Nella ex Stalingrado, ora governata da Forza Italia, il sindaco Di Stefano intitolerà una strada al leader socialista morto da latitante. A Palermo, il presidente dell'Assemblea regionale, Gianfranco Miccichè, spiega l’idea del suo partito su come combattere Cosa nostra.
L’annuncio di una via intitolata a Bettino Craxi a Sesto San Giovanni. E in contemporanea, a Palermo, un peloso distinguo sulla lotta a Cosa Nostra firmato da Gianfranco Miccichè: “Noi vogliamo combattere la mafia, ma senza giustizialismo“.
Nel bel mezzo della campagna elettorale, il centrodestra getta la maschera dalla Lombardia alla Sicilia, in contemporanea. Mentre il sindaco dell’ex Stalingrado d’Italia, Roberto Di Stefano, riabilita l’ex leader del Psi condannato in via definitiva a 10 anni di carcere e morto da latitante e annuncia che una strada del comune alle porte di Milano porterà il suo nome, il presidente dell’Assemblea siciliana, plenipotenziario di Forza Italia sull’isola, fa distinguo sulla lotta a Cosa Nostra, che va combattuta “senza essere giustizialisti”.
Il sindaco forzista e la via a Sesto – Nella settimana in cui si celebra il diciottesimo anniversario della morte dell’ex presidente del Consiglio, avvenuta il 19 gennaio 2000 dopo anni di latitanza in Tunisia, Di Stefano, eletto a giugno, annuncia che il suo Comune, per la prima volta guidato dal centrodestra, ha deciso di intitolare una via a Craxi, condannato complessivamente a 10 anni in via definitiva per corruzione e finanziamento illecito. Spiega che l’intitolazione “è innanzitutto il riconoscimento a un politico e rappresentante delle istituzioni del nostro Paese che iniziò il proprio percorso” come dirigente politico proprio a Sesto. Poi aggiunge la nota politica sull’ex presdidente del Consiglio, che “va considerato come figura di leader politico e di uomo di governo impegnato nella guida dell’esecutivo e nella rappresentanza dell’Italia sul terreno delle relazioni internazionali”. Infine, ricorda le parole dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che spiegò come la sua figura non potesse essere “sacrificata al solo discorso sulle responsabilità giudiziarie” e ammonisce: “Il nostro Stato democratico non può consentirsi distorsioni e rimozioni del genere”. La strada intitolata a Craxi sarà quella tra via Fiorani e viale Marelli, mentre l’amministrazione dedicherà a Gianfranco Miglio, ideologo della Lega Nord, un’area verde tra via Lovati, via Fratelli di Dio e via Molino Tuono: “È stato un importante giurista e politologo del recente passato. Un innovatore che, prima di ogni altro, ha intuito l’importanza del federalismo e della sussidiarietà come valorizzazione dei territori”, ha spiegato Di Stefano.
Miccichè: “No al giustizialismo nella lotta alla mafia” – Quasi in contemporanea arriva un altro manifesto del centrodestra per bocca di Gianfranco Miccichè, presidente dell’Assemblea regionale siciliana. Durante la discussa presentazione del documentario sul generale Mario Mori, attualmente imputato nel processo Trattativa, il plenipotenziario di Forza Italia in Sicilia ha dettato la linea: “Noi vogliamo combattere la mafia, ma senza giustizialismo. Noi non vogliamo considerare inutili gli articoli della Costituzione – ha spiegato nella sala intitolata a Piersanti Mattarella, fratello del Capo dello Stato assassinato da Cosa nostra nel 1980 – che danno la presunzione di innocenza fino a quando non si viene condannati”. Nemmeno una parola, invece, sul comportamento che devono tenere i partiti nei confronti degli esponenti politici in rapporti con la mafia. Paolo Borsellino, icona rivendicata dalla destra, in proposito diceva che le sentenze possono solo stabilire se ci sono prove per condannare una persona, ma che in caso di rapporti sospetti, i partiti e le istituzioni dovrebbero emarginare le persone coinvolte.
Miccichè ha inoltre risposto alle polemiche degli scorsi giorni, sorte proprio per la proiezione del documentario: “Non è, come tanti pensano, una provocazione. Non c’è nessuna provocazione, non si parla male di nessuno, ma si ricostruisce la verità di quello che è successo in quegli anni”. Cosa sarebbe accaduto, lo spiega proprio Miccichè, aggiungendo che il documentario “dovrebbe essere portato nelle scuole” e “fatto vedere ai ragazzi che non hanno idea” di cosa siano le istituzioni: “Questi decenni sono stati troppo pieni di imbrogli, prima o poi qualcuno riscriverà la storia. Questo è un documentario che prova a dare una mano nella ricerca della verità su quello che è successo in quegli anni”.
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