Dopo aver buttato via una settimana con tutte le cose preziosissime che c’erano da fare – dall’accelerazione sui ristori alle imprese al piano vaccinale, fino alla relazione sulla Giustizia – continuiamo a perdere tempo col gioco dell’esploratore alla ricerca del senno di Renzi, o in subordine di una resa disonorevole dei Cinque Stelle, Zingaretti e Leu.
Di questo non ha colpa il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, al quale il leader di Italia Viva non ha lasciato altre possibilità, ma è chiaro che l’incarico al presidente della Camera Roberto Fico non fa un favore al Movimento Cinque Stelle, dove alla sola idea di tornare con Renzi si è già sollevata metà della base riuscita a sopravvivere a due anni di compromessi su tutto, dal salvataggio di Salvini al processo Diciotti all’andare al Governo col Pd, ai taciti patti di desistenza con i dem in alcune elezioni regionali, e ci fermiamo qui perché l’elenco è lungo.
Purtroppo i numeri al Senato sono quelli che sono e Renzi sa benissimo che l’unica maggioranza che oggi ha senz’altro i numeri è quella del non ritorno al voto. Quindi alla fine un accordo arriverà a scapito di Giuseppe Conte, che tornerà a insegnare all’università a meno di non accettare condizioni umilianti per restare a Palazzo Chigi.
Toccherà quindi a lui per primo decidere che strada prendere: compiere un gesto di responsabilità estremo per non abbandonare al loro destino tutti i dossier sui quali sta lavorando, dalla gestione della pandemia all’interlocuzione in Europa sul Recovery Fund, coinvolgendo in questa capitolazione di fronte a Renzi il resto delle forze politiche che l’hanno finora sostenuto, oppure prendere atto della situazione e uscire a testa alta, preparandosi a tornare presto – se vorrà – perché qualunque cosa nascerà domani sulle macerie lasciate da questo indefinibile soggetto politico che si chiama Italia Viva non avrà vita semplice.
Negli ambienti parlamentari ovviamente si spera ancora nel miracolo, cioè in una soluzione che salvi capra e cavoli grazie a un programma di compromesso, dove IV rinunci al Mes (che comunque non ha i numeri per l’approvazione in Parlamento) e i 5S a Bonafede alla Giustizia, Zingaretti indichi come ministri le quinte colonne renziane rimaste in sonno nel suo partito e così via con questo teatrino della politica.
In tale modo il Movimento salverebbe almeno una parte delle riforme che ha fatto finora e sorveglierebbe dall’interno la destinazione dei soldi europei, ma tra sei mesi o due anni, quando si tornerà comunque a votare, avrà donato tanto di quel sangue da non potersi aspettare l’entusiasmo nemmeno dei suoi più fedeli elettori.
Quindi adesso sarebbe meglio consegnare a Fico il programma che lui stesso conosce bene perché era la carta con gli impegni alle elezioni del 2018 e dire a Renzi se ci sta o no, certificando così – se servisse ancora – che è lui ad abbandonare la coalizione, e poi andare all’opposizione di qualunque schifezza istituzionale si verrà a formare, aspettando le elezioni e nel frattempo facendosi quattro risate su come renziani, forza italioti, leghisti, Pd, eventuali scissionisti 5S e l’armata Brancaleone che segue saprà gestire tutto quello che c’è da fare in questi tempi difficili. Un disastro annunciato, ma perlomeno al momento opportuno gli italiani sapranno chiaramente di chi è stata la responsabilità.
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