domenica 31 ottobre 2021

Frode sui dividendi, così si è aperto un buco da 150 miliardi nelle casse pubbliche europee. - Giulio Rubino e Angelo Mincuzzi

 

Il costo di 20 anni di “dividend washing”, tra elusione ed evasione fiscale. Inchiesta internazionale di giornalisti di 15 paesi e dell’Università di Mannheim

Le frodi sui dividendi azionari hanno causato un ammanco fiscale di 150 miliardi di euro in 20 anni in dieci paesi dell’Unione europea, più la Svizzera e gli Stati Uniti, 13 miliardi dei quali solo in Italia. Messi in fila uno dietro l’altro 150 miliardi di euro in biglietti da cento fanno il giro della terra più di cinque volte. Sono più della spesa sanitaria italiana del 2021 (127 miliardi). Sono pari ai soldi che gli Stati riusciranno a recuperare grazie all'introduzione della tassa minima globale del 15% sulle multinazionali. E sono uguali ai fondi che i paesi dell’Unione europea hanno destinato alle politiche sociali nei loro Piani nazionali per la ripresa e la resilienza. 

Il danno globale delle frodi.

CumEx Files 2.0, un’indagine congiunta di 15 media di 15 paesi europei (per l’Italia Il Sole 24 Ore), americani, australiani, asiatici e africani, coordinati dalla redazione tedesca no-profit CORRECTIV, ha provato a stimare per la prima volta il danno globale causato alle amministrazioni fiscali di dodici paesi dalle operazioni di dividend washing negli ultimi vent'anni (transazioni chiamate tecnicamente “cum-cum” e “cum-ex”). 

La stima è stata realizzata grazie alle analisi svolte dagli esperti dell’università di Mannheim, in Germania, proprio mentre nei tribunali di mezza Europa sono in pieno svolgimento i processi contro alcune delle più importanti frodi sui dividendi degli ultimi anni. 

Inchiesta internazionale.

I CumExFiles, alla base dell'inchiesta alla quale ha lavorato un consorzio di 30 giornalisti, contengono circa 200mila pagine di documenti. Includono rapporti di indagine di varie autorità, verbali di interrogatori di testimoni chiave e di indagati, documenti bancari interni, email, trascrizioni di telefonate intercettate. I documenti provengono da varie fughe di notizie. Le testate che hanno partecipato all’indagine sono Profil (Austria), De Tidj (Belgio), Le Monde (Francia), Ndr e CORRECTIV (Germania), Il Sole 24 Ore (Italia), Reporter (Lussemburgo), Follow the Money (Olanda), El Confidencial (Spagna), Svt (Svezia), Bbc (Regno Unito), Nbc (Usa), Irish Times (Irlanda), Abc (Australia), amaBhugane (Sud Africa) e Tansa (Giappone). 

Grazie al supporto del team del professor Christoph Spengel, docente di diritto tributario all’università di Mannheim, il consorzio di giornalisti ha potuto realizzare almeno una stima parziale dei danni causati da questo tipo di operazioni al fisco europeo (e in parte degli Stati Uniti). La cifra totale è impressionante: oltre 150 miliardi di euro in un periodo di vent’anni, dal 2000 al 2020. Il numero tiene conto sia di operazioni di tipo “cum-cum” che di tipo “cum-ex”, e per l’Italia la valutazione dei soldi che mancano all’appello del fisco arriva a poco più di 13 miliardi di euro. 

Simili perdite di entrate fiscali hanno conseguenze difficili da comprendere, come difficili sono da immaginare 13 miliardi di euro e tutto quello che possono significare in termini sociali e politici. Basti pensare all’aspro dibattito politico sul rifinanziamento al reddito di cittadinanza, che, nel 2021, è di circa 200 milioni di euro. Con le tasse perdute per operazioni di dividend washing lo si potrebbe rifinanziare per 65 anni.

Le magie dell’ottimizzazione fiscale.

“Ottimizzazione fiscale” è un modo elegante, usato dai professionisti del settore, per dire “come pagare meno tasse”. Il concetto, più che legittimo anche se forse piuttosto alieno alla maggior parte dei cittadini comuni, va via via complicandosi man mano che il soggetto da “ottimizzare” diventa più grande, ricco e attivo economicamente sul piano internazionale. Per i grandi studi di diritto tributario internazionale, oltre ad essere una delle principali fonti di reddito, è diventato qualcosa fra un rompicapo e un’ossessione, un puzzle da risolvere nel modo migliore possibile stirando ogni legge e convenzione fin quasi al punto di rottura per ridurre le tasse dei propri clienti, a volte arrivando al di là dei limiti della legge stessa. 

Infatti la complessità delle leggi fiscali, ma soprattutto il modo in cui queste interagiscono fra loro in ambito internazionale, tra convenzioni e accordi bilaterali fra Stati, dà vita ad un amplissima zona grigia, dove le regole sono spesso tutt’altro che chiare. 

Non c’è da stupirsi quindi se una delle più grandi frodi fiscali mai scoperte, il cosiddetto scandalo ”cum-ex” che permette di eludere, e in alcuni casi anche di farsi rimborsare illecitamente, le tasse sui dividendi azionari, sia ancora nella fase del dibattimento in molteplici procedimenti penali aperti nei tribunali di mezza Europa, in particolare in Germania, Danimarca e Olanda. 

I sistemi di dividend washing.

Il sistema “cum-ex” è infatti stato scoperto dalle autorità già dal 2012 in Germania, anche se le operazioni di questo tipo sarebbero cominciate fin dal 2001. Questo schema fiscale, fra l'altro, è solo un tipo, il più aggressivo, di una grande varietà di meccanismi di dividend washing, la cui tipologia più semplice, definita “cum-cum” dagli investigatori tedeschi, è stata praticata e, a detta di diversi attori del mondo finanziario, è ancora praticata, in tutto il mondo con profitti eccezionali. 

Il meccanismo base delle operazioni di dividend washing è abbastanza semplice, anche se può apparire molto complesso. Invece di incassare un dividendo, un’azienda, un trader o un investitore, può vendere le azioni di sua proprietà a un soggetto terzo calcolando nel prezzo di vendita il dividendo ancora “in maturazione” dentro quelle azioni. 

Per chi vende si genera quindi una plusvalenza, che è esente da tassazione, mentre chi compra (e incassa il dividendo), può rivendere le azioni a chi le ha originariamente cedute a un prezzo inferiore a quello di acquisto, cioè al valore delle azioni vuote del dividendo, subendo una perdita, una minusvalenza che però è fiscalmente deducibile. 

Una legge del 2005 dovrebbe arginare queste operazioni, dato che la minusvalenza non è più integralmente deducibile, ma deve essere ridotta della quota non imponibile del dividendo incassato (che per le società di capitali è del 95%). 

Questo cambiamento però non ha arginato il problema, tanto che a seguito della pubblicazione della prima inchiesta “CumEx Files”, realizzata nel 2018 da questo stesso team, l’Esma (l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) ha inviato un questionario a tutti gli Stati membri per valutare i potenziali rischi a cui è esposta l’Unione europea a causa di operazioni di questo tipo. 

Per l’Italia ha risposto la Consob (la Commissione nazionale per le società e la Borsa), che pur segnalando che non dovrebbero esistere scappatoie legali che permettano le forme più aggressive di dividend washing (del tipo “cum-ex”), ha aggiunto che le azioni di aziende italiane potrebbero essere bersaglio di sistemi del tipo “cum-cum”. 

Infatti, essendo la tassazione sui dividendi molto diversa a seconda del soggetto che le possiede (se è una società di capitali, se è residente in Italia o all’estero) e grazie alle convenzioni contro le doppie imposizioni, c’è sempre modo di spostare i pacchetti azionari da un soggetto A che dovrebbe pagare una tassa più alta a un soggetto B che è esente, o che paga una somma significativamente minore. 

I trasferimenti di azioni.

Se il trasferimento è fatto poco prima del giorno dello stacco del dividendo, il soggetto B incassa il dividendo, e ritrasferisce poi al soggetto A le stesse azioni. B viene compensato da A per il “servizio” e il gioco è fatto. Consob, nella sua risposta a Esma, non nega neanche la possibilità che banche o altri tipi di intermediari italiani si prestino a realizzare simili operazioni (anche dei tipi più aggressivi) in altri paesi europei e non. 

Per quanto possa già sembrare una cifra colossale - si tratta dell’equivalente di un quinto dell’intero fondo Next Generation Ue messo in campo per contrastare la crisi dovuta alla pandemia - i 150 miliardi di euro di danni erariali sono una stima estremamente conservativa. 

La somma infatti comprende solo i paesi per i quali è stato possibile accertare, grazie alle ricerche dei giornalisti che hanno collaborato all’inchiesta, che effettivamente operazioni di questo tipo sono tecnicamente possibili. 

Per il periodo dal 2000 al 2020 si sono considerate Italia, Germania, Austria, Spagna, Olanda, Belgio, Francia e Lussemburgo. La Svizzera e gli Stati Uniti sono stati conteggiati solo fino al 2008, quando secondo le ricerche il fenomeno dovrebbe essere stato bloccato dalle autorità. 

Considerando che secondo gli attuali sistemi di tassazione i soggetti più incentivati a iniziare operazioni di tipo “cum-cum” sono quelli residenti all’estero, che non possono teoricamente beneficiare della tassazione estremamente bassa prevista per le società di capitali italiane (è tassato solo il 5% del dividendo, per una tassa totale intorno al 1,2%), l’università di Mannheim ha voluto mantenersi su cifre conservative. Ha così stimato che solo il 50% delle azioni possedute all’estero passino per un processo di dividend washing anche se, almeno per Francia e Germania, ci sono ragioni di credere che quasi il 100% delle azioni possedute da soggetti esteri passino per un processo del tipo “cum-cum”. 

Con queste premesse, e analizzando tutti i dividendi pagati sui principali indici dei 12 paesi in esame, si arriva alla cifra di 150 miliardi di euro. Nel dettaglio: per le operazioni di tipo “cum-cum” le perdite di gettito arrivano a quasi 141 miliardi di euro, i paesi più colpiti sono Francia (33 miliardi persi), Germania (28) e Olanda (26). L'Italia è al quinto posto, con 13,2 miliardi mancanti. I restanti dieci miliardi vengono dalle operazioni di tipo “cum-ex”, che sono state finora accertate solo in alcuni paesi: Germania, Francia, Belgio e Danimarca. 

La “corsa all’oro”.

La differenza fondamentale fra le operazioni dette “cum-cum” e le “cum-ex” sta nel fatto che le prime si configurano come una sorta di elusione (o evasione, anche qui diversi paesi interpretano la legge in modo diverso) mentre le seconde, fin dalla loro scoperta, sono sempre state percepite come delle frodi vere e proprie, nonostante le accorate difese dei principali indagati. 

Le operazioni “cum-ex”, fino al 2012, si basavano sul fatto che, in alcuni sistemi fiscali europei, la tassa sui dividendi è trattenuta all’origine, ma assieme al dividendo netto il proprietario delle azioni riceve, se ne ha diritto, anche un certificato che dà diritto al rimborso della tassa stessa. 

I trader però hanno scoperto che, se le azioni in questione si trovavano sotto un contratto di opzione o “short sale” durante il giorno del pagamento del dividendo, il certificato di rimborso arrivava sia al proprietario originale delle azioni sia a quello che le aveva opzionate. 

Di fatto, a un singolo dividendo pagato con una singola imposta trattenuta corrispondevano due certificati di rimborso, entrambi esigibili. La scoperta deve aver fatto aprire parecchie bottiglie di champagne, perché molto rapidamente la vicenda si è complicata sempre di più. I trader hanno testato il sistema e accertato che non dovevano limitarsi a soli due certificati ottenuti per ogni azione, perché le opzioni sul singolo pacchetto azionario possono essere multiple, e in alcuni casi la stessa tassa è stata “rimborsata” fino a dieci volte a dieci soggetti diversi. 

«Era un po’ come cercare l’oro - aveva dichiarato al giornale investigativo italiano Irpi il whistleblower Benjamin Frey, che aveva collaborato nel 2018 alla prima inchiesta “cum-ex” files -, a volte funziona, a volte no». 

Il paradosso è che nonostante l’idea di vedersi la stessa tassa rimborsata più volte sia intuitivamente palesemente illegale, i principali accusati ai vari processi in corso in Europa continuano a difendere il loro operato, e solo nel 2020 sono arrivate le prime, timide, condanne. 

I processi in Germania e nel Nord Europa.

In Germania ci sono almeno tre processi in corso, presso i tribunali di Colonia, Francoforte e Monaco. Solo a Colonia ci sono oltre 700 indagati. Altri importanti processi sono aperti in Danimarca, Olanda, Belgio. 

Uno dei principali accusati, indagato sia in Germania che in Danimarca, Belgio e Lussemburgo, è il trader britannico, basato a Dubai, Sanjay Shah. Il “cowboy” lo chiamavano, per l’aggressività delle operazioni che metteva in piedi e i grandi rischi che era disposto a correre. Shah, tramite il fondo Solo Capital da lui creato, ha gestito enormi operazioni di “cum-ex” in Danimarca, rastrellando 800 milioni di euro a ogni passaggio. In pochissimo tempo è diventato miliardario e oggi vive sulla Palm Island di Dubai. I giornalisti di Panorama, programma investigativo della tv pubblica tedesca Adr e partner di questa inchiesta, l'hanno raggiunto nella sua casa degli Emirati Arabi e hanno potuto parlare con lui della sua situazione legale. 

Shah è ricercato in diverse giurisdizioni e non può lasciare gli Emirati per paura di essere messo in custodia cautelare ma, almeno dalle sue parole, non sembra troppo preoccupato: «Non credo di aver fatto nulla di sbagliato - dice -, sono convinto che in un anno o due sarò fuori da questa situazione, e ho intenzione di rimettermi in affari appena possibile». 

Dal suo punto di vista, ha solo tratto vantaggio da un loophole, una scappatoia legale, che non sta a lui chiudere. «Contribuenti tedeschi e danesi sono infuriati che i loro soldi siano finiti a me? Perché non pretendono che il loro governo cambi la legge allora? Per come la vedo io si, è un peccato, ma non prendetevela con me. Le mie operazioni erano perfettamente legali e legittime. Parlando della Danimarca [la giurisdizione che lo cerca più aggressivamente, ndr] perché mai altrimenti il fisco danese avrebbe pagato rimborsi [a Shah e agli altri trader coinvolti, ndr] per anni e anni? Solo dalla mia azienda hanno ricevuto oltre tremila richieste di rimborso, e mai se ne sono preoccupati». 

Secondo Shah non sarebbe stato difficile impedire le operazioni di tipo “cum-ex” con semplici cambi di leggi, e a dire il vero l'associazione delle banche tedesche già nel 2007 aveva segnalato il rischio dei doppi rimborsi fiscali al suo ministero delle Finanze, ma il Governo aveva scelto di ignorare l’avvertimento. 

Le prime condanne.

La procuratrice di Colonia, Anne Brorhilker, che guida il principale processo in Germania contro queste operazioni, ha un punto di vista molto diverso però: «Certo, possono [gli imputati, ndr] razionalizzare la cosa quanto vogliono, convincersi che era tutto legittimo se li fa sentire meglio quando si svegliano al mattino per andare al lavoro - dice in un’intervista a Panorama - ma il loro obiettivo era sempre quello di rastrellare più denaro possibile da queste operazioni fiscali». 

Brorhilker sottolinea che, considerando che diversi paesi hanno posto un freno a queste operazioni in tempi diversi, i trader hanno semplicemente continuato a farle dove era possibile e dove il rischio di essere scoperti era più basso. «La mentalità non è troppo diversa da quella di un taccheggiatore - spiega -. Perché fermarsi se non mi notano? E dove non ci sono telecamere, la è dove agire». 

Nel frattempo a partire dal 2020, sono cominciate ad arrivare le prime sentenze, tutte a favore dell’accusa. A marzo 2020 Martin Shields e Nicholas Diable, due ex banchieri inglesi accusati in Germania, sono stati condannati a una pena sospesa solo perché il tribunale ha riconosciuto la loro intensa collaborazione con la procura, e nello stesso procedimento la banca di Amburgo Mm Warburg ha subito un sequestro di 176 milioni di euro. 

Lo scorso giugno, un ex impiegato della stessa banca Warburg non è stato così fortunato. È stato infatti il primo banchiere a essere mandato in galera per operazioni di tipo “cum-ex”, ben cinque anni e mezzo di carcere. Ancor più importante per l’andamento di tutti i processi ancora in corso, sempre lo scorso giugno la Corte suprema federale tedesca, analizzando l’appello di Shields e Diable, ha dichiarato che le operazioni di tipo “cum-ex” sono “una sfacciata frode fiscale” e un palese furto dalle casse dello Stato. 

Qualcosa si muove, dunque, in Europa. E anche in Italia le autorità fiscali investigative potrebbero già aver acceso un faro sul turbolento mondo delle frodi “cum-ex”. 

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Le parole chiave.

Dividendo: quella parte di utile che viene distribuito (normalmente una volta all’anno, ma ci sono eccezioni) da una società ai suoi azionisti. 

Dividend Washing: operazioni di “lavaggio” che consentono di ridurre o eludere del tutto la tassazione sui dividendi azionari. Sono anche dette operazioni di “dividend arbitrage” o “dividend trading”. 

Cum-Ex: una categoria particolare di dividend washing. Prende il nome dal latino “con” (cum) e “senza” (ex), ad indicare il trading di azioni con e senza il dividendo connesso. Sono operazioni molto complesse che permettono di farsi rimborsare più volte la stessa tassa pagata una volta sola. 

Cum-Cum: è un termine più generico che racchiude diversi tipi di operazioni di dividend washing, caratterizzate da un meccanismo simile a quello di cum-ex, ma che porta solo a un elusione (totale o parziale) della tassa sui dividendi senza rimborsi multipli. 

Plusvalenza: è il profitto derivato dalla vendita di un bene il cui valore è cresciuto durante il periodo per il quale è stato posseduto. Può riferirsi a beni tangibili (una casa, un attività) o intangibili, come appunto azioni di società quotate in borsa. 

Minusvalenza: è la differenza fra un prezzo di acquisto più alto e uno di vendita più basso per un bene, differenza che normalmente rappresenta una perdita per chi vende. Al contrario di altri tipi di perdite, sono a volte deducibili. 

https://24plus.ilsole24ore.com/art/frode-dividendi-cosi-si-e-aperto-buco-150-miliardi-casse-pubbliche-europee-AEJ0SJr

sabato 30 ottobre 2021

Globalizzazione e conflitti di interesse. - di UDN comedonchisciotte.org

 

Come il mercato delle multinazionali sta logorando le libertà e le democrazie.


Questo articolo intende affrontare la delicata situazione legata alle misure poste in essere per affrontare la pandemia da un punto di vista politico (prima ancora che economico) e non sanitario.

Nel capitolo non del suo nuovo libro, “La lotta di classe nel XXI secolo”, l’economista Lidia Undiemi affronta il tema della globalizzazione.

In questo capitolo l’autrice constata come l’espansione su larga scala delle multinazionali  non sia stata controbilanciata da una coscienza politica in grado di comprenderla e assicurare un adeguato livello di lotta sindacale tesa ad assicurare una più equa redistribuzione della ricchezza.

La Conferenza delle Nazioni Unite definisce “multinazionale” ogni impresa che abbia almeno una filiale all’estero di cui detiene almeno il 10% del capitale e sulla quale esercita il controllo.

L’affermarsi di questa “entità” ha cambiato l’assetto del mercato, permettendo una organizzazione unitaria dell’attività d’impresa “che si sgancia dal territorio, diviene autonoma rispetto ad esso. Questo attraverso una “politica aziendale che viene disegnata nell’ottica di un aggregazione virtuale di luoghi e di funzioni”.

Concretamente significa che sempre più spesso il processo produttivo viene diviso in fasi attribuite a singole imprese controllate, che si trovano quindi a entrare in rapporti di mercato con altre imprese legate dalla circostanza di fare riferimento ad un’unica controllante, nei cui interessi si trovano a lavorare.

Ne consegue che spesso le teorie economiche prendono in considerazione definizioni ideali di mercato che sono ormai anacronistiche: se le operazioni commerciali avvengono tra imprese che di fatto appartengono allo stesso gruppo si avrà logicamente una stortura di mercato.

Se teniamo conto che circa il 43% del commercio totale degli Stati Uniti si riferisce a scambi che avvengono all’interno della stessa impresa di gruppo, che il 47% del totale degni scambia tra Usa e UE avvengono tra società affiliate residenti nelle due parti dell’Atlantico, possiamo farci un’idea dell’entità del fenomeno.

La Undiemi costata dunque che “il concetto di mercato assunto come paradigmatico dalla scienza economica non è in grado di cogliere l’essenza del nuovo metodo di sviluppo della produzione globale, poiché si fonda sull’idea astratta e indifferenziata di impresa, tale per cui vengono posti sullo stesso piano gli scambi realizzati tra imprese indipendenti e gli scambi realizzati tra società appartenenti alla stessa impresa multinazionale”.

L’autrice quindi, descrivendo la “teoria dell’economia apparente a contraente unico”, rileva come le singole entità legali appartenenti al medesimo gruppo vengano “preposte all’esecuzione di segmenti del medesimo processo produttivo, il cui scopo ultimo è quello di creare beni e servizi rivolti ai consumatori finali. Gli investimenti in tecnologie, know how e altri elementi utili a incrementare  il valore dei singoli segmenti produttivi sono distribuiti nelle singole società in modo tale da garantire la massimizzazione del profitto al cervello collettivo dell’impresa di gruppo, in genere la holding, anche a costo di sacrificare l’interesse delle singole società controllate. (…) Non vi è naturalmente alcun interesse ad aumentare la redditività delle società che gestiscono la manodopera. (…) Si ha pertanto una falsificazione del concetto di produttività del lavoro. In questi casi, il corrispettivo della fornitura di manodopera tende a coincidere con il costo del lavoro”.

Per questo motivo, dal lato della battaglia sindacale, “ i lavoratori assunti dalle società controllate ad alta intensità di lavoro sono destinati a subire pressioni al ribasso dei salari senza limiti. (…) Non essendoci competizione tra imprese, ma una società controllata che subisce la direzione e le esigenze di profitto do una società controllante, una volta esaurito lo spazio di contrattazione della manodopera, arrivano le pressioni ai governi affinchè siano cambiate le leggi in favore del capitale, per consentire un ulteriore taglio dei salari in nome della salvaguardia dei posti di lavoro”.

Il processo descritto, oltre a minare le capacità di lotta sindacale, rappresenta un elemento politicamente destabilizzante.

Infatti attraverso la proprietà di quote azionarie, questo sistema di scatole “cinesi”, fa sì che alcune imprese abbiano il controllo di realtà che possono in concreto creare un conflitto di interesse, per quanto riguarda il benessere collettivo: come ad esempio il caso, non tanto ipotetico, di un colosso finanziario che possegga anche media, social network, istituzione bancarie, finanziarie e istituti di ricerca. Questa ipotetica società sarebbe in grado di orientare l’opinione pubblica nella direzione di proprio interesse. Tramite l’opinione pubblica ( e abbiamo visto in un articolo precedente , https://comedonchisciotte.org/i-data-sono-la-nostra-forza-lavoro/, come il controllo dei social network sia inteso a modificare il comportamento delle masse) e tramite le istituzioni finanziarie potrebbe fare pressioni sui governi. Tramite l’influenza politica potrebbe nominare i componenti dei governi tecnici e delle commissioni, i quali, grazie ai poteri straordinari concessi in  situazioni di emergenza (propagandate dagli stessi media controllati), avrebbero l’autorità di portare cambiamenti normativi, istituzionali e sistemici in favore del colosso stesso e a scapito della collettività.

E’ evidente la dimensione politica del problema, testimoniata dal fatto che nessun giornale, mai, va a collegare imprese controllate e controllanti, e anzi tende a riproporre la narrativa dei grandi imprenditori dal volto rassicurante, del capitale con preoccupazioni etiche, come se le imprese fossero unicamente dei loro fondatori. 

Questa premessa serve perché descrive parte del problema che incide in Italia e nel mondo, e influenza le misure “sanitarie” adottate come la narrazione che i media, in modo quasi assoluto, propongono.

Infatti, andando a fare una veloce ricerca si può apprendere che tutte le case farmaceutiche che stanno elaborando i vaccini diffusi in Europa, sono direttamente controllate da due sole società che ne detengono la maggioranza delle partecipazioni azionarie: la Vanguard e la Blackrock. 

Nello specifico: per quanto riguarda Pfizer e Johnson and Johnson la Vanguard è primo azionista e Black rock secondo. Inoltre entrambe controllano direttamente altri fondi di investimento che hanno la terza, la quarta e la quinta posizione.

Per quanto riguarda Moderna hanno la terza, la quarta posizione e controllano fondi che hanno le prime 10 posizioni.

Per quanto riguarda Astrazeneca, si collocano nelle prime 10 posizioni, ma se si fa ricerca sulle prime 5 posizioni, si scopre facilmente che appartengono a fondi direttamente controllati da Blacrock e Vanguard, che ne sono i maggiori azionisti.

Ora, se si pensa al fatto che questi fondi, Blackrock e Vanguard, hanno rispettivamente anche la prima e la seconda posizione (e controllano i fondi che hanno le prime 10 posizioni) di: Facebook (e, quindi, anche Whatsapp e Instagram, fra le altre),  Alphabet (e quindi Google, fra le altre), Amazon, Ebay e Netflix.

Inoltre controllano direttamente (prima e seconda posizione) e indirettamente tramite altri fondi di cui sono maggiori azionisti, Microsoft, che è proprietaria di Skype.

Controllano direttamente (sempre prima e seconda posizione) e indirettamente Alibaba Express.

Controllano direttamente (sempre prima e seconda posizione) e indirettamente Apple.

Controllano direttamente (seconda e terza posizione, più la prima tramite Morgan Stanley di cui sono tra i maggiori azionisti) e indirettamente Zoom Video Communications.

In breve, la Vanguard e la Blackrock controllano direttamente e indirettamente  tutte le aziende che impattano maggiormente il quotidiano della popolazione mondiale, popolazione da cui estraggono i dati da usare nei loro preziosi algoritmi (al fine di controllarne e influenzarne il comportamento).

Queste, fra le altre cose, sono tra le aziende che nella pandemia sono cresciute di più, facendo ulteriormente arricchire i propri azionisti.

Per fare solo un esempio, Amazon nel 2020 ha triplicato il proprio utile netto rispetto all’anno precedente (fonte: https://www.ilpost.it/2020/11/30/amazon-pandemia-tasse/). Jeff  Bezos ha aumentato il suo patrimonio di 64 miliardi di dollari in un anno (https://forbes.it/2021/04/06/forbes-billionaires-list-2021-ricchi-mondo/).

Facebook ha visto un incremento di utilizzo superiore al 50%  e le sue azioni, sempre secondo Forbes sono salite dell’80% nell’ultimo anno.

Ma anche, Blackrock e Vanguard, attraverso il controllo di CIR, detengono circa il 45% di Gedi, gruppo editoriale che fra le altre testate possiede La Stampa, Repubblica ( e L’Espresso), Huffington Post, Radio Deejae e Radio Capital. 

Si tenga a mente che il controllo dei due gruppi è molto più esteso di così: ad esempio sono i maggiori azionsiti di Deutche Bank, Intesa San Paolo, Unicredit, Mediobanca, che garantiscono un controllo su Banca di Italia e Deutche Bank  che sono tra i maggiori soci della BCE, nonché Moodys e Standard and Poor…. 

Non si può non vedere un problema politico e non solo economico, dal momento che nel migliore dei casi, ci troviamo davanti ad un gigantesco conflitto di interessi.

Per questo sarebbe necessario che la politica ripensasse il mercato e riformulasse normative atte a limitare questo tipo di conflitti di interesse e a controbilanciare lo strapotere delle multinazionale con le istanze dell’interesse collettivo.

Lo stesso discorso vale per la ricerca scientifica e la tecnologia.

In un prossimo articolo affronterò proprio il tema della non-neutralità della scienza (e della tecnologia).

Tuttavia il problema è che gli Stati (e la loro classe politica) dipendono da questi colossi, dalle loro istituzioni finanziarie e dalla loro tecnologia. Quando avranno il coraggio di alzare la testa?

La speranza è che l’umanità sviluppi una maturata “coscienza di classe” e che così, unita, rivendichi il rispetto per la propria dignità, per il proprio benessere e per la propria libertà. 

di UDN, comedonchisciotte.org

*i dati relativi alle percentuali delle partecipazioni azionarie sono risalenti al momento della stesura dell’articolo (settembre 2021) e sono pertanto soggetti a cambiamento nel tempo.

bibliografia:

“La lotta di classe nel XXI secolo”, di Lidia Undiemi


https://comedonchisciotte.org/globalizzazione-e-conflitti-di-interesse/

Le 300 Mummie di Xiaohe: il “Piccolo Cimitero sul Fiume” dell’età del Bronzo.

 

Una delle mummie naturali trovate nel cimitero cinese di Xiaohe (fonte: Wenying Li, Xinjiang Institute of Cultural Relics and Archaeology)

Qui l'articolo:

https://www.vanillamagazine.it/le-300-mummie-di-xiaohe-il-piccolo-cimitero-sul-fiume-dell-eta-del-bronzo/

LA REALTA' CAPOVOLTA. - Orso Grigio

 

E’ questa la sensazione che molti di noi provano nel vedere quello che succede. Di un mondo al contrario, perché se fosse appena normale l’idea di berlusconi al Quirinale non sarebbe venuta nemmeno al Nocciolo in piena trance alcolica, come quando vinse il campionato di bestemmie e lo applaudì anche il prete.
E invece se ne parla.
Non succederà, perché c’è un limite perfino all’assurdo, ma se ne parla.
E il problema, per l’appunto, è proprio questo: che se ne parla.
La memoria, cazzo, la memoria!
Ma cosa avete nel cervello? La ceralacca, il pongo, la biada?
Trent’anni di berlusconismo passati a demolire diritti, etica, morale, a ridicolizzare il paese, a trasmetterne un’immagine totalmente sputtanata, a frantumarne la storia e la cultura, a seminare via via germi di un nuovo fascismo ancora peggiore dell’altro.
Trent’anni che sembrano adesso essere passati invano, giusto per l’anima del cazzo.
Siamo tornati d’un tratto a quella benevolenza con la quale l’illustre opinionista zanicchi invitava tutti a lasciarlo provare perché visto che era già ricco avrebbe fatto solo i nostri interessi.
Una profezia che rende Fassino il nuovo Nostradamus.
Sarà che pare disinnescato perché è vecchio, non abbastanza per essere accolto fra le braccia misericordiose del signorino ma è vecchio, sarà che pare inoffensivo in quel suo intercedere sghembo e in quel ciancicare malamente parole scontate, ma un bruco delinquente non può diventare leggiadra farfalla, e una volta finito il bunga bunga solo per esaurimento scorte non si diventa padri spirituali e fonti di equilibrio.
La vecchiaia non ci cambia. Ognuno rimane quello che è.
E’ lui è sempre lui, cazzo! E’ lo stesso che si è portato in parlamento tutto il suo studio legale perché gli risolvesse le beghe a suon di leggi ad hoc e di prescrizioni, è quello che insieme a tutta la sua claque adorante, meloni compresa, ci ha preso tutti per il culo con Ruby nipote di mubarak, è quello che ha eletto la corruzione, il clientelismo e la diseguaglianza a nuovo ordine sociale. E' quello dei ricchi premi e cotillons alle amanti compiacenti in cerca di carriera, quello che si ammala ogni volta che viene convocato in tribunale, quello al quale paghiamo, oltre agli avvocati, anche le "assistenti sentimentali", compresa l’attuale fidanzata deputato, quasi mai presente in aula per poterlo trastullare a casa sua.
Ma nonostante tutto questo elenco di schifezze, in questa pania buonista e putrida, questo giglio incatramato di beatitudine vola leggiadro fra peana trasversali di statismo e saggezza.
Perché? Siamo marci dentro, stupidi, ingenui, masochisti, fessi, ignoranti, egoisti, complici, o, più realisticamente, tutto questo insieme?
Quando da questa piccola trincea mi incazzai perché i 5S entrarono in questo governo ero certo che loro sarebbero morti e con loro sarebbe evaporata quella stagione di speranza, ma a certi putridi rigurgiti non ci sarei arrivato nemmeno io.
E sì che nel mio pessimismo cosmico so vedere lontano.
La maggioranza uscita l’altro ieri dal voto segreto dimostra che quella che sembrava una previsione che nessuno scrittore avrebbe potuto immaginare nemmeno nelle sue visioni più distopiche è invece possibile. Ma del resto dalla penna di nessuno scrittore sarebbe mai potuto uscire un personaggio devastante come renzi, il peggior politico mai apparso sulla terra dai tempi di Caino e Abele, al quale però elettori in preda a chissà quali sostanze psicotrope hanno permesso di portarsi in Parlamento tutti i suoi uomini, e perfino di prenderne una parte e farsi il proprio partito lasciando gli altri pretoriani dentro il pd per renderlo manovrabile ai suo comandi.
Una specie di infezione che rende quel partito inutilizzabile, un morto che cammina.
E Letta non è certo il condottiero lancia in resta che sarebbe servito per rianimarlo.
Un’ultima cosa, in questo mio scritto forse scontato e anche un po’ confusionario, ma quello che succede è davvero grave e anche la mia lucidità ne risente.
Una cosa che però non dovrete fraintendere e che cercherò di scrivere bene.
Molti dei nostri politici le piazze non le hanno mai viste ne’ conosciute. E nemmeno temute.
Parlo di quelle vere, piene di numeri, passione e di cuori che battono insieme. Parlo della protesta forte, disarmata ma senza cedimenti, fino alla fine e costi quel che costi.
Sono politici fortunati, al sicuro da qualsiasi rischio, abituati ad avere a che fare da troppo tempo con una massa informe e scollegata di individualismi che in quelle piazze magari ci scende anche ma lo fa solo per egoismo e per corporativismo, mai unita per i bisogni veri, quelli delle persone che lavorano per vivere.
Per i loro diritti, per il futuro dei loro figli.
Ecco, sarebbe ora che questa classe politica, la peggiore, con distacco incolmabile, che questo paese abbia mai avuto, venisse svegliata da quel torpore di bambagia e privilegi e facesse la conoscenza di quelle piazze.
Giusto per sentire un po’ di pepe al culo.
E la rifacessimo anche noi, la conoscenza di quelle piazze, giusto per sentirci ancora vivi.

Orso Grigio (Fb)

venerdì 29 ottobre 2021

ESCLUSIVA: LA FOTO CHE RITRAE RENZI SU UN VOLO DIRETTO NEGLI EMIRATI ARABI UNITI NEL NOVEMBRE SCORSO. - Sigfrido Ranucci

 


Mentre in Senato si votava per la "tagliola" e veniva affossata la legge Zan, il senatore Matteo Renzi si trovava a Riyad, in Arabia Saudita, per tenere un intervento al Future Investment Initiative (FII). Cosa ha spinto Il leader di Italia Viva a non partecipare a un voto così importante? L'ex premier è uno dei membri del consiglio consultivo di questa organizzazione finanziata dal fondo sovrano saudita che gli garantisce uno stipendio annuale che può arrivare a circa 80mila euro. Lunedì prossimo, Report tornerà sui viaggi di Matteo Renzi nei paesi del Golfo, ne ha scoperto un altro fino a oggi sconosciuto che si è svolto con volo Emirates nel novembre scorso. Cosa sarà andato a fare? Lunedì alle 21.20 su #Rai3 #Report tornerà sui viaggi di Matteo Renzi nei paesi del Golfo.

Report. (Fb)

Siamo alle solite, Calimero!


Siamo alle solite, Calimero!

Qualcuno non deve aver capito che, se è stato eletto in Parlamento, è successo solo perchè noi cittadini gli avevamo concesso il compito di amministrarci sia economicamente che legiferando coscientemente per salvaguardare e proteggere noi e i nostri bisogni.
Noi avremmo provveduto a produrre, con il lavoro, il contante necessario, loro avrebbero amministrato il nostro denaro per assicurarci benessere.

E loro che fanno?
Vanno in Parlamento e, dimenticando qual'è il compito loro assegnato, da arroganti irresponsabili quali sono, approfittando del potere accordatogli, cominciano a fare ciò che più gli aggrada:
- agevolando i potenti di turno;
- fregandosene di noi e dei nostri bisognosi;
- tartassandoci a dismisura;
- varando leggi inopportune e scandalose per proteggere se stessi e quelli come loro;
- auto investendosi di immunità parlamentari assurde, ma necessarie a scudarli legalmente nel caso si trovassero a commettere reati amministrativi, agendo a proprio vantaggio, senta tema di controlli;
- aumentando il divario economico e sociale tra loro, stipendiati da noi, e noi, loro datori di lavoro;
- creando fazioni tra le fila di quel luogo che dovrebbe essere il centro della risoluzione dei problemi ed è diventato, per la loro cattiva direzione, un posto di diatribe tra fazioni, di dispetti, di rivalse fra loro, di complicazioni di cose semplici.

S'era fatta una proposta, con il ddl Zan, che avrebbe provveduto a salvaguardare la vita e la dignità di persone con attitudini diverse dalla consuetudine ma, allo stesso tempo, naturali, riscontrabili in diverse forme di vita, che è stata bocciata perchè proposta da una fazione in contrasto con i convincimenti e le elucubrazioni mentali dell'altra fazione...

Siamo tornati bambini, ci facciamo i dispetti, incuranti di ciò che è necessario fare per rendere la vita del posto in cui viviamo più accogliente e sicura.
Ieri abbiamo perso la dignità.
Ieri si è spezzato il filo che ci legava alla solidarietà, che avremmo dovuto salvaguardare; ieri la solidarietà, unico baluardo salvavita del mondo, è morta.
Stiamo andando verso una deriva che prevede ben poco di buono per il futuro del pianeta e di chi ci vive: la deriva del menefreghismo, dell'egoismo, dell'odio, dei personalismi, dell'arrivismo...
Stiamo attraversando un'era buia e quel piccolo punto di luce che intravedevamo in fondo al tunnel, si è ristretto così tanto da essersi chiuso, forse, per sempre.
E dimentichiamo paroloni come democrazia, politica, dignità, onestà, che non hanno più alcun valore o significato perché disattesi da tempo immemore.
Dobbiamo riprenderci la nostra sovranità, dobbiamo costringere chi si è assunto il compito di governarci che lo faccia, ma con la responsabilità del bravo genitore.
Non ci sono alternative.

cetta.

mercoledì 27 ottobre 2021

Lavoro.




































Grazie alla legge Biagi, il lavoro divenne un'utopia, una chimera che favoriva solo i datori di lavoro. Lo sapevano quelli che l'hanno proposta, quelli che l'hanno approvata, quelli che l'hanno varata.
Presidente del consiglio dei ministri dell'epoca, anno 2003, era niente poco dimeno che: Berlusconi!
Con Renzi, suo accanito ammiratore, il concetto di lavoro venne ulteriormente massacrato, imbastardito, anche se la legge Biagi fu abrogata.
Eppure la Costituzione spiega, senza possibilità di fraintendimenti o diverse interpretazioni, che la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro.

L'articolo 1 recita:
"L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione."

Quali punti di questo articolo è stato rispettato dai nostri amministratori?
Lo dico io: NESSUNO!
Ed è per questi motivi che dovremmo scendere in piazza a manifestare, non contro l'obbligo di mostrare i green pass o per esercitare un diritto male interpretato di sottoporsi o meno alla somministrazione di vaccini, peraltro sacrosanta!
Ci hanno turlupinato, ci hanno traditi, ci prendono continuamente per i fondelli, ci hanno privato di ogni diritto, e noi glielo abbiamo permesso.
La colpa di ciò che gli permettiamo di fare è nostra, noi siamo il popolo, noi siamo i sovrani della nostra nazione, noi ne reggiamo le sorti, l'economia... ma sono solo loro a goderne dei frutti!

cetta