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lunedì 17 febbraio 2020

Il potere, testa, pinna e coda. - Giuseppe Di Maio



Nella nostra nazione essere comunista rappresentò dal ’48 in poi un disvalore funesto. Per molto tempo chi lo era aveva difficoltà a studiare, a trovare lavoro, e persino ad emigrare. Con l’inizio degli anni ’60 questo svantaggio si attenuò. Ma nelle classi gregarie e in genere reazionarie il disvalore si mantenne dormiente, fino a quando Berlusconi con la discesa in campo non lo resuscitò. Sono famose le sue invettive contro i “poveri comunisti”, definitivamente cacciati dal governo e costretti allo scontro nelle piazze.
Parallelamente a questa esclusione pregiudiziale ne era stata costruita un’altra, quella della “mancanza di cultura di governo”, di cui furono accusati: il PCI negli anni ‘60 dai partiti di centro; Berlusconi e la Lega dai partiti della tradizione; il M5S da tutti gli avversari. Ad ogni terremoto politico l’establishment ha tacciato il nuovo venuto di inabilità a governare, anche se il biasimo ai pentastellati è diventato un triste leit motiv che dura da troppo tempo, nonostante essi abbiano dato prove magistrali del contrario. Perché? Perché il Movimento non ha dato ancora segnali di essere rifluito nel sistema, di aver fatto compromessi sostanziali, di aver favorito amici, spartito potere e denari.
Così come il comunismo, anche, diciamo… “l’incapacitismo”, è un difetto imperdonabile nel giudizio popolare. Ecco il perché delle continue accuse gratuite e infondate al M5S, per quanto gli unici dimostratisi incapaci siano stati solo i servi dei lobbisti e i tanti improponibili politici nostrani. Ricordiamo quelli senza diploma al ministero dell’Istruzione, quelli del tunnel di neutrini alla Ricerca Scientifica, quelli “dell’abbiamo una banca” alla Giustizia etc, e tutti gli altri impresentabili, impreparati e incompetenti che hanno affollato i banchi del governo.
Ma con quest’accusa si nascondono verità fondamentali, cioè: che la democrazia non è una faccenda governata dalla tecnica, ma purtroppo dalla volontà; che l’amministrazione pubblica non è un congresso privato riservato a pochi esperti, ma è interesse di tutti coloro che abbiano un minimo di capacità civica. Questa è la democrazia compiuta, e non il populismo attuale, che invece è fondato sul suffragio di un popolo elettore totalmente squalificato e su un governo di oscuri tecnocrati e specialisti asserviti agli interessi dei potenti.
Il nuovo corso imposto dalla liberazione della volontà popolare attraverso l’inevitabile governo a 5 stelle, comincia a scuotere tutta la classe dominante. La prima a temere la rivoluzione pentastellata è l’informazione serva di regime. Essa ha blandito la Lega di Salvini contro i 5 stelle, ora persino la Meloni contro Salvini. Poi, le lobbies sfrattate dai vantaggi dei decreti ad hoc, e infine tutto il comparto pubblico, dai semplici dirigenti ai boiardi di Stato. Sempre più su, fin dove spunta il faccino lombardo del presidente della Corte Costituzionale che, dopo aver dichiarato l’illegittimità retroattiva della spazzacorrotti, adesso si schiera dalla parte di una giustizia dal volto umano, bocciando i processi troppo lunghi.
Peccato che il volto umano diventi arcigno solo con la povera gente, quella senza santi né avvocati, quella senza partito. Poiché il suo partito, da socialista qual era è diventato liberal, e s’interessa di questioni civili e non sociali, delle politiche di genere, gender e d’accoglienza, dell’inizio e fine vita. Ecco perché il suo partito non riusciva a mostrarsi in piazza e perché nessuno lo seguiva.
Ma ad un certo punto quel partito si è scelto l’avversario, il suo giusto nemico. Col quale ha cominciato una tiritera di contrapposizioni fasulle allo scopo di polarizzare l’attenzione e di mettere fuori gioco i 5 stelle. Fino a che non si è persino clonato. E, un partito senza piazza, la piazza l’ha trovata gridando: Bologna non si lega. Una specie di “Allah u akbar”, un chicchirichì tutto ormonale senza spiegazione e senza idea. Un nulla rappreso a cui Gruber, Formigli, Sardoni, Merlino, Floris ed altri, hanno fatto da megafono, lisciandolo a più non posso, e suggerendo persino le risposte.
Adesso la sardina del PD già parla della sua e di quelle degli altri come “narrazioni”. Racconti contrapposti tra cui scegliere il più simpatico: “l’erotico romantico o l’erotico tamarro”, testuale sardiniano. E la sardina semper ridens, detta la deontologia dei 5 stelle, intellige l’agenda del governo, e ne boccia i provvedimenti. Boccia la giustizia, aggiungendo “ismo”, boccia la guerra al vitalizio e stabilisce altre priorità. Se avesse parlato Zingaretti non avrebbe fatto meglio. Siamo in attesa di cosa dirà ancora il ventriloquo, ma mettiamo in guardia la povera gente che nemmeno questo, qualunque cosa nascerà, sarà il suo partito.

IL SANTORI E IL PALCO ALLA U2 - Viviana Vivarelli.

L'immagine può contenere: una o più persone e spazio all'aperto

Intanto la prima cosa che il Santori ha fatto è stato registrare il marchio delle sardine.
La seconda aprire un conto corrente per gli sponsor.
Subito è comparso un palco modernissimo alla U2, sarà costato 2.800 euro ma il conto del Santori si è riempito subito con 70.000 euro e oltre. Tutti piccoli versamenti? Non credo. Poi mica è andato a Ustica ad accogliere i migranti, è andato nella villa dei Benetton a omaggiare uno dei peggiori patron italiani ma anche più ricco, chissà mai non ci scappasse un bel posto di lavoro. Sa come muoversi il mio pollo.

Scemo, scemo ma furbo, furbo.
Poi gli striscioni glieli ha fatti Bonaccini e la piazza gliela danno subito senza attese ogni giorno prestabilito senza fare storie quando altri devono aspettare mesi.
Hanno avuto la faccia di scrivere che le migliaia di 5 stelle a Roma avevano avuto viaggio pagato, diaria più il cestino da viaggio! Ma non lo vedono che Di Maio e gli altri stavano ritti su un camioncino? Gli sfugge che i soldi degli stipendi i 5 stelle li danno al popolo italiano e che sponsor alla Benetton non ne hanno? Si accaniscono su Casaleggio quando i conti sono tutti in chiaro e Casaleggio se lo pagano i 5 stelle a 300 euro al mese e oligarchi nel M5S non ce ne sono né russi né americani e tanto meno processi per mazzette. Sfugge anche l'evidenza di chi prende e chi dà? E pure il faraonico tour elettorale di Salvini "ogni giorno da due anni" scorazzando per tutto il Paese dovrà pure essere sulle spese di qualcuno, visto che Salvini i 49 milioni rubati dallo Stato non li ha resi lamentando casse vuote del partito e miseria e strappando una resa in 99 anni (e chi mai può tanto?).
La poesia delle sardine è bella e le bolle di sapone pure, ma quanto senso pratico c'è poi in questo quartetto di arrampicatori che ha trovato tutte le strade subito aperte? Quando poi nello stesso Paese abbiamo tante eccellenze dimenticate!! E sono davvero eccellenze costoro? O sono giovani molto furbi che stanno sfruttando il vento meglio che possono, il che sarebbe anche lecito se tanti giovani ignari non li seguissero e queste sardine non sembrassero tanto ma proprio tanto delle furbissime armi di distrazione di massa!

venerdì 7 febbraio 2020

“A chi interessa se casca un ponte?” Oliviero Toscani. - Sardine.

Oliviero Toscani licenziato dai Benetton: fatale la frase sul Ponte Morandi (e la foto con le sardine)

A me Toscani non è mai piaciuto e neanche dispiaciuto, diciamo che mi era completamente indifferente, nel senso che non mi sono mai soffermata a pensare a qualcosa che lo riguardasse in prima persona.
Ma da qui a prendermela con lui per una frase buttata a caso - senza dubbio poco gradevole da digerire - non ci sto.
Non ci sto perché mi rifiuto di credere che volesse intendere che a nessuno interessa se casca un ponte e qualcuno, a causa del disastro, muore.
Non credo che si possa essere tanto cinici da esprimere tanto distacco in casi del genere.
Ciò che non comprendo, invece, è il comportamento delle "sardine" il cui fine ultimo non ho ancora compreso, mi sfugge dalle mani.
Va benissimo ostacolare il cammino di un politicante da strapazzo come Salvini, che rappresenta il peggio che possa capitare in politica, ma avrei gradito che avessero manifestato anche contro l'atteggiamento borioso ed irriguardoso dei Benetton, colpevoli di omicidio colposo di 43 esseri umani, anziché farsi fotografare sorridenti in loro compagnia.
Io sono del parere che se tu intraprendi una strada per raggiungere una meta o ad un appuntamento, devi continuare sulla stessa strada, perché se la cambi rischi di non arrivare alla meta o all'appuntamento.
In entrambi i casi l'unica cosa certa è che perdi di credibilità.

Ma siamo in Italia, non dobbiamo mai dimenticarlo, in Italia dove tutto è il contrario di tutto, dove le leggi sono ambigue e si interpretano a piacimento, dove il popolo ha solo doveri e chi fa le leggi ha solo diritti.

Ma questa, la nostra, (mi sorge un dubbio) è "democrazia"? Boh!
C.

Iowa, Sardine e Renzi: la sinistra fa autogol nell’universo mondo. - Antonio Padellaro

Iowa, Sardine e Renzi: la sinistra fa autogol nell’universo mondo

Stanco di soffrire a causa delle molteplici delusioni cagionategli dalla sinistra, l’autore di questo diario prova a lenire le pene ricorrendo all’atarassia che (trascrivo da Wikipedia) è il termine già usato da Democrito che designa “la perfetta pace dell’anima che nasce dalla liberazione dalle passioni”.
Gli autogol delle Sardine. Soltanto pochi giorni fa avevo (avevamo) gioito all’annuncio della vittoria dell’alleanza sinistra più Sardine in Emilia-Romagna (e goduto come ricci per la sconfitta di Matteo Salvini): oh giornate del nostro riscatto! Ma, tutti assorti nel novo destino, non potevamo presagire che di lì a poco ci saremmo ritrovati con le photo opportunity dai Benetton, con le successive, dolenti prese di distanza (Jasmine Cristallo), con le velenose autoespulsioni (Stephan Ogongo). E, più in generale, con una sindrome troppo banale per essere vera: il successo di quattro ragazzi che dà loro alla testa. Infatti il saggio dice: ci sono soltanto due uomini perfetti, uno è morto e l’altro non è mai nato. E dunque se le imperfezioni dei piccoli leader saranno perdonate, le prossime piazze saranno ancora piene. Altrimenti, resteranno desolatamente vuote. In tal caso ai ragazzi diremo grazie per quanto fatto. Poi, con qualche rimpianto, ce ne faremo una ragione.
Suicidi assistiti. Matteo Renzi che minaccia di affondare lo stop alla prescrizione (un tempo da lui auspicato) insieme al governo Conte è lo scorpione che nella favola di Esopo punge a morte la rana che lo sta portando in salvo (“È la mia natura!”). Pensavamo di averla fatta franca, che fallita la spallata salviniana in Emilia il governo si fosse messo al riparo, almeno per il tempo necessario a programmare qualcosa di utile per il Paese e a salvarci dall’uomo del mojito. Non è così. Ma se la “natura” renziana dovesse provocare un demenziale omicidio-suicidio (stando ai sondaggi alle successive elezioni Italia Viva partorirebbe Italia Morta) cosa mai potremmo farci noi persone di elementare buon senso? Nulla. Infatti il saggio dice: se c’è un rimedio perché te la prendi? E se non c’è un rimedio, perché te la prendi?
Disastro in Iowa. La figuraccia delle primarie dem negli Stati Uniti conferma che grande è la confusione sotto il cielo liberal dove troppi candidati si contendono la nomination, tutti però al momento troppo deboli per spuntarla su Donald Trump. Il quale prospera allegramente sugli errori dei rivali, soprattutto la sconsiderata procedura di impeachment che bocciata dal Senato accresce la fama del presidente invincibile. E amen.
Infatti dice il saggio: non sono le stelle troppo lontane, sono le scale per raggiungerle troppo corte.
E Brexit fu. Il nostro amore per l’Europa unita ci aveva fatto sperare che alla fine un rimedio sarebbe stato trovato per impedire che l’uscita della Gran Bretagna non desse un duro colpo alla solidità dell’Unione. Eravamo convinti che al momento opportuno Jeremy Corbyn avrebbe schierato il Partito laburista armi e bagagli a difesa del Remain. Purtroppo, davanti alla cinica determinazione di Boris “boria” Johnson, quella un tempo gloriosa sinistra ha dato di sé una grigia immagine di latitanza e inconcludenza. Infatti dice il saggio: colui che chiede è sciocco per cinque minuti, ma colui che non chiede rimane sciocco per sempre.
Vergogniamoci per lui. Di Oliviero Toscani abbiamo sempre apprezzato la genialità e la passione con cui ha sposato le cause dei più deboli e dei più discriminati. Ma la sua frase: “A chi interessa se casca un ponte?”, pronunciata a proposito della visita delle Sardine da Benetton, fa ribollire il sangue. Per i 43 morti di Genova e per la disumanità, speriamo involontaria, che esprime. In questo caso un rimedio esiste: chiedere scusa.
Con questi sommari esempi, il diario ha cercato di rendere il senso di inadeguatezza che troppo spesso promana da quella bandiera politica convinta di rappresentare, per definizione, la parte buona e giusta dell’universo mondo. Esauriti, tuttavia, fatalismo e rassegnazione per chi alle virtù della sinistra ci ha creduto e ci crede ancora, non resterebbe che il “metodo Ninetta”. Quella barzelletta cioè dove all’esame di casellante ferroviario si chiede al candidato cosa fare per evitare l’impatto tra due treni lanciati a folle velocità sullo stesso binario. Poiché ogni possibile rimedio viene bocciato dai commissari, il nostro chiama in causa Ninetta. E alla domanda chi sia risponde serafico: è mia moglie, la chiamo e le dico amore vieni a vedere che botto.

martedì 4 febbraio 2020

Andrea Scanzi: “Non solo Santori e gaffe: le sardine sono molto altro”



Lasciandosi fotografare accanto a Luciano Benetton, le quattro Sardine fondatrici hanno commesso un errore allucinante. Oliviero Toscani, che ovviamente se la sta ridendo un mondo, ha detto che quelle foto dovevano rimanere private. Figurarsi: nulla, a certi livelli, resta privato.
Quando ho messo in scena Il cazzaro verde a Bologna il 22 gennaio, ho invitato tutti e quattro. Sarebbero venuti, ma non appena hanno saputo che in platea c’era anche Bonaccini hanno cambiato idea per non farsi strumentalizzare. Alla fine è venuta solo Giulia Trappoloni, non come Sardina ma come nata in provincia di Arezzo (come me). Anche i muri sapevano che le Sardine avrebbero votato Bonaccini, ma ho apprezzato il loro rigore. Quel rigore che non c’è stato con Benetton. Se è lecito visitare Fabrica, il “centro per sovversivi” creato da Toscani per dar spazio alle giovani eccellenze italiane, farsi fotografare (per giunta sorridenti) fianco a fianco con Luciano Benetton è irricevibile. E regala argomenti a chi, rosicando e delirando, sostiene che le Sardine siano un esperimento di laboratorio creato da Prodi e Pd.
Le Sardine non esistono, come recita il titolo del loro libro in uscita per Einaudi: “Non esistono” nel senso che sono tutti e nessuno. Elettori Pd, 5 Stelle, sinistra radicale, astenuti: persone unite anzitutto dal non volersi far evirare da Salvini. Mattia Santori, autoproclamatosi leader, ha ammesso a fatica l’errore dopo le critiche arrivate anche da Sardine colleghe (Jasmine Cristallo, vicina a Potere al Popolo). Bene. Ma non basta, perché Santori sta diventando per molti “antipatico a prescindere”. Da Floris è riuscito a farsi demolire da Senaldi e Sallusti. Quando è salito sul palco di piazza San Giovanni, di fronte a una folla meravigliosamente smisurata, ha indossato la faccia compiaciuta del rappresentante d’istituto che occupa a caso la palestra, per poi espettorare punti programmatici puerili: roba tipo “i politici non devono dire parolacce” (sticazzi!). Lercio lo ha ritratto mentre è al ristorante con la faccia assorta: “Mattia Santori sorpreso a fissare un menu per ore si giustifica: ‘Per ora so cosa non voglio!’”. Recensione strepitosa: Santori è a oggi perfetto come icona di milf e politically correct, ma non appena deve esibire contenuti denota lo stesso spessore delle sogliole anoressiche.
Peraltro Santori è un ex (ex?) renziano che il 4 dicembre voto sì perché voleva il cambiamento (sic). Somiglia più a Calenda che a Berlinguer, e non si capisce perché uno così debba sintetizzare mediaticamente un’esperienza così bella. Come ha scritto Paolo Flores d’Arcais su MicroMega: “L’endorsement al governo – a cui non chiedete nulla di scomodo – e la foto testimonial con i Benetton – perché farvi strumentalizzare? – sono due atti incoerenti con l’esplosione di speranze che avete suscitato. Il vostro non voler essere ‘divisivi’ assomiglia troppo al non dispiacere a nessuno. Il no a Salvini non basta”.
Santori ha un futuro assicurato da parlamentare (mi gioco una palla che sarà in Parlamento al prossimo giro), ma le Sardine non possono essere solo lui. Il loro è un movimento carsico, che se diventa soggetto politico non andrà oltre un futuro da costola minore del Pd, ma che nella società civile può continuare ad avere un ruolo nobilissimo: quello di sentinella e catalizzatore democratico di indignazione. Con Benetton siete stati ingenui, gonzi e coglioni. Ci sta: siete dentro un ingranaggio più grande di voi. Ora, però, diteci non solo cosa non volete: ma pure cosa volete. Partendo, magari, da revoca concessioni e prescrizione.

mercoledì 27 novembre 2019

Dall’odio del “manifesto” al manifesto dell’odio. - Fulvio Grimaldi

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QUANDO LE COLORI, LE SARDINE VANNO A MALE
Che ci fanno Bill Gates, Ted Turner e George Soros con Extinction Rebellion?
“Non siamo contro il Sistema” (I fondatori delle “Sardine” toscane: Danilo Maglio, Cristiano Atticciati, Matilde Sparacino, Benard Dika)
Una cosa è certa: questo PD degli Zingaretti, Marcucci, Lotti, Orfini, Guerini, non è mai stato in grado e non lo sarà mai di produrre una mobilitazione di massa, estesa sul territorio, come quella oggi in atto con le “sardine”. Per quanto possa poi risultargli favorevole nel voto. Chi sa dar vita a fenomeni del genere, solitamente effimeri, ma di grande impatto momentaneo grazie alla sinergia con un sistema mediatico controllato dagli stessi che innescano tutte le rivoluzioni colorate. Di cui sono una manifestazione le “sardine”, assieme ad altre analoghe, nelle loro più recenti invenzioni improntate a un odio sconfinato per coloro che dannano come odiatori. Sono tutti quelli che escono dal seminato, ossia non condividono, non si assoggettano, si permettono dissensi nei confronti del Sistema. Che è un nome asettico per non dire establishment, o élite, o Cupola, o padroni del mondo.
Infatti cosa proclamano in primo luogo e come caposaldo politico-ideologico i capibranco “sardine” di Firenze? “Non siamo contro il Sistema”. Non sono, quindi, contro coloro che il Sistema lo disegnano, attuano, reggono: i dominanti. Ne consegue, forzando neanche tanto: noi siamo con il Sistema, magari un tantinello critici (ma tutto scompare nell’odio per Salvini e il populismo), con l’establishment, con il Deep State, l’élite, l’UE, la Nato, la Green New Economy integrata dal catastrofismo ambientale, con l’annullamento delle identità e lo sradicamento dei popoli, con ogni criminalità organizzata, ogni forma di terrorismo, con il capitale che tutti ci governa e cui sono connaturati il totalitarismo di comunicazione e sorveglianza, le guerre sociali, economiche e militari. Non sono contro il Sistema, ma sono virulentemente contro i fuori dal Sistema: a parolacce contro quello finto, Salvini; in effetti contro quelli veri, tutti indistintamente gettati nel secchio del populismo e del sovranismo
Da renziani a sardine.
Non fa meraviglia che simili paradigmi vengano enunciati da uno come il giovane Bernard Dika, attivista renziano fino all’altro ieri, oggi nominato da Mattarella “Alfiere della Repubblica”, ha lasciato il PD quando gli è convenuto darsi credibilità di “sardina” fuori dai giochi del partito conosciuto come scivolo dalla padella alla brace.
E non fa meraviglie che il loro primitivissimo programma, scritto in forme linguistiche e sintattiche da analfabeti funzionali ( Forse lo hanno tradotto da Soros) abbia quell’unico obiettivo, Salvini e i populisti. Obiettivo diabolizzato oltre ogni misura se paragonato alla sedicente sinistra o al centrosinistra. Politici che dai loro vituperi sono però risparmiati. Eccone il testo, presentato non come il rigurgito di frustrazioni e aggressività di un bulletto di seconda media, fanatizzato da videogiochi di guerra e nazismo, ma come loro manifesto ufficiale: https://www.agi.it/politica/sardine-6596346/news/2019-11-21/.
Avete mai letto un peggiore concentrato di intimidazioni, minacce, protervia, violenza verbale, intolleranza? E dovrebbe rappresentare il non plus ultra di una società della solidarietà e dell’inclusione. Sentite questa: “Per troppo tempo vi abbiamo lasciato fare… lasciato campo libero… siete gli unici a dover avere paura…dobbiamo liberarci della vostra presenza… non avete il diritto di avere qualcuno che vi stia ad ascoltare… siamo pronti a dirvi basta…” Gentili, democratici, rispettosi. Manca solo il fez. Un concentrato d’odio come piace al “manifesto”, che infatti gli dedica una standing ovation.
L’odio degli anti-odio
Manifesto-programma pieno di contenuti come un guscio d’uovo dopo che ne abbiamo succhiato il rosso e il bianco. E campagna monotematica e apodittica, che non ammette contradditorio o mezzetinte, come tutte le grandi operazioni diversive e divise, di distrazione di massa da ciò che caratterizza la storia dell’uomo ieri, oggi, domani: lo scontro tra dominati e dominanti. E penso al machofemminismo di “Non una di meno”, “Se non ora quando”, “Me too”, alle accuse di omofobia e LGBTQ-fobia, a Greta e discepoli del catastrofismo climatico, bullismo, dirittoumanismo-migrantismo, all’antifascismo dove non c’è fascismo (trascurando quello vero che si maschera da democrazia), all’antisemitismo dove c’è solo islamofobia e antisemitismo (nel senso di semiti arabi), all’antirazzismo che mimetizza i razzisti del neocolonialismo, alle fake news tutte esclusivamente della rete, finalizzate a coprire la mendacità ontologica dei grandi media, all’odio trasformato da legittimo sentimento umano in categoria politica da chi ha in odio chiunque esca dal recinto di filo spinato del pensiero unico.
E’ necessario e sacrosanto fare lotte su temi specifici, figuriamoci: No Tav e Grandi Opere, Grandi Navi a Venezia, gasdotti, maltrattamenti di animali. Ma se parli di commercio d’armi e non dici dove vengono usate, da chi e perché, o lotti contro l’inquinamento climatico e non coinvolgi i grandi inquinatori, o denunci la violenza contro le donne e non tiri mai in ballo le violenze di donne come Madeleine Albright o Hillary Clinton, o gridi contro gli odiatori nel web e sei complice di quelli sugli schermi o nei giornali, c’è da pensare a strumentalizzazioni.
Quelli del transfert
E qui si rincorrono tutti i giornali di autentica estrema destra, quella liberale finanzcapitalista all’arrembaggio del pianeta, ma che si definiscono di sinistra. Li confermano tali amici del giaguaro, accademici e mediatici, così guadagnando credito presso chi ne garantisce protezione, successo e profitto. Guardate cosa s’è inventata la “Repubblica”, col “manifesto” massima fucina di odio per gli “odiatori”. Ingrandite e leggete. E’ lo stesso giornale che, a fianco, pubblica un soffietto alle “sardine” di quel simpaticone da farsa di Plauto che è Enzo Bianchi, definitosi “monaco laico” e perciò idolo della trash-tv. Sempre a fianco non poteva mancare un’intervistona dai fumi d’incenso a Joshua Wong, il giovanotto che ha guidato le formazioni squadriste di Hong Kong a distruggere e dar fuoco, anche a persone, e far sembrare boy scout i casseur dei Gilet Gialli. Dopodichè Wong è andato a Berlino a congratularsi col fondatore degli Elmetti Bianchi.
In linea con lo spirito di questo manifesto delle “sardine” è un incredibile appello, sempre sul giornale dei De Benedetti, in cui la famiglia Regeni, il ragazzo che lavorava per la centrale di spionaggio angloamericana Oxford Analytica e ha provato di sobillare sindacati contro il governo egiziano, annuncia una piattaforma offerta da “Repubblica”. Piattaforma per anonimi che, così protetti dalla vendetta degli sgherri egiziani, vorranno comunicare “rivelazioni” sulla sorte del figlio la cui morte ha scatenato una canea contro il presidente Al Sisi (e contro l’ENI che minacciava di sfilare i grandi giacimenti di petrolio egiziani alle varie BP, Shell, Exxon,Total). Avremo così uno sfogatoio di odiatori dell’Egitto e spunterà chi ha visto Al Sisi strangolare con le proprie mani e marchiare a fuoco il giovane Regeni. Spazio alla delazione, calunnia, nevrosi, ma soprattutto all’odio
Violenza delle “Sardine” e violenza sulle donne
Sono i turbopropellenti mediatici che, dopo girotondi e popoli viola, grete e gretisti, Fridays For Future ed Extinction Rebellion, oggi fanno dilagare le “sardine”. Per capire a cosa sono intese queste campagne basta analizzare la prima, quella della violenza sulle donne e sulla conseguente, ma non legittima, demonizzazione degli uomini. Do per scontato che nessun maschio raziocinante può ignorare e non combattere le discriminazioni sociali e culturali di cui sono vittime le donne in quanto tali, e che sospetto si sentano umiliate da certe categorie di donne alla Lilli Gruber che, nel suo libro “Basta!”, dopo i “Chador” e “Prigionieri dell’Islam” d’ordinanza islamofobica, vede la questione della parità unicamente nella competizione per il potere in termini di rivalsa del genere, il suo, avendo come riferimento coloro che lei onora nelle sue partecipazioni al Club Bilderberg. Ovvio che lei si dovesse spendere, nel contesto della sua guerra per il PD e contro il M5S, a corpo morto per le “sardine”. Tout se tien.
Lasciamo da parte esperienze personali che potrebbero falsare la vista, non solo di uno il cui padre non lo ha mai sfiorato e la cui madre gli ha inferto infinite punizioni corporali e psicologiche, di figli picchiati dalle madri fisicamente e moralmente. Ma è onesto che le donne sorvolino sulle madri di cui letteratura e psicologia secolari narrano il possesso totalitario dei figli (specie maschi, da cui probabilmente in parte la violenza maschile) attraverso la violenza fisica e il ricatto affettivo? Quando si sancisce la superiorità della donna per sensi e comportamenti umani, suscitando la guerra dei generi e, dunque, quell’altro diversivo dalla lotta unitaria contro i dominanti, è onesto oscurare il ruolo di migliaia di donne che esercitano un potere politico ed economico sui deboli altrettanto feroce, a volte maggiore, di quello degli uomini?
E, soprattutto, non è segno di settarismo fino alla malafede e di scellerate motivazioni politiche, mobilitare il mondo contro la violenza sulle donne, cancellando totalmente la massima violenza, sofferenza e morte loro inflitte da guerre e sanzioni, perlopiù solo da Stati – paradosso solo apparente - nei quali prosperano le campagne antiviolenza? Quante erano le donne tra le 40mila vittime di soli due anni di sanzioni Usa al Venezuela constatate dall’ONU? Quante donne, dagli zero anni in su, sono rimaste sotto le macerie delle bombe lanciate dai paesi che si mobilitano per le donne, quante sotto gli stupri e le esecuzioni dei carnefici terroristi sguinzagliati da quegli stessi paesi? Quanto è l’odio delle donne per le donne che non stanno contro Assad, o Morales, o Maduro?
Sinite parvulos venire ad me.
Dunque, le “sardine” chiamano a raccolta tutti gli antipopulisti, antirazzisti, accoglitori senza se e senza ma, salviniani e altri. Cioè dovrebbe accorrere la metà degli italiani in età di voto. Cioè almeno la metà di quel 73% che ha votato. Resterebbe fuori quasi un terzo, oltre il 51% che sarebbero i populisti, sovranisti e razzisti, “che non si devono poter far ascoltare”.Che popolo di merda! Deve farsi travolgere da questi bravi ragazzi che, essendo giovani, spesso senza aver ancora finito le scuole, o mai letto un giornale, o mesmerizzati dallo smartphone, sono più saggi, informati, maturi di tutti gli altri. Basta che siano adolescenti, meglio bambini. Vedi Greta che non ha bisogno di studiare. Le basta terrorizzare il mondo con l’apocalisse che incombe perchè si sottometta a quelle emergenze con cui aldenaro è più facile governare.
Il “sistema Soros”.
Il trucco è sempre quello e ne è il più classico degli interpreti, George Soros, l’uomo di tutte le campagne del “manifesto”, colui che ha messo l’Italia, con l’assalto alla lira assieme a Draghi, sul banchetto dei saldi. E’ la frode classica di tutte le religioni post-classiche. L’ho osservato in diretta in tante “primavere arabe”. Si fa appello ai buoni sentimenti di brave persone con valide ragioni per rivendicare qualcosa, ragioni che, a corto di perfezione umana, non mancano mai in nessuna società. Si forniscono ricchi e avanzati strumenti di comunicazione, rifornimenti, logistica, attrezzature, pubblicistica. E insieme a tutto questo, i preparati e addestrati esperti nell’utilizzare i buoni sentimenti per azioni che servono solo ai manovratori in alto. Una normale protesta politica, o sociale, o ambientale, o giuridica, viene pompata fino a mettere in discussione l’intero “regime”.
Nel caso specifico, si parte dal sacrosanto disgusto per il più rozzo degli operativi, Salvini, guerriero delle finte contrapposizioni nel quadro delle compatibilità con cui la Cupola manomette la nostra idea del vero, e si spiana la strada all’altro operativo, quello della finta alternativa, più raffinata e collaudata, inducendo l’idea che il bene abbia vinto sul male. La posta in palio a cui, nella congiuntura, sono chiamate le sardine? Le elezioni in varie regioni d’Italia. In particolare, un piedistallo per il governatore della regione e delle cementificazioni, Bonaccini, nel momento in cui gli è venuto a mancare lo sgabello dei Cinquestelle.
Non molto diversamente, lo scatenamento della violenza terroristica sull’imminente annientamento da clima, affidato a bambini e adolescenti che, si sa, ci contagiano con la loro purezza e innocenza, a cosa deve servire? Strategicamente a imporci i ferri e i ceppi necessitati da ogni “emergenza” e, a questo scopo, favorire le forze politico-economiche che puntano al rilancio di un turbocapitalismo oligarchico basato sulla Green New Economy, contro tutto quello che chiamano “populismo” e “sovranismo”. Sul piano tattico, far vincere certe elezioni agli schieramenti amici. Per esempio, visto il ruolo del Regno Unito nei confronti dell’Europa, neutralizzare la Brexit.
Una rivolta dei padroni.
Non per nulla è in Inghilterra, dove George Soros ha condotto il suo primo assalto a una moneta nazionale, demolendola e facendoci una montagna di miliardi, che si è messa all’opera una delle sue creature più recenti. Quell’Extinction Rebellion, con nel logo la clessidra a segnare la fine del mondo, che, bloccando Londra, lì ha fatto il botto più grosso, mutuando, con gli scontri duri e i droni a sabotare addirittura gli aeroporti, i metodi dei fratelli di Hong Kong. Nel grafico, Soros (Open Society) e “ribelli” vari a sostegno di XR. Tutti anitifascisti, antirazzisti, antipopulisti e antisovranisti. Tutti zitti su liberalismo, imperialismo e guerre.
Il fondatore di XR, Roger Hallam, colloca il suo movimento nella tradizione di Ghandi e Luther King. Però calcola la rivoluzione, le sue vittime, i suoi arrestati, con un algoritmo. In un convegno dell’affine “Amnesty International”, ha proclamato, con toni che ci fanno capire da dove viene il linguaggio delle sardine: ”Costringeremo il governo ad agire. E se non lo farà, lo abbatteremo e creeremo una democrazia adatta allo scopo. E, sì, alcuni potrebbero morire nel processo”. In un video Hallam raccomanda di farsi dare “i soldi dai capitalisti, che abbiamo riempito di ansia per il cambiamento climatico”. E dunque chi trovi, ansioso o no, tra i bancomat di XR? Oltre Soros, con Bill Gates e Ted Turner nella Global Business Association (una specie di Confindustria mondiale), la catena di abbigliamento C&A, una serie di Fondi d’Investimento che fioriscono sui derivati, la famiglia Kennedy, la famiglia Buffett, la famiglia Rockefeller, il neocandidato miliardario Bloomberg, tanti altri. Insomma XR è il pupetto nato dall’impegno della necrocratica créme de la crème imperialcapitalista mondiale.
Gli attivisti di XR sono quasi tutti volontari…pagati. Fino a 450 euro la settimana. Si riempie un modulo in cui si illustrano i propri bisogni vitali e si chiede il VLE, Volunteer Living Expense che dà diritto al “rimborso”. Non stupisce che le piazze di XR siano affollate. Del resto, chi ci salva dall’estinzione non merita questo modesto guiderdone?
Quando Hallam, un agricoltore biologico e ricercatore presso il King’s College, fondò XR nel 2018, insieme a Gail Bradbrook, altra ricercatrice convinta alla causa, scoperta facendosi di LSD in Costarica, alla comitiva si aggiunse una vasta schiera di studiosi, soprattutto psicologi e psichiatri, quanto occorre per trasformare una preoccupazione in isteria collettiva. C’era anche Antony St.John, XXII barone St.John of Bletso, uno dei novantadue membri ereditari della Camera dei Lord, presidente del consiglio di amministrazione della banca commerciale Strand Hanson e direttore esecutivo di un lungo elenco di società minerarie, informatiche, telematiche, energetiche e finanziarie, sia in Sud Africa sia in Europa. Quelle che fanno tanto bene al clima. Nella Camera dei Lord è membro della Commissione Esecutiva del gruppo parlamentare sull’Africa. Come tale, grande sponsor delle migrazioni. Il cerchio si chiude. E chiudo anch’io.

martedì 26 novembre 2019

Ho letto il manifesto delle “sardine”: che delusione. - Francesco Erspamer



Dicono di credere nella politica e non ne danno una definizione, non fanno un singolo riferimento a una qualsiasi teoria, dottrina o precedente, non spiegano i loro valori di riferimento. Sanno solo dire ciò che “amano”, che in politica è proprio un verbo sbagliato in quanto non esprime un’opinione, che può essere discussa o argomentata, bensì un sentimento soggettivo e del quale non est disputandum.

E cosa amano? “Amiamo la non violenza verbale e fisica”, frase senza senso sia perché la non violenza programmatica è una resa senza condizioni al potere, sia perché, eventualmente, la non violenza la si pratica, mica la si ama.

“Amiamo le cose divertenti e la bellezza”, senza precisare cosa siano e senza prevenire l’ovvio sospetto di edonismo consumista e di passiva accettazione dei criteri estetici dettati dalla pubblicità. Che linguaggio banale, superficiale, approssimativo: “cerchiamo di impegnarci nel nostro lavoro, nel volontariato, nello sport, nel tempo libero”; ma dài, e chi non lo fa? E poi, davvero dedicarsi allo sport e al tempo libero sarebbe un “impegno”? Ma si capisce, dietro ci sono decenni di berlusconismo e, quasi peggio, di finto antiberlusconismo liberal.

Che delusione: questi sono girotondini in ritardo di vent’anni, indiani metropolitani in ritardo di quaranta, figli dei fiori fuori tempo massimo, nel senso che almeno quelli originali scandalizzavano i borghesi, oggi i loro atteggiamenti sono di moda, parte integrante della deriva individualista gradita alle multinazionali.

L’unico punto chiaro di questo manifesto è l’opposizione al populismo: “Cari populisti, la festa è finita”. Nessun tentativo di capire, nessuna analisi della dittatura planetaria del neocapitalismo, nessuna denuncia degli immensi danni che sta causando all’ambiente, alle comunità, ai ceti più deboli, alle culture; neanche il minimo sospetto che dietro la demagogia di squallidi personaggi come Salvini o Trump possano però esserci reali abusi e giustificate paure di un futuro dominato esclusivamente dal denaro e dalle nuove tecnologie. No, per le sardine l’unico problema è che i populisti “buttano tutto in caciara” e spingono i loro seguaci “a insultare e distruggere la vita delle persone sulla rete”. Che pena: un chiacchiericcio da movida o da talk show di bassa qualità.

È comunque la questione fondamentale. In assenza di qualsiasi altro contenuto, resta questo uso fazioso della parola “populista”. Le sardine danno per scontato che sia un insulto: lo sanno che Bernie Sanders definisce sé stesso un “new populist”? lo sanno che il New York Times attacca quotidianamente i manifestanti cileni, i gilets jaunes, i venezuelani e boliviani che resistono ai golpe amerikani appunto accusandoli di populismo? Se non lo sanno, prima di scrivere e parlare dovrebbero informarsi; per evitare di dar vita a un movimento-civetta che miri a confondere la gente e a promuovere l’ideologia profonda del liberismo globalista.

https://infosannio.wordpress.com/2019/11/24/ho-letto-il-manifesto-delle-sardine-che-delusione/?fbclid=IwAR2AtrecYRdJ3AfFElhX5mwJvw2g88CeeL63UreQHQFbzaXpiSureM9ulls

mercoledì 20 novembre 2019

I Beccafichi. - Anna Lombroso



Il saòr è un tipo di marinatura da sempre usata a Venezia, che somiglia al condimento delle sarde a beccafico, con lo scopo di conservare gli alimenti durante le lunghe traversate. È talmente efficace che, narra una leggenda cara a Hemingway, quando morì un alto prelato di Torcello considerato alla stregua di un santo, si volle seppellirlo in Basilica. Ma imperversava da giorni una tremenda tempesta con trombe marine che impedivano il trasporto, così per mantenere l’augusta salma si pensò di coprirla con l’antico bagnetto di cipolle, aromi e aceto e il feretro giunse in perfette condizioni in San Marco pronto per le celebrazioni e l’adorazione di fedeli.

E cosa c’è di meglio per le sardine del saòr, come vuole la ricetta tradizionale, che aggiunge sapore ma soprattutto raggiunge lo scopo di conservare le pietanze, le carni e i pesci, compresi quelli in barile. Si moltiplicano in questi giorni i paragoni tra gli intrepidi banchi marini e altre espressioni movimentiste del recente passato: il popolo viola, gli schizzinosi girotondi, le madamine Si-Tav, eredità approssimative di quel situazionismo che concepiva la politica come costruzione di eventi e momenti di vita collettiva destinati a creare una qualche forma di comunicazione effimera tra la gente, egemonizzata dalla spettacolarità e unita dalla musica, da slogan, da parole d’ordine, da performance creative senza sceneggiatura e copione.

E infatti senza perdere troppo tempo a definire questo “agire” e i suoi attori – e chi li vuole sinistra sommersa, e chi li vuole riscatto di popolo purché non populista, e chi li vuole  intrinsecamente rivoluzionari, e chi li vuole post qualunquisti – viene bene il paragone con un’altra “situazione”, il plebiscito su scala nazionale del Se non ora quando, contro il Berlusconi puttaniere, fedifrago nei confronti della paziente consorte che ebbe l’onore non delle lettere alla posta del cuore, ma delle prime pagine, volgare e spudorato nelle sue esternazioni maschiliste proprio come un cumenda incarnazione della maggioranza silenziosa.

Scesero in piazza allora insieme a centinaia di migliaia di signore inviperite, al seguito di alcune penne intinte in quota rosa,  numerose perfino per la questura, anche tanti uomini della società civile e della politica, che non avevano mai manifestato  e non lo fecero nemmeno dopo, contro il golpista, contro il deus ex machina delle leggi ad personam che avevano trasformato l’interesse generale in occupazione privata della società imponendo la corruzione in forma di legge, contro l’amico dei mafiosi, contro l’utilizzatore finale di ragazze ma pure di deputati e senatori, oltre che di intellettuali pronti a mettersi in vendita nel mercato delle vacche dell’editoria e delle tv.

È facile da spiegare, vien meglio una manifestazione di dissenso che preveda l’incendio in piazza di un simulacro riconoscibile, che potrà risorgere dalle ceneri, se, una volta dato alle fiamme il gattopardo, tutto può andare avanti come prima, permettendo in quel caso la più mesta e iniqua austerità, la rinuncia definitiva alla sovranità statale, il sopravvento delle lobby delle privatizzazioni, lo smantellamento dell’edificio costituzionale e democratico perfino per via di referendum.

E allora si capisce l’entusiasmo per questi vispi ragazzotti, ben attrezzati di buone conoscenze e di un certo istinto per lo spettacolo che va ben oltre la recita della poesia sullo sgabello a Natale davanti a nonno Romano e prima che arrivino in tavola i tortellini fumanti.

Il fantoccio da bruciare per esorcizzarne l’oscuro potere era pronto, preceduto da una fama a lungo confezionata a tavolino per farne un Hannibal Cannibal, come incarnazione dell’eversione fascista.

Se  fascista lo è di sicuro, è meno certo che si tratti di un sovvertitore dell’ordine costituito e dell’establishment: appena ha fatto irruzione sulla scena governativa, ha dimostrato nelle parole e nei fatti la sua adesione alla irriducibilità e incontrastabilità dell’Ue, ha testimoniato la sua fidelizzazione al modello di sviluppo rappresentato emblematicamente dai suoi monumenti e altari: Tav, Mose, trivelle, Muos, ponti e piramidi, ha  riconfermato la volontà di essere ammesso alla cerchia padronale multinazionale. E diciamo la verità, sulla questione immigrazione non ha spostato di un centimetro il già pensato e fatto dai predecessori in qualità di ministri e legislatori, da Bossi e Fini, a Turco e Napolitano, a Alfano e Minniti, seguito dagli attuali esecutori come dimostra il rinnovo degli accordi con la Libia e il prolungamento delle serrate dimostrative dei porti.

A essere maligni, non può che venir bene un po’ di saòr, che copra lo squalo fritto e conservi tutto com’è e dov’è. Non a caso le sardine piacciono al movimento 5Stelle costretto a una riservatezza coatta e prona alla tracotanza degli alleati di governo di oggi ancora più subordinata che a quello del passato, che hanno nostalgia dei rave party dell’opposizione opposizione, che sognano di riprendere consenso facendo casino, sì, ma anche stando sulle poltrone irrinunciabili dei trascurabili dicasteri concessi loro.

E perché dovremmo aspettarci che le sardine dettino una linea se sono come i pesci pilota che precedono l’arrivo degli squali, e se la linea politica c’è ed è quella del progressismo perbenista che accoglie e integra purché in crestina e grembiulino, in tuta sull’impalcatura incerta, con le forbici da giardiniere o la cesta per le olive i pomodori, quella del politicamente coretto che cede su lavoro, sulla scuola, sulle delocalizzazioni, sulle svendite,  sulla privatizzazione dello stato sociale per fare il muso duro sul minimo accettabile dello isu soli, che doveva essere obbligatorio almeno cinque governi fa, quella del sindacalismo dei patronati senza lotta di classe ormai assimilata all’odio da censurare tramite commissione parlamentare.

Le sardine, vezzeggiate da tutti,  piacciono alla gente che piace, ecologisti che fanno giardinaggio, femministe che vogliono che l’altra metà del cielo si conquisti mediante al sostituzione di stronzi maschi al potere con altrettante stronze femmine nei ruoli di comando, agli antifascisti sì, purchè non antisistema, quelli che pensano che sia sufficiente togliere di mezzo la ferocia in felpa per addomesticare il totalitarismo che si esprime con i metodi criminali di sempre per ridurci a Ausmerzen vite indegne di essere vissute.

E infatti eccoli a Bologna contro Salvini, ma non contro il Global Compact di Merola fotocopia della cooperazione secondo Renzi, quel neo colonialismo che dovrebbe normalizzare  l’invasione fornendo un esercito di riserva al padronato in modo che il potere di ricatto di una concorrenza avvilita e intimidita faccia recedere da conquiste e diritti del lavoro i lavoratori locali. Si esibiscono in tutta l’Emilia, la loro culla, senza riservare una parola di dissenso  nei confronti della pretesa di autonomia divisiva e quella si, eversiva, patrimonio indiscusso della Lega. Oggi ci sono anche in Puglia, dove non abbiamo visto manifestazioni di piazza di una qualsiasi specie ittica, nemmeno le cozze pelose,  per dare appoggio alla città martire di Taranto. Ci sono in Sardegna dove resistono da anni quelli che si battono contro la militarizzazione dell’isola, o in Sicilia dove i No Muos sono ridotti al silenzio dalla repressione e censurato dalla stampa.

Eppure sono ben altri l’argento vivo del paese, quello che non dovremmo lasciare solo perchè fa paura e viene tacitato e emarginato,  quello che si muove per noi e che non si piega a essere costretto dentro al vecchio termometro che non registra mai la febbre di chi vorrebbe davvero rovesciare il tavolo e cambiare le cose.

https://infosannio.wordpress.com/2019/11/20/i-beccafichi/

sabato 16 novembre 2019

Le sardine e i tonni. - Marco Travaglio

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Mattia Santori, Roberto Morotti, Giulia Trappoloni e Andrea Garreffa: sono i quattro amici trentenni che a Bologna hanno guastato la festa a Salvini col flash mob delle “Sardine”, organizzato in una settimana su Facebook senza spendere un euro: 12-13mila persone in piazza Maggiore, “sardine” perché stanno insieme, strette strette, anche se “non abboccano” al Cazzaro Verde. Il quale, col suo poderoso apparato mediatico e finanziario (strano: la Lega ha i conti sequestrati), ha affittato il Paladozza con 5mila seguaci cammellati perché “noi siamo l’Italia del popolo e delle piazze e gli altri quella del palazzo”. Bene: gli altri erano il doppio dei suoi e “l’Italia del palazzo”, per una sera, era la sua. La prova di forza s’è tramutata in prova di debolezza, anche se le piazze non sono le urne e Bologna non è l’Emilia né la Romagna. Ma il segnale c’è stato, forte e utile per una politica che vive ormai solo di emozioni e di attimi.

Quattro cittadini, invece di imprecare al destino cinico e baro che di questo passo ci regalerà Salvini alla Regione Emilia Romagna (travestito da Lucia Borgonzoni) e poi Palazzo Chigi (in carne e ossa), si sono rimboccati le maniche. E hanno fatto il miracolo. Con due armi infallibili. La prima è la distanza dai partiti: mentre Zinga e Bonaccini tentavano di appropriarsi della piazza piena, lì sfilava lo striscione “Lega e Pd due facce della stessa medaglia”. La seconda è l’ironia, di cui il Cazzaro, gonfio d’aria come la rana della fiaba, è totalmente sprovvisto. Come pure i suoi avversari, che continuano a prenderlo terribilmente sul serio. Invece, per sgonfiare i palloni gonfiati, basta uno spillo. L’avevano già capito in primavera i giovani e meno giovani del Sud che accoglievano con striscioni spiritosi sui balconi delle case il tour da spiaggia dell’allora ministro dell’Interno. È lo stesso spirito spontaneo, apartitico e scanzonato ma non per questo meno “politico”, dei Girotondi del 2002. E poi dei V-Day di Grillo e Casaleggio nel 2007-2008, il primo proprio in piazza Maggiore. Grillo ci tornò nel 2010 gettandosi sulla folla col canotto arancione, mentre presentava i candidati 5Stelle alle loro prime Regionali. Pare passato un secolo: infatti il M5S, lì e non solo lì, non presenterà la lista. Un gesto che sarebbe giusto se fosse il frutto di una scelta di desistenza e resistenza, non di marasma e paura. Ma, liste o non liste, il problema dei 5 Stelle e del Pd è tornare a parlare a quella piazza senza metterci il cappello. E chissà che la soluzione non sia quella di confessare di non avere una soluzione in tasca per tutto, come ha fatto onestamente Conte a Taranto. Parlare meno, ascoltare di più.

https://infosannio.wordpress.com/2019/11/16/le-sardine-e-i-tonni/

domenica 30 settembre 2012

Addio a sardine e acciughe in Adriatico.



ROMA - Il pesce azzurro è al collasso, crollano acciughe e sardine in Adriatico. Lo rivela un'inchiesta realizzata da Greenpeace, "Blu gold in Italy", fatta nei mari di Chioggia e vicino porto di Pila di Porto Tolle, uno degli scali più importanti in Italia e tra i primi in Mediterraneo per la pesca di pesce azzurro, con una notevole quota della produzione nazionale del mercato italiano ma anche, in parte, esportata.

I dati scientifici degli ultimi 40 anni mostrano un declino delle popolazioni di acciughe e sardine in Adriatico e il rapporto di Greenpeace mostra come il governo italiano nel corso degli anni abbia di fatto promosso un incremento della pressione di pesca su queste popolazioni permettendo un aumento del numero delle imbarcazioni autorizzate, e garantendo licenze di "pesca sperimentale''. L'Associazione Greenpeace chiede dunque ai governi dell'UE e al Parlamento Europeo di concordare nuove leggi per arrivare a una pesca sostenibile.


http://www.ansa.it/web/notizie/specializzati/energiaeambiente/2012/09/28/Addio-sardine-acciughe-Adriatico_7548462.html?idPhoto=1