(themeticulous.altervista.org) – di GIACOMO AMADORI – LaVerità 21/10/2018) – Si profilano nuove grane per la famiglia Conticini. Presto il Parlamento potrebbe reinserire la procedibilità d’ufficio per l’appropriazione indebita, quella che la Procura di Firenze contesta ai fratelli del cognato di Renzi (il marito della sorella è invece accusato di riciclaggio). La scorsa primavera il governo Gentiloni e in particolare il Guardasigilli Andrea Orlando, mentre stavano preparando gli scatoloni, hanno trovato il tempo di «depenalizzare» il reato che stava inguaiando i parenti di Matteo Renzi. Infatti spesso chi lo commette all’interno di una società è lo stesso rappresentate legale che difficilmente denuncerà se stesso.
Un corto circuito normativo a cui il nuovo esecutivo potrebbe trovare una soluzione. Infatti il gruppo di Fratelli d’Italia ha preparato una serie di emendamenti al cosiddetto Decreto sicurezza e immigrazione firmato dal vicepremier Matteo Salvini e in discussione in commissione Affari costituzionali al Senato. Il pacchetto verrà presentato domani da Giorgia Meloni a Palazzo Madama. I senatori Luca Ciriani, Giovanbattista Fazzolari e Ignazio La Russa hanno proposto di reintrodurre la procedibilità d’ufficio in alcuni casi specifici per i reati di truffa, frode informatica e appropriazione indebita aggravata.
Chissà come prenderà la notizia Alessandro Conticini, già fondatore della Play therapy Africa e di altre due società, attraverso le quali, secondo i pm di Firenze, insieme con i fratelli Andrea (cognato di Renzi) e Luca, avrebbe accumulato un tesoretto di 6,6 milioni dollari grazie ai «contributi di benecenza».
Un fantasma quello dei Conticini che aleggia anche sulla Leopolda in corso a Firenze, visto che l’agenzia di comunicazione di cui Alessandro è socio al 20 per cento, la Dot media, è coinvolta nella kermesse renziana.
Ma torniamo all’emendamento. A proposito dell’articolo 646, quello sull’appropriazione, i tre senatori hanno firmato questa proposta di modifica: «Si procede d’ufficio, se ricorre la circostanza indicata nel capoverso precedente o taluna delle circostanze indicate nel numero 11 dell’articolo 61». Che cosa significa? Che i pm non avrebbero più bisogno di una querela di parte per agire «se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario» oppure «con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d’opera, di coabitazione o di ospitalità».
I senatori vogliono «cancellare la norma salva parenti di Renzi». È difficile credere che la modifica suggerita da Fdi non troverà in commissione una maggioranza pronta a votarla e quindi presto i giochi nell’inchiesta di Firenze potrebbero riaprirsi.
L’avvocato dei Conticini, Federico Bagattini, non si scompone: «Abbiamo sempre detto di volerci difendere nel merito. La memoria difensiva dei miei assistiti? È pronta, ma aspettiamo a consegnarla». Perché? «Dall’Unicef e dalle altre organizzazioni non è ancora partita nessuna denuncia e quindi…». Purtroppo per lui e i suoi assistiti Nazioni unite e onlus in questa vicenda potrebbero presto tornare a essere spettatrici o, al massimo, parti lese.
All’Unicef sostengono di non aver preso provvedimenti perché i soldi inviati alla Pta dei Conticini sarebbero stati regolarmente fatturati per dei servizi resi.
Su Internet molti ex donatori non hanno accolto bene la giustificazione interrogandosi su come sia possibie avere margini di guadagno così alti con i fondi stanziati per sostenere le popolazioni africane. Abbiamo chiesto al direttore generale di Unicef Italia, Paolo Rozera, se Conticini, vista l’immunità di cui pare godere, possa avere dei complici ai piani alti dell’Unicef. «Ho fatto la sua stessa domanda ai miei colleghi americani» è stata la risposta di Rozera. Il quale ha proseguito: “Ma alcune persone, di cui mi fido ciecamente e che hanno lavorato anche a fianco di Conticini, mi hanno confermato che il ragazzo all’inizio si è dimostrato molto capace, anche nel vendere il proprio lavoro, e che solo nell’ultimo anno il suo servizio è diventato scadente. Se avesse operato in uno o due Paesi sarebbe stato più facile imbrogliare le carte, ma in dieci Stati che dipendono da uffici regionali diversi è impossibile che abbia potuto godere di così tante coperture”.
Complici o meno, la prudenza dell’Unicef potrebbe avere altre cause. Alessandro Conticini non solo ha fornito servizi all’Unicef con la sua Pta in veste di «implementing partner», ma, dal dicembre 2004 al luglio 2008, è stato capo della sezione «adolescent development, protection and Hiv/Aids» dell’Unicef in Etiopia, cioè, come ha precisato lo stesso Conticini sul suo cv di Linkedin, si è occupato di «gestire e dirigere tutte le attività del portafoglio Unicef in materia di protezione dei minori, sviluppo degli adolescenti e Hiv/Aids» nel Corno d’Africa e quindi di «supervisionare le risorse umane e di finanziamento in modo appropriato».
Nel 2008 l’Unicef ha messo un annuncio per trovare un sostituto a Conticini e richiedeva per quella posizione, oltre alla conoscenza dell’inglese, a una laurea in Scienze sociali (o in altro settore correlato) e all’attitudine a stabilire relazioni di lavoro armoniose, anche la capacità di «gestire in modo efficace le risorse umane e finanziarie» e di rapportarsi con le istituzioni locali, a partire dai ministeri della Finanze e dello Sviluppo economico.
Dunque quello di Conticini era un ruolo di responsabilità, destinato ad amministrare cospicue somme di denaro. Per esempio nel 2007 il governo norvegese donò all’ufficio di Conticini e al fondo dell’Onu per la popolazione 15,4 milioni di dollari. «Non dovremmo risolvere i problemi, dovremmo promuovere i diritti umani e, mentre lo facciamo, affrontiamo anche le vulnerabilità. E questo contributo del governo norvegese ci permetterà di farlo», proclamò solennemente Conticini. Il quale l’anno successivo si mise in proprio e in pochi anni di avoro riuscì ad accumulare 6,6 milioni di dollari di guadagno pulito, soldi utilizzati per comprare ville e altri immobili in Portogallo e fare investimento in piccoli paradisi fiscali. Ora l’emendamento di Fratelli d’Italia potrebbe riaprire la partita delle indagini su questi affari.