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mercoledì 17 gennaio 2018

Elezioni, il vero volto del centrodestra: a Sesto una via per Craxi. E in Sicilia “la mafia si combatte senza giustizialismo”.

Elezioni, il vero volto del centrodestra: a Sesto una via per Craxi. E in Sicilia “la mafia si combatte senza giustizialismo”

Nella ex Stalingrado, ora governata da Forza Italia, il sindaco Di Stefano intitolerà una strada al leader socialista morto da latitante. A Palermo, il presidente dell'Assemblea regionale, Gianfranco Miccichè, spiega l’idea del suo partito su come combattere Cosa nostra.

L’annuncio di una via intitolata a Bettino Craxi a Sesto San Giovanni. E in contemporanea, a Palermo, un peloso distinguo sulla lotta a Cosa Nostra firmato da Gianfranco Miccichè: “Noi vogliamo combattere la mafia, ma senza giustizialismo“. 
Nel bel mezzo della campagna elettorale, il centrodestra getta la maschera dalla Lombardia alla Sicilia, in contemporanea. Mentre il sindaco dell’ex Stalingrado d’Italia, Roberto Di Stefano, riabilita l’ex leader del Psi condannato in via definitiva a 10 anni di carcere e morto da latitante e annuncia che una strada del comune alle porte di Milano porterà il suo nome, il presidente dell’Assemblea siciliana, plenipotenziario di Forza Italia sull’isola, fa distinguo sulla lotta a Cosa Nostra, che va combattuta “senza essere giustizialisti”.
Il sindaco forzista e la via a Sesto – Nella settimana in cui si celebra il diciottesimo anniversario della morte dell’ex presidente del Consiglio, avvenuta il 19 gennaio 2000 dopo anni di latitanza in Tunisia, Di Stefano, eletto a giugno, annuncia che il suo Comune, per la prima volta guidato dal centrodestra, ha deciso di intitolare una via a Craxi, condannato complessivamente a 10 anni in via definitiva per corruzione e finanziamento illecito. Spiega che l’intitolazione “è innanzitutto il riconoscimento a un politico e rappresentante delle istituzioni del nostro Paese che iniziò il proprio percorso” come dirigente politico proprio a Sesto. Poi aggiunge la nota politica sull’ex presdidente del Consiglio, che “va considerato come figura di leader politico e di uomo di governo impegnato nella guida dell’esecutivo e nella rappresentanza dell’Italia sul terreno delle relazioni internazionali”. Infine, ricorda le parole dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che spiegò come la sua figura non potesse essere “sacrificata al solo discorso sulle responsabilità giudiziarie” e ammonisce: “Il nostro Stato democratico non può consentirsi distorsioni e rimozioni del genere”. La strada intitolata a Craxi sarà quella tra via Fiorani e viale Marelli, mentre l’amministrazione dedicherà a Gianfranco Miglio, ideologo della Lega Nord, un’area verde tra via Lovati, via Fratelli di Dio e via Molino Tuono: “È stato un importante giurista e politologo del recente passato. Un innovatore che, prima di ogni altro, ha intuito l’importanza del federalismo e della sussidiarietà come valorizzazione dei territori”, ha spiegato Di Stefano.

Miccichè: “No al giustizialismo nella lotta alla mafia” – Quasi in contemporanea arriva un altro manifesto del centrodestra per bocca di Gianfranco Miccichè, presidente dell’Assemblea regionale siciliana. Durante la discussa presentazione del documentario sul generale Mario Mori, attualmente imputato nel processo Trattativa, il plenipotenziario di Forza Italia in Sicilia ha dettato la linea: “Noi vogliamo combattere la mafia, ma senza giustizialismo. Noi non vogliamo considerare inutili gli articoli della Costituzione – ha spiegato nella sala intitolata a Piersanti Mattarella, fratello del Capo dello Stato assassinato da Cosa nostra nel 1980 – che danno la presunzione di innocenza fino a quando non si viene condannati”. Nemmeno una parola, invece, sul comportamento che devono tenere i partiti nei confronti degli esponenti politici in rapporti con la mafia. Paolo Borsellino, icona rivendicata dalla destra, in proposito diceva che le sentenze possono solo stabilire se ci sono prove per condannare una persona, ma che in caso di rapporti sospetti, i partiti e le istituzioni dovrebbero emarginare le persone coinvolte.
Miccichè ha inoltre risposto alle polemiche degli scorsi giorni, sorte proprio per la proiezione del documentario: “Non è, come tanti pensano, una provocazione. Non c’è nessuna provocazione, non si parla male di nessuno, ma si ricostruisce la verità di quello che è successo in quegli anni”. Cosa sarebbe accaduto, lo spiega proprio Miccichè, aggiungendo che il documentario “dovrebbe essere portato nelle scuole” e “fatto vedere ai ragazzi che non hanno idea” di cosa siano le istituzioni: “Questi decenni sono stati troppo pieni di imbrogli, prima o poi qualcuno riscriverà la storia. Questo è un documentario che prova a dare una mano nella ricerca della verità su quello che è successo in quegli anni”.

venerdì 10 maggio 2013

“L’abbraccio storico”. - Sandra Bonsanti



C’è qualcosa di profondamente “immorale” nell’atteggiamento di molti di coloro che praticano e predicano attorno alle “larghe intese”. Qualcosa che offende il senso comune e rischia di fare un indecente minestrone di tutto quello che è accaduto  in Italia negli ultimi venti anni.
Si tratta di un grande equivoco che nasce dal momento in cui è stato deciso che questo governo era l’unico possibile e dunque volere o non volere era assolutamente indispensabile la collaborazione fra politici del Pd e politici del Pdl: per varare misure indispensabili a favore dei cittadini più colpiti dalla crisi e per varare certe riforme seriamente indispensabili (come quella elettorale) e altre sulle quali sarebbe opportuno una volta per tutte uscire dai luoghi comuni dell’improvvisazione costituzionale ed entrare nel luogo serio della competenza e della serietà.
Dunque, collaborazione e lavoro in comune.
Ma a questo punto si è visto che invece quello che ci si aspetta e che molti stanno già concedendo è una sorta di “abbraccio storico”, che si fonda su un presupposto “immorale”: ci siamo combattuti nel passato, siamo stati su fronti opposti, ma ora tutto questo deve finire, non ha più senso, i cittadini ci chiedono una condivisione che ci rende tutti uguali per vincere la difficile sfida.
Ecco dunque materializzarsi l”abbraccio storico”. C’è chi sospetta che fosse atteso da tempo e che in realtà ogni differenza fosse da anni più superficiale di quanto si possa pensare. Chi non si stupisce, chi si indigna.
Fanno parte dell’abbraccio questo impulso ai gesti di fraterna amicizia come abbracci e sorrisi nelle aule del Parlamento e non soltanto. Fanno parte dell’abbraccio inziative che tendono a creare amicizia e familiarità inutili.
Andare insieme in pullman in una splendida abbazia, dove si possa “familiarizzare” o “fare spogliatoio” lontani dagli sguardi dei giornalisti (che comunque molto raramente a dire la verità colgono questo lato della situazione) è proprio necessario? Serve a trovare soluzioni per rinviare l’Imu o trovare soldi per la Cassa integrazione o per inventarsi qualcosa di utile a chi sta in queste ore perdendo il lavoro, oppure serve soltanto a quel tentativo berlusconiano di avvolgere il suo passato personale e la sua politica in un velo di oblio, di legittimazione e di “condivisione”? Al tentativo di promuovere la politica di assalto alla Magistratura e di rispolverare la politica dei condoni e dei bavagli?
L’“abbraccio storico” non porterà nulla di buono a questo Paese. Non aiuterà a combattere la corruzione ai piani alti della politica, non servirà a riconquistare un po’ di fiducia dei cittadini. Il grande “errore” di Craxi quando per difendersi accusò tutti nell’aula di Montecitorio fu di dire: fanno tutti così. Se avesse detto: nessuno lo deve fare, sarebbe stato uno statista invece di un grande imputato.
Il rischio è che nello “spogliatoio” di Spineto si perda un altro po’ dell’onore che abbiamo già perso. E il sospetto che alla fine i membri del governo dell”abbraccio storico” finiscano anche per intonare insieme le canzoni goliardiche nostalgiche e un po’ oscene non ce lo toglierà nessuno.
Meno sorrisi, meno pacche sulla spalle, meno volemose bene. Non ci vogliamo affatto bene tutti quanti in questa Italia. E non c’è bisogno di questo per lavorare insieme, per pochissimo tempo e cercando di fare meno danni possibili.


http://www.libertaegiustizia.it/2013/05/10/labbraccio-storico/

venerdì 26 aprile 2013

Dalla Fondazione Craxi a quella di Brunetta: tutti i regali di Monte Paschi. - Davide Vecchi


Dalla Fondazione Craxi a quella di Brunetta: tutti i regali di Monte Paschi


Dalle casse della fondazione dell'istituto di credito senese sono usciti un mare di soldi nell'era Mussari-Mancini. 'Doni' milionari a esponenti di destra e di sinistra, contributi ai sindacati, alle organizzazioni religiose e alle associazioni degli amici.

Dalla fondazione Ravello, oggi presieduta dall’attuale capogruppo del Pdl, Renato Brunetta, alla Giuseppe Di Vittorio della Cgil. Dai circoli Arci alla fondazione Craxi, fondata e presieduta da Stefania. Dai bonifici per l’ex senatore del Pdl, ora candidato sindaco a Pisa e storico braccio destro dell’ex ministro Altero Matteoli, Franco Mugnai (legale nel caso Ampugnano). Poi fondi a tutte le amministrazioni a guida Pd della Toscana. A partire dalla Regione fino a numerosi Comuni. Tranne uno: Gagliole, l’unico con un’amministrazione di centrodestra.
A scorrere le 400 pagine di estratto conto della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, degli anni compresi tra il 2007 e il 2009, si ricostruisce la fitta rete di sovvenzioni ed erogazioni distribuite ad amici e non. Per lo più si tratta di fondazioni, enti, amministrazioni targate centrosinistra. Ma Giuseppe Mussari, già passato alla guida di Rocca Salimbeni, guardava a Roma. All’Abi, dove approda nel 2010, ma anche al Palazzo nel quale sa di poter confidare in rapporti trasversali, da Giuliano Amato a Giulio Tremonti. Siena doveva essere solo un trampolino di lancio, come spiegano negli atti i pm titolari dell’inchiesta sull’acquisto Antonveneta, Aldo Natalini, Antonino Nastasi e Giuseppe Grosso. Banca e fondazione un utile portafoglio. Si sponsorizza tutto. Dai circoli ricreativi alle associazioni politiche, come la Karl Popper che, di matrice socialista, appoggia, negli anni, i due sindaci Maurizio Cenni e Franco Ceccuzzi. Quest’ultimo costretto a rinunciare a ricandidarsi perché avrebbe raggiunto un accordo di spartizione con Denis Verdini. L’indagine è ancora in corso.
Da Siena i soldi vanno anche a Lecce: arcidiocesi (120 mila euro), varie onlus e 50 mila euro alla provincia. Guidata da Antonio Maria Gabellone, ex Dc oggi Pdl, legato a Vincenzo De Bustis e, in particolare a Lorenzo Gorgoni, membro del Cda di Mps. Ma è anche terra politica di Massimo D’Alema e della Banca 121 acquistata da Rocca Salimbeni. I versamenti sono compresi tra i diecimila euro e i due milioni, che vanno alla fondazione Ravello, per un importo complessivo che sfiora il miliardo e che si perde nel totale delle uscite della Fondazione: 17.983.686.939 euro complessivi di movimentazione in 36 mesi. Per lo più dovuta alle operazioni di compravendita sui mercati in vista dell’aumento di capitale per l’acquisto di Antonveneta.
Alimentata dai fondi versati all’Università cittadina, alle società del Comune e di sviluppo, alla diocesi, alle contrade del Palio. Fino ad assottigliarsi e perdersi in mille rivoli con bonifici da 50 mila euro anche a singoli preti. Meglio assicurarsi la buona parola di tutti. Tra i 3 miliardi versati per l’aumento di capitale per l’acquisto di Antonveneta ai piccoli bonifici ci sono, ad esempio, uscite per dieci milioni alla Cressidra Sgr Spa, un gestore di fondi chiusi riservati nonché azionista di Anima Sgr insieme a Banca Popolare di Milano, Credito Valtellinese e la stessa Banca Monte dei Paschi. Rocca Salimbeni condivide con Anima il presidente dei sindaci: Tommaso Di Tanno, oggi indagato. Tra i più noti tributaristi italiani, legato ai Ds, in particolar modo a D’Alema e Vincenzo Visco, di cui è stato consigliere economico in via XX Settembre, Di Tanno non si è accorto della voragine che Mussari, Gianluca Baldassarri e Antonio Vigni, hanno creato in Mps. E’ stato anche revisore dei bilanci dei partiti per Montecitorio.
L’elenco delle uscite è infinito. L’estratto conto è negli atti del processo per l’aeroporto Ampugnano che vede Mussari rinviato a giudizio per falso ideologico in concorso e turbativa d’asta. Parte della documentazione raccolta durante le indagini, in particolare quella relativa alla Fondazione e a Mps, è confluita nell’inchiesta sull’acquisto di Antonveneta. Nulla, al momento, sarebbe stato rilevato di anomalo nelle operazioni partite dal conto corrente della Fondazione. A subire il contraccolpo maggiore è stata la città, dal Comune all’Università, dall’azienda ospedaliera alle contrade del Palio, che si sono ritrovate private, da un anno all’altro, delle laute erogazioni. Se ne sarà fatta ormai una ragione, invece, la fondazione oggi presieduta da Brunetta. La fondazione Ravello, che stava a cuore a Mussari anche per la presenza di Filippo Patroni Griffi nel consiglio generale di indirizzo, non riceve più nulla. Così come la fondazione Craxi: ultimo bonifico ricevuto 15 mila euro nel marzo 2009. L’anno successivo le erogazioni concesse si sono fermate a complessivi 109 milioni e su un totale di 2657 domande presentate solamente 779 sono state soddisfatte. Nel 2012 sono state ulteriormente ridotte a 21 milioni e per il 2013 è previsto lo stanziamento di appena cinque milioni di euro. Da Mps, del resto, non arrivano più i dividendi frutto del “maquillage bilancistico” di Mussari e la banda del 5 per cento.