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sabato 30 gennaio 2021

Qui c’è poco da esplorare. - Gaetano Pedullà

 

Dopo aver buttato via una settimana con tutte le cose preziosissime che c’erano da fare – dall’accelerazione sui ristori alle imprese al piano vaccinale, fino alla relazione sulla Giustizia – continuiamo a perdere tempo col gioco dell’esploratore alla ricerca del senno di Renzi, o in subordine di una resa disonorevole dei Cinque Stelle, Zingaretti e Leu.

Di questo non ha colpa il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, al quale il leader di Italia Viva non ha lasciato altre possibilità, ma è chiaro che l’incarico al presidente della Camera Roberto Fico non fa un favore al Movimento Cinque Stelle, dove alla sola idea di tornare con Renzi si è già sollevata metà della base riuscita a sopravvivere a due anni di compromessi su tutto, dal salvataggio di Salvini al processo Diciotti all’andare al Governo col Pd, ai taciti patti di desistenza con i dem in alcune elezioni regionali, e ci fermiamo qui perché l’elenco è lungo.

Purtroppo i numeri al Senato sono quelli che sono e Renzi sa benissimo che l’unica maggioranza che oggi ha senz’altro i numeri è quella del non ritorno al voto. Quindi alla fine un accordo arriverà a scapito di Giuseppe Conte, che tornerà a insegnare all’università a meno di non accettare condizioni umilianti per restare a Palazzo Chigi.

Toccherà quindi a lui per primo decidere che strada prendere: compiere un gesto di responsabilità estremo per non abbandonare al loro destino tutti i dossier sui quali sta lavorando, dalla gestione della pandemia all’interlocuzione in Europa sul Recovery Fund, coinvolgendo in questa capitolazione di fronte a Renzi il resto delle forze politiche che l’hanno finora sostenuto, oppure prendere atto della situazione e uscire a testa alta, preparandosi a tornare presto – se vorrà – perché qualunque cosa nascerà domani sulle macerie lasciate da questo indefinibile soggetto politico che si chiama Italia Viva non avrà vita semplice.

Negli ambienti parlamentari ovviamente si spera ancora nel miracolo, cioè in una soluzione che salvi capra e cavoli grazie a un programma di compromesso, dove IV rinunci al Mes (che comunque non ha i numeri per l’approvazione in Parlamento) e i 5S a Bonafede alla Giustizia, Zingaretti indichi come ministri le quinte colonne renziane rimaste in sonno nel suo partito e così via con questo teatrino della politica.

In tale modo il Movimento salverebbe almeno una parte delle riforme che ha fatto finora e sorveglierebbe dall’interno la destinazione dei soldi europei, ma tra sei mesi o due anni, quando si tornerà comunque a votare, avrà donato tanto di quel sangue da non potersi aspettare l’entusiasmo nemmeno dei suoi più fedeli elettori.

Quindi adesso sarebbe meglio consegnare a Fico il programma che lui stesso conosce bene perché era la carta con gli impegni alle elezioni del 2018 e dire a Renzi se ci sta o no, certificando così – se servisse ancora – che è lui ad abbandonare la coalizione, e poi andare all’opposizione di qualunque schifezza istituzionale si verrà a formare, aspettando le elezioni e nel frattempo facendosi quattro risate su come renziani, forza italioti, leghisti, Pd, eventuali scissionisti 5S e l’armata Brancaleone che segue saprà gestire tutto quello che c’è da fare in questi tempi difficili. Un disastro annunciato, ma perlomeno al momento opportuno gli italiani sapranno chiaramente di chi è stata la responsabilità.

https://www.lanotiziagiornale.it/editoriale/qui-ce-poco-da-esplorare/

domenica 4 ottobre 2020

Roberto Fico

 














Ho ascoltato Fico su Skytg24, sobrio, eloquente, esaustivo, mai fuori dalle righe, elegante e, strano a dirsi per un deputato, non ha parlato politichese, non ha fatto comizi, non ha attaccato nessuno.

Ha solo espresso un suo parere con estrema sincerità, rispondendo alle domande del conduttore.

E' un vero peccato che politici come lui non debbano restare dove sono perchè danno fastidio a chi vorrebbe ristabilire lo status quo.

Cetta.

lunedì 8 luglio 2013

Rai, ecco a chi vanno i due miliardi di euro all’anno di appalti pubblici. - Carlo Tecce

Rai, ecco a chi vanno i due miliardi di euro all’anno di appalti pubblici


In un documento segreto di 20 pagine, consegnato dal dg Gubitosi alla Commissione di Vigilanza, ci sono i nomi delle 2400 società che si sono divise la torta: dall'ex dalemiano Velardi ai fratelli 'berlusconiani' Casella, per finire a Dino Vitola, 'protetto dall'ex An Rositani.

Le pagine, venti. Le società, 2400. Le scatole, infinite. Il denaro, 2 miliardi di euro. Ogni anno, a ogni sussulto di canone che rispetta l’inflazione, la Rai distribuisce centinaia di appalti e commesse per le serie televisive e per la ristorazione, per i varietà e i trasporti. Un documento di viale Mazzini, che il Fatto Quotidiano ha visionato e la Commissione di Vigilanza dovrà esaminare, prova a servire la trasparenza: le tabelle, in ordine alfabetico, sembrano un elenco telefonico. Ma di nome e in nome, di sigla in sigla, si scoprono le aziende che lavorano con i migliori contratti.
I fratelli Casella, Losito e Mediaset
Per fare impresa in viale Mazzini, società pubblica che può apparire inespugnabile, non occorrono grossi capitali: una società a responsabilità limitata, 10mila euro per cominciare, un preventivo, un progetto. Ifratelli Casella, Cristian e Marco, avevano esperienza. Il minore Marco ha in carriera sette anni e mezzo nell’ufficio stampa di Silvio Berlusconi e un incarico nei giovani per la libertà. Il maggiore Cristian, l’amministratore, aveva gestito la televisione di propaganda berlusconiana. Il passato di rilievo, seppur politicamente non imparziale, fa scorrere il cancello di viale Mazzini. Qualche sospetto e qualche accusa nascono presto e finiscono ancora prima. I ragazzi sono cresciuti e, in questa stagione, possono vantare un programma (costato 600mila euro, una parte ai fratelli) su Rai1 condotto da Paola Perego e i 10mila euro di 2B Team Group valgono ancora di più.
La presenza di amici al quadrato di Silvio Berlusconi non è un’ossessione per la Rai, anzi, è quasi una prassi, una tradizione che si rinnova e si amplifica. Quando Teodosio Losito, rinomato ammiratore e produttore di Gabriel Garko e Manuela Arcuri su Canale 5, ha incassato un paio di commesse per la televisione pubblica, subito il pensiero è volato a Mediaset, a Cologno Monzese. Proprio a Cologno Monzese, Losito ha residenza: una curiosità, nulla più. Perché fra i soci di Ares Film c’è Rti, acronimo di Reti televisive italiane, una controllata di Mediaset. Losito non si è fatto impressionare, non ha mai commentato né smentito, finché la quota di Rti è scesa al 5 per cento. Non si è mai mossa dal 10 per cento, né un passo avanti né un passo indietro, l’ex compagna di Paolo Berlusconi, Patrizia Marrocco. La Luxvide di Ettore Bernabei e figli non è mai la novità, né in negativo né in positivo: la torta per la fiction si riduce di qualche milioni di euro, ma i santi e i poeti raccontati non perdono spazio né puntate. Anche se il franco-tunisino Tarak Ben Ammar, da sempre alleato di Berlusconi, vorrebbe vendere il 18 per cento del pacchetto azionario che detiene attraverso Prima Tv. L’ennesima edizione di Don Matteo, il prete interpretato da Terence Hill, sarà pronta al prezzo di oltre 15 milioni di euro. E la presenza di Banca Intesa fra i soci trasforma la Luxvide in un colosso multinazionale, non soltanto per le propaggini che si estendono sino a Londra.
Fiduciarie anonime e scatole cinesi
Ecco, per rintracciare un committente di spessore, per la quantità dei prodotti offerti, vale la pena fare un salto nella capitale inglese. E magari, però non sarà facile, capire chi si nasconde (o non vuole farsi riconoscere) dietro la fiduciaria Reynolds Advisor Limited, azionista di maggioranza relativa (40%) diAlbatros Entertainment di Maurizio Momi e Alessandro Jacchia, entrambi italianissimi, entrambi riferimenti costanti per i palinsesti di viale Mazzini. Albatros ha un’estrazione di centro più destra, molte volte si è speso (a parole, sia chiaro) l’ex ministro Maurizio Gasparri. L’esterofilia può farci sbarcare persino in Olanda. Paypermoon Italia fu un’invenzione di Claudio Velardi, all’epoca reduce dagli anni di Palazzo Chigi con Massimo D’Alema. Il referente italiano di Paypermoon, che realizza serie televisive con i vari Neri Marcorè e Anna Valle, si chiama Mauro Mari. Le quote italiane sono divise in tre pezzi: il 3% sta a Londra, il 37% fa capo ad Aislin Italia e il restante a un’omonima olandese.
La parte italiana, però, è di proprietà olandese: leggendo l’ultimo bilancio disponibile, dichiara 714 euro di utile. Sarà che le buone idee premiano e così, nonostante una finanzia non certo multinazionale, la Paypermoon ha tante serate da girare e occupare per circa 8 milioni di euro. Ci sono produttori che non beccano una voce di spesa da anni e colleghi che non mancano mai. I direttori apprezzano la fantasia (e il successo) di Lorenzo Mieli, che non va legato soltanto a Fremantle ItaliaWildside, uffici in viale Mazzini, raccoglie giovani di talento e cognomi, il bravo regista figlio di Maurizio Costanzo, Saverio; l’esegeta diNotte prima degli esamiFausto Brizzi e Mario Gianani, da poco marito di Marianna Madia, deputata Pd.
I grandi affari dei soliti noti
Il calabrese Dino Vitola si è ritrovato in mezzo a una polemica sterminata perché durante il suo Canzoni e Sfide, al teatro Politeama di Catanzaro, in sala c’era il camorrista Gaetano Marino (poi ammazzato) che ascoltava la figlia cantare. Il nome di Vitola figura ancora fra i fornitori di viale Mazzini, quelli che, esaminati e vagliati, possono partecipare a una gara. Per vicinanza territoriale, di origine, s’intende, il consigliere d’amministrazione Guglielmo Rositani l’ha sempre difeso in Cda. In ascesa, va segnalata la Tunnel Produzioni di Ferdinando Mormone che, per Rai2, ha confezionato il contenitore di satira Made in Sudcon Elisabetta Gregoraci, moglie di Flavio Briatore. Il fallimento di soldi pubblici per Barbarossa,Umberto Bossi protagonista di un cameo, non ha stroncato il rapporto fra il regista Renzo Martinelli e viale Mazzini. Roberto Sessa ha cambiato tanto, ma non ha smarrito la sintonia con la Rai e ritorna operativo con Picomedia.
Di Benedetto & C. passato di ritorno
L’ex direttore generale Agostinò Saccà ha preso il largo, non senza qualche imbarazzo interno (ha i suoi amici e i suoi nemici) e, da ex capo di tutto in viale Mazzini, fa lievitare la Pepito. C’è un gruppo storico, plasmato nelle ultime stagioni, che conferma la presenza. C’è sempre la Goodtime di Gabriella Buontempo, ex moglie di Italo Bocchino. Come la Titania di Ida Di Benedetto, consorte di Giuliano Urbani. La Itc di Beppe Caschetto va bene anche con la cinepresa. E l’agente Lucio PrestaArcobaleno 3, presidia sempre il territorio. Questa settimana, i parlamentari in Vigilanza Rai avranno le venti pagine che il dg Gubitosi – dopo aver iniziato a ripulire l’albo – ha consegnato al presidente Roberto Fico: può annoiare e ricordare un elenco telefonico, ma ci sono notizie e incroci che possono aiutare la televisione pubblica a sconfiggere brutti sprechi e cattive abitudini.