giovedì 28 novembre 2019

Natale ad Hammamet. – Marco Travaglio


Sullo scandalo Open si leggono così tante scemenze, fra l’altro copiate da B. senza pagargli i diritti d’autore, che è meglio mettere qualche puntino sulle i.
“Mi scuso con le persone perbene perquisite perché colpevoli di contribuire in modo onesto alla politica. Subiscono la gogna mediatica pur avendo seguito le regole con la massima trasparenza” (Matteo Renzi). Gli imprenditori in questione non sono stati perquisiti per la loro “onestà” e “trasparenza”, ma perché sospettati di aver finanziato la fondazione renziana Open dal 2012 al 2018, cioè dall’inizio della scalata al Pd fino all’ultima débâcle elettorale, aggirando la legge sul finanziamento privato ai partiti. Come? Pagando una fondazione anziché un partito o suoi eletti. Con due possibili finalità, tutt’altro che incompatibili fra loro: non far sapere di foraggiare Renzi (possibili illecito finanziamento e appropriazione indebita, anche tramite false fatture) e ricevere favori dal suo governo e/o partito (possibile traffico d’influenze).
“Non si può abolire il sostegno pubblico ai partiti e poi demonizzare quello privato” (Matteo Orfini, deputato Pd). Il finanziamento pubblico fu abolito dagli italiani nel referendum del ’93, truffaldinamente riesumato sotto le mentite spoglie del “rimborso elettorale” e riabrogato nella forma diretta dal governo Letta nel 2014 anche col voto di Orfini. Ma il “sostegno privato” è sempre stato lecito, solo che qui non c’entra una mazza: i soldi arrivavano a una fondazione, cioè a una società privata messa su da politici e pubblici ufficiali come Renzi, Boschi, Lotti, Bianchi, Carrai & C. che nascondeva i donatori con la scusa della privacy. La legge consente a qualunque imprenditore di dare soldi a partiti e a politici, purché: il donatore li registri a bilancio (altrimenti è appropriazione indebita, falso in bilancio e frode fiscale); il percettore li dichiari nel registro parlamentare (se no è illecito finanziamento); il contributo sia gratuito e disinteressato (in caso contrario, anche se dichiarato, è corruzione). E qui risultano finanziamenti da Toto (beneficato dal governo Renzi nel 2017 con l’abbuono di 121 milioni per la concessione delle Autostrade dei Parchi). Ma non solo: l’altra fondazione renziana Eyu era finanziata da Msc Crociere (che sotto il governo Renzi firmò un contratto da 2,1 miliardi con Fincantieri e di cui Renzi scarrozzò il top manager Pierfrancesco Vigo nella visita ufficiale a Cuba); da Lottomatica (altri aiutini dal governo Renzi); da Google (devota a Renzi che fece saltare la Web tax voluta da Letta); ecc. Tutte coincidenze?
“Nel 2018 ho guadagnato 830 mila euro. Nel 2019 saranno più di 1 milione. Dovendo effettuare un anticipo bancario (per la sua nuova villa sulle colline fiorentine, ndr) ho fatto una scrittura privata con un prestito concesso e restituito in 4 mesi”. Intanto siamo curiosi di sapere chi gli ha dato quel milione. E poi l’autore del prestito di ben 700 mila euro, per una villa pagata 1,3 milioni, è l’anziana madre di Riccardo Maestrelli, imprenditore che Renzi nominò a Cassa Depositi e Prestiti nel 2015 e finanziava Open. Farsi pagare da chi si è nominato a cariche pubbliche è inelegante. Come minimo, è conflitto d’interessi.
“Chi decide come si fonda un partito? La politica o la magistratura? Colpisce il silenzio di commentatori” (Renzi). Sì, colpisce, ma nel senso opposto: Renzi dovrebbe ringraziarli, i commentatori silenti. Quando finì sotto inchiesta la Raggi, per fatti infinitamente più lievi di questi, tutti i giornali ci aprirono le prime pagine. Come quando le Iene scoprirono una baracca abusiva e una carriola abbandonata del padre di Di Maio. O quando il Corriere partì in quarta contro l’ex ministra Trenta perché occupa lecitamente (fino al 5 dicembre) un appartamento dell’Esercito. Invece ieri le prime pagine dei giornaloni si tenevano ben alla larga dal mega-scandalo Open. I pm comunque non “decidono come si fonda un partito”, anche perché indagano su una sigla chiusa prima che Renzi fondasse Iv, ma aperta mentre affondava il Pd. Si accontentano di accertare perché tanti imprenditori riempirono le casse di Open con 6 milioni in 6 anni e dove finirono i soldi, mentre il Pd era in bolletta, licenziava i dipendenti, chiudeva le sedi e pure l’Unità. Come il Psi di Craxi nell’immortale definizione di Formica: “Il convento è povero, ma i frati sono ricchi”.
“Qualcuno unirà i fili di ciò che è successo in questi mesi: a me sembra tutto chiaro. I pm sono gli stessi che hanno arrestato i miei genitori. Arresto annullato dopo qualche giorno dal Riesame” (Renzi). L’arresto di babbo Tiziano e mamma Laura fu revocato dal Riesame dopo 20 giorni, col divieto di esercitare attività imprenditoriali per 8 mesi, perché erano scadute le esigenze cautelari, non perché le accuse di bancarotta e false fatture fossero infondate, anzi: la chiusura-indagini prelude alle richieste di giudizio. Solo Renzi può menare scandalo perché, su fatti avvenuti a Firenze, indagano i pm di Firenze. E chi dovrebbe farlo: la Procura di Vipiteno? Fra l’altro il procuratore Creazzo è quello contro cui tramava Lotti con Palamara&C. L’ultimo a doversi augurare che qualcuno unisca i fili è lui: collegando le innumerevoli indagini su suoi genitori e fedelissimi, un maligno potrebbe pensare malissimo di lui.
“I pm attaccano la democrazia… Presto parlerò in Parlamento”. Qui il copyright, oltreché a B., andrebbe versato agli eredi di Craxi. Anche lui nel ’93 attaccò i pm alla Camera e chiamò in correità gli altri partiti col famoso “così fan tutti”. Poi si diede alla latitanza. Per completare l’opera, a Silvio Renxi manca poco: un mausoleo egizio nel parco della villa di Firenze e le vacanze natalizie ad Hammamet.

“Governo Renzi lo nomina in Cassa depositi e prestiti, lui presta a Matteo Renzi 700mila euro usati per comprare la villa a Firenze”.

“Governo Renzi lo nomina in Cassa depositi e prestiti, lui presta a Matteo Renzi 700mila euro usati per comprare la villa a Firenze”

A rivelarlo è l'Espresso che mette in luce alcune anomalie emerse nell'indagine della procura di Firenze sui finanziamenti alla fondazione. Il "prestito", così era la causale del bonifico, è stato fatto a giugno 2018 tramite la madre anziana dell'imprenditore Riccardo Maestrelli.
Un imprenditore nominato dal governo Renzi in Cassa depositi e prestiti Immobiliare Spa e tra i finanziatori della fondazione Open, secondo quanto rivelato da l’Espresso, ha prestato 700mila euro al senatore Matteo Renzi tramite la madre per comprare la villa sulle colline toscane. L’acquisto per un totale di 1,3 milioni di euro risale a giugno 2018, la nomina nella società pubblica di Riccardo Maestrelli al 2015. Poco dopo la pubblicazione dell’articolo, l’ex premier ha fatto una conferenza stampa da Parma durante la quale ha attaccato i pm dicendo che i loro atti sono “un vulnus per la democrazia”. Poi ha annunciato che denuncerà l’Espresso per “rivelazione di segreto bancario” e ha garantito di aver restituito il prestito nel giro di pochi mesi: “Nel 2018 ho ricevuto un importante ritorno economico dalle mie attività: 830mila euro. Nel 2019 saranno più di un milione, sono i miei proventi. Dovendo effettuare un anticipo bancario ho fatto una scrittura privata con un prestito concesso e restituito nel giro di qualche mese, quattro mesi circa”. Interpellato da l’Espresso prima della pubblicazione del pezzo aveva detto “non commento e non smentisco la notizia”.
Della villa in questione si era già parlato al momento dell’acquisto nell’estate 2018: Renzi venne criticato perché poco prima aveva detto di avere solo 15mila euro sul conto. E in quel caso l’ex premier si difese dicendo che aveva semplicemente iniziato un mutuo. E che, concluso l’acquisto, avrebbe rivelato tutte le informazioni. Di quel passaggio però non si era saputo più niente. Oggi l’Espresso scrive che i coniugi Matteo e Agnese, la casa è intestata a entrambi, hanno acquistato la villa con i soldi arrivati dalla famiglia Maestrelli. Come emerge dalle indagini della procura di Firenze sulla fondazione Open, i due coniugi il 12 giugno 2018 hanno fatto un bonifico con la causale “prestito” dal conto corrente di Anna Piccioni, anziana madre dei fratelli Maestrelli per un totale di 700mila euro. I soldi sul conto corrente dell’anziana in Cassa di Risparmio di Firenze arrivano dalla Pida spa, holding fiorentina fondata dal marito e ora gestita dai tre figli e dalla stessa Anna Picchioni. La causa del bonifico è: “Pagamento in conto acquisto 25 partecipazione Mega srl”. Il giorno dopo viene fatto un bonifico di pari importo da quello stesso conto a un altro aperto dal leader di Italia viva presso il Banco di Napoli. Il 13 giugno i coniugi ritirano i fondi chiedendo 4 assegni per 100mila euro ciascuno che sarebbero serviti per pagare la caparra.
Proprio Riccardo Maestrelli era stato nominato dal governo Renzi il 5 maggio 2015 nel cda di Cassa depositi e prestiti Immobiliare Spa. L’imprenditore, come raccontato dal Fatto Quotidiano nel 2016, è proprietario dell’hotel di Forte dei marmi dove l’ex premier fa le vacanze (e ci ha tenuto più volte a specificarlo, sostiene di pagare nonostante l’amicizia). Maestrelli è noto che abbia finanziato la campagna elettorale per le amministrative a Firenze di Matteo Renzi nel 2013. Scrive sempre il settimanale che il marito della Picchioni e padre dell’imprenditore, Egiziano Maestrelli, stando a quanto ricostruito nell’inchiesta su Open, era tra i principali finanziatori della fondazione. Nel marzo 2017 ha donato 150mila euro. A febbraio 2018, dopo la sua morte, dalle srl controllate dai figli partono tre bonifici per un totale di 150mila euro.

mercoledì 27 novembre 2019

Inchiesta Open, ira di Renzi: 'Giudici decidono cos'è Partito?'

Matteo Renzi e Marco Carrai © ANSA

'Su questo si gioca la sfida decisiva per la democrazia'. Carrai indagato per finanziamento illecito.

"Chi decide oggi che cosa è un partito? La politica o la magistratura? Su questo punto si gioca una sfida decisiva per la democrazia italiana. Chiameremo in causa tutti i livelli istituzionali per sapere se i partiti sono quelli previsti dall'articolo 49 della Costituzione o quelli decisi da due magistrati fiorentini". Su fb Matteo Renzi torna all'attacco sull'inchiesta Open sostenendo che "due giudici fiorentini decidono che Open non è una fondazione ma un partito. E quindi cambiano le regole in modo retroattivo". 
"Perquisire a casa - sostiene il leader Iv - e in azienda, all'alba, persone non indagate che hanno dato lecitamente contributi alla fondazione Open è un atto senza precedenti nella storia del finanziamento alla politica. I finanziamenti alla fondazione sono tutti regolarmente tracciati: trasparenza totale! Due giudici fiorentini decidono che Open non è una fondazione ma un partito. E quindi cambiano le regole in modo retroattivo. Aprendo indagini per finanziamento illecito ai partiti! Ma come? Se era una fondazione, come può essere finanziamento illecito a un partito?". "E allora - incalza Renzi - chi decide oggi che cosa è un partito? La politica o la magistratura? Su questo punto si gioca una sfida decisiva per la democrazia italiana. Chiameremo in causa tutti i livelli istituzionali per sapere se i partiti sono quelli previsti dall'articolo 49 della Costituzione o quelli decisi da due magistrati fiorentini". Nel frattempo, provoca Renzi, "raccomando a tutte le aziende di NON finanziare Italia Viva se non vogliono rischiare: possiamo raccogliere solo microdonazioni di cittadini che non accettano questa gara al massacro contro di noi. E che al sito italiaviva.it/sostieni stanno contribuendo in queste ore, dimostrandoci solidarietà e affetto"
Iv chiede dibattito Senato, interverrà Renzi - Il presidente dei senatori Iv Davide Faraone ha scritto alla presidente Casellati per chiederle "di calendarizzare urgentemente un dibattito in Senato viste le recenti vicende giudiziarie sulle regole del finanziamento alla politica e su chi stabilisce cos'è un partito e cosa no". E Matteo Renzi è pronto a intervenire in Aula dopo lo scontro apertosi con i magistrati fiorentini sull'inchiesta Open. Il punto, è la convinzione dei renziani, è che si è aperto "uno scontro non tra politici e magistrati ma tra la politica e la magistratura" perchè i giudici titolari dell'inchiesta Open hanno aperto "un'indagine per finanziamento illecito ai partiti" anche se Open è una fondazione. "A questo punto tutti i partiti politici devono dire nella sede delle istituzioni che cosa ne pensano", alzano il tiro i renziani.
Inchiesta Open, perquisito e indagato Marco Carrai - E' finanziamento illecito a partiti l'ipotesi di reato per la quale la procura di Firenze ha indagato, nell'ambito dell'inchiesta sulla Fondazione Open, l'imprenditore Marco Carrai, amico personale di Matteo Renzi e già membro del Cda della stessa Open. Ieri la Guardia di finanza ha perquisito, su ordine della procura fiorentina, l'ufficio di Carrai notificandogli anche un avviso di garanzia. "Ho fiducia che la magistratura chiarirà presto la mia posizione. So di non aver commesso reati e di aver sempre svolto i miei compiti rispettando la legge", ha dichiarato già ieri Carrai.
S'allarga ai finanziatori l'inchiesta della procura di Firenze sulla fondazione Open, istituita per sostenere le iniziative politiche di Matteo Renzi, tra cui la Leopolda, e finita ora in un'indagine molto ampia. Oltre 30 le perquisizioni eseguite dalla Gdf in tutta Italia e ordinate dai pm che, accanto ai reati di riciclaggio e traffico di influenze illecite, ora ipotizzano quello di finanziamento illecito ai partiti. 
Perquisito e indagato l'imprenditore Marco Carrai, amico personale di Matteo Renzi e già membro del Cda della stessa Open. La Guardia di finanza ha perquisito l'ufficio di Carrai a cui è stato notificato anche avviso di garanzia. Secondo quanto emerge , l'imprenditore sarebbe stato riferimento dentro la fondazione di parte dei finanziatori su cui si è diretta l'attenzione della procura di Firenze negli ultimi sviluppi dell'inchiesta e che sono stati perquisiti oggi.
Oltre 30 le perquisizioni eseguite dalla Gdf in tutta Italia e ordinate dai pm che, accanto ai reati di riciclaggio e traffico di influenze illecite, ora ipotizzano quello di finanziamento illecito ai partiti. Su questa scia, Luigi Di Maio ha attaccato subito. "C'è un problema serio su fondi e finanziamenti ai partiti: serve subito una commissione d'inchiesta, lo chiederemo nel contratto di governo che faremo partire a gennaio", ha detto prendendo l'inchiesta come un assist per ricompattare il Governo in funzione anti-Renzi. Il quale, in serata, ha commentato duro: "E' un massacro mediatico, i fondi sono regolari. Chi ha finanziato la Open ha rispettato la normativa sulle fondazioni", "se poi altri partiti utilizzano questa vicenda per chiedere commissioni di inchiesta sui partiti e sulle fondazioni io dico che ci sto". "Anzi, rilancio - ha detto Renzi -: dovremmo allargare la commissione d'inchiesta alle società collegate a movimenti politici che ricevono collaborazioni e consulenze da società pubbliche. Italiane, certo. Ma non solo italiane". I pm, ha continuato Renzi, "sono gli stessi che hanno firmato l'arresto dei miei genitori, Creazzo e Turco (procuratore capo e procuratore aggiunto di Firenze, ndr), provvedimento annullato pochi giorni dopo dal riesame". Quindi il senatore, con amarezza, ha invitato le aziende a "non finanziare Italia Viva" per non passare "guai di immagine" e a usare il crowfunding. 
Per gli inquirenti fiorentini Open avrebbe funzionato come articolazione di partito venendo impiegata, dunque, come strumento di finanziamento illecito. Le perquisizioni sono state fatte a Milano, Firenze, Pistoia, Torino, Alessandria, Parma, Modena, La Spezia, Roma, Napoli e Bari. I finanzieri hanno cercato documenti - ma anche bancomat, carte di credito e rimborsi spese che secondo fonti investigative sarebbero stati messi a disposizione di alcuni parlamentari - in case e uffici. Sotto la lente ancora l'avvocato Alberto Bianchi, già perquisito a settembre, e i rapporti tra Open e i suoi finanziatori. L'ex presidente di Open è accusato dei reati di finanziamento illecito e traffico di influenze illecite. Altri indagati sono alcuni imprenditori titolari di società con sede a Firenze, Chieti e Roma, ai quali sarebbero contestate a vario titolo anche le accuse di autoriciclaggio, riciclaggio, appropriazione indebita aggravata e false comunicazioni sociali. Altri imprenditori, che non sarebbero indagati, sono stati perquisiti perché legati da rapporti finanziari con un consigliere della fondazione Open. Di Open, procura e GdF di Firenze stanno valutando operazioni relative alle primarie 2012 e al 'Comitato per Matteo Renzi segretario'. L'attenzione si sarebbe centrata pure su alcune ricevute di versamento da parlamentari. Gli investigatori avrebbero individuato legami, ipotizzati come anomali, tra le prestazioni professionali, rese da Bianchi e collaboratori del suo studio, e i finanziamenti avuti dalla Open. Il primo passaggio di denaro indagato è quello che coinvolge il gruppo di costruzioni Toto. Nell'agosto del 2016 Bianchi, a fronte di una fattura emessa per prestazioni professionali, ricevette dal gruppo Toto un pagamento di oltre 800mila euro, denaro che per l'accusa sarebbe stato in parte usato per finanziare Open, sui cui conti Bianchi versò 200mila euro il mese successivo. Altri 200.000 li versò al Comitato per il sì al referendum sulla Costituzione. Nello stesso anno lo studio Bianchi aveva ricevuto dal gruppo Toto circa 2 milioni per prestazioni professionali. Al vaglio i rapporti tra la fondazione e l'imprenditore Patrizio Donnini, che a sua volta, sempre nel 2016, avrebbe ricevuto dal gruppo Toto oltre 4 milioni di euro in parte con operazioni di compravendita di quote societarie effettuate dalla società immobiliare Immobil Green.

La recita di Salvini e quei coglioni degli italiani. - Tommaso Merlo


Per conquistare i pieni poteri, Salvini si è dato una calmata e una ripulita. Quei coglioni degli italiani sono pronti a consegnarli il paese solo se tiene a bada la lingua e finge di essere più moderato. Non li deve spaventare, li deve rassicurare. Quei coglioni degli italiani vogliono finire tra le braccia di un capo forte ma benevolo che li protegga da un mondo malvagio che si ostina a cambiare. Un uomo tutto d’un pezzo che li faccia tornare indietro all’era delle ‘nazioni” rinchiudendoli dentro confini culturali e di filo spinato. Una retromarcia isolazionista e dirigista che per essere venduta a quei coglioni degli italiani ha però bisogno di una diversa strategia di marketing, di una confezione più accattivante e friendly. E così, come ogni prodotto che vuole conquistare nuove quote di mercato, Salvini rinnova il packaging. E così, come un attore che vuole conquistare un nuovo pubblico, Salvini cambia copione e costume di scena. Sorrisi, toni concilianti e perfino abiti casual chic. Per conquistare quei coglioni degli emiliani romagnoli e poi di tutta Italia. Un camuffamento divenuto necessario dopo la crisi improvvisa e l’evocazione dei pieni poteri che ha spaventato il paese, compattato i suoi oppositori e fatto nascere addirittura un governo contro di lui. E un camuffamento necessario a seguito dello scandalo russo che ha lasciato ombre neofasciste internazionali che minano la sua credibilità e quella del suo partito anche oltre confine. Un camuffamento disperato, perché Salvini fa politica da 1993, è un vecchio poltronista di professione di cui si conosce l’indole personale e le vere idee fino alla noia. Eppure i brandelli del vecchio regime sembrano abboccare alla sua nuova strategia di marketing per conquistare i pieni poteri. I giornalai di sinistra o paragonano Salvini a Mussolini facendo il suo gioco con la solita retorica comunista d’annata, oppure pensano di fermare Salvini con la satira e le battutine da bar sport. Ormai nessuno parla più dell’esperienza penosa da ministro di Salvini e dello scandalo del Metropol e ormai passano nell’indifferenza le varie cene con Parnasi e tutte le beghe di soldi su cui la Lega si ostina a non far luce. Quanto ai brandelli di destra siamo alle solite. Si sono compattati attorno al loro nuovo duce di tolla. Berlusconi è finito e in cambio di protezione anche postuma, ha schierato le sue televisioni e suoi giornali con Salvini. Mediaset è un megafono della propaganda leghista mentre i giornalini di carnevale della destra sono scatenati con la solita becera faziosità. Dopo aver ucciso il giornalismo, sono al vilipendio di cadavere. Quanto alla Rai, Salvini va in onda dalla mattina alla sera grazie alle persone che è riuscito ad infiltrare e a quelle che si sono vendute in attesa che prenda i pieni poteri. Un classico del nostro paese, quando sorge un nuovo Cialtrone all’orizzonte, le mandrie parassitarie dello stato e dell’informazione emigrano verso nuovi pascoli. Ma per conquistare i pieni poteri, Salvini alla fine ha bisogno di voti, anche di quelli più moderati e perbenisti e tradizionalisti. Per questo si è dato una calmata e una ripulita. Tornerà ad essere se stesso solo quando sarà riuscito a far abboccare quei coglioni degli italiani e conquistare quei pieni poteri che insegue da una vita.

Dall’odio del “manifesto” al manifesto dell’odio. - Fulvio Grimaldi

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QUANDO LE COLORI, LE SARDINE VANNO A MALE
Che ci fanno Bill Gates, Ted Turner e George Soros con Extinction Rebellion?
“Non siamo contro il Sistema” (I fondatori delle “Sardine” toscane: Danilo Maglio, Cristiano Atticciati, Matilde Sparacino, Benard Dika)
Una cosa è certa: questo PD degli Zingaretti, Marcucci, Lotti, Orfini, Guerini, non è mai stato in grado e non lo sarà mai di produrre una mobilitazione di massa, estesa sul territorio, come quella oggi in atto con le “sardine”. Per quanto possa poi risultargli favorevole nel voto. Chi sa dar vita a fenomeni del genere, solitamente effimeri, ma di grande impatto momentaneo grazie alla sinergia con un sistema mediatico controllato dagli stessi che innescano tutte le rivoluzioni colorate. Di cui sono una manifestazione le “sardine”, assieme ad altre analoghe, nelle loro più recenti invenzioni improntate a un odio sconfinato per coloro che dannano come odiatori. Sono tutti quelli che escono dal seminato, ossia non condividono, non si assoggettano, si permettono dissensi nei confronti del Sistema. Che è un nome asettico per non dire establishment, o élite, o Cupola, o padroni del mondo.
Infatti cosa proclamano in primo luogo e come caposaldo politico-ideologico i capibranco “sardine” di Firenze? “Non siamo contro il Sistema”. Non sono, quindi, contro coloro che il Sistema lo disegnano, attuano, reggono: i dominanti. Ne consegue, forzando neanche tanto: noi siamo con il Sistema, magari un tantinello critici (ma tutto scompare nell’odio per Salvini e il populismo), con l’establishment, con il Deep State, l’élite, l’UE, la Nato, la Green New Economy integrata dal catastrofismo ambientale, con l’annullamento delle identità e lo sradicamento dei popoli, con ogni criminalità organizzata, ogni forma di terrorismo, con il capitale che tutti ci governa e cui sono connaturati il totalitarismo di comunicazione e sorveglianza, le guerre sociali, economiche e militari. Non sono contro il Sistema, ma sono virulentemente contro i fuori dal Sistema: a parolacce contro quello finto, Salvini; in effetti contro quelli veri, tutti indistintamente gettati nel secchio del populismo e del sovranismo
Da renziani a sardine.
Non fa meraviglia che simili paradigmi vengano enunciati da uno come il giovane Bernard Dika, attivista renziano fino all’altro ieri, oggi nominato da Mattarella “Alfiere della Repubblica”, ha lasciato il PD quando gli è convenuto darsi credibilità di “sardina” fuori dai giochi del partito conosciuto come scivolo dalla padella alla brace.
E non fa meraviglie che il loro primitivissimo programma, scritto in forme linguistiche e sintattiche da analfabeti funzionali ( Forse lo hanno tradotto da Soros) abbia quell’unico obiettivo, Salvini e i populisti. Obiettivo diabolizzato oltre ogni misura se paragonato alla sedicente sinistra o al centrosinistra. Politici che dai loro vituperi sono però risparmiati. Eccone il testo, presentato non come il rigurgito di frustrazioni e aggressività di un bulletto di seconda media, fanatizzato da videogiochi di guerra e nazismo, ma come loro manifesto ufficiale: https://www.agi.it/politica/sardine-6596346/news/2019-11-21/.
Avete mai letto un peggiore concentrato di intimidazioni, minacce, protervia, violenza verbale, intolleranza? E dovrebbe rappresentare il non plus ultra di una società della solidarietà e dell’inclusione. Sentite questa: “Per troppo tempo vi abbiamo lasciato fare… lasciato campo libero… siete gli unici a dover avere paura…dobbiamo liberarci della vostra presenza… non avete il diritto di avere qualcuno che vi stia ad ascoltare… siamo pronti a dirvi basta…” Gentili, democratici, rispettosi. Manca solo il fez. Un concentrato d’odio come piace al “manifesto”, che infatti gli dedica una standing ovation.
L’odio degli anti-odio
Manifesto-programma pieno di contenuti come un guscio d’uovo dopo che ne abbiamo succhiato il rosso e il bianco. E campagna monotematica e apodittica, che non ammette contradditorio o mezzetinte, come tutte le grandi operazioni diversive e divise, di distrazione di massa da ciò che caratterizza la storia dell’uomo ieri, oggi, domani: lo scontro tra dominati e dominanti. E penso al machofemminismo di “Non una di meno”, “Se non ora quando”, “Me too”, alle accuse di omofobia e LGBTQ-fobia, a Greta e discepoli del catastrofismo climatico, bullismo, dirittoumanismo-migrantismo, all’antifascismo dove non c’è fascismo (trascurando quello vero che si maschera da democrazia), all’antisemitismo dove c’è solo islamofobia e antisemitismo (nel senso di semiti arabi), all’antirazzismo che mimetizza i razzisti del neocolonialismo, alle fake news tutte esclusivamente della rete, finalizzate a coprire la mendacità ontologica dei grandi media, all’odio trasformato da legittimo sentimento umano in categoria politica da chi ha in odio chiunque esca dal recinto di filo spinato del pensiero unico.
E’ necessario e sacrosanto fare lotte su temi specifici, figuriamoci: No Tav e Grandi Opere, Grandi Navi a Venezia, gasdotti, maltrattamenti di animali. Ma se parli di commercio d’armi e non dici dove vengono usate, da chi e perché, o lotti contro l’inquinamento climatico e non coinvolgi i grandi inquinatori, o denunci la violenza contro le donne e non tiri mai in ballo le violenze di donne come Madeleine Albright o Hillary Clinton, o gridi contro gli odiatori nel web e sei complice di quelli sugli schermi o nei giornali, c’è da pensare a strumentalizzazioni.
Quelli del transfert
E qui si rincorrono tutti i giornali di autentica estrema destra, quella liberale finanzcapitalista all’arrembaggio del pianeta, ma che si definiscono di sinistra. Li confermano tali amici del giaguaro, accademici e mediatici, così guadagnando credito presso chi ne garantisce protezione, successo e profitto. Guardate cosa s’è inventata la “Repubblica”, col “manifesto” massima fucina di odio per gli “odiatori”. Ingrandite e leggete. E’ lo stesso giornale che, a fianco, pubblica un soffietto alle “sardine” di quel simpaticone da farsa di Plauto che è Enzo Bianchi, definitosi “monaco laico” e perciò idolo della trash-tv. Sempre a fianco non poteva mancare un’intervistona dai fumi d’incenso a Joshua Wong, il giovanotto che ha guidato le formazioni squadriste di Hong Kong a distruggere e dar fuoco, anche a persone, e far sembrare boy scout i casseur dei Gilet Gialli. Dopodichè Wong è andato a Berlino a congratularsi col fondatore degli Elmetti Bianchi.
In linea con lo spirito di questo manifesto delle “sardine” è un incredibile appello, sempre sul giornale dei De Benedetti, in cui la famiglia Regeni, il ragazzo che lavorava per la centrale di spionaggio angloamericana Oxford Analytica e ha provato di sobillare sindacati contro il governo egiziano, annuncia una piattaforma offerta da “Repubblica”. Piattaforma per anonimi che, così protetti dalla vendetta degli sgherri egiziani, vorranno comunicare “rivelazioni” sulla sorte del figlio la cui morte ha scatenato una canea contro il presidente Al Sisi (e contro l’ENI che minacciava di sfilare i grandi giacimenti di petrolio egiziani alle varie BP, Shell, Exxon,Total). Avremo così uno sfogatoio di odiatori dell’Egitto e spunterà chi ha visto Al Sisi strangolare con le proprie mani e marchiare a fuoco il giovane Regeni. Spazio alla delazione, calunnia, nevrosi, ma soprattutto all’odio
Violenza delle “Sardine” e violenza sulle donne
Sono i turbopropellenti mediatici che, dopo girotondi e popoli viola, grete e gretisti, Fridays For Future ed Extinction Rebellion, oggi fanno dilagare le “sardine”. Per capire a cosa sono intese queste campagne basta analizzare la prima, quella della violenza sulle donne e sulla conseguente, ma non legittima, demonizzazione degli uomini. Do per scontato che nessun maschio raziocinante può ignorare e non combattere le discriminazioni sociali e culturali di cui sono vittime le donne in quanto tali, e che sospetto si sentano umiliate da certe categorie di donne alla Lilli Gruber che, nel suo libro “Basta!”, dopo i “Chador” e “Prigionieri dell’Islam” d’ordinanza islamofobica, vede la questione della parità unicamente nella competizione per il potere in termini di rivalsa del genere, il suo, avendo come riferimento coloro che lei onora nelle sue partecipazioni al Club Bilderberg. Ovvio che lei si dovesse spendere, nel contesto della sua guerra per il PD e contro il M5S, a corpo morto per le “sardine”. Tout se tien.
Lasciamo da parte esperienze personali che potrebbero falsare la vista, non solo di uno il cui padre non lo ha mai sfiorato e la cui madre gli ha inferto infinite punizioni corporali e psicologiche, di figli picchiati dalle madri fisicamente e moralmente. Ma è onesto che le donne sorvolino sulle madri di cui letteratura e psicologia secolari narrano il possesso totalitario dei figli (specie maschi, da cui probabilmente in parte la violenza maschile) attraverso la violenza fisica e il ricatto affettivo? Quando si sancisce la superiorità della donna per sensi e comportamenti umani, suscitando la guerra dei generi e, dunque, quell’altro diversivo dalla lotta unitaria contro i dominanti, è onesto oscurare il ruolo di migliaia di donne che esercitano un potere politico ed economico sui deboli altrettanto feroce, a volte maggiore, di quello degli uomini?
E, soprattutto, non è segno di settarismo fino alla malafede e di scellerate motivazioni politiche, mobilitare il mondo contro la violenza sulle donne, cancellando totalmente la massima violenza, sofferenza e morte loro inflitte da guerre e sanzioni, perlopiù solo da Stati – paradosso solo apparente - nei quali prosperano le campagne antiviolenza? Quante erano le donne tra le 40mila vittime di soli due anni di sanzioni Usa al Venezuela constatate dall’ONU? Quante donne, dagli zero anni in su, sono rimaste sotto le macerie delle bombe lanciate dai paesi che si mobilitano per le donne, quante sotto gli stupri e le esecuzioni dei carnefici terroristi sguinzagliati da quegli stessi paesi? Quanto è l’odio delle donne per le donne che non stanno contro Assad, o Morales, o Maduro?
Sinite parvulos venire ad me.
Dunque, le “sardine” chiamano a raccolta tutti gli antipopulisti, antirazzisti, accoglitori senza se e senza ma, salviniani e altri. Cioè dovrebbe accorrere la metà degli italiani in età di voto. Cioè almeno la metà di quel 73% che ha votato. Resterebbe fuori quasi un terzo, oltre il 51% che sarebbero i populisti, sovranisti e razzisti, “che non si devono poter far ascoltare”.Che popolo di merda! Deve farsi travolgere da questi bravi ragazzi che, essendo giovani, spesso senza aver ancora finito le scuole, o mai letto un giornale, o mesmerizzati dallo smartphone, sono più saggi, informati, maturi di tutti gli altri. Basta che siano adolescenti, meglio bambini. Vedi Greta che non ha bisogno di studiare. Le basta terrorizzare il mondo con l’apocalisse che incombe perchè si sottometta a quelle emergenze con cui aldenaro è più facile governare.
Il “sistema Soros”.
Il trucco è sempre quello e ne è il più classico degli interpreti, George Soros, l’uomo di tutte le campagne del “manifesto”, colui che ha messo l’Italia, con l’assalto alla lira assieme a Draghi, sul banchetto dei saldi. E’ la frode classica di tutte le religioni post-classiche. L’ho osservato in diretta in tante “primavere arabe”. Si fa appello ai buoni sentimenti di brave persone con valide ragioni per rivendicare qualcosa, ragioni che, a corto di perfezione umana, non mancano mai in nessuna società. Si forniscono ricchi e avanzati strumenti di comunicazione, rifornimenti, logistica, attrezzature, pubblicistica. E insieme a tutto questo, i preparati e addestrati esperti nell’utilizzare i buoni sentimenti per azioni che servono solo ai manovratori in alto. Una normale protesta politica, o sociale, o ambientale, o giuridica, viene pompata fino a mettere in discussione l’intero “regime”.
Nel caso specifico, si parte dal sacrosanto disgusto per il più rozzo degli operativi, Salvini, guerriero delle finte contrapposizioni nel quadro delle compatibilità con cui la Cupola manomette la nostra idea del vero, e si spiana la strada all’altro operativo, quello della finta alternativa, più raffinata e collaudata, inducendo l’idea che il bene abbia vinto sul male. La posta in palio a cui, nella congiuntura, sono chiamate le sardine? Le elezioni in varie regioni d’Italia. In particolare, un piedistallo per il governatore della regione e delle cementificazioni, Bonaccini, nel momento in cui gli è venuto a mancare lo sgabello dei Cinquestelle.
Non molto diversamente, lo scatenamento della violenza terroristica sull’imminente annientamento da clima, affidato a bambini e adolescenti che, si sa, ci contagiano con la loro purezza e innocenza, a cosa deve servire? Strategicamente a imporci i ferri e i ceppi necessitati da ogni “emergenza” e, a questo scopo, favorire le forze politico-economiche che puntano al rilancio di un turbocapitalismo oligarchico basato sulla Green New Economy, contro tutto quello che chiamano “populismo” e “sovranismo”. Sul piano tattico, far vincere certe elezioni agli schieramenti amici. Per esempio, visto il ruolo del Regno Unito nei confronti dell’Europa, neutralizzare la Brexit.
Una rivolta dei padroni.
Non per nulla è in Inghilterra, dove George Soros ha condotto il suo primo assalto a una moneta nazionale, demolendola e facendoci una montagna di miliardi, che si è messa all’opera una delle sue creature più recenti. Quell’Extinction Rebellion, con nel logo la clessidra a segnare la fine del mondo, che, bloccando Londra, lì ha fatto il botto più grosso, mutuando, con gli scontri duri e i droni a sabotare addirittura gli aeroporti, i metodi dei fratelli di Hong Kong. Nel grafico, Soros (Open Society) e “ribelli” vari a sostegno di XR. Tutti anitifascisti, antirazzisti, antipopulisti e antisovranisti. Tutti zitti su liberalismo, imperialismo e guerre.
Il fondatore di XR, Roger Hallam, colloca il suo movimento nella tradizione di Ghandi e Luther King. Però calcola la rivoluzione, le sue vittime, i suoi arrestati, con un algoritmo. In un convegno dell’affine “Amnesty International”, ha proclamato, con toni che ci fanno capire da dove viene il linguaggio delle sardine: ”Costringeremo il governo ad agire. E se non lo farà, lo abbatteremo e creeremo una democrazia adatta allo scopo. E, sì, alcuni potrebbero morire nel processo”. In un video Hallam raccomanda di farsi dare “i soldi dai capitalisti, che abbiamo riempito di ansia per il cambiamento climatico”. E dunque chi trovi, ansioso o no, tra i bancomat di XR? Oltre Soros, con Bill Gates e Ted Turner nella Global Business Association (una specie di Confindustria mondiale), la catena di abbigliamento C&A, una serie di Fondi d’Investimento che fioriscono sui derivati, la famiglia Kennedy, la famiglia Buffett, la famiglia Rockefeller, il neocandidato miliardario Bloomberg, tanti altri. Insomma XR è il pupetto nato dall’impegno della necrocratica créme de la crème imperialcapitalista mondiale.
Gli attivisti di XR sono quasi tutti volontari…pagati. Fino a 450 euro la settimana. Si riempie un modulo in cui si illustrano i propri bisogni vitali e si chiede il VLE, Volunteer Living Expense che dà diritto al “rimborso”. Non stupisce che le piazze di XR siano affollate. Del resto, chi ci salva dall’estinzione non merita questo modesto guiderdone?
Quando Hallam, un agricoltore biologico e ricercatore presso il King’s College, fondò XR nel 2018, insieme a Gail Bradbrook, altra ricercatrice convinta alla causa, scoperta facendosi di LSD in Costarica, alla comitiva si aggiunse una vasta schiera di studiosi, soprattutto psicologi e psichiatri, quanto occorre per trasformare una preoccupazione in isteria collettiva. C’era anche Antony St.John, XXII barone St.John of Bletso, uno dei novantadue membri ereditari della Camera dei Lord, presidente del consiglio di amministrazione della banca commerciale Strand Hanson e direttore esecutivo di un lungo elenco di società minerarie, informatiche, telematiche, energetiche e finanziarie, sia in Sud Africa sia in Europa. Quelle che fanno tanto bene al clima. Nella Camera dei Lord è membro della Commissione Esecutiva del gruppo parlamentare sull’Africa. Come tale, grande sponsor delle migrazioni. Il cerchio si chiude. E chiudo anch’io.

Prescrizione: ecco il ddl. Ma il M5S avverte i dem. - Ilaria Proietti

Prescrizione: ecco il ddl. Ma il M5S avverte i dem

E ora Forza Italia prova a stanare il Pd. Perché domani nella conferenza dei capogruppo alla Camera verrà messa ai voti la proposta degli azzurri di calendarizzare con procedura di urgenza il disegno di legge Costa, che punta a sterilizzare l’entrata in vigore a gennaio delle norme che prevedono lo stop alla prescrizione dalla sentenza di primo grado, voluta dal Guardasigilli Alfonso Bonafede nella legge Spazzacorrotti. Norma difesa ieri da un post del capo politico dei 5Stelle, Luigi Di Maio: “Sulla prescrizione non si può dire no come Salvini”. E dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che in un Forum all’Adnkronos si mostra ottimista: “Non c’è nessun allarme in relazione al fatto che c’è una norma vigente con cui scatta la prescrizione con la sentenza di primo grado”.
Eppure anche i dem chiedono di posticipare la nuova prescrizione. L’altro giorno Andrea Orlando che è vicesegretario del partito oltre che ex ministro della Giustizia, l’ha detto chiaro: “Senza un accordo con i 5 Stelle su come accelerare il processo diventa inevitabile il rinvio della legge sulla prescrizione”. Però non è affatto certo che il Pd voterà l’idea di Forza Italia di accordare l’urgenza al ddl Costa. che per approdare in aula con questa procedura ha bisogno di un voto all’unanimità in capigruppo. Che, dem o meno, non ci sarà comunque. “Noi dei 5 Stelle non la voteremo” spiega Eugenio Saitta, maggiorente grillino in commissione Giustizia di Montecitorio dove nel frattempo proseguono le audizioni sul testo. Ma anche se si decidesse per l’urgenza, il ddl non arriverebbe in aula comunque prima dell’11 dicembre, ossia dopo il via libera ai provvedimenti in un calendario intasato. Solo questa settimana sono previsti l’ok al decreto terremoto, l’esame del dl scuola, una mozione e il decreto fiscale. “La procedura di urgenza è un falso problema: perché il testo di Costa arriverà comunque in aula prima della fine dell’anno” dice il capogruppo dem Alfredo Bazoli. Che mette le mani avanti: “Non so come ci regoleremo in capigruppo ma dieci giorni non cambiano le cose, anche perché poi dopo la Camera (che potrebbe discuterne il 23 dicembre), servirebbe il via libera del Senato”.
Ma dieci giorni fanno la differenza, eccome. Perché il ddl è composto di un solo articolo. E se l’aula la prossima settimana decidesse di incardinarlo nei lavori, ribaltando la probabile decisione della capigruppo di non accelerare, potrebbe votarlo in poche ore. Con effetti da terremoto per la maggioranza se il Pd lo appoggiasse. Per questo Fi spinge il disegno di legge, forte dell’appoggio di Fratelli d’Italia e della Lega. Anche se lo Spazzacorrotti con annessa prescrizione, il Carroccio lo aveva votato quando era alleato con il M5S. “Ma il patto era quello di fare la riforma del processo penale prima dell’entrata in vigore delle nuove norme” dice il capogruppo del Carroccio in commissione Roberto Turri. Insomma nessun imbarazzo dalle parti di Salvini. E infatti Costa chiede non solo a tutto il centrodestra ma pure a Leu e a Italia Viva di Matteo Renzi una mano per affossare la legge Bonafede. Continuando a mettere sotto pressione il Pd. “Se pure il nostro tentativo andasse a vuoto in capigruppo – sostiene il forzista – sulla questione del calendario si dovrà esprimere l’aula, dove puntiamo a far emergere le contraddizioni nella maggioranza. Non si sono messi d’accordo sulla riforma per velocizzare i processi e mi pare difficile che riescano a farlo in 37 giorni, prima che le norme sulla prescrizione entrino in vigore. E allora delle due l’una: o cede Bonafede, o a perdere la faccia sarà Zingaretti. Vedremo se i dem avranno il coraggio di dire che la questione non è urgente”. Ma il M5S fa muro a difesa della riforma Bonafede. Così dopo un lungo silenzio sul tema ecco Di Maio, su Facebook: “A battersi contro questa norma di assoluto buon senso c’è la Lega che, dopo averla approvata, ha cominciato a dire ‘no, aspettate un attimo”.
Ora, però, punge il ministro, “mi aspetto che la musica sia cambiata. Il Pd, anche all’inizio della scorsa legislatura, diceva di interrompere la prescrizione ancor prima della sentenza di primo grado, già al rinvio a giudizio. Possiamo fare questo passo importante insieme”. Ignorando il ddl Costa, innanzitutto.

martedì 26 novembre 2019

Il re è nudo..

L'immagine può contenere: una o più persone e persone in piedi

Mi sorge il dubbio che Salvini blateri continuamente contro l'immigrazione, ma non faccia nulla per eliminarla. Come si suol dire, dà un colpo alla botte ed uno al timpagno. Dice di non volere gli immigranti, ma quando poteva farlo non li ha rimpatriati. Così mantiene per sè due tipi di elettorato: quello che li rimanderebbe indietro e quello imprenditoriale che, invece, li vuole accogliere per abbassare il costo del lavoro.
Il suo unico scopo è mantenere il posto di prestigio acquisito per grazia ricevuta - infatti bacia i rosari e si munisce di santini - e comandare senza avere l'assillo di cercarsi un lavoro.
E' un falso assoluto, come il suo simile in salsa rosa.
La tragedia sta nel fatto che sono in tanti quelli che lo ammirano e lo seguono... Terribile!
Lui è solo un tipo da mojito sulle spiagge.
Non ha soluzioni o programmi per governare; lui segue l'andamento, l'onda, si lascia condurre per mano cercando di accontentare questo e quello senza alcuna distinzione, non analizza, lui non pensa, c'è chi lo fa per lui.
C'è chi raccoglie fondi per la sua costosissima campagna elettorale, chi studia e suggerisce atteggiamenti o concetti o parole da divulgare, chi si presta per accrescere la sua inesistente personalità di macho irresistibile fingendosi sue fidanzatine per brevissimi periodi, e via discorrendo.
Lui deve solo fare atto di presenza, peraltro neanche gradevole a guardarlo, il resto viene da sè ed a pagare le sue menate e boiate tenendo conto dell'enorme esercito al suo seguito, siamo tutti noi!

Cetta.