Visualizzazione post con etichetta Saviano. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Saviano. Mostra tutti i post

domenica 29 novembre 2020

Tana liberi tutti. - Marco Travaglio

 

A edicole unificate, Roberto Saviano su Repubblica, Sandro Veronesi sul Corriere e Luigi Manconi sulla Stampa hanno scritto tre articolesse quasi identiche per unirsi per un paio di giorni allo sciopero della fame dei radicali e detenuti a favore di amnistia e/o indulto e/o altre tre misure svuota-carceri per “far uscire qualche migliaio di persone”: bloccare l’esecutività delle condanne definitive (cioè lasciare a spasso i nuovi pregiudicati); estendere a tutti i condannati, senza distinzioni di reati, la detenzione domiciliare speciale del dl Ristori (cioè mandare a casa anche i mafiosi e i terroristi, saggiamente esclusi dal governo); allungare la liberazione anticipata dagli attuali 45 giorni l’anno a 75 (cioè cancellare due mesi e mezzo da ogni anno di pena da scontare). Il tutto per scongiurare la presunta “strage” da Covid, con tanto di “condanne a morte” decise dal governo cattivo. I tre si dipingono come intellettuali scomodi, censurati ed emarginati dai media, alfieri di una battaglia che richiede “una grossa dose di coraggio”: infatti occupano tre pagine sui tre principali quotidiani italiani.

Noi pensiamo che i detenuti, a parte le restrizioni previste dalla legge, debbano godere degli stessi diritti degli altri cittadini. Quindi, se davvero la situazione fosse l’apocalisse descritta dal trio, ci assoceremmo immantinente al grido di dolore. Per fortuna i dati – quelli veri, non i loro – dicono l’opposto: le carceri restano il luogo più sicuro, protetto e controllato del Paese: 5 morti da febbraio su 54.363 (contro i 29 reclusi morti in Gran Bretagna). E solo una mente disturbata può pensare di difendere i detenuti dal Covid mandandoli a casa (per chi ne ha una). Che, trattandosi di gente perlopiù povera, è di solito un ambiente altrettanto esiguo, promiscuo, sovraffollato, ma per giunta incontrollato. Già nella prima ondata i “garantisti” all’italiana strillavano all’“olocausto” nelle carceri, accusando il ministro Bonafede di non metter fuori nessuno, mentre altri geni gli imputavano di metter fuori centinaia di boss (che poi erano tre). Risultato: 2 morti da marzo a maggio e picco massimo di 140 contagiati sui 51mila detenuti di allora. Un’inezia, in rapporto ai dati nazionali. Del resto, bastava un po’ di buonsenso: contro un virus che si combatte con l’isolamento, chi è già isolato è avvantaggiato rispetto a chi non lo è; e rimetterlo in circolazione non riduce il rischio che si contagi, ma lo aumenta. Ora che la seconda ondata è più diffusa e uniforme in tutta Italia, anche le carceri ne risentono. Sugli attuali 53.720 detenuti (dati del 24 novembre: chissà dove Saviano ne ha visti “oltre 60mila”), i morti sono 3 e i positivi 826 (l’1,5% del totale).

Di questi, 772 sono asintomatici, cioè non malati (93,5%), 32 paucisintomatici curati nelle strutture carcerarie e 22 sintomatici in ospedale. Poi ci sono gli agenti penitenziari: 970 positivi su circa 36mila, di cui 871 asintomatici (90%) e 99 sintomatici (10%). Ma sommarli ai detenuti, come fanno i tre tenori per raddoppiare i positivi in carcere, non ha senso, perché gli agenti positivi non mettono piede in carcere: 941 sono isolati in casa (97%), 19 in caserma e 10 in ospedale. Idem per il personale amministrativo e dirigenziale (72 positivi). Chi conosce i dati sul Covid (quelli veri) noterà la percentuale enorme di positivi asintomatici in carcere (93,5%) rispetto a chi sta fuori (55-60%). Il perché è presto spiegato: in carcere chiunque entri per iniziare la detenzione (“nuovo giunto”) viene sottoposto a tampone, resta isolato per 10-14 giorni e va in cella con gli altri solo dopo il secondo test negativo; per chi invece è già lì, appena si scopre un positivo scatta il tampone per tutti gli ospiti dell’istituto. Quindi la copertura di screening è pressoché totale, cosa che ovviamente non avviene per chi sta fuori: su 60 milioni di italiani, ogni giorno ne vengono testati 200-220 mila, spesso gli stessi che fanno il secondo tampone o più coppie di test. Il che rende ridicola la tesi del trio Saviano-Veronesi-Manconi, secondo cui si rischia il Covid più dentro che fuori. È vero il contrario: su 51mila detenuti, l’indice di positività è dell’1,5%, mentre sui 220-200 mila cittadini liberi testati al giorno è dell’11-12% (che sale addirittura al 23-24 escludendo i secondi tamponi e quelli ripetuti dagli stessi soggetti). Il che smentisce platealmente la tesi di Saviano-Veronesi-Manconi.

È falso che le carceri registrino “un tasso di infetti circa 10 volte superiore a quello, già pesante, che c’è fuori” (Veronesi), anche perché nessuno sa quanti siano i positivi fuori. Ed è falso che il governo – in particolare Bonafede e il Dap – se ne freghi per “indifferenza”, “ottundimento”, “paralisi”, “disumanità” e sadica sete di “tortura”. Anzi i protocolli finora adottati, con i test, i triage, gli isolamenti hanno circoscritto i contagi. E il sovraffollamento endemico delle carceri (che dipende dalla carenza di posti cella in rapporto al numero dei delinquenti, non certo da un eccesso di detenuti, il cui numero è inferiore alle medie europee) è stato alleviato senza tana liberi tutti, ma con misure equilibrate: la semilibertà prolungata (chi deve rientrare la sera dorme a casa) e la detenzione domiciliare speciale (con braccialetto elettronico per i casi più gravi, esclusi mafiosi e altri soggetti pericolosi). Se i numeri cambieranno, ne riparleremo. Per ora l’unica strage in corso nelle carceri è quella della verità.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/29/tana-liberi-tutti/6020238/

domenica 6 gennaio 2019

Saviano, il clown triste. . Tommaso Merlo



Un Saviano ingrassato e barbuto scarica la sua solita dose di bile a difesa degli sbarchi dei migranti. Lo fa con la consueta violenza ed ovviamente i suoi soci dei giornali gli dedicano paginate intere. Come se a parlare non fosse un cittadino qualunque, ma una sorta di oracolo, una entità morale superiore che dall’alto della sua sapienza indica a noi poveri mortali la retta via. Sarà, ma Saviano di politica ha dimostrato ampiamente di non capirci una mazza. Non ne azzecca una da anni, è sempre sfasato sia nei toni che nei contenuti. Sarà forse per la prolungata lontananza dalla madre patria, sarà perché si è imborghesito, sarà perché proprio non ci arriva, chissà. Sta di fatto che Saviano è capace solo di vomitare scenate iraconde e spesso lo fa fuori luogo. Nei suoi video sembra un ostaggio, già, un ostaggio del suo ego, del suo personaggio da scrittore “maledetto” e vittima sacrificale di un mondo malvagio che si ostina a non seguire i suoi sublimi dettami. Una parte che recita con lodevole abnegazione e che gli sta garantendo fama planetaria e soldi a palate, ma che evidentemente non gli basta a sfamare la sua sete di grandezza. E per questo appena può indossa il suo Rolex, alza il pugno al cielo e si unisce ai “compagni”. Il suo target ossessivo è Salvini, un’Italia a suo dire xenofoba e fascista e in generale questo nuovo corso gialloverde che proprio Saviano non riesce a comprendere e quindi, nel dubbio, disprezza e denigra. L’occasione dell’ennesima invettiva di Saviano è una nave che – come ha detto Di Maio – Malta inspiegabilmente rifiuta e che l’intera Europa ignora. Il solito ricatto. Alla fine sarà l’Italia a dover farsi carico di quei poveracci anche se non più in maniera scontata come in passato. Quando comandavano gli amichetti di Saviano i trafficanti di uomini li aspettavano sulla spiaggia a braccia aperte e l’Italia era diventata un campo profughi abusivo. Grazie al governo gialloverde l’esodo è invece drasticamente diminuito come hanno chiesto democraticamente gli italiani nelle urne il 4 marzo. Saviano dà la patente di pagliaccio a Salvini, ma il Ministro dell’Interno non sta altro che attuando una politica più severa come hanno chiesto i cittadini. Forse perfettibile, ma sempre di volontà popolare si tratta. Si chiama democrazia. E se ci sono dei pagliacci in questa triste situazione sono tutti i Ministri dei paesi europei che tengono i porti chiusi da sempre, sono i burocrati di Bruxelles che se ne fottono da sempre, sono i governi italiani precedenti che hanno svenduto l’Italia firmando trattati folli. Ma tra i pagliacci o forse meglio clown, ci sono anche i rolexisti alla Saviano che vittime di un sempiterno complesso di superiorità morale ed intellettuale di comunista memoria, ignorano la realtà. Ignorano coloro che con l’immigrazione clandestina di massa ci convivono ogni santo giorno, ignorano i sentimenti e le paure di un popolo che un tempo dicevano di voler difendere. Ma tra le cose che proprio non entrano nella zucca di Saviano c’è un punto. Sostenere l’immigrazione clandestina in un paese che non la vuole, vuol dire mettere le premesse per una catastrofe sociale. Vuol dire mettere le premesse per una guerra tra poveri fatta di ghetti, emarginazione, ingiustizia sociale e quindi violenza e razzismo inauditi nella storia del nostro paese. Un caos che rovinerebbe la vita agli italiani senza migliorarla agli immigrati che passerebbero da un infermo all’altro. Sostenere l’immigrazione clandestina in un paese come l’Italia che non la vuole e che è reduce da una crisi di sistema devastante, vuol dire volere la distruzione dell’Italia. Vuol dire essere dei clown. E pure tristi.

https://infosannio.wordpress.com/2019/01/05/saviano-il-clown-triste/

Non sono in sintonia con Salvini, del quale accetto poco o nulla, ma Saviano, a pelle, non riesco a digerirlo; c'è qalcosa in lui che non mi convince, forse la sua tracotanza o la sua obiettività a fasi alterne. A mio parere, dopo aver scritto un libro che non ho letto perchè aborro tutto ciò che tratta mafia e consociate,  ma che ha il pregio di aver messo a nudo una piaga sociale della quale, ahimè, siamo succubi,  farebbe meglio a tacere su argomenti che esulano dalle sue competenze.
Oltretutto, omette di attribuire la colpa dello strapotere del quale gode la mafia in Italia a chi glielo ha permesso: le stesse persone che difende ad oltranza e che sono al potere da svariati anni. Cetta.