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giovedì 10 febbraio 2022

Sesto San Giovanni, blitz di sindaco e assessori di centrodestra per aumentarsi lo stipendio. La cifra prevista in tre anni dal governo? Tutta, subito e con i soldi del Comune. - Luigi Franco

 

Gli aumenti li ha finanziati il governo stesso, ma dividendoli in tre step da spalmare su tre anni. A meno che i fondi non li metta l'amministrazione stessa. Così la giunta si è riunita il 31 dicembre per deliberare sulla norma nazionale approvata il giorno prima. Il consigliere M5s Tromboni ha presentato una diffida: "L'intervento andava approvato in consiglio". Il collega 5 stelle in Regione De Rosa: "Dimostrano così quali sono le loro priorità".

Si sono aumentati lo stipendio usando i soldi del Comune, per poter avere subito la cifra che il governo avrebbe coperto solo in tre step nel corso di un triennio. A Sesto San Giovanni, la ex Stalingrado d’Italia alle porte di Milano passata 5 anni fa al centrodestra, il sindaco Roberto Di Stefano e i suoi assessori si sono riuniti a mezzogiorno e mezzo del 31 dicembre per fare la delibera. E nella fretta hanno pure sbagliato a citare articoli e commi della legge di bilancio che la Camera aveva definitivamente approvato nemmeno 24 ore prima, consentendo al primo cittadino di intascare 2mila euro lordi in più al mese per i prossimi sei mesi, cioè fino alle nuove elezioni amministrative. E ad assessori e presidente del consiglio comunale quasi 1.300 in più. Poi tutti a festeggiare con spumante e panettone: anno nuovo, busta paga nuova.

La norma l’ha voluta il governo Draghi per riparametrare gli emolumenti degli amministratori locali rapportandoli a quelli dei presidenti di Regione. In modo che il sindaco di una città metropolitana arrivi a guadagnare come un governatore, mentre arrivi al 45% di quella cifra il sindaco di una città della taglia di Sesto, con 80mila abitanti. Gli aumenti li ha finanziati il governo stesso, ma dividendoli in tre fasi: una prima parte nelle buste paga del 2022 (il 45% dell’aumento totale), una seconda nel 2023 (un altro 23%) e l’ultima, il restante 32%, nel 2024. Per l’aumento complessivo, insomma, bisogna aspettare tre anni, a meno che i soldi non ce li metta il comune stesso. E a Sesto San Giovanni hanno voluto tutto subito, a spese dei cittadini sestesi per quanto non coperto dal governo.

Così il sindaco, anziché accontentarsi di passare da 4.130 euro lordi al mese a 4.840, ha voluto tutti i 6.210 euro mensili già da gennaio. E a ruota i sette assessori e il presidente del consiglio, passati da 2.480 lordi a 3.726, anziché a 2.903. Questo hanno stabilito le due determine dirigenziali approvate a metà gennaio per tradurre in soldoni la delibera di giunta che aveva per oggetto l’ “adeguamento” alla legge di bilancio. Quasi come se il “tutto subito” l’avesse deciso l’esecutivo e non la giunta. Cosa che peraltro il sindaco Di Stefano, a lungo legato sentimentalmente alla leghista Silvia Sardone e passato anche lui due anni fa da Forza Italia a Carroccio, sostiene al telefono: “È una cosa tecnica che han fatto gli uffici sulla base delle disponibilità di bilancio. Se cerca la polemica, non l’avrà. Se la prenda col governo”, taglia corto prima di sbattere giù la cornetta. Alcune domande sono però d’obbligo, mandiamole via whatsapp. Come mai vi siete auto assegnati l’intero aumento sin da subito? La delibera contiene rimandi sbagliati alle norme: perché è stato necessario approvarla in tutta fretta l’ultimo dell’anno? Silenzio.

Di domande se ne potrebbero fare anche altre. C’è infatti chi come il consigliere comunale del M5s Daniele Tromboni ritiene che la procedura seguita per approvare gli aumenti non sia lecita. La legge di bilancio dice infatti che se l’intero aumento viene corrisposto nel 2022, ciò deve avvenire “nel rispetto pluriennale dell’equilibrio di bilancio” del comune. Cosa su cui né la delibera né le successive determine dirigenziali entrano nel merito. Per questo Tromboni ha scritto una diffida a sindaco e assessori invitandoli a revocare la loro decisione. L’aumento di stipendio – si legge nel documento – richiede gli “ordinari passaggi amministrativi”, come l’espressione di “un indirizzo in tal senso nel Documento unico di programma 2022-2024, da integrare mediante una delibera consiliare (in quanto documento già approvato)”. Una interpretazione analoga a quella data dall’Anci (Associazione nazionale comuni italiani). In sostanza, secondo Tromboni, visto che in parte non è coperto dal governo, l’aumento avrebbe dovuto essere approvato dal consiglio comunale e non dalla giunta, che per di più si trovava in una posizione di conflitto di interessi. E il rispetto dell’equilibrio di bilancio dovrebbe essere verificato dai revisori dei conti, mai interpellati a riguardo.

Per non parlare dell’opportunità politica di una tale decisione: “Il Comune è uscito da poco dalla procedura di riequilibrio finanziario monitorata dalla Corte dei Conti, che ai cittadini è costata anni di tassazione al massimo e tagli ai servizi e al personale dell’ente. Non possiamo accettare che ora la giunta decida di spendere i soldi del nostro comune per alzarsi gli stipendi negli ultimi sei mesi di mandato. Se proprio avanzano dei soldi, pretendiamo che vengano usati per dare un po’ di sollievo ai cittadini sestesi”. Magari a quelle centinaia di famiglie che sono sotto sfratto, come ricorda il consigliere regionale M5s Massimo De Rosa: “Se avessero messo lo stesso impegno e la stessa velocità nel cercare di risolvere i problemi della città e gli sfratti delle persone in difficoltà, avrebbero almeno fatto un servizio ai loro cittadini. Ma così hanno invece dimostrato quali sono le loro priorità e a che gradino di importanza mettono famiglie e indigenti rispetto ai loro interessi”.

@gigi_gno

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/02/10/sesto-san-giovanni-blitz-di-sindaco-e-assessori-di-centrodestra-per-aumentarsi-lo-stipendio-la-cifra-prevista-in-tre-anni-dal-governo-tutta-subito-e-con-i-soldi-del-comune/6488353/

mercoledì 17 gennaio 2018

Elezioni, il vero volto del centrodestra: a Sesto una via per Craxi. E in Sicilia “la mafia si combatte senza giustizialismo”.

Elezioni, il vero volto del centrodestra: a Sesto una via per Craxi. E in Sicilia “la mafia si combatte senza giustizialismo”

Nella ex Stalingrado, ora governata da Forza Italia, il sindaco Di Stefano intitolerà una strada al leader socialista morto da latitante. A Palermo, il presidente dell'Assemblea regionale, Gianfranco Miccichè, spiega l’idea del suo partito su come combattere Cosa nostra.

L’annuncio di una via intitolata a Bettino Craxi a Sesto San Giovanni. E in contemporanea, a Palermo, un peloso distinguo sulla lotta a Cosa Nostra firmato da Gianfranco Miccichè: “Noi vogliamo combattere la mafia, ma senza giustizialismo“. 
Nel bel mezzo della campagna elettorale, il centrodestra getta la maschera dalla Lombardia alla Sicilia, in contemporanea. Mentre il sindaco dell’ex Stalingrado d’Italia, Roberto Di Stefano, riabilita l’ex leader del Psi condannato in via definitiva a 10 anni di carcere e morto da latitante e annuncia che una strada del comune alle porte di Milano porterà il suo nome, il presidente dell’Assemblea siciliana, plenipotenziario di Forza Italia sull’isola, fa distinguo sulla lotta a Cosa Nostra, che va combattuta “senza essere giustizialisti”.
Il sindaco forzista e la via a Sesto – Nella settimana in cui si celebra il diciottesimo anniversario della morte dell’ex presidente del Consiglio, avvenuta il 19 gennaio 2000 dopo anni di latitanza in Tunisia, Di Stefano, eletto a giugno, annuncia che il suo Comune, per la prima volta guidato dal centrodestra, ha deciso di intitolare una via a Craxi, condannato complessivamente a 10 anni in via definitiva per corruzione e finanziamento illecito. Spiega che l’intitolazione “è innanzitutto il riconoscimento a un politico e rappresentante delle istituzioni del nostro Paese che iniziò il proprio percorso” come dirigente politico proprio a Sesto. Poi aggiunge la nota politica sull’ex presdidente del Consiglio, che “va considerato come figura di leader politico e di uomo di governo impegnato nella guida dell’esecutivo e nella rappresentanza dell’Italia sul terreno delle relazioni internazionali”. Infine, ricorda le parole dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che spiegò come la sua figura non potesse essere “sacrificata al solo discorso sulle responsabilità giudiziarie” e ammonisce: “Il nostro Stato democratico non può consentirsi distorsioni e rimozioni del genere”. La strada intitolata a Craxi sarà quella tra via Fiorani e viale Marelli, mentre l’amministrazione dedicherà a Gianfranco Miglio, ideologo della Lega Nord, un’area verde tra via Lovati, via Fratelli di Dio e via Molino Tuono: “È stato un importante giurista e politologo del recente passato. Un innovatore che, prima di ogni altro, ha intuito l’importanza del federalismo e della sussidiarietà come valorizzazione dei territori”, ha spiegato Di Stefano.

Miccichè: “No al giustizialismo nella lotta alla mafia” – Quasi in contemporanea arriva un altro manifesto del centrodestra per bocca di Gianfranco Miccichè, presidente dell’Assemblea regionale siciliana. Durante la discussa presentazione del documentario sul generale Mario Mori, attualmente imputato nel processo Trattativa, il plenipotenziario di Forza Italia in Sicilia ha dettato la linea: “Noi vogliamo combattere la mafia, ma senza giustizialismo. Noi non vogliamo considerare inutili gli articoli della Costituzione – ha spiegato nella sala intitolata a Piersanti Mattarella, fratello del Capo dello Stato assassinato da Cosa nostra nel 1980 – che danno la presunzione di innocenza fino a quando non si viene condannati”. Nemmeno una parola, invece, sul comportamento che devono tenere i partiti nei confronti degli esponenti politici in rapporti con la mafia. Paolo Borsellino, icona rivendicata dalla destra, in proposito diceva che le sentenze possono solo stabilire se ci sono prove per condannare una persona, ma che in caso di rapporti sospetti, i partiti e le istituzioni dovrebbero emarginare le persone coinvolte.
Miccichè ha inoltre risposto alle polemiche degli scorsi giorni, sorte proprio per la proiezione del documentario: “Non è, come tanti pensano, una provocazione. Non c’è nessuna provocazione, non si parla male di nessuno, ma si ricostruisce la verità di quello che è successo in quegli anni”. Cosa sarebbe accaduto, lo spiega proprio Miccichè, aggiungendo che il documentario “dovrebbe essere portato nelle scuole” e “fatto vedere ai ragazzi che non hanno idea” di cosa siano le istituzioni: “Questi decenni sono stati troppo pieni di imbrogli, prima o poi qualcuno riscriverà la storia. Questo è un documentario che prova a dare una mano nella ricerca della verità su quello che è successo in quegli anni”.