domenica 9 agosto 2020

Come semplificare? Con 2.750 emendamenti. - Gia.Sal

Frasi, citazioni e aforismi sulla truffa e l'imbroglio ...

Il nome dovrebbe dire tutto: decreto legge Semplificazioni. 
Il contenuto pure: una norma scritta apposta per sbloccare le opere pubbliche con gare di appalto semplificate, eliminare lacci e lacciuoli della burocrazia e velocizzare i tempi delle autorizzazioni della Pubblica amministrazione. 
Una norma approvata il 7 luglio ed esaltata da tutte le forze di maggioranza, da Matteo Renzi (“Adesso apriamo i cantieri”) al Pd (“Può risolvere la malattia endemica della burocrazia”, Andrea Marcucci) fino al M5S. 
Con un obiettivo: fare da “trampolino di lancio per la ripartenza del Paese” (Giuseppe Conte). 

Peccato che i giallorosa di semplificare non hanno alcuna voglia, nonostante il nome del decreto. Ieri nelle Commissioni Affari costituzionali e Lavori pubblici del Senato sono stati depositati gli emendamenti in vista della conversione in legge: in tutto sono 2.750, di cui la metà delle forze di maggioranza. Ben 397 sono targati M5S, 360 del Pd, mentre Italia Viva e LeU si spartiscono 288 e 242 emendamenti a testa. I restanti 1.300 sono firmati dall’opposizione che però, va detto, fa il suo mestiere. Ai limiti del tafazziano, invece, la scelta della maggioranza. L’unica speranza, per il governo, è che il 23 agosto molti emendamenti vengano dichiarati inammissibili. In caso contrario, dal 24 agosto sarà Vietnam parlamentare. E un decreto approvato per semplificare potrebbe finire sepolto sotto una montagna di complicazioni.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/08/07/come-semplificare-con-2-750-emendamenti/5892532/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=commenti&utm_term=2020-08-07

Volevate la prova che di semplificare non c'è voglia? - Eccovela! - Le semplificazioni, infatti, non giovano a chi vuole mantenere tutto in sospeso, incomprensibile... Vi chiedete: perchè? Perchè le complicazioni giovano alla disonestà mentale di chi vuole, con arguzia e furbizia, poter sguazzare nel marasma dell'interpretazione personalizzata, di chi vuole, quindi, aggirare le leggi a proprio piacimento, senza dover incorrere nelle maglie della giustizia...

Superbonus: Agenzia delle Entrate, cessione del credito dal 15 ottobre.

Superbonus: Ag.Entrate,ok anche a familiari e conviventi ©

Accessibile anche a familiari e conviventi del possessore dell'immobile.

La cessione del credito sul superbonus al 110% potrà essere utilizzata dal prossimo 15 ottobre. E' quanto previsto nel modello di comunicazione approvato col provvedimento di oggi del Direttore dell'Agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini. La comunicazione per fruire dello sconto sul corrispettivo o della cessione potrà quindi essere inviata all'Agenzia a partire dal 15 ottobre 2020 ed entro il 16 marzo dell'anno successivo a quello in cui si sostiene la spesa, utilizzando il modello approvato esclusivamente in via telematica.
Anche i familiari e i conviventi del possessore o detentore dell'immobile che sostengono la spesa per i lavori effettuati sugli immobili a loro disposizione possono accedere al superbonus per le ristrutturazioni al 110%. Così come imprenditori e autonomi sulle unità immobiliari all'interno di condomini per i lavori sulle parti comuni. Rientrano inoltre nel plafond agevolabile i costi per i materiali, la progettazione e le spese professionali connesse (perizie e sopralluoghi, spese preliminari di progettazione e ispezione e prospezione). Sono solo alcuni dei chiarimenti interpretativi contenuti nella circolare dell'Agenzia delle Entrate sull'incentivo introdotto con il dl Rilancio.
Al Superbonus del 110% possono accedere dunque anche i familiari e i conviventi di fatto del possessore o del detentore dell'immobile, sempre che siano loro a sostenere le spese per i lavori. La circolare specifica che tali soggetti possono usufruirne se sono conviventi alla data di inizio dei lavori o, se antecedente, al momento del sostenimento delle spese. L'incentivo vale anche per gli interventi su un immobile diverso da quello destinato ad abitazione principale, nel quale può svolgersi la convivenza, mentre non spetta al familiare su immobili locati o concessi in comodato. Ha diritto alla detrazione, specifica l'Agenzia, anche il promissario acquirente dell'immobile oggetto di intervento immesso nel possesso, a condizione che sia stato stipulato un contratto preliminare di vendita dell'immobile regolarmente registrato. Per quanto riguarda le partite Iva e i condomini, via libera anche per le persone che svolgono attività di impresa o arti e professioni per i lavori sulle parti comuni degli edifici deliberate dalle assemblee condominiali. Se i lavori invece interessano singole unità immobiliari, allora il bonus è riconosciuto limitatamente agli immobili estranei all'attività esercitata, appartenenti quindi solo alla sfera "privata" della vita dei contribuenti. La detrazione del 110% si allarga fino a comprendere anche alcune spese accessorie agli interventi che beneficiano del Superbonus, purché effettivamente realizzati. Si tratta, ad esempio, dei costi per i materiali, la progettazione e le altre spese professionali connesse (perizie e sopralluoghi, spese preliminari di progettazione e ispezione e prospezione).

Lega: altre operazioni sospette Dodici bonifici a “The King”. - Stefano Vergine

Lega: altre operazioni sospette Dodici bonifici a “The King”

Soldi usciti dalle casse della Lega Nord e finiti sui conti di un fornitore. Lo stesso fornitore grazie al quale, proprio in quel periodo, il commercialista salviniano Alberto Di Rubba ha realizzato una plusvalenza da oltre 1 milione di euro. È questo, in estrema sintesi, il contenuto di un documento della Uif (Unità di informazione finanziaria) di Banca d’Italia. Le carte raccontano un nuovo capitolo delle trame finanziarie leghiste, e per la prima volta collegano il partito a un importante imprenditore: Marzio Carrara, l’uomo che i giornali di settore descrivono come “the king of print”, colui che sta trasformando Bergamo nella capitale italiana della stampa su carta. “Le mie aziende non sono riconducibili, né direttamente né indirettamente, ad alcuna organizzazione politica”, tiene a precisare al Fatto Carrara.
Partiamo dalla fine della storia. È il 6 Settembre 2018. Il Tribunale del Riesame di Genova quel giorno conferma il sequestro dei 49 milioni di euro della Lega. Secondo i giudici, il denaro è sequestrabile in “tutti i conti correnti riconducibili” al partito. È il game over definitivo per Salvini, che solo in seguito otterrà l’ok dalla Procura di Genova per la rateizzazione del debito in quasi 80 anni. Il documento di Banca d’Italia racconta cosa è successo alle finanze leghiste da settembre 2017 ad agosto 2018. Cioè pochi giorni prima della sentenza del Riesame.
In quell’anno i detective della Uif ricevono parecchie segnalazioni di operazioni sospette. Denaro che dai conti della Lega finisce su quelli di un’azienda bergamasca. Si chiama Cpz e fa capo a Carrara, 45 anni, erede di una storica famiglia di stampatori. In meno di un anno, la Lega effettua dodici bonifici sui conti della Cpz, per un totale di 837mila euro. Quei bonifici, spiega Carrara, si riferiscono ai servizi di stampa forniti alla Lega per le elezioni politiche e regionali del marzo 2018. Gli investigatori, però, considerano le operazioni sospette per via di un altro giro di denaro che nello stesso periodo corre parallelo. Perché se da una parte Carrara incassa soldi dalla Lega, dall’altra paga una cifra molto simile a uno dei commercialisti più importanti del partito.
Il 10 maggio 2018 Di Rubba – oggi indagato dalla Procura di Milano per peculato nella vicenda della Lombardia Film Commission – riceve infatti sul suo conto due bonifici da Carrara, per un totale di 1,1 milioni di euro. Motivo? “Pagamento per la cessione delle quote di Dirfin Srl”.
La faccenda è complicata, bisogna stare attenti a nomi e date. Dirfin è una società di consulenza fondata nel novembre del 2017 e posseduta interamente da Di Rubba, già allora professionista con incarichi di spicco nella Lega. Poco dopo essere stata costituita, Dirfin sarà protagonista di un colpaccio finanziario. L’affare va sotto il nome di Arti Group Holding, società fondata a Bergamo nel dicembre del 2017 con tre azionisti. C’è Carrara, proprietario del 45 per cento delle quote attraverso la finanziaria Cafin. C’è il manager Alessandro Bulfon, titolare del 49 per cento delle azioni tramite la Advancy Holding Srl. E infine Di Rubba, che detiene il restante 6 per cento via Dirfin.
Un mese dopo essere stata fondata, a gennaio del 2018, Arti Group Holding compra NIIAG, una grande società che stampa libri e cataloghi. La acquista dal Fondo Bavaria per 5 milioni di euro. E solo quattro mesi dopo, a maggio, la rivende alla Elocograf del gruppo Pozzoni, altri imprenditori del settore, per 29 milioni di euro. Insomma, una plusvalenza di 24 milioni.
Il documento di Banca d’Italia fa notare cosa succede subito dopo la vendita di NIIAG. Sì, perché una volta terminata l’operazione, finanziata interamente da Carrara, lo stesso fornitore della Lega liquida i suoi soci della Arti Group Holding. Per il suo 6 per cento, che aveva pagato 10 mila euro, Di Rubba incassa da Carrara 1,1 milioni di euro.
Niente di strano, spiega l’imprenditore, che descrive Di Rubba come un professionista di sua “assoluta fiducia”, della cui consulenza si è servito per alcune operazioni di ristrutturazione aziendale: “Al fine di dividere gli utili realizzati senza dover attendere la chiusura del bilancio, decisi di acquistare le partecipazioni degli altri due soci”. Dunque, il milione incassato da Di Rubba è il profitto che il commercialista della Lega avrebbe comunque ottenuto come azionista della Arti Group Holding. Tutto regolare, è insomma la tesi di Carrara. Che annuncia però di voler tagliare i ponti con la Lega e con tutti gli altri partiti con cui finora ha lavorato: “Tenuto anche conto del particolare contesto di crisi che stiamo affrontando e delle negative ripercussioni mediatiche che l’attività di stampa in favore di partiti politici sta avendo, abbiamo deciso di non offrire più i nostri servizi di stampa a nessun partito politico”.

Lo stipendio da 12mila euro a loro non basta: cinque deputati incassano il bonus da 600 euro per partite Iva durante l’emergenza Covid.

Lo stipendio da 12mila euro a loro non basta: cinque deputati incassano il bonus da 600 euro per partite Iva durante l’emergenza Covid

Ad accorgersene è stato l'ufficio dell'Inps che si occupa di individuare anomalie e frodi. Nella mossa dei cinque parlamentari non c'è nulla di illegale, tuttavia migliaia di italiani hanno rinunciato al bonus perché ritenevano di non averne bisogno.

Lo stipendio netto da 12.439 euro, evidentemente, non era sufficiente. No, lo volevano arrotondare col bonus che il governo, in piena emergenza Covid, ha voluto introdurre soprattutto per chi, nei mesi di marzo e aprile, non ha fatturato alcunché. E così hanno fatto richiesta all’Inps per ottenere i 600 euro. Sono cinque virtuosi – si fa per dire – deputati della Repubblica italiana che, oltre al salario mensile, come si sa godono anche di svariati benefit: dai trasporti gratis ai 3mila euro per le spese telefoniche fino all’assistenza sanitaria.

A scoprire il magheggio (che, va detto, è senz’altro inopportuno ma non illegale) è stata la Direzione centrale Antifrode, Anticorruzione e Trasparenza del principale istituto di previdenza. E stando a quanto scrive Repubblica, i deputati che con una mano approvavano la manovra col relativo scostamento di Bilancio e con l’altra facevano richiesta del bonus sarebbero, in totale, cinque. I 600 euro, previsti dai decreti Cura Italia e Rilancio, erano destinati alle partite Iva e ad alcune specifiche categorie di autonomi. Vista l’emergenza in corso, senza alcuna distinzione di reddito tra i lavoratori. Tuttavia sono state migliaia le persone che, pur avendo diritto all’indennità, hanno scelto di non riceverla in considerazione della propria situazione patrimoniale. Non è stato così per i nostri cinque parlamentari. Che nonostante il lauto stipendio hanno incassato il bonus, alla faccia di chi, in quei mesi, ne aveva realmente bisogno.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/08/09/lo-stipendio-da-12mila-euro-a-loro-non-basta-cinque-deputati-incassano-il-bonus-da-600-euro-per-partite-iva-durante-lemergenza-covid/5894531/?utm_medium=Social&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR3iH-yiP6Z0SQHgu3tYc08N5IJ_ucJrdYAZGObBBbzbOlQ1Z-J4yLvnRvo#Echobox=1596960687

“È una riforma coraggiosa che stronca le spartizioni”. - Luca De Carolis

“È una riforma coraggiosa che stronca le spartizioni”

Giustizia - Le nuove regole per il Csm dopo lo scandalo Palamara: “Basta girarsi dall’altra parte, ora nuovo sistema di voto e sorteggio”.
Le agenzie battono al ritmo delle critiche, quelle delle associazioni della magistratura alla riforma del Csm. Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede fa una pausa e risponde: “Ogni opinione è legittima, ma io chiedo a tutti di non girarsi dall’altra parte. Il cambiamento non si può più rinviare”.
Si aspettava queste reazioni?
In queste settimane ho letto e ascoltato tutte le proposte, con attenzione. Quando le ritenevo meritevoli le trasmettevo al mio ufficio legislativo. Ma a un certo punto bisogna fare sintesi. e questa è una riforma coraggiosa. Andava fatta, perché la magistratura deve recuperare credibilità agli occhi dei cittadini.
In diversi obiettano che il nuovo sistema di elezione a doppio turno, ripartito in 19 collegi, porterà comunque ad accordi tra correnti. Possibile, no?
Coloro che lo sostengono non lo motivano. Tutti chiedevano che l’elezione dei membri del Consiglio andasse circoscritta nei territori, e noi lo abbiamo fatto, cosicché i magistrati apprezzati a livello locale possano essere votati. In un voto nazionale, chi non apparteneva a correnti non aveva possibilità.
Ma gli scambi tra correnti si potranno sempre fare….
Con il nuovo sistema di voto è praticamente impossibile prevedere l’esito delle votazioni. Saranno possibili fino a quattro preferenze, con obbligo di alternanza di genere e valore ponderato applicato al voto. Così si stroncano i metodi spartitori.
Meglio il sorteggio integrale, dicono alcuni. Di certo più semplice, no?
Chi lo afferma non vuole che la riforma vada avanti. Per istituire l’elezione solo tramite sorteggio servirebbe una riforma della Costituzione, ed è evidente che non ci siano le condizioni per farla in Parlamento.
Una forma di sorteggio peraltro ci sarà, ma per l’Anm è incostituzionale.
La riforma prevede che il numero minimo di candidati debba essere di 10 in ogni collegio, con alternanza di genere. Abbiamo previsto il sorteggio per arrivare a questa quota in caso qualcuno abbia premura di far scarseggiare candidati in base a vecchie logiche.
Sempre l’Anm la esorta a evitare “la negazione del vitale pluralismo culturale e della identità politico-amministrativa che la Costituzione assegna al Csm”.
Il pluralismo culturale è andato a farsi benedire con il correntismo. Rispetto le associazioni dei magistrati, leggo gli atti dei loro convegni e le consulto. Ma le associazioni non possono comportarsi nel Csm come i partiti si comportano in Parlamento. Nel Consiglio superiore della magistratura non si fa politica.
Per l’Unione Camere penali però il testo consegnerà il Csm ai pubblici ministeri. Perché lei ha fatto saltare la quota di quattro pm dentro il Consiglio?
Sa in quanti si sono presentati per quei quattro posti nella precedente elezione? Quattro, in tutta Italia. Saranno i magistrati a decidere per chi votare.
C’è lo stop alle porte girevoli tra politica e magistratura. Se eletti, non si potrà più fare il giudice o il pm. Quanti malumori ha suscitato nella maggioranza?
È stato uno dei punti più semplici della riforma, uno dei più condivisi. Di questa norma sento parlare da quando andavo al liceo…
L’ha fatta in solitudine?
Ho fatto 10 o 12 riunioni di maggioranza sul testo. E mi sono avvalso della collaborazione di alcuni studiosi, i professori Renato Balduzzi, Roberto Romboli e Daniela Piana. Ho recepito molti dei loro suggerimenti e voglio ringraziarli.
Il caso Palamara le ha permesso di avviare questa riforma. Senza non avrebbe mai potuto, no?
Il caso Palamara ha impedito di rinviare tutto a chi avrebbe avuto voglia di farlo. Non è stato più possibile buttare la palla in tribuna.
L’ex presidente dell’Anm ha indicato come testi a sua difesa magistrati e politici. Non crede che potrà creare problemi al governo?
Assolutamente no. Non entro nel merito, perché io sono titolare del potere disciplinare. Ma le dinamiche politiche vanno distinte da quelle della magistratura.
La riforma prevede che per accedere a incarichi direttivi si debba essere in ruolo da almeno due anni. Ma non si applica a coloro già fuori ruolo. È un favore?
No, è una scelta di politica legislativa. Per tutti i casi di incompatibilità si applicheranno norme transitorie, cioè la riforma varrà per il futuro.

sabato 8 agosto 2020

Ok a decreto Agosto, Conte: “Risorse per 100 miliardi”. Bonus a pagamenti elettronici, più soldi per invalidità, decontribuzione del 30% per chi lavora al Sud. Via libera anche alla riforma del Csm.

Ok a decreto Agosto, Conte: “Risorse per 100 miliardi”. Bonus a pagamenti elettronici, più soldi per invalidità, decontribuzione del 30% per chi lavora al Sud. Via libera anche alla riforma del Csm

Il Consiglio dei ministri approva il decreto che mobilita altre risorse in sostegno a famiglie e imprese. Confermato l'accordo di maggioranza sullo stop ai licenziamenti fino a novembre. Un nuovo Dpcm proroga le misure di precauzione anti-Covid fino al 7 settembre. A Palazzo dei Marescialli cambiano le regole per l'elezione dei togati e si mette fine alle porte girevoli tra magistratura e politica.
“Con queste misure arriviamo a interventi per l’economia per un totale di 100 miliardi di euro. Tuteliamo l’occupazione, sosteniamo i lavoratori, le imprese, alleggeriamo le scadenze fiscali, aiutiamo le Regioni e il Sud”. Esordisce così il premier Giuseppe Conte per spiegare i contenuti del decreto Agosto, approvato “salvo intese” tecniche dal Consiglio dei ministri. Una riunione attesa in mattinata, poi slittata al tardo pomeriggio e durata oltre quattro ore, a testimonianza di quanto fosse decisiva la posta in gioco per la maggioranza.
Nel corso della conferenza stampa il presidente snocciola le nuove misure prese dal governo per rilanciare il Paese. Proroga della Cassa integrazione, stop ai licenziamenti fino a novembre, rateizzazione delle tasse per gli autonomi. Tra le novità c’è poi un provvedimento che Conte definisce “storico” e che pone le basi per la “reindustrializzazione” del Sud: dal 1 ottobre tutte le aziende del Mezzogiorno godranno di una “decontribuzione del 30% per tutti i lavoratori, non solo i neoassunti”. In tutto il decreto vale 25 miliardi: sommando anche il decreto cura Italia (20 miliardi) e il decreto Rilancio (55) si arriva appunto a 100 miliardi – finanziati con maggior deficit – messi in campo dall’inizio dell’emergenza.
Nel nuovo provvedimento trova spazio anche a una delle battaglie più cara al premier, quella contro l’evasione fiscale. “Premiamo cittadini che potranno recuperare parte di quanto spendono con pagamenti elettronici e potranno usufruire di un bonus fino a 2mila euro all’anno”, spiega, confermando l’anticipo a dicembre dello strumento del cashback, anche se salta il bonus consumi (sconto del 20% su molte tipologie di spesa fatte con carta) che compariva nelle prima bozze.
Il Consiglio dei ministri ha approvato anche la riforma del Consiglio superiore della magistratura e sono state concordate le misure del nuovo Dpcm sul coronavirus che sarà in vigore fino al 7 settembre. A questo proposito, Conte manda un monito ai giovani: “Oggi il nostro tasso dei contagi è tra i più bassi dell’Ue”, dice, nonostante il lieve rialzo degli ultimi giorni. “Capisco i giovani che hanno il desiderio di divertirsi, di movida. Però attenzione, bisogna farlo in modo responsabile”.
I contenuti del decreto Agosto – L’intero pacchetto di misure è stato finanziato con un ulteriore scostamento di bilancio da 25 miliardiautorizzato nelle settimane scorse da Camera e Senato. A cui Conte manda il suo ringraziamento: “Il decreto è stato possibile anche grazie alla collaborazione del Parlamento. Sono convinto che deputati e senatori potranno migliorare ancora il testo approvato”. Per quanto riguarda il lavoro, la spesa totale ammonta a 12 miliardi: c’è il rinvio del saldo delle tasse per le partite Iva ad aprile 2021 (con la rateizzazione spalmata in 24 mesi), la proroga della Cassa integrazione per altre 18 settimane, ma anche 4 mesi di sgravi contributivi al 100% per chi reintegra i lavoratori. In materia di licenziamenti è confermato l’accordo trapelato nelle scorse ore: prorogato il blocco a novembre per tutti e fino a fine anno per chi usufruisce della Cig. “Esoneriamo gli esercenti dal pagamento della Tosap (la tassa per l’occupazione di suolo pubblico) per tutto il 2020 e prevediamo l’abolizione della seconda rata Imu per teatri, alberghi e cinema”, chiarisce Conte. Prorogata la moratoria per prestiti e mutui fino a fine gennaio 2021.
Poi la novità: “Introduciamo contributi a fondo perduto, in relazione alle perdite di fatturato, per gli esercenti dei centri storici di 29 città vocate al turismo internazionale (individuate sulla base dei turisti stranieri che ospitano abitualmente rispetto ai residenti, ndr)”, annuncia il premier. Soldi in arrivo anche per la filiera dell’automotive (500 milioni), per il fondo delle crisi d’impresa e soprattutto per gli invalidi civili. “Anche questo è un passaggio storico“, chiarisce il presidente del Consiglio, citando la recente sentenza della Corte costituzionale secondo cui le pensioni di invalidità sono troppo basse. “Aumentiamo le pensioni agli invalidi civili al 100% a partire già dai 18 anni, così come agli inabili, ai sordi e ai ciechi civili assoluti titolari di pensione. Si passa dai circa 285 euro attuali fino a 648 euro al mese per tredici mensilità”. Per quanto riguarda il cashback, invece, il premier spiega che “la misura era già prevista nella scorsa manovra. Non l’abbiamo realizzata per la pandemia”. Ma ora il governo decide di scommetterci e stanzia nuove risorse con l’obiettivo di “abbassare le tasse” a fronte di una sperata riduzione dell’evasione fiscale.
Gualtieri: “Misure strutturali. Dati promuovono lavoro del governo” – Per spiegarne il funzionamento interviene il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri: “Il meccanismo è a punti, non di sconto, che sarà definito nel dettaglio a breve: consente di cumulare il vantaggio di un certo numero di transazioni per avere poi indietro risorse che possono variare, evitando un elemento redistributivo regressivo. Poi ci sarà un cashback in tranche semestrali, prima delle vacanze estive e poi alla fine dell’anno successivo”. La strada intrapresa dal governo, aggiunge il titolare di via XX Settembre, è quella di dare “un supporto più deciso alla crescita e alla ripartenza dell’economia, all’occupazione, anche con una maggiore selettività. I dati anche più recenti – spiega – ci dicono che il lavoro che abbiamo svolto, a partire naturalmente dall’efficace azione di contenimento della pandemia, ci ha consentito di ripartire in sicurezza”. Parole condivise anche da Conte, secondo cui gli ultimi dati Istat certificano che la ripresa dei consumi a giugno c’è stata. Ed è accaduto anche grazie “alle misure perseguite fin qui dal governo”. Nel decreto trovano posto poi 3 miliardi per il settore del turismo e 600 milioni per la ristorazione. “Una filiera che ha pagato un prezzo altissimo con un calo di fatturato del 60%: dobbiamo sostenere questa filiera di 180mila imprese e dare una risposta all’agroalimentare”, commenta la ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova parlando dei fondi appena stanziati. La titolare del Lavoro Nunzia Catalfo, invece, sottolinea l’intervento per i 1.500 lavoratori di Air Italy.
Csm, Bonafede: “Stop a degenerazione correnti” – “Sono molto orgoglioso di questa riforma, molto importante per il buon funzionamento del Csm”, dichiara il ministro Alfonso Bonafede prima di annunciare i contenuti del provvedimento. “Voglio chiarire che l’obiettivo è scardinare quanto più possibile il sistema creato con le degenerazioni del correntismo“. Una risposta da parte del governo allo “scandalo delle nomine” esploso a maggio dell’anno scorso con l’inchiesta di Perugia sull’ex consigliere del Csm ed ex presidente dell’Anm Luca Palamara che ha trascinato con sé una parte di Palazzo dei Marescialli. Confermate tutte le anticipazioni della vigilia: elezione dei togati con sistema maggioritario a doppio turno in 19 collegi, sorteggio se mancano candidati. Stop ai membri laici se appena usciti da incarichi di governo, sì alle quote rosa. “Finalmente abbiamo messo nero su bianco una norma di cui si parla da vent’anni: il magistrato che entra in politica una volta eletto ha perso requisiti di terzietà e quindi il magistrato non potrà più tornare alla magistratura”, annuncia poi il ministro. “E non può candidarsi nel territorio dove esercita le sue funzioni”. Si mette quindi la parola fine alle cosiddette porte girevoli tra mondo della giustizia e politica. Tramonta infine la gerarchizzazione delle procure introdotta con le riforme Castelli-Mastella e vengono introdotti paletti più rigidi per il cambio di funzione dei magistrati.
Misure anti-Covid estese al 7 settembre – Per quanto riguarda il nuovo dpcm che sarà in vigore a partire dal 10 agosto, Conte ha chiarito che sono state prese “misure adeguate alla situazione attuale”. Uno scenario di “sostanziale stabilità”, dice, “con lievi segnali di ripresa dei contagi”. Eppure, aggiunge, “stiamo facendo bene e anche meglio dei Paesi confinanti”. Come ad esempio Germania e Francia, dove ormai si registrano ogni giorno più di mille casi. Da qui la decisione di estendere a inizio settembre le “misure precauzionali minime”, tra cui l’obbligo di mascherine al chiuso, il divieto di assembramento, la raccomandazione di lavarsi le mani con frequenza. “Non vogliamo nuove restrizioni, anzi abbiamo previsto la ripartenza delle navi da crociera e di attività come quelle fieristiche”, chiarisce Conte. Ma avvisa: “Tutto questo bisogna farlo con responsabilità. Bisogna essere intelligenti. Capisco che questo è il periodo più caldo dell’anno, capisco i giovani che hanno desiderio di divertirsi”. Eppure bisogna ricordarsi “dei propri cari e delle persone vulnerabili”. Parole nel solco di quelle pronunciate dal capo dello Stato Sergio Mattarella solo pochi giorni fa.

Falcone dimezzato per zittire i pm. - Gian Carlo Caselli

Strage di Capaci, 28 anni fa l'uccisione di Giovanni Falcone - Il ...
Con l’avvio del dibattito parlamentare, il confronto sulla separazione delle carriere fra pm e giudici si fa sempre più rovente. Chi non è d’accordo è liquidato – senza complimenti – come un troglodita irrecuperabile, un giustizialista nemico giurato dello Stato di diritto. Per taluno, l’argomento tranchant (definibile, se si trattasse di dialettica processuale, “pistola fumante”) è che anche Giovanni Falcone era favorevole alla separazione! Et de hoc satis: basta con le menate sull’indipendenza della magistratura e via cavillando.
Ora, non v’è dubbio che le opinioni di Giovanni Falcone meritano il massimo rispetto. Ma rispetto sempre, in un quadro di coerenza: non semplicemente quando fa comodo. Ora, coloro che osteggiano la separazione delle carriere sono di solito nemici irriducibili anche del “concorso esterno” e del 41-bis. Mentre si dà il caso che su questi temi Falcone (mai citato!) fosse invece schierato su posizioni di indiscusso favore. Anzi, il 41-bis è stato addirittura ideato da lui nonostante sapesse perfettamente che la riforma avrebbe fatto inferocire le belve mafiose (Riina dirà ai suoi che si sarebbe giocato i denti, intendendo quel che di più prezioso aveva). Vediamo allora come stanno le cose.
Quanto al concorso esterno, Falcone e gli altri magistrati del pool, nell’ordinanza-sentenza del “maxi-ter” (17 luglio 1987), hanno sostenuto che le “manifestazioni di connivenza e di collusione […], tanto più pericolose quanto più subdole e striscianti [sono] sussumibili – a titolo concorsuale – nel delitto di associazione mafiosa. Questa ‘convergenza di interessi’ col potere mafioso[…] costituisce una delle cause maggiormente rilevanti della crescita di Cosa Nostra e della sua natura di contropotere, nonché, correlativamente, delle difficoltà incontrate nel reprimerne le manifestazioni criminali”. Parole chiare e univoche, scritte in atti giudiziari ufficiali (quindi in linea col mantra dei giudici che devono parlare solo con le sentenze…), per cui il Falcone ricordato ora sì ora no rischia di essere – parafrasando Calvino – un Falcone “dimezzato”.
Quanto al 41-bis è noto che Falcone, umiliato e cacciato da Palermo, trovò al ministero una specie di asilo politico-giudiziario che utilizzò da par suo elaborando la moderna antimafia, fatta di Procure specializzate (nazionale e distrettuali), Dia e banche dati. In questo “arsenale” rientrava pure il 41-bis – approvato dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio – con cui Falcone voleva un “regime differenziato” per i mafiosi che mettesse fine a una situazione di grave illegalità all’interno del sistema carcerario. Prima del 41-bis, infatti, i boss in carcere potevano permettersi di tutto, perfino decidere e organizzare delitti, mentre un collaudato circuito di informazione, assistenza e solidarietà dall’esterno garantiva la continuità e coesione dell’organizzazione. In sostanza, per Cosa Nostra era “naturale” essere più forte dello Stato perfino dietro le sbarre, ma così il discredito dello Stato era devastante. Tutto ciò andava bene a chi la battaglia antimafia la voleva perdere. Falcone invece la voleva vincere anche con il 41-bis, che difatti funzionò alla grande creando una slavina di “pentiti”. Queste verità, oggi, sono tutta una “fuffa” forcaiola per coloro che vedono nel “famigerato” 41-bis solo sistematiche violazioni dei diritti umani equiparabili di fatto a torture. E quasi sempre si tratta dei medesimi soggetti che armano crociate alla conquista della separazione delle carriere.
In verità, se c’è un’operazione che presenta margini amplissimi di azzardo se non di arbitrarietà è proprio evocare i morti. Bisognerebbe chiedersi cosa mai penserebbero oggi, ma è impossibile saperlo. Tuttavia, pur con ogni ragionevole cautela e assumendo il dubbio come chiave di lettura, si possono formulare alcune osservazioni. Vari processi (in particolare Tangentopoli a Milano e Mafiopoli a Palermo) hanno dimostrato che i rapporti di parti consistenti della politica con il malaffare sono una questione di respiro nazionale. Ma la politica non ha saputo bonificarsi essa stessa neutralizzando le spinte malefiche. Purtroppo l’Italia è ancora oggi caratterizzata da una corruzione diffusa, da collusioni con la mafia, da mala-amministrazione nelle più svariate accezioni, vale a dire da vicende oscure che coinvolgono pezzi rilevanti della politica. Conviene che proprio “questa” politica (refrattaria a ogni forma di responsabilità extra-giudiziaria) possa anche ordinare ai pm dove indagare e dove invece far finta di niente, come di fatto avviene ovunque vi sia separazione delle carriere? Per l’Italia che ancora spera nella legge uguale per tutti sarebbe un suicidio. Financo le odiose leggi ad personam diverrebbero inutili se la persona interessata (o qualcuno della sua cordata) potesse pretendere dal pm quel che più le piace. Per l’Italia delle regole sarebbe una forma di “masochismo istituzionale”.
Infine, un accenno alla tesi (propagandata da avvocati e politici) che con la separazione il nostro Paese si allineerebbe alle democrazie più avanzate. In realtà, l’allineamento potrebbe comportare un pesante arretramento. Un riscontro viene da Le Monde del 28/29 giugno, che ha pubblicato un intervento di Katia Dubreuil e Céline Parisot, presidenti di due sindacati della magistratura, intitolandolo “È tempo di garantire l’indipendenza dei magistrati del parquet” (cioè dei pm). Vi si parla di un “cocktail esplosivo” di cui sono ingredienti la nomina dei pm da parte dell’esecutivo e il fatto che ogni decisione in affari “sensibili” è analizzata in base ai possibili interventi del potere; concludendo che soltanto una riforma istituzionale potrebbe mettere fine ai sospetti di interferenze del potere esecutivo sul corso della giustizia. Ne deduco che le anime candide nostrane che propugnano la separazione delle carriere (inesorabilmente destinata a far dipendere il pm dell’esecutivo) vorrebbero costringerci a una situazione che i francesi gelosi dello Stato di diritto stanno disperatamente cercando di cambiare. Quanto basta per convincersi che gli epigoni del teatro dell’assurdo sono fra noi.