mercoledì 29 dicembre 2021

Riforma Irpef, i grandi giornali “scoprono” che i maggiori vantaggi vanno ai redditi medio-alti. Tutti zitti quando Draghi al Fatto rispose: “Non è vero” - Chiara Brusini

 

Sei giorni dopo la conferenza stampa di fine anno Repubblica, Corriere e Stampa danno grande risalto a numeri che dimostrano come l'intervento su aliquote e detrazioni garantisca il risparmio maggiore a chi ha un imponibile di circa 40mila euro di reddito. Come è noto da tempo: bastava leggere le tabelle del Tesoro, pubblicate invece con titoli che avvaloravano le tesi del governo. Nessuno (con l'eccezione del Tg La7) rileva il contrasto tra le "nuove" simulazioni e la risposta data dal premier, che aveva scatenato ironie e trollate sui social.

“Il taglio dell’Irpef premia i redditi medio alti” (La Stampa). “Irpef, chi perde e chi guadagna: ai dirigenti il beneficio maggiore” (Repubblica). “L’Upb: favoriti i redditi medio alti” (Corriere). Dodici giorni dopo lo sciopero generale e sei giorni dopo la conferenza stampa di fine anno, durante la quale Mario Draghi rispondendo a una specifica domanda del fattoquotidiano.it ha detto che “i principali beneficiari della riforma fiscale sono lavoratori e pensionati a reddito medio basso”, i grandi giornali mettono nero su bianco che le cose non stanno così. Citando una nota dell’Ufficio parlamentare di bilancio oggi spiegano che la fascia per la quale arriveranno i maggiori vantaggi è quella poco sopra i 40mila euro di reddito, a fronte di un imponibile medio che per i lavoratori dipendenti si ferma a 21mila. Cifre che non sono certo una sorpresa: lo studio risale al 20 dicembre e tutte le precedenti simulazioni, comprese quelle del Tesoro, dicevano lo stesso, come scritto più volte dal fattoquotidiano.it. L’unica cosa che è cambiata, nel frattempo, è che Draghi ha lasciato intendere che non disdegnerebbe la salita al Colle, suscitando una reazione fredda – per la prima volta dopo 10 mesi di governo – da parte dei leader dei partiti di maggioranza.

Da notare che nessuno degli articoli (a differenza del servizio del Tg La7 andato in onda lunedì sera) rileva il contrasto tra le simulazioni dell’Upb a cui ora viene dato tanto risalto e l’affermazione tranchant del premier, che – di fronte alla richiesta di motivare la scelta di un intervento vantaggioso soprattutto per i redditi medio alti – aveva scandito: “Non è vero“. Scatenando l’esultanza di un gruppo di fan che via Twitter ha pesantemente ironizzato sulla domanda, spesso con l’hashtag #sdeng ma senza andare per il sottile sul merito della questione.

Manovra, alla Camera la Commissione finanze non esprime il parere: 'Poco tempo per pronunciarsi'
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Primo della lista il deputato renziano Luigi Marattin, presidente della commissione Bilancio della Camera, secondo cui il giornalista del fatto.it aveva “ripetuto le bufale su cui è stato indetto lo sciopero”: oggi Marattin riconosce che in effetti è vero, con la riforma si è “dato un po’ di più – in valore assoluto – alla fascia 40-50mila euro”, ma “era la fascia più ignorata negli ultimi 10 anni”. Non di bufala si trattava, dunque. Gran successo social anche per il tweet del giornalista e blogger esperto di internet Massimo Mantellini che ha colto l’occasione per blastare Il Fatto (“Il giornalista fa la domanda citando dati economici sul calo delle tasse. Draghi risponde: quello che ha detto non è vero, grazie. In pratica la storia del Fatto Quotidiano in dieci secondi”).

E dire che i numeri sono cristallini. Aver destinato i 7 miliardi disponibili al taglio delle aliquote Irpef per razionalizzare quelle marginali, invece che concentrarsi sulle imposte che gravano sulle buste paga dei lavoratori, comporta inevitabilmente che ci guadagni di più chi oggi versa di più. “Si è dato maggior peso all’efficienza rispetto all’equità”, come hanno sintetizzato su lavoce.info Silvia Giannini e Simone Pellegrino. Le stesse tabelle del Tesoro, mai presentate ufficialmente ma pubblicate da alcune testate proprio nel giorno dello sciopero con titoli che avvaloravano la versione del governo (“Così il mix favorisce i redditi più bassi”, era per esempio quello della Stampa), restituiscono dati identici a quelli elaborati dalla Cgil. Mostrando che l’intervento sulle aliquote e la riforma delle detrazioni garantiscono il risparmio maggiore in corrispondenza dei 40mila euro di reddito: 945 euro l’anno contro i 204 euro l’anno che resteranno in tasca a chi ha uno stipendio da 20mila euro lordi. Solo nel 2022 i redditi fino a 35mila euro avranno un piccolissimo vantaggio aggiuntivo grazie alla mini decontribuzione dello 0,8%. Sommando anche questo risparmio (come ha fatto Draghi leggendo le tabelle Mef) si ottiene in effetti che l‘incidenza percentuale dei benefici per un lavoratore single con 15mila euro di reddito è superiore a quella di uno che ne guadagna 40mila. Ma il confronto lascia il tempo che trova, visto che il taglio dei contributi a differenza della riforma Irpef vale solo per un anno. Per tacere il fatto che quel che conta, a fine mese, è la cifra assoluta e non certo la percentuale. E con 17 euro al mese non si fa molto.

La Stampa, 16 dicembre
La Stampa. 28 dicembre






Discorso analogo per l’assegno unico per i figli, che non è ovviamente incluso nelle simulazioni dell’Upb perché nulla c’entra con la riforma Irpef, dipende dall’Isee familiare e verrà versato solo a chi ne fa richiesta all’Inps (sulla carta ne hanno diritto poco più di 7 milioni di famiglie con figli, su una platea di 25 milioni di nuclei tra cui quelli composti da una sola persona). Anche in questo caso, comunque, le tabelle del Mef mostrano che i maggiori vantaggi della misura, ipotizzando un improbabile Isee pari a zero, andranno ancora una volta a chi ha redditi complessivi da 40mila euro annui: 2.068 euro l’anno per un nucleo monoreddito con due figli e 2.455 euro l’anno per una coppia con due figli in cui entrambi i coniugi lavorano e uno dei due guadagna 15mila euro. Una famiglia con lo stesso numero di figli e in cui entra un solo stipendio di 10mila euro lordi l’anno dovrà accontentarsi di un vantaggio netto, per effetto del nuovo assegno, pari a 1.100 euro annui. Sdeng?

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/12/28/riforma-irpef-i-grandi-giornali-scoprono-che-i-maggiori-vantaggi-vanno-ai-redditi-medio-alti-tutti-zitti-quando-draghi-al-fatto-rispose-non-e-vero/6439284/

martedì 28 dicembre 2021

«Don’t look up», 5 motivi per cui è il miglior film dell’anno (e della pandemia). - Francesco Prisco

 

L’opera di McKay ci spiega i meccanismi sociali, psicologici, politici e mediatici che entrano in gioco quando l’uomo si confronta con un’emergenza.

Sì, è vero: è una commedia, ma una commedia alla Stranamore, quelle in cui ridi per non piangere. Non è neanche un film perfetto, ma un film non deve essere necessariamente perfetto per essere un capolavoro. Don’t look up di Adam McKay, in streaming su Netflix dopo un affaccio nelle sale cinematografiche a inizio dicembre, è di sicuro il miglior film di quest’anno, l’unico possibile sulla pandemia, la cosa che meglio ci spiega i meccanismi (sociali, psicologici, politici e mediatici) che, nel Terzo millennio, entrano in gioco quando l’umanità si confronta con un’emergenza.

Il bello è che nell’opera interpretata da Leonardo DiCaprio e Jennifer Lawrence neanche si parla di pandemia: l’argomento è una cometa che fa rotta sulla terra, lasciandole poco più di sei mesi di vita. Un disaster movie che non si prende sul serio, strizza l’occhio alla generazione Greta, con la benedizione di tutta la Hollywood Dem, non parla mai di climate change ma anzi ci offre un ritratto impietoso di come sul pianeta abbiamo gestito questi quasi due anni di coronavirus. Per almeno cinque motivi: questi.

È la fine del mondo ma chi se ne frega.

«Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» Se lo chiedeva il Vangelo di Luca. Don’t look up ci fa un’altra domanda: se la Scienza bussasse al Palazzo dicendo di avere con sé le prove dell’imminente fine del mondo, verrebbe presa sul serio? La risposta è no: il presidente degli Stati Uniti d’America (una caricaturale Meryl Streep che è tanto Trump e un po’ Hillary) ha altro a cui pensare quando DiCaprio e la Lawrence arrivano con l’infausta notizia: qualche problema con la nomina di un giudice della Corte suprema, l’ennesimo sex gate, la campagna elettorale che si avvicina. Chi se ne frega della fine del mondo. Non sarà mica la fine del mondo.

Per un pugno di click.

Non fanno una figura migliore i media: le tv mainstream (ossessionate dalla necessità di spettacolarizzare), i grandi giornali (che ti seguono fino a quando quello che dici ha un seguito), le testate digital first (ossessionate dalle regole della viralità). Ti comprano e ti vendono per un pugno di click.

La gaia scienza alla fiera delle vanità.

Prendi un onesto ricercatore, vita trascorsa tra libri e laboratori. Mettilo sulla ribalta, fanne l’uomo del giorno per 365 giorni l’anno. Come minimo finirà per godersi il momento fino ad autocompiacersi, prendere qualche cantonata, magari perdere la testa: Di Caprio è tutto questo. E ricorda un po’ molti virologi, infettivologi ed epidemiologi che in questi due anni ci hanno arricchito i palinsesti.

La privatizzazione dell’universo.

C’è da salvare il mondo e il governo americano ha un piano. All’ultimo secondo lo mette da parte, per fare posto al piano di una big tech, guidata da un tizio che è una via di mezzo tra Steve Jobs, Jeff Bezos ed Elon Musk (Mark Rylance). Finanzia le campagne elettorali, perché non dovrebbe avere l’ultima parola nelle scelte dell’amministrazione? Siamo alla definitiva privatizzazione dell’universo, processo che oggi intuiamo con le missioni di Blue Origin e SpaceX. Costosissimi giocattoloni del miliardario di turno cui persino la Nasa ha finito per affidarsi.

Morire sì, ma dopo averlo condiviso nelle stories.

Al fin della fiera: che impatto avrebbe su di noi questa benedetta fine del mondo se venisse a farci visita? Inizialmente ci interesserebbe poco meno di una storia di corna tra un rapper e una cantante. All’approssimarsi dell’Armageddon, tuttavia, qualche riflessione più profonda ci ritroveremmo per forza di cose a farla. La morte che incombe è un’idea che non ti lascia indifferente. Alla fine ti ci abitui, perché l’essere umano si abitua a qualsiasi cosa. E allora scendi a patto col fatto che morirai. Ma, chissà perché, solo dopo averlo condiviso nelle stories.

https://www.ilsole24ore.com/art/don-t-look-up-5-motivi-cui-e-miglior-film-dell-anno-e-pandemia-AE5jpm4

Caos FFP2: le mascherine più protettive diventano obbligatorie, ma senza prezzo calmierato. Costi moltiplicati per le famiglie e rischio speculazione. - Thomas Mackinson

 

L'ex commissario Arcuri riconobbe l'errore sulle chirurgiche: "Avrei dovuto fissare il prezzo calmierato prima". Ma a distanza di un anno, nel tempo dei "migliori", ci risiamo: il nuovo decreto rende obbligatori al chiuso i dispositivi che costano anche sei volte tanto le chirurgiche ma non fissa un prezzo scaricando il costo sulle famiglie e prestando il fianco a chi ne approfitta. Ecco dove costano meno e come verificare l'autenticità.

Alla farmacia di viale Brianza costano 3 euro l’una. Appena novecento metri più in là, alla Sansovino, vengono 2.50 mentre alla Stazione Centrale di Milano le trovi a due euro. In San Lorenzo a Roma costano la metà: 1.50 se bianche, 2 euro se colorate. L’unica certezza? Ora che sono obbligatorie per legge, le FFP2 te le paghi tu. Perché, per ragioni poco comprensibili, l’obbligo è arrivato senza un prezzo calmierato, che vale fino a fine emergenza (31 marzo 2022) solo per le vecchie mascherine chirurgiche e per i tamponi. Il regalo di Natale per gli italiani alle prese con la variante Omicron è un nuovo “rebus mascherine” di quattro lettere: FFP2, quelle a forma triangolare che garantiscono più protezione grazie alla maggiore capacità filtrante in entrata. Con l’ultimo decreto il governo le ha rese obbligatorie per accedere agli “spettacoli aperti al pubblico, sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche, locali di intrattenimento e musica dal vivo e in altri locali assimilati, nonché per gli eventi e le competizioni sportivi che si svolgono al chiuso o all’aperto”. L’obbligo scatta anche sui mezzi pubblici, ma con un piccolo “giallo”, perché le norme appena varate escludono il trasporto regionale, dove il dettato della legge consentirebbe ancora di sfoderare la vecchia chirurgica. Il tema è spinoso e delicato perché anziché 0.50 centesimi le FFP2 costano anche sei volte tanto ma – a differenza delle prime – non sono stati varati tetti al prezzo che viene praticato. Da qui, accorati appelli a non commettere l’errore di scaricare il costo della sicurezza sulle sole spalle dei cittadini e delle famiglie lasciate sole davanti a un vero e proprio salasso, agli speculatori o ai truffatori. Ma facciamo il punto.

IL (COSTOSO) ADDIO ALLE CHIRURGICHE NEI LUOGHI PUBBLICI.
Il nuovo decreto del governo, pubblicato la vigilia di Natale, ha prorogato lo stato di emergenza fino al 31 marzo e ha introdotto una stretta alle restrizioni anti Covid in vigore. Tra le misure a maggior impatto, quelle che segnano un cambio di rotta nelle abitudini quotidiane: le mascherine con cui tutti hanno dovuto imparare a convivere. L’orientamento del governo è di pensionare dai luoghi chiusi quelle chirurgiche che l’hanno fatta da padrone per quasi due anni ma che lo stesso Cts, alla fine, ritiene inidonee come strumento di protezione. Disco verde in favore delle FFP2 che hanno una capacità filtrante in ingresso pari al 90% contro il 20% delle prime. Il ragionamento è che le prime, in microfibra, proteggono prevalentemente verso l’esterno, per cui sono utili solo se indossate da tutti, le altre garantiscono una barriera doppia. Entrambe, va ribadito, sono monouso: dopo 8 ore andrebbero gettate. Ma qualcosa tra le une e le altre, fatalmente, si è perso: sulle prime lo Stato ha investito per garantire un prezzo d’acquisto bloccato. Non da subito, va detto. Fu proprio uno dei crucci dell’ex commissario Domenico Arcuri non fissare prima il calmiere a 50 centesimi: “Dovevo farlo prima per abbattere la vergognosa speculazione”, disse a luglio del 2020, dopo sei mesi di emergenza. Ma l’errore pare si stia ripetendo, e su dispositivi che costano anche sei volte tanto. Una dimenticanza o una scelta? In vero il 23 dicembre, prima che il consiglio dei ministri approvasse il decreto n. 305, un’agenzia (AdnKronos) batteva la notizia secondo cui il governo stava valutando di introdurre prezzi calmierati. Il fatto che non sia poi successo depone non a favore della dimenticanza ma per scelta, magari provvisoria in attesa misure specifiche e approvvigionamenti, ma comunque problematica.

LA POLEMICA PARTE DALLA SCUOLA.
Il 10 gennaio si tornerà in classe: gli studenti potranno continuare a utilizzare le mascherine chirurgiche, ma la struttura commissariale fornirà al personale scolastico mascherine Ffp2 e Ffp3 nel caso in cui ci siano alunni esentati dall’utilizzo dei Dpi. Il generale Figliuolo ha anche garantito 5 milioni di euro per questo. La scelta ha mandato subito in ebollizione il mondo della scuola. I sindacati e l’associazione dei presidi contestano apertamente la decisione di non garantire i dispositivi di protezione indicati come idonei a tutto il personale scolastico, specie da che diventa presidio obbligatorio in tutti i luoghi chiusi, mezzi pubblici compresi, anche in riguardo al fatto che i numeri dei contagiati indicano che proprio i minori in fase scolare sono la fascia più colpita, mentre le vaccinazioni per quell’età sono ancora poche.

GLI APPELLI: “EVITARE COSTI E SPECULAZIONI.”
Fuori dalla scuola sono amministratori e sindaci i primi ad avvertire il rischio che il mancato intervento pubblico generi il caos, speculazione sui prezzi, garanzie di sicurezza legata al censo dei cittadini. “Mi auguro che il Governo riesca a introdurre un costo calmierato per l’utilizzo delle mascherine Ffp2” ha detto oggi il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. Gli fanno eco vari sindaci come Nario Nardella (Firenze) e associazioni dei consumatori che avvertono il rischio di un’impennata incontrollata dei prezzi con relative speculazioni e di un costo sociale enorme che si abbatte sulle famiglie. Del resto se le FFP2 sono monouso, dopo otto ore si buttano. E una famiglia con figli potrebbe arrivare a spendere cifre considerevoli per ottemperare alle nuove norme. A chiedere “subito il prezzo fisso” è anche Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

OBBLIGATORIO SU TUTTI I MEZZI?
Il nuovo decreto impone l’obbligo di indossare le mascherine anche all’aperto. L’art. 4 estende tale obbligo ai mezzi di trasporto, ma richiamando il decreto sul greenpass, che escludeva i regionali, finisce per creare lo stesso buco. In sostanza l’accesso ai treni, navi, traghetti, treni ad alta velocità, intercity etc non contemplava la categorie del trasporto regionale, e facendo riferimento alle stesse categorie, anche l’obbligo di FFP2 appena introdotto, a regola, sarebbe escluso da tale ambito. Più che la svista però conta di poterle comprare queste mascherine, che fino a ieri venivano scartate perché più care, ma domani potrebbero essere irreperibili e innescare così la corsa al rialzo che da più parti si chiede di scongiurare con intervento pubblico.

DOVE COMPRARE, COME CONTROLLARE.
Se la farmacia sotto casa è un incognita per chi dovrà munirsi di FFP2 fornitori che praticano prezzi accettabili si trovano online, sui vari marketplace come Amazon, che al momento in cui scriviamo propone set da 30 a 50 mascherine con prezzo variabile da 0,70 a 0,93 euro ciascuna. In ogni caso è fondamentale che il dispositivo sia certificato e garantito, diversamente da quanto avvenuto con le mascherine chirurgiche per le quali, per ovviare alla mancanza, si sono accordate varie deroghe. Come controllare? La Commissione Europea ha messo a disposizione uno strumento online di verifica (database Nando) di non proprio agevole consultazione. Bisogna inserire il numero a quattro cifre stampigliato accanto al marchio CE (“Keyword On Notified body number”), cliccare il tasto “research” e appare il nome dell’ente certificatore. Se non accade, si devono consultare gli elenchi dei dispositivi validati in deroga dall’Inail ai sensi del decreto Cura Italia del 17 marzo 2020. Il secondo step è cliccare sul nome dell’ente e assicurarsi che nella scheda “Legislation” compaia la dicitura “Personal protective equipment”. Nel corrispondente file dovrebbe essere riportata la voce “Equipment providing respiratory system protection”: è la garanzia che le mascherine sono state validate da un’agenzia autorizzata dall’Unione Europea.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/12/27/caos-ffp2-le-mascherine-piu-protettive-diventano-obbligatorie-ma-senza-prezzo-calmierato-costi-moltiplicati-per-le-famiglie-e-rischio-speculazione/6438584/

sabato 25 dicembre 2021

Buon Natale!

 

Enel.


Enel... voglio ricordarlo com'era quando era un ente statale; ora che è una società per azioni, distrutta e venduta dalla becera politica che batte cassa, per dare più soldini agli azionisti, toglie a chi l'ha resa grande con il lavoro.

E per peggiorare la sua situazione in termini di visibilità e serietà aziendale, addebita l'importo delle bollette 2 giorni prima della scadenza...

Si sa, gli azionisti premono per avere i soldini che servono per andare a Cortina... e l'Enel, ormai asservita agli oscillamenti di Borsa e ai dictat della politica imbastardita, obbedisce...
Amen.

cetta

giovedì 23 dicembre 2021

Superbonus 110% senza tetto Isee per le villette. Lavori, 30% entro giugno. - Marco Mobili e Marco Rogari

 

Vale anche se l’immobile da riqualificare energeticamente o da mettere in sicurezza antisismica è un vecchio rudere o una villetta al mare, in campagna o in montagna.

I proprietari di unità immobiliari unifamiliari tirano un sospiro di sollievo. Per tutto il 2022 potranno accedere al superbonus del 110% senza dover sottostare ai tanti vincoli inseriti dal governo nel disegno di legge di bilancio. E questo anche se l’immobile da riqualificare energeticamente o da mettere in sicurezza antisismica è un vecchio rudere o una villetta al mare, in campagna o in montagna.

Non tutti i dubbi di operatori e contribuenti vengono però risolti dal nuovo emendamento riformulato dai relatori al disegno di legge di bilancio Daniele Pesco (M5S), Vasco Errani (Leu) ed Erica Rivolta (Lega), approvato dalla Commissione Bilancio del Senato. Dal destino del bonus facciate a quello dei ritocchi al decreto anti frodi i nodi da sciogliere sono ancora molti.

Anche se la versione finale del correttivo si è fatta attendere, e malgrado maggioranza e fonti di governo abbiano comunque continuato a parlare di accordo chiuso, vediamo in sintesi le novità in arrivo e le questioni rimaste aperte.

Salta il tetto Isee la prima casa.

L’accordo raggiunto al Mef tra maggioranza e governo sulle modifiche da apportare per allentare la stretta sul Superbonus prevede non solo l’eliminazione del tetto reddituale e patrimoniale dell’Isee a 25mila euro, ma anche la cancellazione dell’obbligo di dover effettuare i lavori agevolati con il 110% se la villetta è adibita ad abitazione principale.

Lavori al 30% entro giugno.

Tra le altre novità in arrivo per le villette ammesse alla proroga del 110% per tutto il 2022 anche l’eliminazione dell’obbligo della Certificazione di inizio lavori asseverata (Cila) e soprattutto la riduzione dal 60% al 30% dei lavori già realizzati alla data del 30 giugno.

Proroghe sfalsate tra bonus.

La proroga al 2022 dovrebbe riguardare anche l’installazione dei pannelli solari, così come dovrebbero riallinearsi le proroghe tra il 110% e i cosiddetti bonus edilizi trainati dai lavori agevolati con il Superbonus.

Bonus facciate in lista d’attesa.

Molto attese da condomini e imprese anche le possibili modifiche al bonus facciate. Il Governo ne ha previsto la proroga per il 2022 ma ha ridotto dal 90% al 60% la percentuale della detrazione spettante. L’idea della maggioranza era quella di una proroga di 6 mesi fino a giugno con aliquota al 90%, ma l’alto costo del nuovo differimento, salvo ripensamenti notturni, ha bloccato la proposta.

Misure anti frode in dubbio.

In salita anche i possibili correttivi sul decreto anti frodi. La richiesta di escludere dall’asseverazione gli interventi di piccola entità (si era ipotizzato fino a 20mila euro) sarebbe stata bloccata dal Mef per possibili elusioni della norme con un semplice frazionamento degli importi legati agli interventi ammessi alle agevolazioni.

Raddoppia il bonus mobili.

Il bonus mobili raddoppia ma solo nel 2022. Con un altro emendamento riformulato secondo gli accordi tra maggioranza e governo e approvato dalla commissione Bilancio di Palazzo Madama il tetto di spesa in base al quale è calcolata la detrazione del 50% per il bonus sugli arredi sale da 5mila a 10mila euro. Resta invece la soglia di 5.000 euro per il 2023 e il 2024. Il bonus, che per il solo anno 2021 è stato di 16mila euro, riguarda la spesa per gli acquisti di mobili o elettrodomestici destinati all’arredo di immobili sui quali il contribuente ha effettuato lavori di ristrutturazione.

Bonus idrico prorogato al 2023.

Anche se fuori dai bonus edilizi va evidenziata l’estensione al 31 dicembre 2023 dell’agevolazione per l’acquisto e l’installazione di sistemi di filtraggio dell’acqua. Il credito d’imposta del 50%, previsto dalla legge di bilancio 2021, è finalizzato a razionalizzare l’uso dell’acqua e ridurre il consumo di contenitori di plastica.

https://24plus.ilsole24ore.com/art/superbonus-110percento-senza-tetto-isee-le-villette-lavori-30percento-entro-giugno-AE3bCp3?s=hpf