Quando Virginia Raggi ha annunciato che si ricandida, ho pensato: mission impossible. Poi ho letto i commenti di giornali e politici, tutti affratellati dal pensiero unico che accompagna la sindaca di Roma da quando fu eletta: ha fatto più danni di Nerone e di Attila perché è una cretina, incapace, disonesta, per giunta grillina, ergo i romani si guarderanno bene dal rivotarla e chiederanno lumi a noi, che sappiamo come rifare l’Urbe più bella e superba che pria. Lo scrivono Giornale, Verità, Libero, Messaggero, Corriere e Stampubblica. Un unico grande giornale, come diceva Moretti. E poi l’orrore, lo sdegno, il raccapriccio di Pd, FI, Lega, FdI: un unico grande partito. Quindi avranno già pronto il nuovo sindaco bravo, competente, efficiente e onesto che, vista la catastrofe in corso, ha già la vittoria in pugno, no? No, niente. A destra “Salvini sta sondando l’ipotesi Cattaneo” (Stampa), che infatti non ha mai sentito nessuno né intende candidarsi. Il Pd, dopo aver cambiato una dozzina di cavalli (peraltro ignari di tutto), il più autorevole dei quali era l’attore Ghini, non sa che pesci pigliare; però la signora Franceschini ci terrebbe tanto. Calenda, noto desertificatore di urne, lancia Carlo Fuortes, sovrintendente dell’Opera, che porta i voti dei tenori e dei baritoni.
E qui sorge il dubbio. Che bisogno c’è dei bazooka per abbattere un moscerino come la Raggi? Non basta ignorarla e lasciarla giustiziare dagli elettori? In realtà, la lapidazione generale cela il terrore che, in un ballottaggio fra lei e un clone di Salvini, la maggioranza preferisca lei: perché i suoi difetti ed errori sono noti, ma l’esperienza potrebbe aiutarla a superarli; lavora senza risparmio; di cose buone ne ha fatte (cultura, risanamento finanziario, legalità, no alle Olimpiadi incluso); non ruba e non fa rubare; governare Roma senza soldi né poteri e contro tutti i poteri è molto più arduo di quanto credesse lei, ma anche gli altri (infatti scappano tutti); e soprattutto perché ha tutti contro con argomenti che persino il più anti-raggiano troverebbe pretestuosi. Il più disonesto era la penuria di impianti per rifiuti (compito della Regione). Ma ieri La Stampa ci ha aggiunto “l’incendio al Tmb Salario” (infatti lo appiccò lei) e “il famoso Spelacchio, l’abete di piazza Venezia stecchito prima ancora di essere decorato”. Che era già morto quando fu segato in Val di Fiemme, come tutti gli alberi di Natale del mondo. Quello però è rimorto appena ha visto la Raggi, nota abeticida. O così almeno scrissero per settimane i giornali, trasformandolo nell’albero più simpatico del mondo, con pellegrinaggio di turisti e cittadini. Però, all’occorrenza, risorge. Avanti così e persino Virginia ce la può fare.
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