sabato 1 febbraio 2020



La protesta durante il discorso del magistrato al Palazzo di giustizia. Il presidente dell'Anm critica i "veti ad personam" dei penalisti. Ardita: "Inqualificabile atto di ostracismo, non abbiamo bisogno di censure". Nel suo intervento l'ex pm di Mani Pulite non ha parlato della prescrizione, casus belli dello scontro, ma ha affrontato il caso Palamara: "Fugare qualsiasi idea di giustizia domestica e indulgente". Sull'inchiesta di Perugia è intervenuto anche Di Matteo a Palermo: "Csm trasformato in centro di potere, serve una svolta etica."

Dopo aver chiesto di censurare Piercamillo Davigo, gli avvocati della Camera penale di Milano hanno deciso di contestarlo e non ascoltarlo: in protesta contro il consigliere del Csm ed ex pm di Mani Pulite, hanno lasciato l’aula del Palazzo di giustizia di Milano, dove si tiene l’inaugurazione dell’anno giudiziario, non appena ha preso la parola. I penalisti si erano rivolti al Csm per chiedere di “bloccare” la presenza di Davigo, rivendicata e sostenuta invece dai magistrati che hanno sottolineato il tentativo di bavaglio messo in atto dagli avvocati: “Volete sanzionare la libera manifestazione del pensiero“. I legali hanno deciso di protestare comunque, sventolando tra le mani cartelli con scritti gli articoli 24,27 e 111 della Costituzione, che a loro dire, sono stati violati dalla riforma della prescrizione che prevede il blocco dopo il primo grado di giudizio. Durante la protesta degli avvocati, dall’Aula Magna è partito l’urlo “Si levi il cappello e si vergogni” rivolto al legale Gianmarco Brenelli che si era alzato in piedi esponendo uno dei cartelli davanti a Davigo. Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Luca Poniz, ha definito la protesta “gravemente impropria” perché si tratta di “ostracismi preventivi e veti ad personam“. Da Catania è intervenuto anche il componente del Csm Sebastiano Ardita, parlando di un “irricevibile ed inqualificabile atto di ostracismo“. “La giustizia – ha aggiunto – ha bisogno di confronto, di dibattito” e non “di censure o di messe al bando“.

Dopo essere stato costretto a interrompere il suo intervento per via delle urla, Davigo ha proseguito e concluso il discorso senza fare alcun riferimento allo scontro di questi giorni con gli avvocati sulla prescrizione: l’ex pm di Mani Pulite è finito nel mirino dei penalisti dopo l’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano sul tema della prescrizione e in generale sulla riforma della giustizia. Il blocco della prescrizione dopo il primo grado di giudizio entrato in vigore il primo gennaio è stato al centro degli interventi di molti presidenti di Corte d’Appello, dalla stessa Milano dove Marina Tavassi che ha sottolineato come la nuova norma avrà “una ricaduta contenuta nella nostra sede giudiziaria”. I presidenti di Corte d’Appello hanno in particolare sottolineato i rischi che potrebbe avere lo stop alla prescrizione senza un’adeguata riforma dei tempi del processo penale. Il vice presidente del Csm, David Ermini, parlando con i giornalisti a margine della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario a Perugia, ha sintetizzato i timori: “Credo sia stato un po’ un azzardo aver votato una norma senza avere la riforma pronta“. Nel suo discorso da Milano, Poniz ha però puntato il dito contro oggi “dal mondo della politica” pretende di impartire una “lezione di garantismo” dopo aver introdotto “le più irrazionali ed ingiuste riforme sostanziali e processuali”. Il numero uno del sindacato delle toghe ha accusato i “garantisti a la carte” e sottolineato: “Rifiutiamo è la contesa manichea, la prospettazione di scenari apocalittici e ancora peggio l’interessata strumentalizzazione politica di questa o quella posizione”.

Nel suo discorso, Davigo ha invece ricordato un altro tema che ha segnato profondamente la giustizia nell’ultimo anno: “Le tristi vicende che hanno colpito il Consiglio superiore della magistratura” con il caso Palamara. Il magistrato ha citato il discorso del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sulla vicenda, evidenziando la reazione dello stesso Csm e in particolare “della sezione disciplinare” per “fugare qualsiasi idea di giustizia domestica e indulgente“. Davigo ha quindi sottolineato che sono state cinque le rimozioni e 13 le sospensioni da incarichi e stipendi, tralasciando le sanzioni disciplinari minori. Questo è “un indice di fermezza” perché “l’indipendenza della magistratura implica un comportamento corretto“. Sull’inchiesta di Perugia è intervenuto anche Nino Di Matteo a Palermo: “Il Csm deve finalmente dimostrare con i fatti di voler cambiare pagina, abbandonando per sempre quelle logiche che lo hanno trasformato in un centro di potere“, ha detto Di Matteo. Che ha puntato il dito in particolare contro le “correnti che da ossatura della democrazia sono diventate ambiziose articolazioni di potere“.

“BLOCCO PRESCRIZIONE? A MILANO RICADUTE CONTENUTE” – A Milano è intervenuta anche la presidente della Corte d’Appello di Milano Marina Tavassi che in un passaggio del suo discorso ha invece affrontato il tema dello stop alla prescrizione: “Fra le numerose altre riforme del settore penale, vanno certamente prese in esame le problematiche connesse alla discussa riforma della prescrizione”, ha detto Tavassi, sottolineando però che “i temuti effetti del blocco o della sospensione della prescrizione avranno per la nostra sede giudiziaria una ricaduta contenuta in termini numerici e di possibile dilatazione dei tempi del giudizio”. “I dati statistici dei Tribunali e della Corte – ha proseguito Tavassi – testimoniano che il crescente miglioramento della funzionalità complessiva del sistema determina una costante diminuzione dei casi di prescrizione” che nel distretto giudiziario milanese ammontano al 2,91% del totale, una percentuale “di gran lunga inferiore al dato nazionale che è pari al 24%“. Tavassi ha però aggiunto: “Se la prescrizione rappresenta una patologia del sistema, al tempo stesso l’istituto della cosiddetta sospensione non può essere un rimedio all’irragionevole durata del processo, problema che deve essere risolto per altre vie”.

BONAFEDE: “MAI DETTO CHE PRESCRIZIONE RIDUCE TEMPI” – “Le critiche che oggi mi sono state sollevate in realtà sono argomentazioni che in parte condivido: l’idea che bisogna intervenire sui tempi del processo la condividiamo tutti. Semplicemente ritengo che la riforma del processo penale potrebbe ridurre quei tempi“, ha detto il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede in un passaggio del suo intervento in occasione dell’anno giudiziario a Milano. “Non ho mai detto che la prescrizione è un modo per ridurre i tempi – ha aggiunto – ho semplicemente un’impostazione differente e ritengo ingiusto che lo stato arrivi a un punto in cui, dopo aver speso soldi ed energie per portare avanti l’accertamento di alcuni fatti, a un certo punto quel lavoro debba essere gettato nel nulla a causa del tempo. La mia impostazione è che bisognerebbe lavorare sul tempo. Qualsiasi intervento sull’efficienza dei processi, qualsiasi riduzione del tempo dei processi porterà a far sì che la prescrizione diventi un problema marginale“, ha concluso Bonafede.

ARDITA A CATANIA: “INQUALIFICABILE OSTRACISMO CONTRO DAVIGO” – “Abbiamo il dovere della chiarezza, della denuncia, della nettezza delle posizioni, senza il timore di apparire irriverenti se diciamo che la Giustizia non funziona, che il re è nudo. Non si tratta affatto di ricercare soluzioni che conculchino diritti o impongano sanzioni ingiuste, ma solo di garantire un risultato minimo: la fisiologica celebrazione dei giudizi”. Lo ha affermato il componente del Csm Sebastiano Ardita, a Catania, sottolineando che “per questo appare irricevibile ed inqualificabile l’atto di ostracismo che giunge dalla Camera Penale di Milano nei confronti di Piercamillo Davigo ed altrettanto incomprensibili le prese di distanze che arrivano anche dall’interno o gli inviti alla moderazione che sanno di vecchio regime consociativo”. “La giustizia – ha aggiunto – soffre per la presenza di corporazioni e di potentati – non solo esterni ma anche interni alla magistratura – abbiamo bisogno di confronto, di dibattito, di fresco profumo di libertà, non di censure o di messe al bando“.

DI MATTEO A PALERMO – A parlare dello scandalo che ha colpito il Csm, come Davigo a Milano, è stato anche il consigliere togato Nino Di Matteo, durante il suo intervento all’inagurazione dell’anno giudiziario nel palazzo di giustizia di Palermo. “Il Csm deve finalmente dimostrare con i fatti di voler cambiare pagina, abbandonando per sempre quelle logiche che lo hanno trasformato in un centro di potere lontano, quando addirittura non ostile ai magistrati più liberi, indipendenti e coraggiosi“, ha detto Di Matteo. Che ha puntato il dito in particolare contro i “magistrati impegnati in una folle corsa verso incarichi direttivi” e contro le “correnti che da ossatura della democrazia sono diventate ambiziose articolazioni di potere“. Quanto venuto alla luce con l’inchiesta di Perugia, secondo l’ex pm, ha generato “un generale discredito nei confronti della magistratura”, ma “è anche l’occasione per ripartire prima che altri cambino le regole comprimendo valori come quello dell’indipendenza”. Ma per voltare pagina, secondo il magistrato, non bastano nuove norme, ma serve “una svolta etica individuale e di corpo“.

ERMINI A PERUGIA – Si è soffermato sulle “vicende dolorosissime per il Consiglio superiore” della magistratura, venute alla luce nel corso di indagini condotte dalla procura di Perugia, il vice presidente del Csm David Ermini intervenuto all’inaugurazione dell’anno giudiziario proprio dal capoluogo umbro. Per Ermini “durissimo è stato il colpo al prestigio, alla credibilità e alla autorevolezza del Consiglio e dell’intero ordine giudiziario”. “Gravissima – ha sottolineato – la lesione della legittimazione dell’uno e dell’altro agli occhi dei cittadini. Nondimeno, oggi, a distanza di alcuni mesi da quelle drammatiche settimane e guardando al lavoro nel frattempo compiuto, sono lieto di potere affermare che l’istituzione, non solo ha trovato la forza per continuare a svolgere le sue funzioni con assoluta regolarità, ma è riuscita a conseguire risultati importanti“. “Sia – ha concluso Ermini – nel dialogo virtuoso con le altre figure istituzionali sia nella cosiddetta ‘amministrazione della giurisdizione'”.

A ROMA PRESCRITTO UN PROCESSO SU DUE – Nel 2019 nel distretto del Lazio “i processi prescritti sono stati 19.500 su un totale di 125mila, pari al 15%. Di questi 48% in appello (7.743) e 10% al Gip-Gup (7.300), 12% al dibattimento monocratico (4.300), 118 al collegiale (5%). La prescrizione colpisce maggiormente nei processi per cui c’è condanna in primo grado e quindi quasi uno su due a Roma in Appello“. Lo afferma il presidente della Corte d’Appello di Roma, Luciano Panzani, nel corso del suo intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario. “L’elevato numero delle prescrizioni – aggiunge Panzani – è stato determinato dal notevole ritardo nell’arrivo del fascicolo in Corte dopo la proposizione dell’atto di appello, cui si è aggiunto il tempo necessario per l’instaurazione del rapporto processuale, spesso condizionato da vizi di notifica“. Per Panzani “questo però è il risultato del collo di bottiglia a cui si è ridotto l’appello. Il Ministero ha finalmente previsto l’aumento delle piante organiche delle Corti di appello: nove consiglieri in più a Roma e a Napoli. Per Roma significa 2mila sentenze penali in più all’anno. Un progresso, non la soluzione del problema, anche se Roma in pochi anni è passata dalle 10mila sentenze penali all’anno del 2014-2015 alle 16mila del 2019, con un aumento, al netto delle sentenze di prescrizione, di 3mila sentenze penali all’anno”.

La relazione del procuratore generale facente funzioni della Corte d’appello di Roma, Federico De Siervo, ha invece posto l’accento sull’aumento del “numero di iscrizioni per corruzione (da 45 a 71 a noti e da 11 a 10 ignoti), così come è confermato il trend in aumento delle iscrizioni per corruzioni in atti giudiziari che, benché costituito da numeri ridotti, è pari al doppio dell’anno precedente, dove pure si era registrato un consistente aumento (passano a noti da 13 a 25 e a ignoti da 1 a 4)”, afferma De Siervo. Che poi ha anche spiegato come a Roma sia “confermata la presenza di un significativo numero di organizzazioni criminali qualificabili ai sensi dell’art. 416 bis del codice penale, secondo lo schema interpretativo delle piccole mafie, elaborato dalla Corte di Cassazione negli ultimi anni. Quello che negli anni scorsi era apparso come un fenomeno criminale assolutamente innovativo, ma ancora in fase iniziale ha trovato nell’ultimo periodo plurime importanti conferme, sia a livello investigativo che processuale“, ha detto De Siervo.

PROTESTE ANCHE A NAPOLI E ANCONA – Sono entrati in manette contro la riforma della prescrizione i membri dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, presieduto da Antonio Tafuri, durante l’inaugurazione dell’Anno giudiziario. Gli avvocati, in toga, sono entrati ammanettati nella Sala dei Baroni, nel Maschio Angioino, dove si svolge la cerimonia, in aperta polemica con la riforma Bonafede. Sit-in con striscione degli avvocati della Camera penale anche ad Ancona. Protestano contro le “gravi carenze del sistema giustizia” che impediscono di “garantire la difesa dei diritti dei cittadini costituzionalmente previsti”.

A VENEZIA: “RISCHIO PROCESSI NEL LIMBO” – La nuova disciplina sulla prescrizione “rischierà di confinare i processi in una sorta di eterno limbo, di violare il dettato costituzionale che ne impone invece la ragionevole durata, di far ricadere sul cittadino, (imputato, o vittima) le conseguenze dell’inefficienza della giustizia, e sullo Stato la relativa responsabilità risarcitoria”. È la posizione espressa dalla presidente della Corte d’Appello di Venezia, Ines Maria Luisa Marini, nella relazione all’apertura dell’Anno giudiziario per il distretto veneto. La legge, ha precisato Marini “è apprezzabile perché è finalizzata a ‘salvaguardare‘ l’attività svolta dall’intera ‘filiera e a scoraggiare strategie dilatorie. Dovrà però essere contestualmente accompagnata dall’aumento delle ‘forze lavoro‘ (di magistrati e di personale amministrativo), dalla riforma delle procedure e da una intensa depenalizzazione. Diversamente avrà effetti dirompenti su gran parte degli Uffici Giudiziari, e tra essi, sulla Corte di Venezia, perché l’impossibilità di continuare a beneficiare di migliaia di definizioni de plano per prescrizione causerà l’aumento esponenziale delle pendenze, rendendole ingestibili”, ha concluso Marini.

A TORINO: “MIGLIORARE RAPPORTO MEDIA-GIUSTIZIA” – Si è aperto con una critica al mondo dell’informazione l’intervento di Edoardo Barelli Innocenti, presidente della Corte di Appello di Torino, facendo riferimento a due vicende. La prima è l’omicidio di Stefano Leo, il giovane torinese ucciso con una coltellata alla gola sul lungo Po da un 27enne già condannato con una sentenza che in un primo momento era stata considerata irrevocabile. Le cronache su quanto accaduto hanno “messo in evidenza ancora una volta – ha detto – quello che a mio parere è uno dei problemi della società contemporanea italiana: il rapporto tra giustizia e informazione. Troppo spesso si dà credito a voce di corridoio, vere o presunte che siano, e si grida allo scandalo prima ancora di sapere come sono avvenuti realmente i fatti, il cui concreto svolgimento deve essere approfondito nelle sedi competenti”. Un problema che secondo Barelli Innocenti emerge anche dai resoconti sulla vicenda delle nomine al Csm della scorsa primavera: “non si possono accomunare i colloqui e gli eventuali accordi di alcuni componenti del Csm con un inquinamento generale del funzionamento di una importante istituzione di garanzia quale è il Consiglio Superiore della Magistratura, istituzione che ha retto l’onda mediatica proprio grazie al comportamento e all’operato della maggioranza dei suoi componenti e in particolare del Presidente della Repubblica e del vicepresidente Ermini, ai quali deve andare il nostro riconoscimento per aver mantenuto salda la direzione”. Secondo il magistrato “serve più sobrietà e più professionalità nella racconto dell’attività giudiziaria”.

Crac Pop Bari: «Vieni con una copia pulita, c'è un socio che deve vedere il bilancio.»

Il tribunale di Bari: stop all'assemblea della Pop-Bari

Azionisti irrimediabilmente prigionieri delle condizioni della banca.

BARI - «Vedi di venire con una copia pulita che c'ho quella... che c'è un socio che deve vedere il bilancio e quindi portala...». E’ il contenuto di una intercettazione tra due dirigenti della Banca Popolare di Bari, Gianni Milella e Elia Circelli, entrambi indagati e il secondo arrestato ieri con gli ex amministratori Marco e Gianluca Jacobini nell’ambito dell’indagine della Procura sul dissesto dell’istituto di credito barese. 

Dalle indagini sul dissesto della Banca Popolare di Bari, che ieri ha portato anche all’arresto dell’ex patron della banca Marco Jacobini, del figlio Gianluca, e all’interdizione dell’ex ad Vincenzo De Bustis Figarola, emerge «la volontà del Cda della BpB di escludere del tutto la liquidazione delle azioni in favore dei soci recedenti con fondi propri, lasciandoli irrimediabilmente prigionieri dei loro titoli clamorosamente svalutati». E’ quanto è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare.

Nel provvedimento cautelare si evidenzia che gli stessi azionisti erano prigionieri anche "delle condizioni economiche della Banca Popolare di Bari che, stando alle indicazioni contabili, non sarebbe stata in grado di fare fronte alle richieste di recesso e liquidazione delle azioni se non pregiudicando la stessa stabilità patrimoniale». Tutto ciò accadeva - si evidenzia - «nella piena consapevolezza del Consiglio di Amministrazione» già nel 2016.

«La bufera giudiziaria che ha travolto i vertici della Banca Popolare di Bari apre nuovi fronti di tutela per i risparmiatori coinvolti in questa ennesima vicenda di risparmio tradito». Lo dichiara l’avvocato Emilio Graziuso, responsabile del Coordinamento istituito dalla Confconsumatori e dall’Associazione Nazionale 'Dalla Parte del Consumatorè che assiste alcuni risparmiatori e azionisti dell’istituto di credito barese, commissariato a dicembre.

Per il legale, i reati contestati dalla Procura, «sono molto importanti ed avranno una notevole ricaduta anche sui processi civili instaurati e da instaurare» nei confronti della banca e, "qualora accertati, confermerebbe la tesi dell’assoluta inconsapevolezza dei risparmiatori, e non certo per loro responsabilità, al momento dell’acquisto dei titoli, circa la situazione economica, sulla solvibilità e solidità della banca e, di conseguenza, in merito all’affidabilità dei titoli, alla natura ed al rischio degli stessi ed al recupero delle somme investite».

Le dichiarazioni di De Bustis.
C'è un’intercettazione dalla quale emerge che l’allora Dg di BpB, Vincenzo De Bustis Figarola, sapeva che i dati della banca erano truccati. E’ del 13 novembre 2013. De Bustis parla con Luca Sabetta, dirigente assunto il 21 ottobre 2013. «In un’azienda come questa - dice De Bustis - dove tutto è truccato, i dati delle filiali sono truccati, cioè, io mi sono fatto portare..., avevo capito, mi sono messo a analizzarli, sono truccati, è stato tutto inutile, allora le filiali fanno più commissioni del totale dell’istituto!».

https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/bari/1202636/crac-pop-bari-vieni-con-una-copia-pulita-c-e-un-socio-che-deve-vedere-il-bilancio.html

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venerdì 31 gennaio 2020

La bioedilizia ora si fa con la canapa.


Risultato immagini per case costruite con la canapa"


La canapa è una materia prima dalle mille risorse, utilizzata soprattutto in bioedilizia: versatile, è anche semplice da coltivare.

La canapa è un materiale sempre più utilizzato nel mondo della bioedilizia: costruire con fibre vegetali resistenti comporta infatti vantaggi ambientali, ma anche sociali ed economici. La canapa è infatti fra quelli che offre i risultati migliori: è una coltivazione semplice, ha una crescita rapida e proficua con un basso consumo di acqua e rari attacchi di parassiti. Una volta lavorata, la canapa è ottima per sostituire legno, vetro e inerti per la composizione di diversi materiali, in quanto refrattaria a muffe e insetti. È anche resistente al fuoco, leggero e ricco di silice, ma è soprattutto un materiale “carbon negative“, che sintetizza il carbonio e riduce le emissioni di CO2 nell’atmosfera, rendendo gli ambienti più salubri e abbattendo le emissioni inquinanti. Grazie al suo impiego, si risparmia il 90% dell’acqua utilizzata per il cemento ed è utile anche come materiale antisismico, tanto che l’ENEA ha in progetto un kit antisismico composto da pannelli in fibra di canapa, in grado di contenere il crollo provocato dalle scosse. Oltre ad essere ecologica ed etica, è anche versatile: da un miscuglio industriale di acqua e canapa, nascono mattoniintonacimassetticappotti e isolanti  per edifici vecchi e di nuova costruzione. A differenza dei mattoni tradizionali, i mattoni in canapa si posano a secco e vengono smaltiti con maggiore facilità. Tuttavia l’utilizzo della canapa nell’edilizia non è scoperta recente: già Leon Battista Alberti ne aveva scritto l’utilità in quanto, aggiunta alle malte, ne migliorava le qualità, mentre il suo maggiore uso nel corso degli anni ha riguardato il settore tessile, poi entrato in crisi. Solo dieci anni fa l’Unione Europea ha attivato finanziamenti destinati alla reintroduzione della canapa da fibra e alla costruzione di filiere di prodotti derivati. Mentre in Germania la canapa è stata inserita nel settore automobilistico, come materiale per fibroresine, plastiche e imbottiture, in Francia è stata concentrata nell’edilizia, così come in Italia.
Bioedilizia canapa
Risultato immagini per case costruite con la canapa"
La bioedilizia a base di canapa si sta sempre più evolvendo, anche in risposta agli obiettivi del pacchetto per il clima e l’energia 2020 promosso dalla Commissione Europea. Nell’edilizia i prodotti a base di canapa vengono ricavati sia dal fiore sia dal fusto. Oltre ai prodotti più conosciuti, in Italia è in fase di certificazione un brevetto per la realizzazione di blocchi a base di canapulo, la parte più legnosa dello stelo. Il mattone essiccato diventa rigido e leggero e può essere utilizzato anche nella ristrutturazione di edifici. In Italia il leader nel settore della bioedilizia a base di canapa è Röfix, che opera da più di 30 anni. L’azienda è stata tra i primi ad industrializzare “CalceClima Canapa“, intonaco e finitura a base di canapulo e calce naturale. I prodotti hanno ottenuto il marchio di qualità Natureplus, che certifica l’eco-compatibilità e l’assenza di additivi. La calce naturale regola in modo naturale l’umidità e assorbe le sostanze nocive nell’aria. In Italia, le coltivazioni di canapa si concentrano in particolare in Alto Adige , ma si stanno sviluppando anche in altre aree d’Italia. La bioedilizia a base di canapa si sta sempre più evolvendo, anche in risposta agli obiettivi del pacchetto per il clima e l’energia 2020 promosso dalla Commissione Europea.

Coronavirus, quali i sintomi e come si trasmette.


Rappresentazione grafica del coronavirus 2019-nCoV (fonte: CDC/ Alissa Eckert, MS; Dan Higgins, MAM)

Sembra influenza. La prima regola per difendersi è lavarsi le mani.


Febbre, tosse, respiro affannato: sono questi i principali sintomi causati dal coronavirus 2019-nCoV. Come gli altri virus della grande famiglia cui appartiene, quella dei coronavirus, anche questo colpisce le vie respiratorie e le principali difese sono quindi le stesse che valgono per altre malattie respiratorie infettive, come è avvenuto in passato, per esempio per la Sars comparsa nel 2002-2003 e per la pandemia di influenza del 2009, e come avviene ogni anno quando circolano i virus responsabili dell'influenza stagionale.
Al momento, rilevano i centri europei per il controllo delle malattie (Ecdc), nella maggior parte dei casi il nuovo coronavirus sembra provocare sintomi di entità non grave simili a quelli dell'influenza e le persone più vulnerabili sembrano essere le più anziane, già con altre malattie.
La prima regola, suggeriscono gli esperti, è lavare le mani con acqua e sapone per almeno 20 secondi; se questo non è possibile un'alternativa è un disinfettante che contenga almeno il 60% di alcol. E' importante evitare di toccare occhi, naso e bocca con le mani sporche, così come vanno evitati contatti con persone che hanno l'infezione o, se non si possono evitare, mantenere la distanza di circa due metri.
Nel caso in cui si dovessero accusare i sintomi bisogna rivolgersi al medico o chiamare il numero verde 1500 recentemente potenziato dal ministero della Salute, e seguire le indicazioni. Nel frattempo è bene stare a casa, evitando contatti con i familiari. Quando si starnutisce usare sempre un fazzoletto e gettarlo via, o in alternativa l'incavo della manica piegando il braccio all'altezza del gomito; è anche opportuno pulire e disinfettare gli oggetti che si toccano più frequentemente.
In ogni caso le misure di prevenzione vanno messe in pratica e sono la prima difesa, considerando che attualmente non esistono farmaci antivirali specifici per combattere il coronavirus 2019-nCoV e ovunque gli esperti di malattie infettive raccomandano di rivolgersi al medico al primo sospetto di essere stato a contatto con una persona con l'infezione. Non esiste attualmente nemmeno un vaccino, anche se diverse aziende e centri di ricerca nel mondo hanno cominciato a lavorare in questa direzione.


Coronavirus, dichiarato lo stato di emergenza. Primi due casi confermati in Italia. ('Il contagio avviene solo da chi ha sintomi')

Coronavirus Rome © ANSA

Si tratta di due turisti cinesi in viaggio a Roma. Sono ricoverati allo Spallanzani. La loro stanza d'albergo è stata sigillata.

Il consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato di emergenza della durata di sei mesi in conseguenza del rischio sanitario connesso al coronavirus. Stanziati 5 milioni di euro. I contenuti della delibera saranno stilati dalla Protezione civile e dal Ministero della Salute. "Alla luce della dichiarazione di emergenza internazionale dell'Oms  - dichiara il ministro della Salute, Roberto Speranza - abbiamo attivato gli strumenti normativi precauzionali previsti nel nostro Paese in questi casi, come già avvenuto nel 2003 in occasione dell'infezione Sars. Le misure assunte sono di carattere precauzionale e collocano l'Italia al più alto livello di cautela sul piano internazionale".
Il capo della protezione civile Angelo Borrelli ha convocato il Comitato operativo della Protezione civile. La riunione è in programma alle 17 e dovrebbero parteciparvi anche il premier Giuseppe Conte ed il ministro della Salute Roberto Speranza.
Resta, quindi, l'allarme dopo la verifica di due casi certificati di coronavirus in Italia. Una coppia di turisti cinesi provenienti da Wuhan, che erano atterrati a Milano il 23 gennaio prima di arrivare 4 giorni fa in un hotel della capitale. La coppia, ricoverata allo Spallanzani, aveva fatto una tappa a Parma prima di Roma.
La coppia dopo essere arrivata a Milano avrebbe fatto, prima di venire a Roma, solo la tappa intermedia di Parma. Da lì avrebbe affittato un auto e sarebbe arrivata autonomamente a Roma. Dunque non avrebbe raggiunto la Capitale con mezzi di trasporto collettivi. Lo si apprende da fonti informate. I due avrebbero dunque raggiunto Roma prima della comitiva di turisti cinesi, il cui bus ieri è stato recuperato a Cassino e scortato fino allo Spallanzani.
Intanto c'è un caso sospetto anche in Veneto: un minore del Trevigiano rientrato da un viaggio in territorio cinese. Intanto l'aereo che dovrà rimpatriare i cittadini italiani bloccati a Wuhan è atteso domenica mattina 2 febbraio. Lo prevede l'ultima bozza del piano concordato con le autorità cinesi, secondo cui la ripartenza avverrà dopo due ore. Ieri il premier Giuseppe Conte ha annunciato la chiusura dei voli da e per la Cina. 
In mattinata gli ultimi voli previsti in arrivo e in 'schedule' prima della chiusura del traffico sono atterrati agli aeroporti di Malpensa e Fiumicino. Lo sbarco dei passeggeri è avvenuto con la consueta procedura prevista dal Ministero della Salute, con i medici della Sanità aerea muniti di protezioni, tuta, guanti e maschere i quali hanno misurato la temperatura, consegnato l'apposito vademecum e richiesto a tutti di compilare una scheda con i dati sulla residenza ed eventuali spostamenti per poter tracciare i passeggeri in caso di eventuale contagio. Anche il Pakistan, la Corea del Nord e la Kenya Airways hanno chiuso i collegamenti con la Cina. Stanno sbarcando nel frattempo dalla Costa Smeralda ormeggiata al porto di Civitavecchia i 1143 passeggeri che sarebbero dovuti sbarcare ieri e che sono rimasti bloccati a bordo per il sospetto caso di Coronavirus, poi rientrato.
"A bordo c'è stata la massima tranquillità e hanno gestito le cose bene", racconta Filippo Rossi, un uomo di Monterotondo, in provincia di Roma, che è stato tra i primi a lasciare la nave.avirus a Wuhan è atteso domenica mattina 2 febbraio. Lo prevede l'ultima bozza del piano concordato con le autorità cinesi, secondo cui la ripartenza avverrà dopo due ore, in base a varie fonti sentite dall'ANSA. 
"L'albergo è aperto. Siamo lavorando regolarmente, siamo tranquilli. I due casi sono stati prontamente affidati all'ospedale Spallanzani". A dirlo all'ANSA un dipendente dell'albergo Palatino di via Cavour dove soggiornavano i turisti cinesi risultati positivi al Coronavirus. "Al momento nessun dipendente è stato sottoposto ai controlli specifici - ha aggiungo - Qualche cliente è andato via, gli altri si trovano tranquillamente in albergo. Non abbiamo paura".
"La situazione è tranquilla. Siamo tutti qui per lavorare, nessuno si è tirato indietro. Tutti i dipendenti sono regolarmente in servizio". A dirlo il direttore dell'hotel Palatino, Enzo Ciannelli, l'albergo a via Cavour dove alloggiavano i due cittadini cinesi risultati positivi al coronavirus. "Nessun dipendente è entrato in stretto contatto con la coppia - ha aggiunto - La Asl ci ha rassicurato. Non ci sono pericoli né per i dipendenti né per i clienti che alloggiano nel nostro albergo", ha spiegato il direttore.
False notizie avevano collegato il ricovero dell'operaio al caso della coppia dei due turisti cinesi. La regione Lazio ha chiarito che "in merito all'operaio dell'Hotel Palatino non ci deve essere nessun allarmismo. L'uomo, che nella notte è stato trasferito dall'ospedale San Giovanni Evangelista di Tivoli allo Spallanzani, - sostiene - non è mai entrato in contatto con i due soggetti che sono risultati positivi".
Virus cinese, la paura dei clienti dell'hotel Palatino
Segnalare ogni possibile sintomo influenzale e stare lontani da neonati e persone con problemi respiratori. E' quanto la direzione dei Musei Vaticani, secondo quanto apprende l'ANSA, ha chiesto ai dipendenti per limitare ogni possibile rischio connesso al Coronavirus, anche in considerazione del fatto che sono migliaia i turisti asiatici che visitano i musei ogni settimana. La comunicazione è stata fatta a voce ed in via informale questa mattina.
Inatanto c'è un primo bambino contagiato dal coronavirus in Germania, ha reso noto il ministero della Salute del Land della Baviera. Si tratta del figlio di un dipendente della ditta Webasto di cui ieri era stato annunciato il contagio. Finora in Germania i casi confermati sono sei, tutti collegati all'impresa bavarese che aveva ospitato una donna cinese risultata poi affetta dal virus una volta rientrata nel suo Paese.