromano"
Una valzer infinito. Che ha finito per coinvolgere persino il Movimento cinque stelle. Antonio Venturino, una volta messosi in tasca l'elezione a vicepresidente dell'Ars, ha deciso di lasciare i pentastellati, scoprendosi “socialista”. Oggi fa parte di un gruppo “composito” insieme al Megafono di Crocetta. Il Nuovo centrodestra di Alfano, nato ovviamente in seguito alla scissione del Pdl, ha accolto Giovanni Lo Sciuto, eletto tra le fila dell'Mpa di Lombardo. In Forza Italia, invece, finirà l'esperto deputato Riccardo Savona, giunto alla quarta legislatura di fila. Per lui, inizialmente eletto tra le fila di Grande Sud (nonostante avesse lanciato un proprio movimento alleatosi, senza conquistare seggi, col Fli di Fini), il passaggio al Pdr di Totò Cardinale. Per lui si deve parlare di una trasmigrazione “contromano”. Uno dei pochi, insomma, a passare dalla maggioranza all'opposizione. E il motivo è legato a un intervento di Crocetta a una convention del Pdr: il governatore di fatto cacciò Savona prendendo spunto da una vecchia inchiesta sull'Eolico nella quale si era fatto riferimento ai rapporti del deputato con un imprenditore compromesso. E se il “cambio di casacca” di Santi Formica, eletto col Pdl e passato alla Lista Musumeci, è solo tecnico (utile per garantire, numericamente, la sopravvivenza del gruppo parlamentare), paradossale è il cambio di casacca più prestigioso. Quello del governatore. Crocetta, in seguito a feroci polemiche nel Pd, ha lasciato il gruppo Megafono passando a quello dei democratici. E così, a Sala d'Ercole, per mesi potevi imbatterti in una “Lista Crocetta”. Ma senza Crocetta.
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La fronda del Pd in Sicilia: “Quelli di Articolo 4 non li vogliamo”. E il partito perde 10.000 euro al mese…
Alta tensione nel Partito Democratico in Sicilia dopo la comunicazione dell’avvenuta “fusione” con Articolo 4, il partito degli autonomisti che a sua volta ingloba molti ex Mpa, persone che hanno una storia a volte lontanissima, se non contrapposta, a quella dei democratici. Alla faccia della rottamazione….
L’ingresso di Articolo 4 nel Pd assume poi un valore particolare a Trapani dove Articolo 4 è, essenzialmente, Paolo Ruggirello, uomo dalle migliaia di preferenze, che alle ultime elezioni regionali è stato eletto con il centrodestra. “Lo abbiamo saputo da Roma” dicono i dirigenti locali del Pd dopo la notizia dell’accordo con Articolo 4. Nel fine settimana è stato un rincorrersi di riunioni, telefonate, incontri. Nessuno vuole Ruggirello nel Pd, ma nessuno vuole fare la prima mossa. “Non è una questione di voti e di peso elettorale – dice un dirigente trapanese del Pd – ma di rispetto del territorio, dei ruoli. Noi e Ruggirello abbiamo storie diversissime”. E mentre c’è chi ricorda le ultime vicende giudiziarie che hanno coinvolto esponenti di Articolo 4, come il consigliere comunale di Castelvetrano Lillo Giambalvo arrestato per mafia, proprio da Castelvetrano e da Marsala vengono due nodi politici difficili da risolvere: a Castelvetrano il Pd è appena uscito dalla Giunta del Sindaco Felice Errante, che ha contribuito a fare eleggere, perchè quest’ultimo ha preferito l’abbraccio del suo ex avversario Giovanni Lo Sciuto, supportato proprio da Articolo 4. Paradossalmente, dunque, in questo momento a Castelvetrano il Pd è all’opposizione di un Sindaco che però ha fatto eleggere nel 2012, mentre un altro pezzo di Pd – Articolo 4 è in giunta. E che dire di Marsala, dove Alberto Di Girolamo ha vinto le primarie del Pd per la scelta del candidato Sindaco di centrosinistra, chiudendo di fatto l’alleanza elettorale con Articolo 4, che insiste per candidare Enzo Sturiano, presidente del consiglio comunale. In questo momento il Pd avrebbe due candidati Sindaci… A Tremestieri Etneo, Santi Rando (Articolo 4), proprio ieri, ha annunciato la sua candidatura a sindaco. Anche a Bronte, Marsala e Gela potrebbero nascere i primi conflitti. Intanto, sabato e domenica prossimi è in programma a Palermo la «Leopolda siciliana» che avrà 24 tavoli tematici a cui parteciperanno circa mille persone.
Tenta di gettare acqua sul fuoco il segretario siciliano del Pd, Fausto Raciti: “Il Partito democratico è aperto a tutte le soggettività senza mai perdere la “bussola”, ha detto in occasione della direzione regionale del Partito. Il segretario regionale ha spiegato come i democratici propendano per un modello di allargamento ed irrobustimento del partito che va, comunque, governato dal punto di vista politico: “E un processo che va gestito politicamente in maniera serena, fuori dai giochi di corrente, fuori dai meccanismi interni del PD e con assoluta serietà. La bussola del Pd è la capacità di ritrovarci con queste realtà, a volte soggetti politici, altre volte amministratori, a volte ancora singoli deputati, in una condizione dove loro riconoscano il percorso del Pd e in cui questa volontà di costruire un cammino insieme non diventi un tentativo di “occupazione” del Pd. Lo spirito di disponibilità con cui Articolo 4 si sta approcciando a questa vicenda, è quello giusto. Una forza politica che si mette a disposizione del Pd e del suo processo di allargamento è un fatto significativo ma la forza politica deve necessariamente cessare la propria attività”. Raciti insiste sul criterio da adottare che deve essere “equanime e politico. Laddove siamo in grado di costruire un percorso politico comune, dobbiamo procedere al tentativo di allargare l’esperienza del Partito democratico”.
La preoccupazione è rappresentata dal fatto che nuovi soggetti politici possano disturbare i rapporti di forza interni e portare ad una frammentazione che mini l’identità del partito ma Raciti è molto chiaro, non vuol sentir parlare di divisioni e afferma che occorre partire dal punto fermo che lui chiama “bussola, ovvero la capacità di stare insieme alle realtà che offrono la loro disponibilità ad unirsi al PD riconoscendosi nel progetto democratico. Spero e auspico che ci sia un approccio di tutte quelle soggettività che vogliano intraprendere un percorso insieme, un percorso di inclusione del PD”.
PD SICILIANO SENZA SOLDI. Nessuno paga la sua quota e chi lo fa invoca almeno una rateizzazione. Nel Pd siciliano scoppia il caso dei deputati morosi. «Pubblicherò a breve i nomi di quei deputati iscritti al Pd che non hanno pagato quanto dovuto al partito in Sicilia, mentre non solleciterò più agli assessori Pd freschi di nomina, perché altrimenti mi potrebbero denunciare per estorsione…».
È lo sfogo del tesoriere del Partito democratico siciliano Tuccio Alessandro, che è intervenuto stamane alla direzione regionale del Pd a Palermo.
«Abbiamo una perdita mensile secca di diecimila euro – dice Alessandro – Così non possiamo continuare. La situazione finanziaria del partito è drammatica. Io fino a ora, anche per salvaguardare l’immagine del partito, non ho tirato i nomi dei deputati che non pagano quanto spetta loro come previsto, perché non è una bella cosa andare sulla stampa con i nomi e i cognomi. Ma li pubblicherò sul sito non appena approverete i bilanci».
«Abbiamo una perdita mensile secca di diecimila euro – dice Alessandro – Così non possiamo continuare. La situazione finanziaria del partito è drammatica. Io fino a ora, anche per salvaguardare l’immagine del partito, non ho tirato i nomi dei deputati che non pagano quanto spetta loro come previsto, perché non è una bella cosa andare sulla stampa con i nomi e i cognomi. Ma li pubblicherò sul sito non appena approverete i bilanci».
E spiega che «ognuno dei deputati che non pagano da le sue motivazioni: c’è chi dice che già contribuisce al Circolo, c’è chi dice che deve non vuole finanziare una fazione opposta alla sua perché poi le risorse vengono usate contro di lui».
Il contributo previsto per i deputati nazionali è di 25 mila euro per la campagna elettorale. «Alcuni hanno pagato, altri hanno chiesto la rateizzazione e stanno pagando, altri non hanno mai iniziato i versamenti e nonostante qualche sollecitazione vengo considerato lo schiavo della serva. Anche questi saranno pubblicati sul sito non appena approveremo i bilanci, perché è un dovere». Parlando poi dei dipendenti del Pd in cassa integrazione, Alessandro annuncia: «Se non viene riapprovata la cassa integrazione, saremo costretti a licenziare».
lunedì 14 settembre 2015
Sudafrica, spunta nuova specie umana: l'Homo Naledi riscrive la storia dell'evoluzione.
Il ritrovamento è avvenuto in una grotta a 50 chilometri da Johannesburg. Per gli scienziati si tratta di una svolta nella ricerca della nostra evoluzione.
Maropeng, 10 settembre 2015 - Gli scienziati parlano di una vera e propria svolta nella storia della nostra evoluzione: da una caverna del Sudafrica sono emersi resti di una nuova specie umana, finora sconosciuta. Si tratta dell'Homo Naledi, così perlomeno è stato ribattezzato dalla spedizione guidata dallo studioso Lee Berger, professore dell'università 'Witwatersrand' di Johannesburg. I fossili mostrano un sorprendente mix di caratteristiche umane. Potrebbe trattarsi di uno dei primi membri del gruppo evolutivo che comprende l'uomo moderno.
IL RITROVAMENTO - Il ritrovamento è avvenuto in una grotta a 50 chilometri da Johannesburg, dove sono stati esumati i resti di 15 ominidi. Il nome Naledi significa "stella nascente" nella lingua Sesotho, parlata da alcune tribù sudafricane. Sono ancora molti gli aspetti da chiarire, ad esempio l'età delle ossa ritrovate, anche se sembra certo che quei resti appartengano a persone probabilmente portate nella grotta dopo la loro morte. Un comportamento rituale finora ritenuto un'esclusiva dell'Homo sapiens. "Ora abbiamo visto che un'altra specie aveva questa stessa capacità - dice Berger -. Questa è una scoperta straordinaria".
LE CARATTERISTICHE - Cervello minuscolo (come un'arancia), corpo snello di circa 150 centimetri di altezza e 45 chili di peso. Sono queste alcune delle caratteristiche fisiche dell'Homo Naledi in base all'esame dei reperti. La forma delle mani, inoltre, suggerisce una certa abilità nell'usare utensili, anche se le sue dita sono più ricurve di ogni altra specie ominide. Questo dimostrerebbe notevoli doti di arrampicata.
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Si tratta di una nuova specie, vissuta probabilmente 3 milioni di anni fa. (focus)
Le parcelle, le accuse, l'inchiesta. La galassia dei beni confiscati. - Riccardo Lo Verso
Amministratori giudiziari, consulenti a vario titolo, periti, commissari liquidatori, presidenti e consiglieri di amministrazione: nomine che si basano sul rapporto di stima e di conoscenza fra chi sceglie e chi viene scelto. La giustizia è una grande occasione di lavoro.
PALERMO - La parola d'ordine è fiducia. Perché fiduciari sono gli incarichi che ruotano attorno alla gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia. Amministratori giudiziari, consulenti a vario titolo, periti, commissari liquidatori, presidenti e consiglieri di amministrazione: una galassia di nomine che si basa sul rapporto di stima e di conoscenza fra chi sceglie e chi viene scelto. Nomine giudiziarie e nomine "politiche". Senza contare gli incarichi - anch'essi fiduciari - assegnati dai pubblici ministeri, le consulenze tecniche disposte dai Tribunali in sede penale o civile e gli incarichi conferiti ai curatori dei fallimenti. La giustizia è una grande occasione di lavoro e guadagni, ma questa è un'altra storia.
In mancanza di un apposito albo dei professionisti da cui attingere la gestione dei beni strappati ai boss può reggersi sulla sola fiducia oppure, come in molti denunciano, ha finito per dare vita a dei centri di potere? È innegabile: l'esigenza di combattere la mafia colpendo i patrimoni dei boss è diventata una enorme macchina economica che va gestita a suon di incarichi. Quasi 10.500 immobili, circa 4.000 beni mobili e oltre 1.500 aziende che valgono 30 miliardi di euro e che generano incarichi, polemiche e, da qualche giorno, anche inchieste giudiziarie. Un patrimonio sterminato. Basti pensare che per la promozione della legalità e l'uso sociale dei beni confiscati alle mafie è nata una associazione non governativa, Libera, oggi alla testa di un coordinamento di oltre 1500 tra associazioni e gruppi, che gestisce 1.400 ettari di terreni, dà lavoro a 126 persone e muove un fatturato che nel 2013 ha sfiorato i sei milioni di euro.
Un terremoto si è abbattuto da giorni sul Palazzo di giustizia di Palermo dove la presidente della Sezione misure di prevenzione Silvana Saguto ha lasciato l'incarico dopo essere finita nel registro degli indagati assieme al più noto degli amministratori giudiziari, Gaetano Cappellano Seminara. Quest'ultimo avrebbe affidato incarichi al marito del magistrato in una partita di giro, sporca e presunta. Nell'indagine sono coinvolti anche altri tre magistrati palermitani.
Di incarichi, parcelle d'oro, chiacchieratissimi conflitti di interessi e ragioni di opportunità si parla da tempo. Ora la questione si sposta sul piano penale, sfociando in un'inchiesta che ipotizza gravissimi reati: corruzione, induzione alla concussione e abuso d'ufficio. Trovare le prove è compito della Procura di Caltanissetta che da giorni cerca negli uffici del Tribunale i riscontri alle “ipotesi di corruttela”. L'inchiesta alimenta il tema della trasparenza nell'assegnazione degli incarichi. E si ritorna all'interrogativo iniziale: la scelta di chi deve gestire i beni può basarsi sul solo rapporto di fiducia fra chi assegna gli incarichi e chi li riceve? La fiducia può sgombrare il campo dai dubbi su alcune nomine? Da anni si parla di riforma del codice antimafia nella parte che riguarda i beni confiscati. Si avverte, dunque, la necessità di rivedere un sistema che rappresenta la più grande holding economica del Paese. Tra i fattori da risolvere in fretta, secondo il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, ci sono “l'eccessiva lunghezza dei tempi del processo di prevenzione e la mancata attuazione dell'albo degli amministratori giudiziari che impone criteri di rotazione, il divieto di cumulo degli incarichi, e una maggiore trasparenza nel conferimento degli incarichi".
Gli stessi incarichi che non convincevano il prefetto Giuseppe Caruso, fino al 2014 direttore dell'Agenzia nazionale dei beni confiscati: troppi affidamenti concentrati in poche mani. Concetto che ha ribadito in queste ore. Per la verità, negli ultimi tempi, le cose sono cambiate con i sequestri assegnati ad una cinquantina di nomi nuovi, fra avvocati e commercialisti. Caruso, due anni fa, puntò il dito contro Cappellano Seminara per il fatto che avesse incassato una parcella milionaria per la lunghissima amministrazione giudiziaria del patrimonio del costruttore Vincenzo Piazza e nel contempo pure i 150 mila euro come presidente del consiglio di amministrazione della Immobiliare Strasburgo dello stesso Piazza. A Caruso, ironia della sorte, la commissione parlamentare antimafia, chiese chiarimenti sulla nomina del "successore" di Cappellano Seminara, l'avvocato Andrea Gemma, da lui chiamato ad amministrare il patrimonio di Piazza una volta confiscato definitivamente e per questo passato sotto la competenza dell'Agenzia. Perché ad un certo punto la gestione dei patrimoni strappati ai boss passa di mano dalla magistratura alla politica, dai Tribunali all'ente del ministero dell'Interno. Sulla scelta di Gemma aveva pesato la sua vicinanza con il ministro Angelino Alfano? "Gemma - spiegò Caruso - è stato segnalato in sede di consiglio direttivo come persona che aveva già risolto il problema Valtur”. Già, la Valtur di cui Gemma, già consulente in passato di Alfano quando era ministro della Giustizia, è stato uno dei tre commissari straordinari scelti dal dicastero dello Sviluppo economico con l'obiettivo di mettere a posto i conti disastrati del gruppo turistico ormai in stato di insolvenza. In precedenza Gemma era stato nominato anche liquidatore di un'importante gruppo assicurativo e infine anche all'Eni.
Fiducia, sempre fiducia: un criterio, abbinato alle presupposte e necessarie capacità, che deve servire a blindare i beni ed evitare che tornino nelle mani sbagliate, ma che finisce per alimentare sospetti e veleni. Che non hanno risparmiato, ad esempio, la scelta della Saguto di affidare a Walter Virga la gestione di due tra i più importanti sequestri eseguiti in città negli ultimi anni. Quelli che hanno colpito i beni della famiglia Rappa (compresi una concessionaria di auto di lusso e l'emittente televisiva Trm) e la catena dei negozi Bagagli. Virga, il cui nome rispondeva nella logica di chi lo scelto alla volontà di trovare nuove figure, è un giovane avvocato, ma anche figlio di Tommaso, pure lui magistrato. E al Palazzo si mugugnava. Oggi si scopre, nella stessa inchiesta che ha coinvolto la Saguto, che l'incarico assegnato al figlio - questa è l'ipotesi - sarebbe un riconoscimento nei confronti del padre che aveva aiutato la Saguto durante un procedimento davanti al Csm, di cui Tommaso Virga è stato consigliere togato.
I beni confiscati sono un approdo per tanti ex. Ex magistrato, per l'esattezza ex procuratore generale a Messina, è Luigi Croce scelto dall'Agenzia dei beni confiscati come consigliere delegato di Villa Santa Teresa, la casa di cura bagherese confiscata all'ingegnere Michele Aiello, ex re della sanità privata siciliana, condannato per associazione mafiosa. Il consiglio di amministrazione è presieduto da un altro ex, il prefetto Giosuè Marino, per un periodo assessore regionale. Uomini delle istituzioni al di sopra di ogni sospetto che, però, non sono rimasti immuni dal brusio dei corridoi del palazzo. Eppure, dicono in tanti, basterebbe una riforma che facesse davvero un'operazione di trasparenza affinché la fiducia non finisse per apparire o, nella peggiore delle ipotesi, qualora la recente inchiesta approdasse ad un giudizio di colpevolezza, addirittura essere un separé per evitare gli occhi indiscreti.
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Mai più bollette: arriva la scatola che permette di vivere gratis.
Vuoi eliminare per sempre contratti e bollette? Con Off Grid Box non c'è bisogno di allacci e non si inquina: ecco il primo sistema che rende indipendente qualsiasi casa.
"Zero allacci, zero inquinamento, soddisfazione infinita": si legge sul sito di Off Grid Box, la prima scatola domestica capace di rendere indipendente da allacci e bollette qualsiasi abitazione. Niente più contratti per la luce, acqua, rifiuti o gas, vivere senza bollette, in autonomia totale, può sembrare un'utopia, ma con Off Grid Box è realtà. Da oggi è possibile vivere completamente gratis con Off Grid Box, un dispositivo di ultima generazione ideato dalla Fabbrica del Sole di Arezzo e presentato in tutta la sua efficienza ad Expo Milano 2015, in collaborazione con Oxfam, fino al 6 settembre 2015 in Cascina Triulza.
in foto: Off Grid Box in sostegno di oltre 2 mila abitanti delle Filippine colpiti dal passaggio del tifone Hayan del 2013
Che cos'è Off Grid Box?
Il modulo brevettato dalla Fabbrica del Sole è un dispositivo costituito da un piccolo container che può rendere indipendente qualsiasi unità abitativa. Off Grid Box è un modulo di autosufficenza in grado di produrre energia elettrica, raccogliere e trattare l’acqua piovana per usi domestici e l’irrigazione, produrre acqua calda sanitaria, riscaldare l'aria e altre numerose funzioni.
Come funziona Off Grid Box?
Il dispositivo Off-grid, che significa "disconnesso dalle reti", contiene al suo interno un pacchetto di pannelli solari fotovoltaici che si estraggono e si montano sul tetto del container per produrre energia. "L’Off Grid Box ci permette di produrne fino a 20 kWp, stoccarla in sicurezza in robusti accumulatori e convertirla in corrente alternata da usare proprio come quella della rete elettrica ma gratis!", spiegano gli ideatori di questo rivoluzionario dispositivo. "Il tetto fotovoltaico convoglia l’acqua piovana con una grondaia nella cisterna interna da 1500 litri. Una pompa ad alta efficienza con dei filtri meccanici ed UV (Ultra-Violetto) la debatterizzano per poterla usare in casa, nel giardino o nell’orto". E se ci si trova in posti dove non c'è molto sole, Off Grid Box è capace di usare anche la potenza del vento grazie ad una turbina che produce energia necessaria per rendere autosufficiente ogni abitazione.
Quanto spazio occupa Off Grid Box?
Il modulo ideato è un piccolo container di 2 metri di altezza per 2 metri di larghezza e 2 di lunghezza. È stato scelto un container per contenere tutto il necessario perché facilmente reperibile, robusto, facile da trasportare e costituisce un’ottima base per creare un locale tecnico aggiuntivo; si può anche parzialmente interrare, colorare o rivestire di legname e verde rampicante. Può essere installato fuori la propria abitazione singola da staccare da qualsiasi allaccio, o in un cortile di un palazzo, semmai a gruppi di moduli, per rendere autosufficiente anche un condominio.
Quanto costa Off Grid Box?
Il piccolo container di autosufficienza parte da un modello base di 15000 euro fino ai 30000 euro per il modello full optional che comprende anche un sistema di connessione internet e la caldaia a pellet o a legna in base al luogo di installazione dell'Off Grid Box. Una spesa iniziale impegnativa ma che vi permetterà di vivere completamente gratis in futuro. E in Italia il costo è finanziato al 100% determinando un risparmio netto dal primo giorno di utilizzo.
Come usare Off Grid Box?
Off Grid Box consente di eliminare per sempre contratti e bollette perché alimentato solo da pioggia, vento e sole, protegge l'ambiente perché usa fonti di energia rinnovabile e quindi ha un impatto zero sull'ecosistema; è perfetto per chi ha una casa indipendente e un piccolo spazio esterno in cui collocare il dispositivo, ma anche per chi vive in condominio. Off Grid Box può essere inoltre usato in caso di emergenze e crisi come è stato fatto nel nord della regione filippina del Cebu, duramente colpita dal passaggio del tifone Hayan nel 2013. Off Grid Box è stato usato per far fronte alle necessità primarie di una popolazione, come quella delle Filippine, rimasta del tutto priva di beni e servizi essenziali: oltre a fornire energia elettrica, Off Grid Box è stato utilizzato per produrre 6.000 litri d’acqua al giorno grazie anche ad un dissalatore ad osmosi inversa, completamente autosufficiente, contenuto all’interno del dispositivo, che rende l’acqua di mare potabile. Oltre 2.000 persone oggi nelle Filippine si servono dell’acqua e dell’energia fornite dai tre dispositivi Off Grid installati, gratuitamente e senza alcun impatto sull’ambiente. Dalle Filippine a Milano, passando per Arezzo, il lavoro realizzato a fianco della popolazione delle Filippine grazie all’Off Grid Box, e tutte le sue rivoluzionarie possibilità, è presentato in questi giorni ad Expo Milano 2015 fino al 6 settembre.
Il futuro è Off-Grid.
http://design.fanpage.it/mai-piu-bollette-off-grid-box-la-scatola-che-permette-di-vivere-gratis/
Leggi anche: http://www.greenme.it/abitare/risparmio-energetico/15742-off-grid-tesla-batteria-autoconsumo
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