giovedì 4 luglio 2019

Cognato di Renzi e fratelli: pm chiedono rinvio a giudizio per i milioni destinati ai bambini africani e poi spariti.


Cognato di Renzi e fratelli: pm chiedono rinvio a giudizio per i milioni destinati ai bambini africani e poi spariti

La Procura di Firenze ha chiesto il processo per Andrea, Alessandro e Luca Conticini accusati a vario titolo di appropriazione indebita, riciclaggio e autoriciclaggio.

Alessandro, Luca e Andrea Conticini (il cognato di Renzi in quanto marito di sua sorella Matilde) vanno processati per appropriazione indebita, riciclaggio e autoriciclaggio. È la richiesta della Procura di Firenze, che ha chiesto il rinvio a giudizio per i fratelli, indagati a vario titolo nell’ambito di un’inchiesta che ipotizza, tra l’altro, la sottrazione di 6,6 milioni di dollari destinati all’assistenza all’infanzia in Africa. I reati contestati dagli inquirenti sono appropriazione indebita e autoriciclaggio ad Alessandro e Luca Conticini, e riciclaggio ad Andrea Conticini. Le donazioni oggetto d’indagine provenivano da Fondazione Pulitzer tramite Operation Usa, Unicef e altri enti umanitari internazionali. Secondo le indagini, Alessandro e Luca Conticini sono accusati di appropriazione indebita di 6,6 milioni di euro, parte dei 10 milioni donati da Fondazione Pulitzer alle organizzazioni no profit Play Therapy Africa LimitedInternational development association limited e International development association Sa, di cui era titolare effettivo lo stesso Alessandro Conticini.
Per l’accusa il denaro è transitato, senza alcuna giustificazione, sui conti correnti personali di Alessandro Conticini, accesi presso la Cassa di Risparmio di Rimini, agenzia di Castenaso (Bologna). La procura accusa inoltre Alessandro e Luca Conticini di autoriciclaggio, per aver impiegato parte dei 6,6 milioni di dollari per sottoscrivere nel settembre 2015 un prestito obbligazionario per 798mila euro emesso dalla società Red Friar Private Equity Limited Guernsey, e per aver fatto un investimento immobiliare in Portogallo di 1.965.455 euro tra il 2015 e il 2017. Accusato di riciclaggio Andrea Conticini: per l’accusa, in qualità di procuratore speciale del fratello Alessandro (procura speciale datata 30 dicembre 2010), nel 2011 ha utilizzato parte del denaro destinato all’Africa per l’acquisto di partecipazioni societarie della ‘Eventi 6 srl’ di Rignano sull’Arno – società riconducile a familiari dell’ex premier Matteo Renzi (di cui è cognato) – per un totale di 187.900 euro, della Quality Press Italia srl per 158mila euro, e diDot Media srl per 4mila euro.
Contestualmente l’avvocato Federico Bagattini lascia l’incarico di difensore di Andrea Conticini, per cui i pm Luca Turco e Giuseppina Mione contestano un ipotesi di riciclaggio di circa 350mila euro. A dare l’annuncio della rinuncia all’incarico lo stesso Bagattini: “La propagazione alla stampa della richiesta di rinvio a giudizio quando ancora il professionista si trovava in una fase di attesa rispetto alle determinazioni del pubblico ministero – si legge in una nota diffusa dal legale – crea grave e insuperabile imbarazzo nei confronti del cliente, rispetto al quale erano state fornite notizie conformi alle attività di recente compiute dal suo difensore. “In questo modo – prosegue – è stata svilita la professionalità del difensore al quale, a tutela della propria onorabilità e delle ragioni del proprio cliente, non resta che rinunciare all’incarico”. Andrea Conticini, a differenza dei fratelli, dopo aver ricevuto la notifica della chiusura indagini aveva chiesto e ottenuto di essere interrogato dai pubblici ministeri titolari dell’inchiesta, e aveva risposto alle loro domande. L’avvocato Federico Bagattini resta al momento difensore di Alessandro e Luca Conticini.

'Ndrangheta: politica e affari nel Varesotto, 34 arresti. Cosche puntavano a Malpensa.

Lo slot di Malpensa (archivio) © ANSA
Lo slot di Malpensa (archivio ansa)

Sequestrati due car parking e società non in area aeroportuale.


'Ndrangheta, politica e gestione di attività commerciali attorno all'aeroporto di Malpensa. Sono gli elementi dell'indagine coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano e condotta dai carabinieri del comando provinciale del capoluogo lombardo, che dalle prime luci dell'alba stanno eseguendo un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 34 persone (32 italiani, un marocchino e una romena) in varie province italiane. Al centro dell'inchiesta ci sono le dinamiche della locale di 'ndrangheta di Legnano (Milano)-Lonate Pozzolo (Varese).
Sono 400 i carabinieri impegnati nell'esecuzione dell'ordinanza nelle province di Milano, Ancona, Aosta, Cosenza, Crotone, Firenze, Novara e Varese. I destinatari del provvedimento (27 in carcere e 7 ai domiciliari) sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, danneggiamento seguito da incendio, estorsione, violenza privata, lesioni personali aggravate, minaccia, detenzione e porto abusivo di armi, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti (tutti aggravati perché commessi avvalendosi del metodo mafioso e al fine di agevolare le attività dell'associazione mafiosa), truffa aggravata ai danni dello Stato e intestazione fittizia di beni, accesso abusivo a un sistema informatico o telematico. L'indagine è partita nell'aprile 2017 e ha documentato la capacità dell'associazione di infiltrarsi negli apparati istituzionali dell'area di Varese. Gli investigatori hanno inoltre accertato che dalla seconda metà del 2016 era in corso un processo di ridefinizione degli assetti organizzativi della locale di 'ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo, a seguito della scarcerazione di due boss in contrasto tra loro. 
L'indagine dei Carabinieri e della Dda di Milano avrebbe accertato un legame tra l'ex sindaco di Lonate Pozzolo (Varese), Danilo Rivolta, e alcuni esponenti del locale di 'ndrangheta. L'elezione di Rivolta sarebbe stata appoggiata da influenti famiglie calabresi che lo avrebbero aiutato in cambio di un assessorato alla nipote del boss Alfonso Murano, ucciso il 28 febbraio del 2006 a Ferno (Varese). Tra gli indagati anche un consigliere di Fratelli d'Italia e un perito che lavorava per la Procura di Busto Arsizio (Varese): avrebbe fatto da 'talpa' su alcune indagini.
Le cosche puntavano ai parcheggi attorno all'aeroporto di Malpensa e alla costruzione di nuove attività commerciali in aree nei comuni adiacenti. E' uno degli aspetti che emergono dall'inchiesta "Krimisa" che questa mattina ha portato all'arresto di 34 persone accusate a vario titolo di reati commessi con l'aggravante del metodo mafioso. Il gip della procura di Milano ha disposto il sequestro di due parcheggi privati, "Malpensa Car Parking" e "Parking Volo Malpensa", oltre a metà delle quote della società "Star Parkings", che non si trovano nell'area aeroportuale. In totale il decreto ha consentito di sequestrare beni per un valore complessivo di 2 milioni di euro. I carabinieri sono riusciti a documentare summit criminali durante i quali, oltre alle questioni prettamente politiche, c'era anche la pianificazione imprenditoriale della cosca, i cui proventi erano investiti in parte nell'acquisto di ristoranti e di terreni per la costruzione di parcheggi poi collegati con navette all'aeroporto.

Stromboli: notte tranquilla, piccoli sismi ma nessun danno.



Ginostra coperta da pomice nera, incendi sotto controllo.


"Lo Stromboli è ancora in disequilibrio", i "tremori registrati nei condotti magmatici interni da ieri sera sono saliti su livelli alti" e la "Protezione civile nazionale ha elevato l'allerta a 'giallo'" e per precauzione il sindaco di Lipari, Marco Giorgianni, ha disposto il divieto di escursioni. Così Eugenio Privitera direttore dell'Osservatorio etneo e dell'Ingv di Catania. 
Per la Prefettura di Messina "siamo ancora in stato di preallerta, l'unità di crisi è attiva da quando si è verificata l'esplosione". "E' stato fatto un incontro in videoconferenza - prosegue la Prefettura - con i tecnici, la Protezione civile nazionale, l'Ingv, l'Universita' di Firenze e ci riaggiorneremo alle 17. Per le escursioni sul vulcano vige il divieto relativo alla Sciara che era già attivo, una misura assolutamente necessaria. Al momento non abbiamo situazioni che possono indurre a far evacuare l'isola alla luce delle valutazioni tecniche. Chiaramente il vulcano è imprevedibile dobbiamo tenere conto di questo".
Ed è stata una notte relativamente tranquilla a Stromboli, dove la situazione sta tornando lentamente alla normalità dopo le due violente esplosioni delle 16:46 di ieri che hanno causato la morte del 35enne Massimo Imbesi e almeno tre feriti non gravi nella frazione di Ginmstra e tanta paura tra abitanti e turisti che erano sull'isola.
Ci sono state dei terremoti di piccola energia, sotto magnitudo 2, probabilmente come effetto dell'assestamento del vulcano, che sono stati avvertiti, ma non hanno creato alcun danno, ma fatto 'sussultare' chi è a Stromboli. L'isola è coperta da detriti, pomice nera. Uno strato alto alcuni centimetri.
La zona maggiormente colpita è la frazione di Ginostra. "Adesso - dice uno degli abitanti, Gianluca Giuffrè - noi siamo già al lavoro per spalare, ma ci vogliono aiuti e braccia forti". Sono rimasti attivi ancora dei piccoli focolai, ma anche la situazione incendi appare sotto controllo. Hanno lavorato tutta la notte e sono ancora all'opera i vigili del fuoco anche con una motobarca e due Canadair, che hanno ripreso a volare all'alba.
Stromboli: esplosioni dal cratere, turisti in mare
"C'è stata una potente esplosione. Abbiamo sentito un boato, poi si è alzata una colonna di fumo e lapilli incendiari su Ginostra e fiamme sui costoni del vulcano": sono momenti di paura vissuti da alcuni testimoni, che raccontano di una vera e propria "pioggia di lapilli".
LA DIRETTA DAL VULCANO
"C'è stata una violentissima esplosione seguita da una pioggia di lapilli incandescenti e materiale lavico - ha detto all'ANSA Gianluca Giuffrè, giornalista e proprietario di un bazar a Ginostra -. Tutte le persone che si trovavano al villaggio, circa un centinaio tra turisti e residenti, si sono barricate in casa e si sono lanciate in mare".

Matteo Renzi condannato dalla Corte dei Conti della Toscana per danno erariale. E c’è un altro procedimento aperto.

Matteo Renzi condannato dalla Corte dei Conti della Toscana per danno erariale. E c’è un altro procedimento aperto

Da presidente della Provincia di Firenze, nel 2005, secondo i giudici contabili, aveva nominato un collegio di direzione invece di un singolo dg: "Deve 15mila euro allo Stato". E ha ricevuto un invito a dedurre per scelta di due collaboratori privi di laurea per il suo staff quando era sindaco di Firenze. Il suo legale: "Faremo appello. L'altro procedimento? Inspiegabile."

Matteo Renzi è stato condannato in primo grado dalla Corte dei Conti della Toscana per un danno erariale di 15mila euro. Da presidente della Provincia di Firenze, nel 2005, secondo i giudici contabili, aveva nominato un collegio di direzione provinciale invece di un singolo direttore generale. Con l’ex premier sono stati condannati anche i quattro dg e l’assessore al Bilancio in carica al momento della nomina. La Corte dei conti ha ritenuto accertato un danno erariale complessivo di 125mila euro, che era stato contestato anche al segretario provinciale dell’epoca, poi deceduto.
La magistratura contabile ha aperto anche un altro procedimento sul senatore ed ex segretario del Partito Democratico. Mercoledì, infatti, ha ricevuto dalla procura della Corte dei conti un invito a dedurre per un presunto danno erariale per la scelta di due collaboratori privi di laurea per il suo staff quando era sindaco di Firenze, fatti risalenti al 2009. In questo caso il presunto danno erariale attribuito a Renzi, coinvolto insieme ad altri due dirigenti, è di 69mila euro
“Abbiamo immediatamente predisposto appello come avvenuto in analoga circostanza in passato”, ha commentato l’avvocato di Renzi, Alberto Bianchi. “La condanna è avvenuta senza nessuna richiesta di condanna da parte della procura, e in presenza di una legge che esclude che possa essere sottoposto a giudizio un soggetto che, come nel caso di Matteo Renzi, era rientrato nel processo su ordine del giudice dopo che la procura ne aveva chiesto l’archiviazione”.
Quanto all’altro procedimento, Bianchi rileva che “già in passato la Corte dei Conti in appello ha smentito la ricostruzione giuridica della sede fiorentina in primo grado e ha stabilito come non vi sia necessità della laurea per le posizioni di staff del sindaco. Anche in questo caso peraltro è inspiegabile il coinvolgimento dell’organo politico in presenza dei visti amministrativi di regolarità”.

Vladimir Putin in visita a Roma da Mattarella e papa Francesco, poi il vertice a Palazzo Chigi con il premier Conte.

Vladimir Putin in visita a Roma da Mattarella e papa Francesco, poi il vertice a Palazzo Chigi con il premier Conte

Le sanzioni contro la Russia persistono, ma Putin sarà accolto da un governo, quello giallo-verde, che non solo rivendica l’amicizia con il capo del Cremlino ma si offre come vera e propria sponda per Mosca in Europa e oltre Oceano.

“Restituirò a Vladimir Putin la stessa calorosa ospitalità ricevuta a Mosca” lo scorso ottobre. Sono le parole del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, affidate ai media russi, in occasione della visita del presidente russo nella Capitale che oggi incontra, oltre al premier e ai suoi due vice Salvini e Di Maio, anche il capo dello stato Sergio Mattarella e papa Francesco, senza dimenticare un saluto all’amico di sempre, Silvio Berlusconi.
Putin torna in Italia per la prima volta dal 2015: all’epoca l’isolamento internazionale di Mosca, dovuto alla crisi in Ucraina e all’annessione della Crimea, era cosa recente, a Palazzo Chigi c’era Matteo Renzi e Roma puntava già a giocare un ruolo di pontiere. Oggi le sanzioni contro la Russia persistono, ma Putin sarà accolto da un governo, quello giallo-verde, che non solo rivendica l’amicizia con il capo del Cremlino ma si offre come vera e propria sponda per Mosca in Europa e oltre Oceano. “Lavoriamo per coinvolgere in un dialogo costruttivo tutte le parti”, ha infatti assicurato Conte, sottolineando che “le sanzioni non sono un obiettivo in sé” ma che “per superarle servono certi passi sia dall’Ucraina che dalla Russia” sulla crisi del Donbass.
In una Roma blindatissima per consentire il passaggio della sua mega-limousine – così larga che potrebbe non passare per i portoni del Quirinale e di Palazzo Chigi – e accompagnato da una delegazione di ministri e manager di alto livello, Putin sarà ricevuto in mattinata dal Papa in Vaticano – al quale non ricambierà l’invito a Mosca, ha fatto sapere il Cremlino, per evitare tensioni con la Chiesa ortodossa – poi dal presidente Mattarella per una colazione di lavoro. Ma al centro della visita c’è ovviamente l’incontro nel pomeriggio con il premier Conte a Palazzo Chigi, seguita da una conferenza stampa congiunta nel cortile d’onore, nonostante le temperature torride di questi giorni. I due si sposteranno poi alla Farnesina per partecipare al Foro di Dialogo Italo-Russo delle società civili, organizzato in collaborazione con l’Ispi, che torna a riunirsi per la prima volta in sei anni.
A seguire la cena a Villa Madama, dove a Conte si affiancheranno anche i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini: quest’ultimo, in particolare, grande estimatore e sostenitore dello zar, tanto da attirarsi le accuse dell’opposizione e degli europeisti dell’Ue di essere “al servizio” del Cremlino. Conte, riporta la Tass, è però sicuro che i buoni rapporti bilaterali tra la Russia e l’Italia vengano rafforzati proprio dai rapporti amichevoli personali con il presidente Putin. Basta guardare i nomi che compongono la delegazione russa per capire il tenore degli incontri e degli accordi previsti: ci sarà il ministro degli Esteri Serghei Lavorv, ma anche quelli del Commercio, dell’Energia, della Cultura e della Sanità. E ci sarà il capo della Confindustria russa Alexander Shokhin, quello del fondo per gli investimenti VEB Igor Shuvalov, l’ad di Rosneft Igor Sechin, il numero uno delle Ferrovie russe Oleg Belozerov e altri grandi nomi. La serata di Putin però non si concluderà prima di un incontro “puramente privato” con Berlusconi, al quale lo lega un rapporto di amicizia ormai più che decennale: il Cremlino ricorda infatti che i due “sono in contatto continuo, si parlano al telefono, spesso Berlusconi viene in Russia, una continuazione di contatti amichevoli e informali“.
Alla vigilia della sua visita, Putin ha espresso la sua volontà di abolire le contro-sanzioni che colpiscono pesantemente l’export italiano, ma ha ricordato anche come queste siano state una risposa a decisioni prese “da tutti i Paesi della Ue”, compresa, naturalmente, l’Italia. Il presidente russo ha affrontato la questione in un’ampia intervista al Corriere della Sera, nella quale ha spiegato che, “con l’Italia abbiamo veramente rapporti particolari, collaudati dal tempo. È stato messo a punto un dialogo basato sulla fiducia con la sua dirigenza. Viene costantemente condotto un lavoro congiunto nella sfera politica, economica, scientifica ed umanistica. Noi apprezziamo molto questo capitale di reciproca fiducia e di partenariato. Certamente abbiamo tenuto conto di questo fatto. E non avevamo il desiderio di estendere le limitazioni ai legami economici con l’Italia -prosegue Putin- ma il punto è che nel prendere le misure di risposta, contro le sanzioni illegittime introdotte, non potevamo agire in modo selettivo perché altrimenti ci saremmo imbattuti in problemi nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio”.

Piha, Nuova Zelanda.





mercoledì 3 luglio 2019

L’amica a Palamara: «Da Ibiza a Favignana, abbiamo vissuto sette anni nel lusso».

L'amica a Palamara: «Da Ibiza a Favignana, abbiamo vissuto sette anni nel lusso»

Una conversazione intercettata il 16 maggio scorso grazie al trojan inserito nel telefonino di Luca Palamara dà conto dei consigli ricevuti dal procuratore aggiunto di Roma Antonello Racanelli, all’epoca segretario di Magistratura indipendente.

Roma - Il procuratore generale Riccardo Fuzio non era l’unico alto magistrato sul quale Luca Palamara poteva contare sia per decidere sulle mosse da compiere rispetto all’indagine per corruzione aperta contro di lui a Perugia, sia per agevolare l’arrivo al vertice della procura di Roma del «suo» candidato Marcello Viola. Una conversazione intercettata il 16 maggio scorso grazie al trojan inserito nel suo telefonino, dà conto dei consigli ricevuti dal procuratore aggiunto di Roma Antonello Racanelli, all’epoca segretario di Magistratura indipendente e anche lui sostenitore di Viola. Ma gli atti dell’inchiesta avviata dai pubblici ministeri umbri raccontano anche presunti interventi che proprio Palamara avrebbe compiuto per «pilotare» alcuni processi che non erano stati assegnati a lui, ma che interessavano suoi conoscenti.

«Muovere le carte».
Poco dopo aver saputo dall’amico e consigliere del Csm Luigi Spina di essere indagato, Palamara va da Racanelli. È furioso. «Hai saputo la porcata? Ma tu hai capito che hanno fatto?». Poi minaccia: «Però mo’ va gestita bene perché se poco poco mi girano... poi racconto tutto». Il collega gli consiglia di chiedere ufficialmente alla Procura di Perugia quale sia la sua posizione.
Racanelli: «A quel punto sei legittimato ad andare con un tuo avvocato a prendere contatto con il pm e dice “il mio assistito vuole farsi interrogare... non dichiarazioni spontanee” e vedi cosa ti dice, ma però a questo punto cerca anche di capire una cosa perché secondo me è un peccato che poi sprechi questa occasione di poter fare l’aggiunto adesso».
Palamara: «Certo».
Racanelli: «Scusa perché dopo finirà la storia...».
Palamara: «No, ma io sono d’accordo».
I due sono preoccupati anche per la possibile procedura di trasferimento al Csm, mentre si mostrano interessati che proceda rapidamente quella basata sull’esposto del pm romano Stefano Fava contro l’ex procuratore Giuseppe Pignatone e l’aggiunto Paolo Ielo.
Racanelli: «Secondo me la commissione non fa niente sulla pratica tua... su quell’altra bisogna insistere per avere le carte e incominciare a muovere le carte... incominciare a convocare... perché così segnali...». 
E alla fine Palamara conclude: «Vabbè, le spalle sono forti... cioè sono più stimolato a portare Viola».

Adele e il lusso.
L’accusa di corruzione riguarda soldi, viaggi e gioielli che l’imprenditore Fabrizio Centofanti avrebbe pagato per lui e per la sua amica Adele, insegnante di ginnastica che frequentava da anni. Il 9 maggio i due parlano proprio di quanto può accadere, il magistrato è preoccupato e si sfoga proprio sull’amicizia con Centofanti.
Palamara: «Quel c... di piccoletto solo guai c’ha combinato».
Adele: «Eh però abbiamo passato sette anni di lusso».
Palamara: «Pure, dillo pure!».
Adele: «Lo sto dicendo a te... siamo stati a Ibiza con... siamo stati a Favignana».

I processi pilotati.
Durante la perquisizione a casa di Palamara è stato trovato un elenco di fascicoli già inviati in tribunale o in corte d’Appello con alcune annotazioni a mano. Per il primo si parla della sostituzione di una giudice; su un altro è scritto: «Questa è fondamentale che la rigetti»; su un terzo: «Questa è l’ultima che ti ho dato». E adesso sarà la Guardia di Finanza a dover verificare se gli interventi siano effettivamente andati a buon fine.

https://www.corriere.it/cronache/19_luglio_03/amica-palamarada-ibiza-favignanaabbiamo-vissutosette-anni-lusso-68624cec-9d19-11e9-b87c-e5d25052c984.shtml