venerdì 6 dicembre 2019

GIUSTIZIA & IMPUNITÀ Cambia il processo civile: “Si passa da tre riti a uno”. Bonafede: “Riforma attesa dal 90% dei cittadini”. Ora chi fa querele temerarie paga.

Cambia il processo civile: “Si passa da tre riti a uno”. Bonafede: “Riforma attesa dal 90% dei cittadini”. Ora chi fa querele temerarie paga

L'annuncio del titolare della Giustizia e del premier Conte è arrivato durante una conferenza stampa nella nottata di giovedì. L'obiettivo è quello di dimezzare i tempi dei processi e alleggerire il lavoro dei giudici.
Mentre la maggioranza sta cercando di trovare un accordo sulla riforma del processo penale e, in particolar modo, sulla prescrizione, il governo vara quella del processo civile, con l’intento di dimezzarne i tempi. Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, assicura che si tratta di una riforma considerata “prioritaria dal 90% degli italiani”. E tra le novità più importanti ci sono il passaggio “da tre riti a uno”, con un solo atto introduttivo, il ricorso, e il ricorso a sanzioni per chi intraprende cause temerarie: chi querela senza solidi presupposti rischia di pagare non solo il risarcimento, ma anche un’ammenda.
La filosofia dell’esecutivo in materia di processo civile è stata chiarita dallo stesso guardasigilli: meno norme e poche regole che valgono per tutti i gradi del processo, questo nell’ottica della “semplificazione, della speditezza e della razionalizzazione delle procedure”, salvaguardando allo stesso tempo il rispetto delle garanzie del contraddittorio: “Attrarremo più investitori”, ha assicurato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, durante la conferenza stampa congiunta con Bonafede: “Assicureremo la ragionevole durata dei processi ma” la norma sulla prescrizione “in vigore dal 1 gennaio va mantenuta”, ha dichiarato il premier.
Poi il guardasigilli è passato a esporre le novità del processo civile: oltre al passaggio da tre riti a uno, anche il perimetro della causa verrà ” definito 10 giorni prima che le parti compaiano davanti al giudice”. Inoltre verranno eliminati i tempi morti, con la riduzione del numero delle udienze e l’eliminazione di quella di precisazione delle conclusioni. Ridotti anche i casi in cui il tribunale giudicherà in composizione collegiale, modello che verrà applicato anche al rito collegiale e a quello d’appello.
La riforma elimina anche quella che il titolare della Giustizia ha definito “una pagina triste della storia politica e giudiziaria”: il rito Fornero nel diritto del lavoro. E particolare attenzione viene riservata dal testo al procedimento per lo scioglimento delle comunioni, che risulta oggi tra quelli con durata più elevata. Poi le sanzioni a chi intraprende cause temerarie, altra strategia per alleggerire il lavoro dei giudici ed evitare le intimidazioni giudiziarie: “Il fammi causa non deve essere più una minaccia possibile – ha spiegato Bonafede – Chi fa una causa temeraria o chi resiste in una causa non solo paga il risarcimento, ma deve pagare una sanzione a favore della cassa delle ammende perché ha creato un danno anche allo Stato”.
Infine ci sarà il divieto per l’ufficiale giudiziario di fare la notifica cartacea se il destinatario ha un indirizzo Pec o se ha un indirizzo digitale. Sarà tutto digitalizzato e sulla digitalizzazione, assicurano, verrà fatto un vero investimento: “Nel codice di procedura civile ci saranno meno regole valide per tutti i processi”.
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Reddito di cittadinanza, abolita no ma ridotta di molto sì. Povertà, l’impatto della misura. - Carlo Di Foggia

Reddito di cittadinanza, abolita no ma ridotta di molto sì. Povertà, l’impatto della misura

Il reddito di cittadinanza non ha certamente “abolito la povertà”, come aveva promesso di Luigi Di Maio. Sembra però averla ridotta molto, specie quella “assoluta”, con un impatto significativo anche sulla riduzione della disuguaglianza, stando alle prime stime dell’Inps guidato da Pasquale Tridico, considerato il padre della misura. I dati sono stati elaborati dal Centro studi e ricerche e dal Coordinamento statistico dell’Istituto. Una sintesi è stata mostrata alla Commissione europea nell’ambito delle visite del Semestre Ue a Roma il 4 e il 5 novembre scorso.
Il Reddito di cittadinanza – partito ad aprile scorso – resta il principale risultato politico dei 5Stelle. Il compito di difenderlo è lasciato al solo Tridico. Il lato Inps è infatti quello che ha funzionato, con 1,06 milioni di nuclei beneficiari (considerata pure la pensione di cittadinanza), 2,5 milioni di individui. Le politiche attive che dovevano aiutare i beneficiari a trovare lavoro non sono invece ancora partite. A oggi la misura è un grosso sussidio anti povertà, cioè l’obiettivo con cui era nata.
Da questo punto di vista l’impatto sembra rilevante. E non potrebbe essere altrimenti, viste le cifre impegnate – 4,8 miliardi nel 2019, 7 nel 2020 – e la realtà di una crisi profonda che vede il Pil ancora 5 punti più in basso e 1,8 miliardi di ore lavorate in meno rispetto al 2008; e dove ci sono 5 milioni di “poveri assoluti” e 9,3 milioni di “poveri relativi” (Istat).
Le prime stime Inps mostrano che il Reddito ha più che dimezzato (-60%) la povertà “assoluta”, quella in cui si trovano gli individui privi della possibilità di fare consumi essenziali. Con la sua introduzione è diminuito dell’8% anche l’Income gap ratio, che misura quanto è grave lo stato di povertà. L’effetto si nota anche sull’indice “Gini”, che misura la disuguaglianza, il cui impatto sui redditi lordi è calato dell’1,5%. Un dato rilevante tenuto conto che, secondo i ricercatori dell’Inps, le politiche sociali italiane e l’Irpef riducono il Gini in tutto del 5%.
Se si usa la metodologia dell’Ocse, i dati variano poco: rispettivamente 1,2% e 5,7%.
Il dossier calcola anche l’incidenza sul “sistema tax/benefit”, il rapporto tra quante imposte personali il contribuente paga e i benefici (assegni familiari, bonus, etc.) che riceve. Prima dell’introduzione del Rdc, l’incidenza sul reddito dei più indigenti (il “primo decile più povero”) era vicina allo zero, ora è diventata negativa di quasi il 30%, segno che il trasferimento sociale dello Stato prevale sul prelievo. I dati Inps mostrano anche un’ampia corrispondenza tra poveri, disoccupati e beneficiari: più è alto il tasso di povertà relativa maggiore è il numero di beneficiari ogni 10mila abitanti (ai primi posti ci sono Calabria, Campania e Sicilia, con un tasso di correlazione dell’84%); stesso discorso per il tasso dei senza lavoro (correlazione al 97%).
A gennaio l’Inps pubblicherà il rapporto completo. I numeri assoluti sono imponenti: a fine dicembre si stima che i nuclei beneficiari arriveranno a 1,213 milioni, vicini agli 1,248 previsti a inizio 2019 dalla relazione tecnica. La contrazione è molto forte al Sud e nelle isole (61%); l’importo medio del Reddito mensile è di 520 euro (il massimo percepibile è 780), quello della pensione di cittadinanza è di soli 214 euro. La media totale è più alta nel Sud che al Nord, dove pure sono coinvolte 492 mila persone.
Se sulla povertà le prime stime dell’Inps forniscono una misura dell’impatto, sul lato lavoro – di competenza di Regioni, Anpal e ministero – è buio pesto. Il dossier elenca i risultati dei controlli automatizzati dell’Inps su un campione considerato a rischio. Delle 49.204 persone che hanno perso il beneficio, meno di 2 mila sono quelle a cui è stata riscontrata la perdita di requisiti (mille), lavoro irregolare (485) o un provvedimento giudiziario che impone la sospensione della misure (110). Il grosso è rappresentato dai 14.300 che hanno trovato un impiego. Non significa però che sia merito del Reddito. l’Anpal ha spiegato che i beneficiari presi in carico dai centri per l’impiego sono 200 mila (su 700 mila potenziali), e di questi 18 mila hanno trovato lavoro. Nessuno sa a cosa sia dovuto: un monitoraggio nazionale ancora non c’è.
A oggi le stime, se confermate, mostrano l’effetto statistico della misura, per capire come è cambiata la vita delle persone servirà più tempo.

Troisi (Smorfia) - ANNUNCIAZIONE (VERSIONE COMPLETA)



Salvini fa imbufalire pure la Madonna. - Tommaso Merlo

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Si mormora che la Madonna voti Lega Salvini Premier e faccia pure campagna elettorale. Ma invece di esternare da Pontida lo faccia da Medjugorje. Ci pensa poi il suo pastorello padano ad interpretare e diffondere i Suoi messaggi. L’ultimo diceva di stare attenti agli sguardi delle persone. Salvini ci ha meditato sopra, poi ha interpretato il messaggio per noi peccatori. Dice che bisogna stare attenti allo sguardo di quel losco figuro di Giuseppe Conte che a sentire il pastorello padano ha qualcosa da nascondere e sta scappando. In realtà Giuseppe Conte sta lavorando a differenza sua, ma questi sono dettagli. La verità è che anche la Madonna è contro il MES e i fedeli attendono un messaggio a breve sulle precauzioni da adottare nella ristrutturazione dei debiti degli stati membri in difficoltà finanziarie. Si spera per Natale ma è un periodaccio e tutto rischia di slittare a febbraio. A sentir Salvini la Madonna avrebbe visto Giuseppe Conte aggirarsi di notte in pigiama per Palazzo Chigi bramoso di firmare il MES di nascosto col preciso intento di tradire gli italiani e mandarci in malora. Un vero satanasso. Menomale che c’è il pastorello padano a vegliare su di noi. Lui sì che è sincero, lui sì che è capace, lui sì che è un infaticabile lavoratore e se non bastasse, lui sì che è benvisto perfino dal Firmamento dove fanno a gara per illuminare la sua ascesa ai pieni poteri. O almeno era questa la convinzione di tutti gli uomini di buona volontà, sennonché a seguito della grana del MES, i giornali bosniaci hanno fatto trapelare indiscrezioni raccolte in quel di Medjugorje che sembrano delineare uno scenario diametralmente opposto. Pare che la Madonna si sarebbe stufata di farsi tirare per la veste da quel burbero padano. Ogni volta che Salvini bacia il rosario le viene l’orticaria. Con quella boccaccia menzognera, con quella barbaccia da bruto. Questione di buone maniere ma anche di sostanza. La Madonna non ha tempo di seguire la politica italiana così da vicino, ma a furia di venir tirata in ballo da quel bifolco padano, è stata costretta ad informarsi. Ha letto il programma del Carroccio, ha visto qualche comizio di Salvini e pare si sia addirittura imbufalita. Lei con tutta quella volgarità e con tutta quella violenza e con tutto quell’egoismo, non ci vuole avere niente a che fare. Ma neanche lontanamente. Pare sia rimasta particolarmente scioccata dalla cattiveria con cui Salvini si scaglia contro i più deboli e contro i diversi e dalla faccia tosta con cui poi si vende da buon cattolico. Senza parlare di tutte quelle beghe di soldi spariti nel nulla e scandali che hanno coinvolto anche i fratelli ortodossi russi. Opacità, omertà, bugie. Robaccia che ha mandato la Madonna su tutte le furie. Altro che votare Lega Salvini Premier, la Madonna ha promesso che farà di tutto perché i sondaggi di quel partito retrogrado e ipocrita crollino al più presto e si è augurata che le idee di Salvini finiscano nella spazzatura della storia come meritano. Quanto a quell’arrogante e burbero pastorello padano, la Madonna ha deciso una punizione esemplare, mandarlo a lavorare.

https://infosannio.wordpress.com/2019/12/05/salvini-fa-imbufalire-pure-la-madonna/?fbclid=IwAR1HiPjVAXbPzQBRt8_PaIibe_FnArEn8lmZFBpzVh3QgjGPbjScUyz4iTk

Signora mia. - Marco Travaglio

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Quando finalmente avremo il governo Salvini, con Savoini agli Esteri, Siri all’Economia, Berlusconi alla Giustizia, Dell’Utri agli Interni, Verdini alle Riforme e la Casellati al Quirinale, qualcuno si domanderà come sia stato possibile. E potrà rispondersi riguardando la puntata di Otto e mezzo di mercoledì, con l'ex Senatore PD Gianrico Carofiglio , Massimo Giannini e VIttorio Sgarbi. Titolo: “Dal Mes a Bibbiano: il Pd non ci sta”. Si parte dalla legge Bonafede, in vigore da un anno, che blocca la #prescrizione alla sentenza di primo grado per i reati commessi dal 1° gennaio 2020. Parla subito #VittorioSgarbi, noto giureconsulto: “La legge è una scemenza perché ci sono molti processi inutili”. Quali? I suoi. Ergo “la prescrizione è la cosa più democratica e civile del mondo”, anche se durante il processo ce l’abbiamo solo noi e la Grecia. “Sono d’accordo. con #Zingaretti e #Renzi che chiedono tempi certi per i processi”: veramente è ciò che prevede la riforma Bonafede del processo, bloccata prima da Salvini e ora da Zinga&Renzi, ma lui non lo sa. Gruber: “Dunque hanno torto Di Maio e Di Battista”. Sgarbi: “C’è il reato del figlio dei Grillo” (che è incensurato, diversamente da Sgarbi, pregiudicato per truffa allo Stato).

Tocca a Carofiglio, che solo due settimane fa a Otto e mezzo apprezzava la blocca-prescrizione e criticava il Pd che vuol tornare indietro. Ma, oplà, è già guarito. Forse è posseduto da Ghedini e Paniz. O forse teme di dare ragione ai 5Stelle quando pensa che abbiano ragione: “L’intervento non va bene, è scadente, sciatto”. Perché? Perché parla di “sospensione” della prescrizione anziché di blocco. Gravissimo. E non solo: “Il primo processo con la nuova norma arriverà nel 2023”. E allora? Voleva una legge incostituzionale che si applicasse retroattivamente ai processi in corso per i reati commessi prima, così da farla bocciare dalla Consulta? Mistero. Ma ecco Giannini, che per 20 anni, con tutta Repubblica, ha denunciato la vergogna della prescrizione e invocato una legge identica alla #Bonafede. Anche lui dovrebbe dire che stavolta han ragione i 5Stelle. Ma non ce la fa proprio, come Fonzie quando provava a dire “ho sbagliato” e gli si seccava la lingua. Così butta la palla in tribuna e scuote il capino con aria sconsolata: “Scene di ordinario caos, ormai la politica gira a vuoto, problemi che ci trasciniamo da 20 anni: Ilva… Alitalia… debito pubblico… evasione… La prima legge sulle manette agli evasori è dei primi anni 80 e siamo ancora qui a discuterne… Non si sblocca niente”. Signora mia, dove andremo a finire. Il guaio è che i putribondi Conte e 5Stelle qualcosa hanno sbloccato.


La blocca-prescrizione è legge da un anno, le manette agli evasori sono nel decreto Fiscale appena varato. Se n’è accorto? Lo dirà? Niente, lingua secca: “Sono tutti ugualmente colpevoli”. Chi ha creato quei problemi e chi ne ha risolti un paio. “L’arrivo dei 5Stelle sembrava l’anno zero: non è cambiato nulla”. Prima c’erano i vitalizi e ora non ci sono più, c’era la prescrizione eterna e ora non c’è più dopo la prima sentenza, i corrotti non finivano dentro e ora ci finiscono, gli evasori erano impuniti e presto pagheranno, i poveri non avevano un euro e ora hanno il reddito di cittadinanza, il precariato era a vita e ora è più limitato. Ma per Giannini non è cambiato nulla. Sgarbi invoca “una politica con un’alta visione ideale” (Sgarbi): tipo tornare subito al voto perché nel 2018 gli elettori si sono sbagliati e han votato “quattro scappati di casa” (i 5Stelle); ora bisogna rimediare, votando e rivotando a oltranza finchè non vincono “le famiglie dei partiti”. Gruber: “Di Maio è molto critico con l’alleato Pd, e anche Di Battista che ogni tanto riemerge” (veramente sono Pd e Iv che minacciano di votare la prescrizione modello FI, ma fa niente).
Meglio parlare del Mes che Sgarbi, noto economista, chiama “Mec”. Lo criticano le destre, le sinistre e pure i centri di mezza Europa, ma il problema sono Di Maio e Dibba. Si potrebbe ricordare che Salvini chiedeva l’arresto di Conte per alto tradimento e il premier l’ha sbugiardato in Parlamento 26 volte, ma meglio di no. Giannini l’ha vista così: “#Conte e #Salvini si sono presi a sediate” (testuale), “Salvini e Di Maio dicono che il #Mes è uno schifo e un tradimento” (Di Maio non l’ha mai detto, ma facciamo buon peso), “Conte con la sua pochettina non sta da nessuna parte”, “Ma si può andare avanti così?”. Signora mia. Seguono vezzosi accenni a “bagni di sangue”, “uscite dall’euro”, “fallimenti dell’Italia”. Sgarbi trova che il problema sono i “deliri di #Grillo” e l’“antileghismo astratto”, poi butta lì che “alle regionali in #Calabria c’è un grande candidato, il sindaco di #Cosenza #Occhiuto (imputato per corruzione e bancarotta fraudolenta, ndr), ma la Lega non lo vuole”. E come si fa? Ma passiamo a #Bibbiano, dove il sindaco Pd s’è visto revocare l’obbligo di dimora dalla Cassazione, con motivazioni ancora ignote. Ma in studio tutti credono di averle lette. Gruber: “La Cassazione definisce la misura ingiustificata”. Carofiglio: “Dice che la misura non doveva essere applicata” e poi il sant’uomo era “semplicemente accusato di abuso d’ufficio” (e lo è ancora, anche per falso ideologico, visto che l’inchiesta è in corso e non c’è stata alcun’assoluzione). Sgarbi: “Io l’ho sempre difeso”. #Carofiglio: “Bravo!”. Sgarbi ha un attacco di rabbia, bava alla bocca e denti digrignati: “Il nemico di Bibbiano non è Salvini, è Di Maio che l’ha coperta di merda! Incapaci! Schifosi!”. Ma è un attimo, poi viene sedato dall’apposito infermiere. #Gruber: “Di Maio chieda scusa al Pd”. Giannini: “Anche la #Lega. E non al Pd, ma al Paese! É un crimine contro il Paese. Tutto per otto bambini! E nessuno del Pd è indagato tranne il sindaco”. Lo sono anche gli ex sindaci #Pd di Montecchio e Cavriago, ma fa niente. Sigla.


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giovedì 5 dicembre 2019

Diospyros kaki - caco mela

Cachi mela: proprietà, benefici e come mangiarli

Il cachi o kaki (Diospyros kaki L.f.1782) (in italiano[1] anche diòspiro o diòspero) è un albero da frutto: una angiosperma dicotiledone, appartenente alla famiglia delle Ebenacee e al genere dei Diospyros.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Diospyros kaki, originario dell'Asia orientale, è una delle più antiche piante da frutta coltivate dall'uomo, conosciuta per il suo uso in Cina da più di 2000 anni. In cinese il frutto viene chiamato 柿子 shìzi[2] mentre l'albero è noto come 柿子树 shizishu. La sua prima descrizione botanica pubblicata risale al 1780[3][4]. Il nome scientifico proviene dall'unione delle parole greche Διός, Diòs, caso genitivo di «Zeus», e πυρός, pyròs, «grano»[5], letteralmente "grano di Zeus". È originario della zona centro-meridionale della Cina, ma comunque mai al di sotto dei 20° di latitudine Nord, e nelle zone più meridionali spesso in zone collinari o montane più fredde; Detto mela d'Oriente, fu definito dai cinesi l'albero delle sette virtù: vive a lungo, dà grande ombra, dà agli uccelli la possibilità di nidificare fra i suoi rami, non è attaccato da parassiti, le sue foglie giallo-rosse in autunno sono decorative fino ai geli, il legno dà un bel fuoco, la caduta dell'abbondante fogliame fornisce ricche sostanze concimanti. Dalla Cina si è esteso nei paesi limitrofi, come la Corea e il Giappone.
Cachi coltivati a Misilmeri, in Sicilia.
Un cachi intero e uno tagliato a metà.
Intorno alla metà dell'Ottocento fu diffuso in America e Europa. In Italia fu introdotto nel 1880 e il successo fu subito straordinario. Apprezzato, fra i primi, anche da Giuseppe Verdi che nel 1888 scrisse una lettera nella quale ringraziava chi gliene aveva fatto dono[6]. I primi impianti specializzati in Italia sorsero nel Salernitano, in particolare nell'Agro Nocerino, a partire dal 1916, estendendosi poi in Sicilia, dove è stata selezionata la varietà acese (piccola e dolcissima, quasi selvatica), e in seguito in Emilia-Romagna. In Italia la produzione si è stabilizzata intorno alle 65.000 tonnellate: la coltura è sporadicamente diffusa su tutto il territorio, ma è importante solo in Campania ed Emilia con produzioni rispettive di 35.000 tonnellate e 22.000 tonnellate. In Sicilia, pur esistendo una delle varietà più antiche nell'areale di Acireale e lungo la costa etnea, è più diffuso il cachi di Misilmeri. Il cachi è oggi considerato "l'albero della pace", perché alcuni alberi sopravvissero al bombardamento atomico di Nagasaki nell'agosto 1945.

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

I cachi sono alberi molto longevi e possono diventare pluricentenari, ma con crescita lenta. Sopportano male i climi caldo-umidi, soprattutto se con suolo mal drenato. Gli alberi di cachi sono caducifoglie e latifoglie, con altezza fino a 15–18 metri, ma di norma mantenuti con potature a più modeste dimensioni. Le foglie sono grandi, ovali allargate, glabre e lucenti. Nelle forme allevate per il frutto si riscontrano solo fiori femminili essendo gli stami abortiti.
La fruttificazione avviene spesso per via partenocarpica o in seguito a impollinazione da parte di alberi di varietà diverse provvisti di fiori maschili. I frutti sono costituiti da una grossa bacca generalmente sferoidale, talora appiattita e appuntita di colore giallo-aranciato e astringenti, normalmente eduli (commestibili) solo dopo che hanno raggiunto la sovramaturazione e sono detti ammezziti (con polpa molle e bruna). La preponderante consuetudine di coltivare piante fruttificanti in maniera partenocarpica non esclude la possibilità della esistenza di cultivar che hanno completamente o parzialmente la proprietà di produrre frutti ottenuti da fecondazione, spesso già eduli alla raccolta; questi frutti, ovviamente provvisti di semi, hanno polpa bruna, soda. Esistono anche cachi che producono frutti partenocarpici non astringenti, quindi già pronti per il consumo fresco al momento della raccolta allo stato apparente di frutto immaturo (duro).
In Italia, per l'assonanza del termine "cachi" con parole volgari, i frutti commestibili sono detti lotidiospiri o cachi mela. Questi ultimi vengono consumati sia più acerbi (denominati commercialmente "loti vaniglia") sia a uno stato avanzato di maturazione (denominati commercialmente "loti morbidi").

Esigenze colturali, coltivazione, propagazione[modifica | modifica wikitesto]

È ritenuto un albero subtropicale, ma pur essendo una pianta idonea al clima mediterraneo, con la scelta di opportuni portinnesti riesce a sopportare nella pianura Padana e nel Trentino temperature di circa -10/-15 °C. Si adatta bene a qualsiasi tipo di terreno, compresi quelli argillosi, purché ben drenati, profondi e di scarso contenuto in sodio e boro; quindi non ama terreni e atmosfere saline. Per le sue caratteristiche il cachi viene perfettamente coltivato nel territorio siciliano e specialmente nelle località della Conca d'Oro o limitrofe alla cittadina di Misilmeri, nella città metropolitana di Palermo, nella quale ogni anno vengono organizzate sagre e manifestazioni nei mesi autunnali.
Solo nei frutti impollinati si hanno i semi nel frutto. La propagazione per seme ha il fine di ottenere dei semenzali da utilizzare come portinnesti, mentre per la propagazione delle cultivar si ricorre all'innesto. I semi estratti dai frutti possono essere conservati in sabbia o in apposite celle con temperatura e umidità controllate, per essere posti in semenzaio e le piantine ottenute sono trapiantate dopo un anno in vivaio, dove vengono innestate nella seguente annata vegetativa. Gli innesti a gemma mostrano scarso attecchimento e allora si opera con le marze (spacco diametrale, corona).
Si sta sviluppando anche la tecnica della micropropagazione e della talea per l'ottenimento di piantine autoradicate. Il portinnesto più usato è il loto (Diospyros lotus) che è dotato di buona resistenza a freddo e siccità; risulta disaffine con le cultivar non astringenti, mentre presenta buona affinità con quelle astringenti. L'innesto su franco o selvatico (Diospyros kaki) è poco diffuso perché non molto resistente al freddo e a eccessi d'acqua, ma è adottato negli ambienti meridionali per le cultivar non astringenti (sempre eduli).
Cachi coltivati a Cantarana
L'impianto si fa tenendo conto delle minime termiche invernali e l'adattabilità della specie ai diversi tipi di clima. La preparazione del terreno è come quella che serve per gli altri fruttiferi ma bisogna fare attenzione al drenaggio e alla presenza di nematodi (la pianta è molto sensibile). Non tollera il reimpianto. La messa a dimora avviene in autunno-inverno usando astoni, che poi sono allevati a vaso, piramide, palmetta (quest'ultima forma avvantaggia l'ingresso in campo di carri a piattaforme laterali per la raccolta e la potatura). Sesti di 5,5 m per il vaso e di 4,5 X 4 m per la palmetta.
La presenza di impollinatori è consigliata non solo per ottenere i cachi-mela (non astringenti) dalle cultivar che producono frutti fecondati eduli al momento della raccolta ma anche, in generale, per aumentare l'allegagione. È doverosa un'adeguata potatura di allevamento, mentre quella di produzione è inutile dato che le piante mantengono una buona attività vegetativa. Il diospiro si avvale di concimazioni azotate in autunno (per favorire l'accumulo di sostanze di riserva necessarie per il completamento della differenziazione delle gemme riproduttive alla ripresa vegetativa). La raccolta rappresenta l'operazione più onerosa nella coltivazione; i frutti staccati manualmente sono posti in cassette dove vengono mantenuti per la conservazione e per la commercializzazione.
Principali zone di produzione sono la Campania (in particolare il Napoletano e l'Agro Nocerino Sarnese), la Romagna (in particolare il Forlivese), la Sicilia.

Classificazione[modifica | modifica wikitesto]

Le varietà si distinguono oltre che per le caratteristiche vegetative (vigoria, produttività, forma dei frutti) anche per il loro comportamento a seguito della impollinazione. La classificazione pomologica dei frutti di diospiro è determinata dagli effetti dell'impollinazione sulle caratteristiche organolettiche dei frutti al momento della raccolta e, su tale base, le cultivar possono essere suddivise in due gruppi principali:
  1. Costanti alla fecondazione (CF): frutti che mantengono la stessa colorazione della polpa (costantemente chiara) sia nei frutti fecondati sia in quelli partenocarpici.
  2. Variabili alla fecondazione (VF): frutti che modificano le caratteristiche della polpa che risulta chiara e astringente nei frutti partenocarpici, mentre diviene più o meno scura e non astringente in quelli fecondati.
Sulla base di questa classificazione ci sono cultivar che producono frutti costantemente astringenti, non eduli alla raccolta (Yokono, Sajo); altre costantemente non astringenti con frutti eduli alla raccolta (Hana fuyu, Jiro, Izu, Suruga); cultivar variabili all'impollinazione, con frutti gamici (da fecondazione e con semi) eduli alla raccolta (cachi-mela) e frutti partenocarpici non eduli alla raccolta (Wase, Triumph). Varietà diffuse in Italia:
  • Loto di Romagna
  • Vaniglia della Campania[7]
  • Fuyu
  • Kawabata
  • Suruga
  • cioccolatino

Avversità[modifica | modifica wikitesto]

Tra le malattie da funghi rivestono importanza il deperimento causato da Phomopsis e i marciumi radicali provocati da Armillaria mellea e Rosellinia necatrix. Tra gli insetti più importanti che attaccano il cachi vi sono alcune cocciniglie, tra cui la cocciniglia mezzo grano di pepe (Saissetia oleae), la cocciniglia a virgola del cachi (Mytilococcus conchyformis) e il cotonello del cachi (Pseudococcus obscurus).

Proprietà nutrizionali[modifica | modifica wikitesto]

Il cachi apporta circa 272 kJ (65 kcal) per 100 g, quindi è un ottimo alimento per la dieta. È composto da circa il 18% di zuccheri, l’80% di acqua, lo 0,45% di proteine, lo 0,5% di grassi, oltre a una discreta quantità di vitamina C e vitamine del gruppo B. È ricco di beta-carotene e di potassio. Ha proprietà lassative e diuretiche. È considerato dai nutrizionisti un alimento completo e nutriente, oltre a essere un indispensabile alleato per le difese immunitarie, grazie alle preziose vitamine e minerali contenuti.

Conservazione[modifica | modifica wikitesto]

Non sono in uso degli indici di maturazione in grado di indicare il momento migliore per la raccolta. L'unica indicazione viene dalla valutazione colorimetrica del contenuto in tannini attraverso l'immersione del frutto, sezionato trasversalmente, per 30 secondi in una soluzione di cloruro ferrico; altri parametri sono la completa scomparsa della clorofilla (colore verde) nel frutto, e la consistenza della polpa. Con la tecnica del freddo può anche essere conservato per 2 mesi. È finalizzato al consumo fresco. Una tecnica per accelerare la maturazione consiste nel conservare i cachi in celle frigorifere insieme con frutti che producono etilene (pero cotogno e mele cotogne) con atmosfera ricca di ossigeno e temperatura intorno ai 30 °C. Il cachi non ancora completamente maturo si presta a essere essiccato e conservato per diversi mesi. Il frutto sbucciato deve essere tagliato in 8 spicchi, denocciolato e messo a essiccare al sole o in un essiccatore ad aria calda, sino a quando la sua consistenza diventa gommosa e in superficie si forma un leggero strato bianco zuccherino; esso mantiene così tutte le sue proprietà organolettiche.
In Oriente (Giappone, Cina, Taiwan, Vietnam, Corea), i frutti delle varietà astringenti, ancora immaturi, vengono sbucciati, ed essiccati interi, appendendoli all'aria aperta, in luogo ventilato e soleggiato, per una quarantina di giorni.[8]

Nella cultura popolare[modifica | modifica wikitesto]

Il cachi è comunemente chiamato in lingua napoletana legnasanta. L'origine del nome sta nel fatto che è possibile, una volta aperto il frutto, scorgere al suo interno una caratteristica immagine del Cristo in croce.
In Sicilia, invece, si considerava sacro il seme, in quanto esso, spaccato a metà, mostra il germoglio della nuova piantina, che assomiglia a una mano bianco-diafana, ritenuta la “manuzza di Maria” o “dâ Virgini”.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Il singolare caco è nato interpretando la parola straniera invariabile cachi come se fosse un plurale, e modificandone la desinenza; è considerato una forma popolare, non accettata nella lingua standard. Cfr. Si dice o non si dice? Cachi: un frutto, un colore.
  2. ^ How to say persimmon in Mandarin Chinese Pinyin
  3. ^ Published in Nova Acta Soc. Sc. Upsal. iii. 208, author Carl Peter Thunberg, [Thunb.] (1780); later in Fl. Jap. 157, author Thunb. (1784). Plant Name Details for Diospyros kakiIPNIURL consultato il 12 ottobre 2009.
  4. ^ Diospyros kaki Thunb., in Germplasm Resources Information NetworkUnited States Department of Agriculture, 28 gennaio 2007. URL consultato il 9 aprile 2009 (archiviato dall'url originale il 26 giugno 2009).
  5. ^ Voce πυρός sul vocabolario Liddell Scott Jones.
  6. ^ I cachi, il Föhn, gli Ingegnoli e Giuseppe Verdi, su italians.corriere.it. URL consultato il 22 ottobre 2018.
  7. ^ KAKI VANIGLIA NAPOLETANO, su agricoltura.regione.campania.it. URL consultato il November 3, 2016.
  8. ^ |Hoshigaki, seccare in casa i kaki|

Prescrizione, La Repubblica degli impuniti: da Andreotti a Berlusconi al caso Eternit. Ecco l’antologia di chi l’ha fatta franca.


Prescrizione, La Repubblica degli impuniti: da Andreotti a Berlusconi al caso Eternit. Ecco l’antologia di chi l’ha fatta franca

Pubblichiamo una sintesi del libro La Repubblica degli impuniti, edito da PaperFirst, a firma del direttore del Fattoquotidiano.it, Peter Gomez, e delle giornaliste Valeria Pacelli e Giovanna Trinchella. Da oggi in edicola e in libreria.
L’elenco di chi, negli ultimi venticinque anni, l’ha fatta franca grazie alla prescrizione è lungo, impossibile da riassumere e impressionante. E racconta, più di un trattato, perché in tanti si oppongono alla riforma. Ci sono, ad esempio, oltre Andreottiil proprietario di Mediaset ed ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (per reati che vanno dal finanziamento illecito al falso in bilancio fino alla corruzione); l’ex editore de La Repubblica Carlo De Benedetti (corruzione nelle forniture pubbliche); l’industriale Giampiero Pesenti, presidente negli anni Novanta del patto di sindacato del Rizzoli-Corriere della Sera (corruzione); due uomini chiave per la Fiat, come Franzo Grande Stevens e Gian Luigi Gabetti (agiotaggio Ifil-Exor); l’ex numero uno di Eni e Enel, Paolo Scaroni (disastro ambientale); il multimilionario svizzero Stephan Schmidheiny (morti Eternit a causa dell’amianto); il potente finanziere Fabrizio Palenzona (conti esteri non dichiarati); l’ex padrone del calcio italiano Luciano Moggi (associazione per delinquere); il presidente della Lazio e imprenditore nel settore vigilanza e pulizie Claudio Lotito (associazione per delinquere e fatture false più un processo per frode sportiva); quasi tutti i più importanti costruttori romani accusati di aver pagato tangenti per vendere immobili agli enti pubblici: dall’editore de Il Messaggero Francesco Gaetano Caltagirone a quello del Il Tempo Domenico Bonifaci, da Pietro Mezzaroma, fino a Renato Bocchi e Elia Federici.
Rappresentano il meglio (ma per alcuni il peggio) delle élite del Paese. A volte controllano giornali, televisioni, siti internet. A volte li foraggiano con le loro campagne pubblicitarie. Sempre, o quasi, frequentano o hanno rapporti di amicizia con opinion leader e i politici che fanno le leggi. I loro legali vengono eletti in Parlamento, dove per decenni quella dell’avvocatura è stata la categoria professionale più rappresentata, e dove di salvati dalla prescrizione ce ne sono sempre stati a bizzeffe.
Decine e decine di parlamentari ed ex parlamentari come Umberto Bossi (truffa aggravata sui rimborsi elettorali)Denis Verdini (corruzione), Alberto Tedesco (associazione a delinquere), Alfonso Papa (P4), Antonio D’Alì (concorso esterno in associazione mafiosa), Roberto Calderoli (resistenza a pubblico ufficiale). Una lista infinita che se si guarda alla politica viene allungata dai nomi di sindaci, consiglieri regionali, governatori, attivisti e persino da quello di Beppe Grillo (violazione dei sigilli durante una manifestazione No Tav) il cui Movimento però si è battuto e ha approvato una legge, ora osteggiata da quasi tutti i partiti, per abolire il colpo di spugna deciso in base al calendario.
La prescrizione è insomma stata per anni la palla in corner delle classi dirigenti. Se proprio le cose andavano male, se addirittura avevi ammesso nel corso delle indagini preliminari il tuo reato, o le prove erano evidenti, grazie al codice, ai buoni avvocati e ai tribunali ingolfati dai processi potevi sempre sperare di farcela. Perché l’inesorabile scorrere del tempo giocava per te. Era tutto dichiarato, sfrontato, alla luce del sole.
Come avrebbero scoperto, loro malgrado, i cittadini nel 2005, quando il governo Berlusconi vara una riforma destinata a mettere in ginocchio la già malandata Giustizia per anni. Una riforma che di fatto dimezza i tempi di prescrizione, ma solo per gli incensurati. Condizione in cui di solito si trovano i colletti bianchi che finiscono alla sbarra. In quel 2005 il problema maggiore per Berlusconi è rappresentato dai processi per corruzione giudiziaria (il caso “Toghe sporche”) per i quali è stato condannato in primo grado il deputato Cesare Previti, storico avvocato civilista dell’allora Cavaliere. Le condanne di Previti rischiano di essere confermate in Appello e, se lo fossero pure in Cassazione, gli spalancherebbero le porte del carcere. Ecco dunque approdare alla Camera la legge Cirielli – che prende nome dal deputato di Alleanza Nazionale Edmondo Cirielli –, nata per inasprire le pene per i condannati recidivi. Una legge ispirata alla «tolleranza zero» contro la criminalità. Ma una manina furtiva decide di agganciarvi un codicillo che di fatto dimezza i termini di prescrizione per chi non ha altre condanne definitive: per la corruzione, ad esempio, la scadenza massima scenderebbe da quindici a sette anni e mezzo, anche senza le attenuanti generiche.
In pratica, se la legge passa, tutti i reati di cui sono accusati Previti, e in altri processi, lo stesso Berlusconi rischiano di essere già prescritti da tempo. Gli esperti però prevedono una falcidia di migliaia di dibattimenti per reati contro la pubblica amministrazione e anche per delitti “comuni”. Cirielli ritira la sua firma dal ddl che, spiega, è stato completamente snaturato: “Per aiutare Previti salvano i veri delinquenti” (come se chi corrompe i giudici non fosse un vero delinquente). E annuncia voto contrario. Il nuovo relatore della “ex Cirielli” sarà il forzista Luigi Vitali, un avvocato pugliese eletto a Francavilla Fontana che, per premio, diventerà presto sottosegretario alla Giustizia. Intervistato da “La Repubblica”, dopo aver ammesso di evadere le tasse (“Guadagno 220 mila euro dichiarati. Extra in nero? Condonati”), Vitali parla della legge salva-Previti che tutti, a cominciare da Previti, negano esser fatta apposta per Previti: “Non nego che la legge in qualche modo possa servire a Previti”. E rivela che l’amico Cesare se n’è interessato personalmente: “Una volta Previti mi ha chiesto: ‘Hai messo mano a questa cosa?'”. Anche Berlusconi l’ha chiamato: “Si è voluto informare sulla qualità di questa legge: ‘Molti giornali scrivono che è una porcheria’ mi ha detto ‘tu che ne dici?’ Io gli ho risposto: ‘Guarda, Presidente, è molto meno porca di quel che si dica’”. Rassicurato da quel “molto meno porca”, il premier l’ha incoraggiato: “Vai avanti”.
La Repubblica degli impuniti (Paper First), dal 5 dicembre in edicola e in libreria. Clicca qui per acquistarlo subito online.
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Se la legge è uguale per tutti perché mantenere la prescrizione utilizzabile solo da chi ha tanti soldi per pagare gli avvocati?
E' anticostituzionale, oltre che illegale!! C.