lunedì 28 maggio 2018

Bannon: 'Italia non sovrana, disgustoso'

Bannon: 'Italia non sovrana, disgustoso'


(ANSA) - ROMA, 28 MAG - Quanto successo in Italia a livello politico nelle ultime 48 ore è "disgustoso" ma anche "fascista e antidemocratico": è l'opinione dell'ex stratega di Donald Trump Steve Bannon, intervenuto a un incontro a Roma. "Poteri, capitali e media stranieri hanno preso la sovranità dell'Italia", sostiene Bannon, che punta il dito contro "il partito globalista di Davos". Quanto al premier incaricato Cottarelli, secondo Bannon si tratta di "un altro tecnocrate dal Fmi".

https://www.msn.com/it-it/notizie/mondo/bannon-italia-non-sovrana-disgustoso/ar-AAxVzob?li=BBqfUd8

Il comunicato di Paolo Savona: «Voglio un’Europa diversa, più forte ma più equa»



Il testo integrale della lettera del professore candidato ministro dell’Economia.

Il professor Paolo Savona, indicato come ministro dell’economia del nuovo governo Lega-M5S ma sulla cui nomina si è acceso uno scontro con il Quirinale, ha diffuso una nota in cui chiarisce le sue posizioni. Il documento è comparso sul sito scenarieconomici.it. Eccone il testo integrale.

«Non sono mai intervenuto in questi giorni nella scomposta polemica che si è svolta sulle mie idee in materia di Unione Europea e, in particolare, sul tema dell’euro, perché chiaramente espresse nelle mie memorie consegnate all’Editore il 31 dicembre 2017, circolate a stampa in questi giorni, in particolare alle pagine 126-127. Per il rispetto che porto alle Istituzioni, sento il dovere di riassumerle brevemente:

– Creare una scuola europea di ogni ordine e grado per pervenire a una cultura comune che consenta l’affermarsi di consenso alla nascita di un’unione politica.
– Assegnare alla BCE le funzioni svolte dalle principali banche centrali del mondo per perseguire il duplice obiettivo della stabilità monetaria e della crescita reale.
– Attribuire al Parlamento europeo poteri legislativi sulle materie che non possono essere governate con pari efficacia a livello nazionale.
– Conferire alla Commissione Europea il potere di iniziativa legislativa sulle materie di cui all’art. 3 del Trattato di Lisbona.
– Nella fase di attuazione, prima del suo scioglimento, assegnare al Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo compiti di vigilanza sulle istituzioni europee per garantire il rispetto degli obiettivi e l’uso dei poteri stabiliti dai nuovi accordi.

Per quanto riguarda la trasposizione di questi miei convincimenti nel programma di Governo non posso che riferirmi al contenuto del paragrafo 29, pagine 53-55, del Contratto stipulato tra la Lega e il M5S, nel quale vengono specificati gli intenti che verranno perseguiti dal Governo che si va costituendo “alla luce delle problematicità emerse negli ultimi anni“; queste inducono a chiedere all’Unione Europea “la piena attuazione degli obiettivi stabiliti nel 1992 con il Trattato di Maastricht, confermati nel 2007 con il Trattato di Lisbona, individuando gli strumenti da attivare per ciascun obiettivo” che nel testo che segue vengono specificati.

Anche per le preoccupazioni espresse nel dibattito sul debito pubblico e il deficit il riferimento d’obbligo è il paragrafo 8 di pagina 17 del Contratto in cui è chiaramente detto che “L’azione del Governo sarà mirata a un programma di riduzione del debito pubblico non già per mezzo di interventi basati su tasse e austerità – politiche che si sono rivelate errate ad ottenere tale obiettivo – bensì per il tramite della crescita del PIL, da ottenersi con un rilancio della domanda interna dal lato degli investimenti ad alto moltiplicatore e politiche di sostegno del potere di acquisto delle famiglie, sia della domanda estera, creando condizioni favorevoli alle esportazioni.”

Spero di aver contribuito a chiarire quali sono le mie posizioni sul tema dibattuto e quelle del Governo che si va costituendo interpretando correttamente la volontà del Paese. Sintetizzo dicendo: Voglio un Europa diversa, più forte, ma più equa».

venerdì 25 maggio 2018

“Berlusconi ha dato 3 milioni alla moglie di Dell’Utri durante la detenzione”. La Finanza segnala versamenti ‘anomali’.

Dell'Utri con Berlusconi

Tra il novembre 2016 e il febbraio 2017, mentre il fondatore di Forza Italia era già rinchiuso nel carcere di Parma, Berlusconi ha "donato" oltre 3 milioni in pochi mesi ai familiari dell'ex senatore. La segnalazione arrivata da Bankitalia e analizzata dai finanzieri - scrive La Stampa - ha prodotto una "relazione tecnica" inviata alla procura di Milano.


Silvio Berlusconi ha “donato” oltre 3 milioni di euro alla famiglia di Marcello Dell’Utri tra il novembre 2016 e il febbraio 2017, mentre il fondatore di Forza Italia ed ex senatore era già rinchiuso nel carcere di Parma per scontare la condanna a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa“Prestiti infruttiferi”, è scritto nella causale dei versamenti analizzati dall’Ufficio informazioni finanziarie di Bankitalia e dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza che hanno segnalato “l’operatività sospetta” alla procura di Milano.
“L’anomala operatività registrata su tre conti correnti intestati a Ratti Miranda Anna“, la moglie dell’amico ed ex socio di Berlusconi, scrive La Stampa, è finita nel mirino degli investigatori durante un fascicolo aperto a carico di Dell’Utri per bancarotta, senza che quel filone portasse a iscrizioni nel registro degli indagati per i pagamenti ora nuovamente nel mirino degli inquirenti. Tre milioni e 328mila euro, a tanto ammontano, solo per il periodo in esame, le “donazioni” fatte dall’ex cavaliere alla moglie e ai tre figli del fondatore di Forza Italia. Solo il 9 dicembre 2016, la moglie di Dell’Utri ha ricevuto due bonifici da “150mila e 100mila euro”provenienti da conti di Berlusconi, che nelle scorse settimane ha “rotto” il protocollo istituzionale durante le consultazioni al Quirinale per parlare a Sergio Mattarella delle condizioni di salute del suo amico.
Quella somma, nel giro di pochi giorni, è finita sui conti di uno degli avvocati dell’ex senatore con causale “spese legali”. Nella relazione firmata dall’Uif e dai finanzieri, però, si legge che in quei mesi “la provvista sul rapporto in argomento risulta costituita da due bonifici per complessivi 2,5 milioni di euro, disposti da Berlusconi Silvio, nonché da numero sei bonifici per un importo complessivo di 828mila euro disposti dalla stessa Ratti da altro rapporto alla stessa intestata”. E tra i beneficiari – scrive La Stampa – non c’è solo la moglie, perché anche i figli di Dell’Utri hanno ricevuto corpose donazioni. Sul conto della figlia Marina vengono segnalati come “anomali” nove bonifici nel 2016 per oltre un milione di euro disposti dalla moglie di Dell’Utri nuovamente come “prestiti infruttiferi”. A loro volta, quei soldi, stando alla relazione inviata in procura, sono poi finiti per “finanziamento soci” nel conto di una società con sede operativa a Santo Domingo che “risulterebbe inattiva”.
Con un “giro” simile alla vigilia della sentenza della Cassazione, che annullò con rinvio il processo d’appello in cui Dell’Utri era stato condannato a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, furono 15 i milioni transitati prima dal conto di Berlusconi a quello della moglie dell’allora senatore Pdl, e poco dopo gran parte di quella cifra, 11 milioni, sarebbe stata spostata da lì a un altro conto in una banca sempre a Santo Domingo. Gli investigatori rintracciarono i pagamenti nel corso di un’indagine, poi archiviata, per una presunta estorsione da parte del fondatore di Forza Italia ai danni dell’ex premier.
“Prestiti infruttiferi” come quelli concessi alla famiglia Dell’Utri furono disposti da Berlusconi anche agli ospiti delle “cene eleganti” ad Arcore e sono al centro di più indagini e processi– spacchettati in sette procure, da Torino a Siena – per corruzione in atti giudiziari che vedono coinvolto l’ex premier. E altri 27 milioni di euro arrivati da Publitalia ad Alberto Bianchi, amico di Berlusconi e Dell’Utri, sono finiti al centro di un’altra inchiesta della procura di Milano. Soldi ricevuti nell’arco di 14 anni, fino al 2013, e fatturati come provvigioni per la vendita di spazi pubblicitari per le reti del Biscione.
Grazie alle intercettazioni – svelate da FqMillenniuM di febbraio– e alle testimonianze dirette dei funzionari della concessionaria, però, l’indagine ha documentato che Bianchi non ha mai procacciato neppure un singolo cliente. Da qui è partita l’inchiesta sulla reale natura di quei pagamenti. I pm hanno chiesto l’archiviazione per Berlusconi perché non è emersa la prova che fosse lui il demiurgo dei pagamenti. Restano però le intercettazioni di Bianchi, in cui lui stesso, coetaneo del leader di Forza Italia, sostiene di avere ricevuto bonifici a sei zeri in cambio del suo silenzio sui rapporti tra Dell’Utri e la mafia. Un concetto ribadito più volte: “Sai fino a quando mi pagheranno? Fin quando c’è vivo Dell’Utri. Quando muore Dell’Utri non mi pagano più. Perché la loro paura è che io vada a cantare le canzoni di Dell’Utri e di lui con la mafia“.
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mercoledì 23 maggio 2018

Paolo Savona all’economia, Mattarella a casa. - di Piemme - sollevazione.blogspot.it

comedonchisciotte controinformazione alternativa Paolo Savona

Siamo stati facili profeti. Scrivevo il 16 maggio:
«La campagna di paura è solo l’antipasto. Il peggio deve ancora venire. Lorsignori, usando Mattarella, tenteranno di uccidere nella culla il tentativo di un governo dei “populisti antieuropei”. Nel caso non vi riuscissero, nei prossimi mesi, forse già nelle prossime settimane, scateneranno l’inferno. Il precedente del 2011 è noto. Noto è l’assedio a cui sottomisero la Grecia».

 Non è servito smussare il “contratto”. Non hanno giovato i ghirigori linguistici di Di Maio e Salvini. Né le rassicurazioni che “L’Europa non ha nulla da temere”. Le élite eurocratiche avendo messo nel conto possibili dissimulazioni aspettavano i “populisti” al varco del Ministro dell’economia, che considerano, più ancora del Presidente del Consiglio, la cartina di tornasole per saggiare il grado di sudditanza e di fedeltà all’Unione europea, un presidio inespugnabile.
Mattarella (sulla disonestà di costui aveva ben detto Mazzei) non solo non “gradisce” Conte come Presidente del Consiglio (è già partita questa mattina la campagna di sputtanamento), ha posto il veto su Paolo Savona, che non è un sovversivo marxista, e nemmeno un autentico keynesiano. E’ anzi un boiardo di stato che tuttavia non ha mai cessato di sostenere che la Terra è tonda, ovvero che l’euro è una “moneta sbagliata”, che l’Unione europea, se non cambia radicalmente, è destinata a miglior vita, che è destituito di fondamento il dogma neoliberista per il cui il mercato capitalistico va lasciato a sé stesso.
Delle posizioni del Savona abbiamo dato conto, al tempo, su questo blog: LETTERA A VAROUFAKIS E…. di Giulio Tremonti e Paolo Savona (gennaio 2015);  “NON CEDIAMO ALLA UE LA NOSTRA SOVRANITÀ FISCALE” di Paolo Savona (agosto 2015);  PAOLO SAVONA: “L’EURO? COSÌ È FALLITO” (maggio 2016);
Questo è Savona e tuttavia, l’eurista Congregazione per la dottrina della fede che ha Mattarella come primate, lo ritene pericoloso, poiché non è un euroinomane, perché il suo tasso di europeismo non è sufficiente per guidare il Ministero. La “casta”? Altro che “casta”, qui verifichiamo che c’è una vera e propria cosca di illuminati fuorilegge che vaglia e quindi decide chi debba guidare il Paese. Ove il criterio decisivo per assurgere alla guida non è la fedeltà all’interesse nazionale, né tantomeno alla Costituzione, bensì il grado di sudditanza all’euro-germania.
Si apre, ove Mattarella non recedesse dal suo veto e Di Maio e  Salvini non capitolassero, una crisi istituzionale gravissima e senza precedenti nella storia repubblicana. Il potere di “nomina” dei ministri da parte del Quirinale, siccome non siamo in un regime presidenziale, non significa che i ministri li scelga Mattarella. La composizione del governo, essendo esso un organismo strumentale del Parlamento (che rappresenta la volontà popolare)  è decisa dai partiti che hanno al suo interno la maggioranza. Il Presidente della Repubblica, in quanto garante dell’ordinamento costituzionale, può sindacare se e solo riscontri, nel programma di governo o nella lista dei ministri, profili di palese incostituzionalità. Qui abbiamo l’opposto, il paradosso per cui proprio il Quirinale, in quanto garante del “vincolo esterno” e delle oligarchie eurocratiche, si pone in aperto conflitto del dettato costituzionale. Mattarella compirebbe un gesto ancor più grave del suo sodale e mentore Napolitano.
Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento, quest’ultimo può e deve rimuoverlo ove esso si metta di traverso alla volontà popolare, ove cioè si ponga come eversore del principio cardinale della Costituzione.
Salvini e Di Maio hanno non solo il dovere ma l’obbligo di resistere ai veti del Quirinale. C’è di mezzo, oltre allo loro dignità politica, la democrazia in questo Paese, il principio della sovranità popolare e nazionale. Se chineranno il capo, se accetteranno il veto di Mattarella, questo sarà il segnale che sono dei pagliacci, che il nostro Paese resterà un protettorato. Questo esito va evitato, se serve con una grande mobilitazione popolare affinché Mattarella se ne vada.
Nessun dorma!
Ps.Voglio essere sincero: temo, come è stato scritto su questo blog, che il Di Maio sia “il problema”, che sia il lato arrendevole della coalizione giallo-verde. Ove Di Maio si dimostrasse lo Tsipras italiano, ove la partita del governo fosse vinta da Mattarella, sarebbe una sconfitta per tutti i patrioti democratici. Grama consolazione che ciò sarebbe anche la fine del Movimento Cinque Stelle.
Piemme
22.05.2018

domenica 20 maggio 2018

UN PARTITO ALLO SBANDO. - Andrea Carugati per www.lastampa.it



UN PARTITO ALLO SBANDO - VIDEO: FISCHI E URLA ALL'ASSEMBLEA PD. ALL'ULTIMO SECONDO CAMBIA L'ORDINE DEL GIORNO, NIENTE PIÙ VOTO SUL SEGRETARIO, MA UNA ''DISCUSSIONE SULL'ATTUALITÀ''. MA CHE È, LA DOMANDA A PIACERE? IL TEMA DI CULTURA GENERALE? A CHE SERVE CONVOCARE CENTINAIA DI PERSONE ALL'ERGIFE DI ROMA PER NON FARE UNA CIPPA?

Caos calmo all’assemblea nazionale del Pd all’Hotel Ergife di Roma. Caos perché sono volati fischi, quando il presidente Matteo Orfini ha annunciato la proposta di cambiare l’ordine del giorno: non più elezione del nuovo segretario, ma discussione sull’attualità, e cioè la nascita del governo Lega-M5s. Calmo perché alla fine è successo quello che i renziani chiedevano da venerdì: rinviare le decisioni calde a una prossima assemblea. 

ASSEMBLEA NAZIONALE PD












La riunione è iniziata a mezzogiorno, con due ore di ritardo, dopo una mattinata di frenetiche trattative e raccolte firme tra i renziani e i ribelli di Andrea Orlando, Dario Franceschini, Maurizio Martina e Michele Emiliano. Alla fine Martina e Franceschini hanno deciso di accettare la proposta dei renziani, e di cambiare l’ordine del giorno. In cambio, Renzi ha lasciato la scena al reggente, rinunciando ad aprire la riunione. Al momento del voto, però, i delegati di Orlando e Emiliano hanno votato no. Risultato: 397 sì, 221 no e 6 astenuti. La conta c’è stata, seppur solo sull’inversione dell’ordine del giorno.  

Andrea Orlando e anche Luigi Zanda hanno votato contro. Così come altri delegati dell’area Franceschini che non hanno rispettato l’ordine di scuderia. E l’area renziana è arrivata al 57% dei 700 presenti, un netto calo rispetto al 70% di un anno fa, sostengono gli antirenziani. Di fatto però l’obiettivo di non eleggere un nuovo segretario è stato centrato da Renzi. In cambio Orfini ha ribadito all’assemblea che le dimissioni dell’ex segretario sono “irrevocabili”.

ASSEMBLEA NAZIONALE PD

























Formule e bizantinismi che danno l’idea della fatica del Pd a superare la stagione renziana. Anche per le divisioni e i tentennamenti del composito fronte dei ribelli. I numeri contano: prima di arrivare alle votazioni ufficiali le varie anime dem avevano fatto partire delle raccolte firme informali, con i renziani che erano arrivati intorno a 400 voti. Numeri che avrebbero fatto passare la richiesta di indire subito il congresso, cancellando Martina e passando tutti i poteri fino alle primarie al presidente Orfini.

 “Chiedo di poter lavorare insieme a tutti voi per portare in maniera unitaria, forte, il Pd al congresso, senza la fatica dei detti e non detti che hanno generato ambiguità”, ha detto Martina nella sua relazione. “Non ho l’arroganza di fare questo lavoro da solo. Ma se tocca a me, anche se per poche settimane, tocca a me”. E ancora: “Non credo che il Pd debba essere superato, che si debba andare oltre o indietro. Chiedo in un nuovo centrosinistra alternativo a Lega e M5s e alternativo a Forza Italia”. Su questo ultimo passaggio, il no a Berlusconi, dai delegati più a sinistra è arrivata una ovazione. Dagli stessi banchi sulla sinistra della sala alla fine è arrivato un coro “Segretario, segretario”, rivolto a Martina. 


ORFINI MARCUCCI MARTINA DELRIO













Gelo nelle prime file, con tutto lo stato maggiore del partito, a partire da Renzi. Accanto alle critiche al contratto di governo Lega-M5s, Martina infatti ha criticato la formazione delle liste Pd. “Abbiamo sbagliato sulla formazione delle liste. Mettiamo a fuoco il problema per evitare di tornare a commettere quegli errori. Diciamolo”. E ancora: “Abbiamo perso male, abbiamo sbagliato noi, io penso che ci sia mancato il contatto con il bisogno. Abbiamo pensato che la crescita portasse con sé più uguaglianza, e invece no, la forbice delle disuguaglianze si allargava”.

ORFINIORFINI











“Tutto questo - ha detto il reggente - non smarrisce l’importanza dell’impegno di tutti noi, dei nostri governi, le tante cose buone vanno rivendicate”. Parole, quelle sulla sconfitta e sulle liste Pd, che hanno acuito le distanze tra Martina i renziani. Tanto che alla fine solo Orlando e Francesco Boccia hanno lodato la relazione. E chiesto un voto finale. Ma i renziani meditano di far mancare il numero legale, per far mancare a Martina l’incoronazione a segretario. Intanto, per il pranzo Gentiloni e il suo predecessore a palazzo Chigi hanno lasciato l’Ergife.  



http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/partito-sbando-video-fischi-urla-all-39-assemblea-pd-174153.htm

QUANDO ''L'UNITÀ'' SULL'ORLO DEL CRAC FIRMAVA SUPERCONTRATTI AGLI AMICI DI RENZI . - Giacomo Amadori per ''La Verità''



QUANDO ''L'UNITÀ'' SULL'ORLO DEL CRAC FIRMAVA SUPERCONTRATTI AGLI AMICI DI RENZI - NON C'È SOLO IL 'PAPARAZZO UFFICIALE' DI CASA RENZI, TIBERIO BARCHIELLI, QUELLO CHE PUBBLICAVA I FINTI RUBATI DELL'EX PREMIER CON LA MOGLIE AGNESE E LA BOSCHI CON LA CELLULITE PHOTOSHOPPATA. ANCHE ANGELO DI CESARE, PER 20 ANNI SOCIO DI TIZIANO RENZI, CON UNA CONSULENZA DA 120MILA EURO L'ANNO...

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Tiberio Barchielli

L' Unità era cosa loro. La famiglia Renzi, quando il Pd tentò di far ripartire il quotidiano fondato da Antonio Gramsci, trattò il giornale come se fosse Il Reporter, il piccolo settimanale fiorentino gratuito utilizzato per sponsorizzare la scalata di Matteo a Palazzo Vecchio. È quello che emerge dalle pastoie giudiziarie in cui è impantanata da mesi l' Unità. Infatti tra i creditori che hanno fatto causa alla società editrice si scopre che c' è anche lo studio associato fiorentino di Carlo Brogi, 53 anni, e Tiberio Barchielli, 60 anni giusti giusti, nato, cresciuto e residente a Rignano sull' Arno, già piccola Atene del renzismo.

I nomi dei titolari dello studio sono messi nero su bianco nel decreto ingiuntivo firmato dal giudice Daniela Francavilla. Si tratta di un' agenzia fotografica fiorentina che era stata ingaggiata nel luglio 2015 per offrire immagini e video al prezzo di 12.500 euro al mese, più Iva. Ma il giornale, che per le foto attingeva all' archivio dell' Ansa, dopo appena due mesi smise di pagare la ditta toscana che per questo ha intentato causa chiedendo il pagamento di 155.550 euro per il mancato pagamento di dieci fatture arretrate. Guido Stefanelli, l' amministratore delegato della società editrice, scuote la testa: «Guardi questa è una storia di una tristezza incredibile».

Non vorrebbe parlarne, ma poi ci concede un paio di dichiarazioni: «Non lo firmai neppure io quel contratto, ma lo siglò il tesoriere del Pd (Francesco Bonifazi, ndr) e adesso (gli ex collaboratori, ndr) stanno tentando di portarci via i mobili». Che in effetti sono stati pignorati nell' agosto scorso.

Ma chi sono Barchielli e Brogi? Due paparazzi che hanno fondato un sito di notizie rosa (Gossip blitz) che pubblica pettegolezzi e bellezze senza veli. Sono soci da oltre 20 anni (parola di Barchielli) e prima dello studio avevano fondato la società Focus Europe. A Firenze sono conosciuti anche per il carattere fumantino e per qualche scazzottata con i colleghi.

maria elena boschi cellulite   MARIA ELENA BOSCHI AL MARE
Maria Elena Boschi cellulite                                        MEB al mare

Nel 2014 Tiberio (secondo gli altri paparazzi, quello tecnicamente meno preparato) ha fatto il colpo della vita ed è stato nominato fotografo ufficiale di Palazzo Chigi, nonostante la legge prevedesse il ricorso agli esterni solo in accertata assenza di «risorse interne». In una trasmissione televisiva il padre di un suo socio disse: «Ha detto a mio figlio che ha avuto lo scoop di culo, e finché c' è Renzi».

Non sappiamo quale sia l' esclusiva che gli ha permesso di svoltare, ma il dato inconfutabile è che sia stato aggregato all' ufficio stampa del governo in qualità di «esperto». Sul sito di Palazzo Chigi figura ancora come titolare di incarico, mentre il suo nome, nella pagina delle retribuzioni (che devono essere obbligatoriamente rese pubbliche), non compare né tra i consulenti in carica, né tra quelli cessati.

Nel 2014, mentre era già al servizio del premier, la sua agenzia vendette servizi a un rotocalco della Mondadori di Silvio Berlusconi con le (finte?) immagini rubate di Renzi mentre bacia complice la moglie Agnese e di Maria Elena Boschi che sfila (senza cellulite) sulla spiaggia di Marina di Massa. «Non mi intendo di questa roba qui, io sono il fotografo di Palazzo Chigi», glissò Barchielli con l' inviato di Michele Santoro che gli mostrava le istantanee, dimentico della sua vera professione.

caro segretario la rubrica di renzi su l unita  caro segretario la rubrica di renzi su l unita
Caro Segretario, la rubrica di Renzi su l'Unità

Ma il paparazzo, come detto, non è stato solo gratificato dalla nomina romana e dalle trasferte in giro per il mondo al seguito dell' ex Rottamatore (lo ha persino immortalato insieme con Barack Obama alla Casa Bianca); oltre a questo la sua agenzia ha firmato un ricco contratto con l' Unità e a ingaggiare il nuovo fornitore sarebbe stato il tesoriere del Pd in persona.

A chiunque vada attribuita la decisione, non sfugge il perfetto sincronismo tra gli incarichi affidati dal Pd a Barchielli e Brogi e l' ascesa di Matteo. Ma i due fotografi, a quanto ci risulta, non avrebbero lasciato servizi memorabili negli archivi dell' organo ufficiale del fu Partito comunista italiano.

Un collaboratore dell' agenzia ricorda di aver fatto un video nel Milanese all' inaugurazione di un ospedale dei proprietari dell' Unità, la famiglia Pessina, e poco altro. In compenso lo Studio associato Toscana ha fatto ricorso alle carte bollate quando dal quotidiano hanno chiuso, senza troppe giustificazioni, i cordoni della borsa. Una scelta che ha portato, come detto, al pignoramento di diversi beni, senza che i vertici del giornale facessero opposizione.

A Firenze, a pochi passi dalla Basilica di Santo Spirito, si trova la sede l' agenzia. Sul citofono è stato grattato via il nome dello studio, forse per sviare gli scocciatori. Carlo Brogi è infastidito dalle domande: «Io creditore? Non me ne occupo mi dispiace, è tutto in mano al commercialista, è una cosa secondaria. Quanto mi devono? Non glielo posso dire».

L' ex direttore dell' Unità Sergio Staino ha ricordi vaghi: «Credo che siano stati contrattualizzati nel 2015 quando il direttore era Erasmo D' Angelis». Quest' ultimo si libera immediatamente del cerino: «Per questa cosa deve parlare con l' editore. Quando sono arrivato all' Unità i contratti erano già stati tutti firmati». È arrivato e si è trovato questi pesi? «Esattamente». Ma al giornale non usavate l' Ansa? «A volte si usava anche l' agenzia (di Barchielli e Brogi, ndr)». Comunque poca roba.

MATTEO RENZI TIZIANO
Matteo e Tiziano Renzi

AMICI DEGLI AMICI
Dai libri contabili dell' Unità spunta anche un altro sostanzioso contratto, quello firmato con Angelo Di Cesare, ex responsabile della distribuzione del gruppo Messaggero. Il manager ha collaborato per quasi vent' anni con Tiziano Renzi, dagli anni Novanta impegnato nel settore dei quotidiani, e nel 2017 i due sono diventati soci della Mpo di Catania, rinominata nel 2018 Vip, acronimo di Very important products, con trasferimento della sede legale in provincia di Pisa: il 97 per cento appartiene alla Eventi 6 della famiglia Renzi, il 3 a Di Cesare.

ERASMO DANGELIS
Erasmo Dangelis

A quest' ultimo, fortemente sponsorizzato da babbo Tiziano, l' Unità offrì una consulenza da 120.000 euro annui. Il contratto, datato 22 luglio 2015, parte giustificando l' ingente spesa: «Il consulente ha maturato una significativa esperienza nel settore editoriale così come comprovato dal suo curriculum vitae», si legge. Quindi l' attività dell' esperto viene descritta in ben sette punti, con particolare riferimento ai compiti di ricerca e implementazione delle reti distributive. La realtà è che per la casa editrice la diffusione è rimasta una questione del tutto marginale, visto che nel 2015 il quotidiano crollò sotto le 10.000 copie al giorno, dimezzando le vendite del 2013.

Ma se l' opera di Di Cesare non si rivelò indispensabile, dagli uffici dell' azienda ci informano che la sua professionalità non è in discussione e che si segnalò con tutti per l' affabilità dei modi. Resta in dubbio l' opportunità di un mandato così lautamente ricompensato.

Infatti, da lì a poco, l' Unità colò a picco con il suo carico di consulenti e collaboratori piazzati dai piddini e dai loro familiari, come in un vero assalto alla diligenza.