Un tempo, se ricordavi le condanne di un politico, ti beccavi del “giustizialista” dal Giornale&C.. Ora te lo becchi dal Giornale&C., ma anche, in stereo, da Repubblica. È capitato a Di Battista, reo di notare che i renziani chiedono alla Rai il bavaglio per Scanzi, mai indagato, e non per le orde di pregiudicati e imputati per gravi reati che pontificano come gigli di campo. Apriti cielo. Sallusti sul Giornale e Cappellini su Rep sono insorti come un sol uomo, riproducendo su carta le larghe intese di governo. Sallusti, a suo modo, è financo divertente. Invece Cappellini, offeso perché i talk “pagano Scanzi per fare l’opinionista” e lui no, ci rifila un bignami di storia del giustizialismo, noioso quasi quanto lui. Un frullato di storie e persone diverse per deplorare chi detesta i corrotti anziché esaltarli: un vizio tipicamente “reazionario”, che però purtroppo “nasce a sinistra” fin da quando il Pci, invece di colludere con le Br, “sperimenta il collateralismo con le procure” (testuale). Poi c’è Tangentopoli, “col tifo per i pm del pool di Milano” anziché per i ladri. Segue una raffica di slogan copiati paro paro dal catalogo berlusconiano: “avviso di garanzia come condanna anticipata, carcerazione preventiva per estorcere confessioni, difesa in minorità rispetto all’accusa e presunzione di colpevolezza teorizzata da Davigo, star di un giustizialismo colorato nel frattempo di grillismo”. A quel punto, “nelle tribune della sinistra o sedicente tale”, arriva il “nuovo Zdanov”, cioè il sottoscritto, in compagnia dei putribondi “Santoro, Di Pietro e Funari”, e “l’Unità di Furio Colombo” mi “elesse commentatore principe” (anziché eleggervi, che so, un Cappellini). E poi “il girotondino Flores d’Arcais” e quel facinoroso di Asor Rosa, al grido di “più Ddr per tutti”.
Ora, se non andiamo errati, Asor Rosa scrive su Repubblica fin dalla fondazione. E Flores dirigeva MicroMega per il gruppo Repubblica-Espresso, mentre l’Espresso di Rinaldi rivaleggiava con Repubblica di Scalfari e Mauro nel pubblicare i verbali di Mani Pulite, i memoriali dell’Ariosto, le 10 Domande a B. su Noemi ecc. Da quelle stesse colonne, Cappellini ci spiega che il suo giornale ha sbagliato tutto per 40 anni finché, reduce dal Riformista, dal Messaggero e da Mediaset, arrivò lui. Possibile, per carità: ma non si vede perché lo venga a dire a noi. Onde evitare che completi la storia del giustizialismo con la seconda puntata sul gruppo Repubblica-Espresso, ci appelliamo ai casting dei talk, anche del mattino presto o della sera tardi: offrite due spicci pure a Cappellini. Non più perché non venga, ma perché venga. Sì, è vero, il motto di Montanelli era “Un solo padrone: il lettore”. E il suo è “Un solo lettore: il padrone”. Ma fate un’opera buona. Sennò riattacca il pippone.
IlFattoQuotidiano
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