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lunedì 22 maggio 2023

Pagina Alessandro Orsini - Intervista Zelensky

 

Un gruppo di manipolatori dell’opinione pubblica - cioè un gruppo di disperati sempre più isolato nella società italiana a motivo delle sue menzogne che tutti i giorni vengono a galla inclusa la caduta di Bakhmut e Soledar - ha preso a bersagliare una delle migliori giornaliste italiane, Daniela Ranieri, che, lunedì 15 maggio 2023, aveva scritto un pezzo molto bello e sagace sul “Fatto quotidiano” per criticare, come si addice al giornalismo libero, quell’imbarazzantissimo spettacolo morale e professionale che è stata l’intervista in Italia a Zelensky caratterizzata da un servilismo che non veniva riservato nemmeno a Mussolini. Un servilismo tipico dei regimi autoritari e non delle società libere. Lo stesso servilismo che, applicando il metodo dell’analisi comparata, troviamo nelle interviste televisive in Iran, Egitto, Corea del Nord, Cina e Russia.
Per nascondere il fatto che il governo di Kiev ha massacrato i propri cittadini russofoni in Donbass dal 2014 in poi, e per nascondere il monumento commemorativo noto come “vicolo degli Angeli” con i nomi dei bambini russi uccisi senza pietà da Kiev, inclusi bambini di un anno, i propagandisti della Nato hanno sollevato un grande caos intorno all’articolo di Daniela Ranieri pubblicando decine di link alla rinfusa per creare quel fenomeno che ho chiamato “manipolazione mediante confusione”, dove l’unica cosa chiara è che il sistema dell’informazione sulla politica internazionale in Italia è totalmente corrotto. Che poi i civili russi uccisi da Kiev siano stati 3000 o 2,955 non cambia niente sotto il profilo della ricostruzione storica delle molteplici cause della guerra. E non cambia niente nemmeno il fatto che Kiev abbia ucciso 83,4 bambini russi anziché 99,2 meno 4 con riporto di 2. Questi conti per nobilitare un governo terrorista, il cui capo dei servizi segreti rivendica con orgoglio la propria campagna di assassini mirati contro giornalisti e oppositori, sono semplicemente inumani.
Una delle cause più importanti della guerra è stato il massacro dei russi in Donbass per mano di Kiev tra il 2014 e il 2022. Che piaccia o meno, questo è quello che emerge dalle ricerche condotte nel rispetto della logica dell'indagine scientifico-sociale. Gli articoli di Daniela Ranieri sono bellissimi. La ringrazio di avere ridicolizzato quel gruppo di ridicoli che manco in Cina sotto Mao.
Viva la società libera, viva i giornalisti liberi.
No a tutte le propagande.
No alle politiche criminali del bocco occidentale.
No a tutte le forme di oppressione.
La cultura come strumento di liberazione.

domenica 4 dicembre 2022

Mamma mia che impressione. - Marco Travaglio

 

Lo spettacolo francamente indecoroso di un leader – uno a caso: Giuseppe Conte – fra la povera gente affamata dal governo fornisce al Commentatore Unico del Giornale Unico lo spunto per spiegare finalmente come si fa la vera opposizione.

1. “Conte è stato presidente del Consiglio e vederlo nella piazza di Scampia fa una certa impressione… Stride” (Minzolini, Giornale). 

Chi è stato premier deve reclutare mignotte nelle sue ville; frodare centinaia di milioni al fisco; incontrare agenti segreti negli autogrill; farsi pagare da tagliagole sauditi in cambio di lodi al loro Rinascimento.
Così evita di fare una certa impressione e di stridere.

2. “A Scampia c’è il più alto tasso di fruitori del reddito di cittadinanza e il M5S ha avuto il 64% alle elezioni…” (Minzolini). 

Chi ha preso il Rdc ha votato Conte perché era l’unico a difenderlo, mentre gli altri volevano abolirlo (incluso Salvini che lo votò) o si erano opposti (incluso il Pd che ora lo difende): se l’avessero difeso tutti, i percettori avrebbero votato per tutti. In ogni caso, non si incontrano gli elettori dopo le elezioni: semmai prima, per chiedere i voti, poi si scappa per cinque anni. 

3. “…una sorta di voto di ‘scambio’” (Minzolini). Promettere nel 2018 una misura di giustizia sociale che esiste in tutta Europa, realizzarla nel 2019 e venire premiati dagli elettori nel 2022 è “voto di scambio”.

Invece chiedere voti agli evasori, poi varare condoni fiscali che non esistono in alcun altro Paese a spese dello Stato, dei poveri e degli onesti è Politica con la P maiuscola.

4. “La campagna di Conte come ‘avvocato dei poveri’… è una linea estremista… spregiudicata… che cerca di scaricare sul governo il malessere sociale” (Massimo Franco, Corriere).

In effetti è strano che, con un governo che toglie ai poveri per dare ai ricchi e agli evasori, l’opposizione si opponga.
Di solito collabora alla rapina. A meno che non sia “estremista”.

5. “Ma punta soprattutto a mettere nell’angolo il Pd… Una sfida non tanto al governo, ma a sinistra” (Franco).

Ecco perché Conte attacca Meloni: perché ce l’ha col Pd.
Per non avercela col Pd, dovrebbe elogiare Meloni.
E, siccome il Pd s’è messo in coma farmacologico fino a marzo, deve entrare in coma pure lui in attesa che il Pd ne esca: muoversi mentre l’altro dorme è poco sportivo.

6. “Bisogna aspettarsi ‘piazze’ agitate… (Conte) radicalizza ogni conflitto sociale; difende i lavoratori precari…
Una ‘deriva francese’ da sinistra minoritaria” (Franco).

L’opposizione maggioritaria difende i miliardari,
va a Confindustria e all’ambasciata Usa a prendere ordini,
vive fissa fra le prime della Scala, i forum di Cernobbio e Leonardo, i salotti e le terrazze, senza mai uscire dalla Ztl.
Ed evita accuratamente le piazze: i poveri, fra l’altro, puzzano.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/12/04/mamma-mia-che-impressione/6895284/

giovedì 17 febbraio 2022

Balle Pulite. - Marco Travaglio

 

Breve antologia delle migliori scemenze sui 30 anni di Mani Pulite.

“Mani Pulite svelò la corruzione, ma non la risolse” (Francesco Merlo, Repubblica). È il lodo Merlo-Senaldi: i giudici non devono processare i reati già commessi, ma quelli che verranno.

“Una storia di eccessi: troppi reati, troppo carcere, troppi accanimenti” (Merlo, ibidem). E quale sarebbe il numero perfetto dei reati e degli arresti, per evitare l’accanimento?

“Troppa complicità tra Pm e giornalisti. Ci portiamo dietro un finto giornalismo che spaccia per scoop i verbali di questura” (Merlo, ibidem). Si chiama cronaca giudiziaria, su cui campò per 30 anni Repubblica prima di mettersi in casa i Merlo.

“Cagliari, presidente Eni, si suicidò in prigione nel 134° giorno di quella carcerazione preventiva di cui, dopo 30 anni, in Italia si continua ad abusare” (Merlo, ibidem). Poi la vedova andò in Svizzera, svuotò il conto del martire, tornò con 13 miliardi di lire e li restituì all’Eni, ma questo è meglio non dirlo.

“Produsse negli indagati paura di essere arrestati e messi alla gogna, con la confessione come unica via d’uscita” (Marco Imarisio, Corriere). Quindi confessavano reati mai commessi e restituivano miliardi mai rubati. Furbi, loro.

“Tra i patteggiamenti si nascosero colpevoli ma anche innocenti che vollero solo uscire di scena e di galera preventiva” (Filippo Facci, Libero). Che volpi: concordavano anni di carcere senz’aver fatto nulla per uscire dalla galera preventiva ed entrare in quella definitiva. O forse erano innocenti, ma non lo sapevano: l’hanno scoperto da Facci.

“30 anni fa il golpe dei pm. Ora comandano loro. La politica si è arresa senza condizioni” (Piero Sansonetti, Riformista). Ora ci sono persino dei politici che non rubano: vergogna.

“Mani Pulite ha indebolito la Giustizia… Il bilancio di questi 30 anni è fallimentare” (Carlo Nordio, Messaggero). In effetti c’era pure un pm a Venezia che non ne azzeccava una.

“Ripristinare l’art. 68 della Costituzione come fu pensato nel 1947” (rag. Claudio Cerasa, Foglio). Cioè com’è adesso: uno scudo contro eventuali processi ai parlamentari per le loro idee, non per i loro furti.

“Azione politica per defenestrare cinque partiti, tutti di centrodestra. Poi arrivò mio fratello” (Paolo Berlusconi, Giornale). E lui, l’altro fratello, già arrestato (e poi tre volte condannato) per gravi reati, cominciò a finir dentro pure al posto suo.

“Ora i partiti smettano di candidare magistrati” (Luciano Violante, magistrato eletto deputato nel Pci, Pds, Ds dal 1979 al 2008, Giornale). A saperlo prima, ci risparmiavamo pure Violante.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/02/17/balle-pulite/6496814/

mercoledì 17 novembre 2021

Facce da culona. - Marco Travaglio

 

Proseguono le lezioni di giornalismo al Fatto da “colleghi” che non hanno mai visto una notizia vera. Il rag. Cerasa, sul Foglio, ci accusa senza nominarci (tanto nessuno gli domanderà con chi ce l’ha, non avendo lettori) di aver costruito “il principale cluster italiano della macchina del fango”: altro che la Bestiola renzian-rondolina. Non sa, perché ai tempi ciucciava ancora il biberon, che il Foglio nacque nel ’96 coi soldi di B. (pardon, della moglie) e nel ’97 col falso scoop su un’indagine farlocca del Gico contro Di Pietro, imperniata su un’intercettazione manipolata col taglia-e-cuci: quella che faceva dire al banchiere Pacini Battaglia “Io da Mani Pulite sono uscito perché ho pagato” e “Di Pietro e l’avvocato Lucibello mi hanno sbancato”, cioè estorto una tangente (seguiva la frase “Io a Di Pietro i soldi non glieli ho dati”, ma fu sapientemente tagliata). Uno scoop su parole mai dette (il verbo era “sbiancato”) e su un delitto mai avvenuto, infatti l’ex pm fu prosciolto da ogni accusa. Su quella patacca l’allora direttore del Foglio, Giuliano Ferrara, imbastì tutta la sua campagna elettorale di candidato del centrodestra nel Mugello contro Di Pietro (centrosinistra), appellandolo graziosamente “scespiriana baldracca”, “troia dagli occhi ferrigni”, “protettore di biscazzieri”, “megalomane golpista”. Risultato: Di Pietro 68%, Ferrara 16%.

Altre lezioni ci giungono da un noto portatore di chatouche che, sull’autorevole Libero, mi accusa di aver inventato “la fake news propagandistica più falsa e dannosa del Dopoguerra: la famosa intercettazione in cui Berlusconi definiva la Merkel ‘culona inchiavabile’… mai esistita… balla inescusata”. Naturalmente non abbiamo mai pubblicato la suddetta intercettazione, né affermato che esistesse: forse faceva parte di quelle penalmente irrilevanti distrutte dalla Procura di Bari nell’inchiesta Puttanopoli su Tarantini&B., forse era solo una voce di Transatlantico. E come tale la registrò una nostra collaboratrice in un trafiletto di curiosità nell’ottobre 2010. In Parlamento non si parlava d’altro tra i forzisti terrorizzati dall’uscita di qualche conversazione contenente il soprannome che B. aveva affibbiato alla Merkel, convinto com’era che la cancelliera complottasse contro di lui. Infatti la stessa voce fu raccolta da Selvaggia Lucarelli (che ancora non scriveva sul Fatto) nel suo blog. E rimbalzò sui giornali tedeschi, dalla Bild al Die Welt, senza che da B.&C. arrivassero smentite. Un anno più tardi, subito dopo la celebre risata congiunta di Merkel e Sarkòzy, il Caimano perse la maggioranza e si dimise. Poi prese ad accusare apertamente la Merkel di aver ordito un “golpe” contro il suo governo a colpi di spread.

E i suoi giornali, parlando con cognizione di causa e sapendo di fargli cosa gradita, iniziarono a chiamare la cancelliera con quel leggiadro vezzeggiativo. Libero: “Angela è davvero una culona. Il primo a dirlo fu Kohl” (27.11.2011). Giornale: “La caduta di Berlusconi: è stata la culona” (31.12.’11). E così via, persino sugli eventi sportivi. Tipo quando la Nazionale azzurra eliminò la Germania agli Europei del 2012: “Ciao ciao culona” (Giornale, 29.6.’12). “Vaffanmerkel”, “Due calci nel culone” (Libero, 29.6.’12). Quando Angela rivelò il suo passato di ragazza squatter, Libero la fulminò: “Balla paraculona della Merkel: ‘Da ragazza occupavo le case’” (4.9.’13). Quando si schiantò sulle nevi dell’Engadina, Libero sparò: “Il lato B più potente d’Europa si frattura sulle piste di fondo” (7.1.’14). E quando perse 10 chili di peso, Libero si congratulò: “Merkel a dieta: anche lei si vede culona” (7.5.’14). E ancora quattro anni dopo, quando il ministro Horst Seehofer la contestò sulla politica migratoria, Libero titolò: “Chi è il Salvini tedesco, che manda la Germania a culona all’aria” (3.7.’18).
Il soprannome made in Arcore era ormai un fatto notorio a livello mondiale. Finché il 20 maggio 2014, intervistando l’ex Cavaliere per la Bbc, il giornalista Jeremy Paxman osò dove i colleghi italiani mai avevano osato: “Scusi, è vero che ha definito Angela Merkel ‘culona inchiavabile’?”. L’interrogativo sortì sul gentiluomo brianzolo lo stesso effetto del gas paralizzante: una lunga, interminabile paresi, tipo fermo-immagine (il tempo per l’interprete di riaversi dallo choc e trovare le parole per tradurre un’espressione non proprio tipica del linguaggio diplomatico), seguita da un moto ondulatorio e sussultorio della mano destra che invitava l’intervistatore di passare alla domanda successiva. Anche lì nessuna smentita. Anzi, un anno dopo arrivò la conferma: ad Alan Friedman, che lo intervistava per l’agiografia My Way, B. rivendicò la paternità della geniale definizione e raccontò che l’ex cancelliere Gerhard Schröder se n’era complimentato con lui: “Hai fatto benissimo: è totalmente vero!”. Ma, nella fretta, si scordò di avvertire il mèchato.
Ps. A proposito di bufalari. Ieri l’Innominabile, dopo aver condannato ai playoff la Nazionale di calcio con il beneaugurante “Forza Italia!” di venerdì, ha sostenuto che B. “iniziò a recuperare” dopo la famosa ospitata da Santoro con spolverata di sedia il 14 gennaio 2013: “Travaglio fu il principale sponsor della ripresa di Berlusconi che arrivò a tanto così dal vincere le elezioni”. Per la cronaca, alle elezioni del 2013, B. perse 6,5 milioni e mezzo di voti e 178 seggi. E senza nemmeno gli auguri di bin Rignan.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/11/17/facce-da-culona/6395080/

domenica 14 novembre 2021

Alla corte di Bin Rignan. - Marco Travaglio

 

Riceviamo lezioni di giornalismo da autorevoli docenti, indignatissimi perché diamo notizie vere su Renzi (come su tutti) e perché i pm di Firenze indagano su notizie di reato. David Parenzo, noto per non aver mai dato una notizia in vita sua e sinceramente sgomento dinanzi all’oggetto misterioso, dice che pubblicare i finanziatori di un senatore indagato per finanziamento illecito fa di noi “soltanto dei guardoni”. Lui, intanto, non lo guarda nessuno. Alessandro Sallusti, passato dalla corte di B. a quella di R. come se facesse differenza, spiega che “non c’è da stupirsi” se la Bestiola renziana progettava di “distruggere” e “diffamare” i 5Stelle e due giornalisti, perché lo fanno tutti da sempre tranne lui. E cita “i film di Giovannino Guareschi” (che non ha mai fatto film) e le accuse (ovviamente vere) a vari politici, da Leone a B.. Ergo “Travaglio è il bue che dà del cornuto all’asino”. Quanta modestia. Sallusti è l’artefice della patacca su Dino Boffo, che su Avvenire osò criticare B. per i bunga-bunga e si ritrovò sul Giornale un’“informativa” giudiziaria (ovviamente mai esistita) che lo definiva “noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni”. Ma è anche l’unico direttore finito ai domiciliari per varie diffamazioni e graziato da Napolitano (con gran sollievo della Santanchè che l’aveva in casa come pena accessoria): il tutto perché pubblicò su Libero un pezzo che accusava un giudice di aver costretto una ragazza ad abortire e poi, scoperta la falsità della notizia, anziché rettificarla, la ripubblicò raddoppiando il danno.

Un’altra lezione giunge dall’ex pm Carlo Nordio: sul Messaggero definisce “processo politico”, “porcheria” e “nefandezza” l’inchiesta Open e “compiacenti” i giornali (due o tre) che la raccontano, per avere “vilipeso i più elementari diritti alla riservatezza”. E lui è una nota vestale della privacy: nel 2000 convalidò il sequestro dell’auto di un 25enne sorpreso dai carabinieri con una squillo e accusato inopinatamente di favoreggiamento della prostituzione, dopodiché il giovane, rincasato in taxi, s’impiccò con la cintura; e nel 2004 Bruno Vespa scoprì che dal 1998 Nordio s’era scordato nel cassetto il fascicolo sulle presunte tangenti a D’Alema e Occhetto, anziché trasmetterlo a Roma, dove giunse impolverato e prescritto. Potete ben intuire l’autorevolezza del pulpito.

Ps. In un vertice ad Arcore sulla corsa al Quirinale, “Dell’Utri ha detto che Renzi gli ha fatto sapere che, se la partita di Berlusconi diventa giocabile, lui è pronto a giocarla” (Stampa). Ora, noi non sappiamo se davvero Bin Rignan abbia parlato con Dell’Utri. Ma, se l’ha fatto, è stato solo per dirgli quello che ripete sempre agli amici B. e Verdini: “Pregiudicato!”.

https://www.blogger.com/blog/post/edit/2372701819119034825/1199653859162764004

mercoledì 1 settembre 2021

Il giuramento di Ipocrita. - Marco Travaglio

 

Diceva La Rochefoucauld che l’ipocrisia è la tassa che il vizio paga alla virtù. Infatti ormai è l’unica tassa che nessuno evade. Una specie di Green Pass obbligatorio per fare politica. Ipocrita Conte che attacca i due decreti Sicurezza del suo ex ministro dell’Interno Salvini senza fare autocritica: il premier che li avallò era lui. Ma ancor più ipocrita chi seguita a definirli fascisti e incostituzionali, scordandosi che a firmarli fu Mattarella (sono “decreti del presidente della Repubblica”, senza il quale non esistono). Super-ipocriti Salvini e gli altri leghisti che nel 2018 elogiarono e votarono in Parlamento il Reddito di cittadinanza e ora ne reclamano a gran voce l’abolizione. Per non parlare del Pd che, più a destra della Lega, riuscì financo a votare contro il più massiccio intervento mai visto contro la povertà, e ora lo difende senza una parola di contrizione per quel No che avrebbe potuto affossarlo. Maxi-ipocriti i giornaloni che continuano a menarla su Conte per aver detto ciò che ora ripetono tutti i leader e gli osservatori con la testa sul collo: bisogna trattare coi talebani (e con chi, se no, visto che sono l’unico potere rimasto a Kabul: con mia zia?) e coinvolgere Russia e Cina (se lo dice SuperMario è un genio della geopolitica, se lo dice Giuseppi è un servo di Mosca e Pechino).

Molti lettori hanno la fortuna di non leggere le cronache romane, sennò scoprirebbero di quali ipocrisie e bugie grondi la campagna elettorale nella Capitale. Siccome la Raggi, data per morta dal 2016, gode discreta salute, non passa giorno senza che i giornaloni inventino una balla. Il Corriere-Roma sbatte in copertina uno scandalo mondiale: “L’ultima offesa a Spelacchio” (l’albero di Natale rinsecchito del 2016 che continua a fornire legna al rogo per la strega Virginia). Quale offesa? Tenetevi forte: “La casetta dedicata ai bambini e al fasciatoio per le mamme installata nel 2018 a Villa Borghese non è mai stata aperta. Eppure doveva essere un esempio virtuoso del riciclo del legno di Spelacchio”. Perbacco. Non è uno scherzo: è il Corriere della sera. Meglio ancora Repubblica: “Raggi, cena con show e la doppia morale 5S. Bufera sull’appuntamento a Ostia: ‘Spettacolo pirotecnico pagato dal Municipio’”, “‘Cena elettorale senza Green Pass’, nuova bufera su Raggi”. La bufera consiste nel fatto che ieri, come ogni anno, Ostia ha chiuso la stagione balneare con una festa in piazza alle 23.30 coi fuochi d’artificio. Sempre ieri, alle 19, la Raggi presenziava a una cena elettorale sulla terrazza di un ristorante da cui i botti neppure si vedono e dove, trattandosi di un locale all’aperto, la legge non prevede il Green Pass. Capito lo scandalo, la bufera, la doppia morale? Ma andé a ciapà i ratt (che fra l’altro a Roma abbondano).

ILFQ

domenica 4 aprile 2021

Ehi, dici a noi? - Marco Travaglio

 

Un tempo, se ricordavi le condanne di un politico, ti beccavi del “giustizialista” dal Giornale&C.. Ora te lo becchi dal Giornale&C., ma anche, in stereo, da Repubblica. È capitato a Di Battista, reo di notare che i renziani chiedono alla Rai il bavaglio per Scanzi, mai indagato, e non per le orde di pregiudicati e imputati per gravi reati che pontificano come gigli di campo. Apriti cielo. Sallusti sul Giornale e Cappellini su Rep sono insorti come un sol uomo, riproducendo su carta le larghe intese di governo. Sallusti, a suo modo, è financo divertente. Invece Cappellini, offeso perché i talk “pagano Scanzi per fare l’opinionista” e lui no, ci rifila un bignami di storia del giustizialismo, noioso quasi quanto lui. Un frullato di storie e persone diverse per deplorare chi detesta i corrotti anziché esaltarli: un vizio tipicamente “reazionario”, che però purtroppo “nasce a sinistra” fin da quando il Pci, invece di colludere con le Br, “sperimenta il collateralismo con le procure” (testuale). Poi c’è Tangentopoli, “col tifo per i pm del pool di Milano” anziché per i ladri. Segue una raffica di slogan copiati paro paro dal catalogo berlusconiano: “avviso di garanzia come condanna anticipata, carcerazione preventiva per estorcere confessioni, difesa in minorità rispetto all’accusa e presunzione di colpevolezza teorizzata da Davigo, star di un giustizialismo colorato nel frattempo di grillismo”. A quel punto, “nelle tribune della sinistra o sedicente tale”, arriva il “nuovo Zdanov”, cioè il sottoscritto, in compagnia dei putribondi “Santoro, Di Pietro e Funari”, e “l’Unità di Furio Colombo” mi “elesse commentatore principe” (anziché eleggervi, che so, un Cappellini). E poi “il girotondino Flores d’Arcais” e quel facinoroso di Asor Rosa, al grido di “più Ddr per tutti”.

Ora, se non andiamo errati, Asor Rosa scrive su Repubblica fin dalla fondazione. E Flores dirigeva MicroMega per il gruppo Repubblica-Espresso, mentre l’Espresso di Rinaldi rivaleggiava con Repubblica di Scalfari e Mauro nel pubblicare i verbali di Mani Pulite, i memoriali dell’Ariosto, le 10 Domande a B. su Noemi ecc. Da quelle stesse colonne, Cappellini ci spiega che il suo giornale ha sbagliato tutto per 40 anni finché, reduce dal Riformista, dal Messaggero e da Mediaset, arrivò lui. Possibile, per carità: ma non si vede perché lo venga a dire a noi. Onde evitare che completi la storia del giustizialismo con la seconda puntata sul gruppo Repubblica-Espresso, ci appelliamo ai casting dei talk, anche del mattino presto o della sera tardi: offrite due spicci pure a Cappellini. Non più perché non venga, ma perché venga. Sì, è vero, il motto di Montanelli era “Un solo padrone: il lettore”. E il suo è “Un solo lettore: il padrone”. Ma fate un’opera buona. Sennò riattacca il pippone.

IlFattoQuotidiano

lunedì 21 settembre 2020

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio













Le mascotte. “Caro direttore, votare oggi No al referendum per il taglio dei parlamentari è una scelta coerente con la nostra Costituzione per scampare dallo strapotere di sedicenti leader improvvisati e per mandare a casa questo governo di azzeccagarbugli e dilettanti allo sbaraglio” (Luigi Bisignani, ex P2, ex P4, pluripregiudicato per finanziamento illecito ai partiti e associazione per delinquere con 10 capi di imputazione, Il Tempo, 20.9). “La gara degli anticasta ci porta verso il Sud America. Se il taglio dei parlamentari verrà approvato il nostro Paese potrebbe imboccare una deriva populista. Non a caso il M5S sosteneva Maduro” (Antonio Del Pennino, ex deputato Pri, tre patteggiamenti a 2 anni e 2 mesi per Tangentopoli, Il Riformista, 18.9). “Tra Pd e 5Stelle è pactum sceleris. Ridurre il numero dei parlamentari è un attentato alla democrazia” (Stefania Craxi, Il Riformista, 16.9). “Lega divisa, anche Fontana per il No” (Corriere della sera, 14.9). “Io voto ‘No’. Una scelta netta e precisa, contro la demagogia, a difesa dei cittadini” (Giulio Gallera, FI; assessore Sanità e Welfare Regione Lombardia, 17.9). Grazie, ragazzi: siete stati decisivi.

Harahiri. “Votate contro gli inadeguati” (Silvio Berlusconi, presidente FI, intervistato da Alessandro Sallusti, il Giornale, 19.9). Ormai si fa campagna contro.

Galeotti. “Chi ha scritto la Costituzione? Un gruppo di ex galeotti. Marco Travaglio giustamente sottolinea le condanne ricevute da molti socialisti del No. Ma c’è di peggio: moltissimi autori della Carta erano avanzi di galera. E – non sbagli mai – erano anche socialisti” (Piero Sansonetti, il Riformista, 17.9). Sì, ma per le loro idee antifasciste, non per i loro furti con scasso.

Festival di Sanscemo. “Adesso, a distanza di anni, molti mi dicono che avevo ragione sul referendum. Però mi sento un po’ come quello che non vince il Festival di Sanremo, ma riceve il premio della critica” (Matteo Renzi, senatore e segretario Iv, Rtl, 15.9). Ma se lo dà da solo.

Salvo complicazioni. “Qui al San Raffaele hanno fatto migliaia di esami e io sono risultato tra i primi cinque per forza del virus… Il mio tampone ha una carica virale da record: è la conferma che resto il numero no!” (Berlusconi all’uscita dall’ospedale, 8.9). “Allarme degli esperti: ‘Il virus attacca anche il cervello’” (Repubblica, 15.9). Ah ecco.

Attentato! “Il fatto avvenuto a Marina di Bibbona è grave e proietta un’altra ombra cupa sul Beppe Grillo di questa stagione, già assediato da tanti problemi di varia natura… Ieri mattina Francesco Selvi, inviato da Rete4 a cercare di raccontare l’attuale fase politica del Movimento, ha raccontato di essere stato aggredito e spinto all’indietro dal cofondatore del partito di maggioranza in parlamento, Grillo, grande sponsor del governo Conte tra M5S e Pd. Selvi è caduto sulle scale dello stabilimento e ha riportato una distorsione al ginocchio, come da referto medico. La dinamica della caduta avrebbe potuto avere conseguenze più gravi, visto che è stata all’indietro, di nuca e con il ginocchio girato. In parole povere: un giornalista che stava facendo il suo lavoro, delle semplici domande, quando Grillo – oggi considerato ormai un padre nobile dai teorici Dem dell’alleanza M5S-Pd si è spazientito e ha reagito… ‘Questa spinta mi butta per degli scalini all’indietro… e il ginocchio mi si gira. Potevo tirare una botta con la testa sul legno, per fortuna la testa cade sulla sabbia… Non so cosa farò adesso. Ora rimetto a posto il ginocchio’. Ieri ci sono state le denunce dell’Ordine dei giornalisti e della Fnsi. La condanna indignata da parte della candidata leghista Ceccardi e una nota del presidente della Toscana, il democratico Rossi. Silenzio imbarazzante del segretario del Pd” (Jacopo Iacoboni, ricostruzione smentita dal video della telecamera di sicurezza, La Stampa, 8.9). Pare che il putribondo figuro indossasse anche dei calzini turchesi.

Ammazza che fusti. “Big bang nel M5S: cinque pesi massimi sfiduciano la sindaca. Sono presidenti di commissioni chiave e hanno disertato il ritiro di Ostia” (Repubblica, 15.9). “Stefàno si candida contro Raggi” (Corriere della sera, 15.9). Già transennati seggi con nove mesi d’anticipo.

Innocente a sua insaputa. “‘Quanto fango su di me e Parma. Ma per il pm ero innocente’. L’ex sindaco Pietro Vignali racconta il suo calvario giudiziario dopo 10 anni di accuse: ‘Così hanno offuscato i miei meriti’” (il Giornale, 15.9). Infatti nel 2015 Vignali patteggiò 2 anni di carcere per peculato e corruzione, cioè per aver derubato il suo Comune, che s’impegnò a risarcire con mezzo milione di euro. Si vede che era innocente, ma si credeva colpevole.

Triage. “Questo governo sull’economia non sta capendo più nulla” (Giovanni Tria, ex ministro dell’Economia del governo Conte 1 in quota Lega, Libero, 14.9). Parla quello che andò in Europa a promettere un deficit a + 1,6%, poi tornò per dire che, ops!, era al + 2,4%. Però lui capiva tutto.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/09/21/ma-mi-faccia-il-piacere-203/5937916/

mercoledì 8 luglio 2020

La pistola fumante. - Marco Travaglio

Berlusconi: Santo subito?
Da quando, il 1° agosto 2013, la sezione Feriale della Cassazione da lui presieduta condannò definitivamente B. per frode fiscale a 4 anni, gli impiegati del pregiudicato – come da contratto – hanno svelato una raffica di particolari inquietanti della sua biografia, fino a quel momento immacolata. Una collezione da Guinness di scheletri nell’armadio scovati dai segugi del Giornale e degli altri fogli aziendali setacciando fascicoli, compulsando sentenze, auscultando portoni e fioriere, interrogando edicolanti, perlustrando bar, ristoranti, tavole calde, hotel e motel, importunando passanti, scoperchiando tombe e cassonetti, nella bizzarra convinzione che B. torni incensurato se si dimostra che uno degli 11 giudici che l’han condannato in primo, secondo e terzo grado è un poco di buono. 
Purtroppo, diversamente da quelle dei pm a B., le accuse degli house organ a Esposito si erano rivelate false. 
Falso che avesse barattato la richiesta di archiviazione per suo figlio, scoperto a cena con la Minetti, in cambio della condanna di B. (la richiesta sul figlio era di sei mesi prima che il processo B. giungesse sul suo tavolo). 
Falso che suo figlio parlasse con lo 007 La Motta in carcere (quello non era suo figlio, ma il figlio di suo fratello Vitaliano, allora Pg di Cassazione). 
Falso che a tavola Esposito alzi il gomito (è astemio).
Falso che tenesse lezioni a pagamento nella scuola della moglie all’insaputa del Csm (insegnava gratis con l’ok del Csm). 
Falso che si appropriasse di processi altrui per finire sui giornali (sostituiva doverosamente colleghi assenti). 
Falso che faccia vita da nababbo (la “prova”, una Mercedes, è un ferrovecchio del 1971 acquistato nel ’77 con 300mila km). 
Falso che fosse odiato per la sua faziosità quand’era pretore a Sapri (lo odiavano solo i suoi imputati che, accertò il Csm, avevano ordito “un complotto contro l’Esposito”). 
Falso che fosse stato trasferito per affari loschi (il Tar annullò il provvedimento perché le accuse erano fasulle). 
Falso che abbia anticipato a cena la condanna di Wanna Marchi. 
Falso che avesse raccontato in giro le telefonate sexy delle girl di Arcore (mai lette da nessuno e subito distrutte dai giudici di Napoli). 
Falso che sia una toga rossa di estrema sinistra (il Giornale, prima della sentenza su B., definì lui e gli altri 4 “toghe moderate”). 
Falso che una sera, a casa di un tizio di San Nicola Arcella (Cosenza), ospite d’onore insieme all’attore Franco Nero, ripetesse a cantilena per tutta la cena “Berlusconi mi sta sulle palle, gli faccio un mazzo così” (non l’aveva come imputato e si occupava di criminalità organizzata, mentre B. inspiegabilmente non aveva processi in materia).
Fin qui le panzane raccolte da Giornale, Libero e tv Mediaset a botta calda, quando si trattava di salvare il padrone dalla cacciata dal Senato in base a una legge, la Severino, che aveva votato pure lui con tutta FI. Ora, sette anni dopo, la Banda B. ci riprova, nel tentativo disperato di riverginarlo in vista del governissimo che fa benissimo. E, va detto, ci sta riuscendo grazie a nuovi testimoni di grande autorevolezza, terzietà e credibilità: un cameriere, un bagnino e uno chef dell’hotel di Ischia di proprietà del rascampàno di FI Mimmo De Siano, legatissimo al celebre Giggino ’à Purpetta, i quali giurano all’unisono che Esposito nei suoi soggiorni non faceva che ripetere: “Berlusconi è una chiavica” e “Berlusconi e De Siano li devono arrestare”. Così, come intercalare. “All’ingresso del ristorante – testimonia il cameriere – invece di dire ‘buonasera’, Esposito era solito affermare: ‘Ancora li devono arrestare’, riferendosi al dottor Berlusconi e al mio datore di lavoro”. Il fatto che i tre cantino tutti la stessa canzone e a Napoli si indaghi sulle loro testimonianze non deve ingannare. È più che credibile che un giudice di Cassazione, sapendo di albergare in un hotel del senatore De Siano, vada in giro per la hall preannunciando a chiunque incontri l’arresto del proprietario e del suo leader. “Scusi, cameriere: posto che Berlusconi è una chiavica, me lo farebbe un caffè corretto?”. “Salve, chef: siccome quelle chiaviche di Berlusconi e De Siano vanno arrestati, me lo porterebbe un antipastino di pesce?”. “Ehilà, bagnino: alla faccia di quelle chiaviche da arrestare del suo padrone e del premier, avrebbe un ombrellone, due lettini e un telo mare?”.
Casomai le prove esibite dal giurista Porro e dal giureconsulto Sansonetti (quello che non distingue una Corte d’appello da un paracarro, figurarsi dalla Cassazione), non bastassero a convincere le Corti di Strasburgo, Lussemburgo, Magdeburgo, Brandeburgo e Cheesburger, 
il Fatto è in grado di rivelare le due nuove prove in possesso agli avvocati. La prima è il nastro di una seduta spiritica con Filumena Ciucciasangue, nota medium di Casamicciola e candidata di FI che, chiacchierando del più e del meno con l’anima del giudice Franco, gli udì scandire accuse molto circostanziate al giudice Esposito (la registrazione si sente “sbsazgrttt… bsdparttzz…”, ma l’on. avv. Ghedini la sta facendo tradurre da uno fidato). La seconda è il video di Ciruzzu Scannacristiani, detenuto all’Ucciardone al 41-bis, che confida al compagno di ora d’aria: “Chill’ curnutone scurnacchiate d’Esposito m’ha fatt’ carcerà! Cià raggione Belluscone: è tutt’ nu cumblott”. A questo punto, il ricorso in Europa è una pura formalità.

mercoledì 16 ottobre 2019

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio 14 ottobre 2019

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Funeral Party. “Big assenti e contestazioni: la festa M5S è un funerale. Grillo diserta le celebrazioni per i 10 anni. La base, contraria al governo col Pd, è pronta a farsi sentire” (Libero, 10.10). 
“Festa M5S, incognita Grillo. E nasce la corrente dei ‘40’. In forse la presenza del Garante a Napoli” (Il Messaggero, 10.10). 
“Le assenze pesanti alla festa 5Stelle. Tanti malumori tra gli eletti” (Corriere della sera, 11.10). 
“I 10 anni del M5S ricordano ai militanti che il grillismo può governare solo se sceglie di tradire le sue promesse” (Il Foglio, 12.10). 
“Assenze e mugugni. Rischia il flop la festa per i 10 anni del M5S” (Repubblica, 12.10). 
“Buona notizia. Dopo appena 10 anni i 5Selle si sfasciano. Eletti ed elettori se ne vanno” (Filippo Facci, Libero, 12.10). “Il cruccio di Di Maio alla festa 5SStelle: ‘Vedo Napoli e poi muoio?’” (Riccardo Barenghi, La Stampa, 12.10). 
Infatti. Morgan di Nazareth. “L’ignoranza e l’arretratezza di costume dell’Italia sono arrivate al punto tale da sfrattare un artista. Non è mai successo nella storia, è una barbarie. Non è una società giusta, del resto hanno ucciso Cristo, dopo di quello può succedere di tutto” (Marco Castoldi in arte Morgan, cantante, alla Biennale di Milano, 11.10). Perchè, anche San Giuseppe non pagava l’affitto?
Ciarlamento. “La legge sul taglio dei parlamentari la voterò perché sono nella maggioranza e sono leale. Ma un minuto dopo sarò al lavoro per raccogliere le firme e chiedere un referendum per dire no a questa riforma” (Roberto Giachetti, Pd, alla Camera, 8.10). Noi eravamo sempre stati favorevoli al taglio dei parlamentari. Poi abbiamo ascoltato quelle parole nobili, coerenti, elevate e l’angoscia ci ha assaliti: e se, fra i 230 deputati che verranno a mancare al prossimo giro, ci fosse anche Giachetti? Non ce lo perdoneremmo mai.
Vuoto Daria. “Instagram vince, ma la tv è viva” (Daria Bignardi, Repubblica, 8.10). Sopravvive persino alla Bignardi.
Braccia rubate. “Ci governa il partito della cadrega” (Gian Marco Centinaio, ex ministro dell’Agricoltura e deputato Lega, La Verità, 7.10). Tipo quella che ha appena perso lui.
Atroce sospetto. “Fatture false, i genitori di Renzi condannati a un anno e nove mesi. L’ex premier amaro: vogliono colpire me” (il Messaggero, 8.10). Perché: le ha emesse lui?
Sinceri democratici. “Manca la democrazia. Malessere solo all’inizio” (Gelsomina Vono, deputata passata dal M5S a Italia Viva di Renzi, Libero, 12.10). Non ci si può neppure mettere all’asta al migliore offerente.
Concorrenza sleale. “Primo testo di legge renziano: commissione anti fake news. L’iniziativa a firma Boschi: un’inchiesta parlamentare sui ‘delitti contro la Repubblica’. Si vuole indagare anche sul referendum 2016 e sulla diffusione massiva di bufale sui social” (il Messaggero, 10.10). Pretendono l’esclusiva.
Emme Bonine. “Il Pd sbaglia tutto se si sposa con il M5S. L’alternativa è con noi” (Emma Bonino, Repubblica, 13.10). Noi chi? Ormai parla al plurale maiestatico, come il Papa.
Qui lo dico e qui lo nego/1. “La questione del crocifisso in classe è molto sentita in Italia. Meglio appendere alla parete una cartina del mondo con dei richiami alla Costituzione” (Lorenzo Fioramonti, ministro 5Stelle dell’Istruzione, Un giorno da pecora, Radio 1, 30.9). “Sono sgomento di fronte al vespaio mediatico di polemiche su tale questione, che non è assolutamente una priorità” (Fioramonti, Circo Massimo, Radio Capital, 2.10). Quindi una cosa è certa: non sappiamo se sia il primo o il secondo, ma c’è un Lorenzo Fioramonti che va in giro a spacciarsi per Lorenzo Fioramonti.
Qui lo dico e qui lo nego/2. “Non è che se un ultimatum lo lanci dal Papeete è peggio che se lo lanci dalla Leopolda” (Andrea Orlando, vicesegretario Pd, 6.10). “Si è alimentata una mini campagna strumentale, basata su una fake news e corredata da tanto di cards, simili ad altre già viste in passato. Non ho mai detto né pensato che Leopolda e Papeete fossero la medesima cosa. Aggiungo che sono abituato a queste manganellature mediatiche. Sono stati veicolati, anche in questo caso con tecniche già viste, contro di me commenti con insulti e contenuti diffamanti di cui si occuperanno i miei legali” (Orlando, 7.10). Addirittura! Per una volta che ne aveva detta una giusta.
Il titolo della settimana. “Più fisco, più manette” (Alessandro Sallusti, il Giornale, 11.10). Paura eh?

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sabato 9 maggio 2015

Dagli al giornalista. - Marco Travaglio.



Confesso il mio doppio conflitto d’interessi: sono giornalista e sono anche uno di quelli spiati durante il governo Berlusconi-2 dal Sismi del generale Niccolò Pollari e del suo “analista” Pio Pompa e, per soprammercato, pure dalla cosiddetta Security della Telecom capitanata da Luciano Tavaroli (che in realtà lavorava in tandem con i servizi). 

Bene: a Perugia, nel silenzio generale, sta per concludersi il processo a Pio Pompa, nei cui uffici e appartamenti romani furono sequestrati nel 2007 ben 10 mila file. “In quei Cd, Dvd e hard-disk – ha ricordato il pm Massimo Casucci – sono stati rinvenuti dossier su giornalisti e magistrati, insieme a documenti su attentati e sulle questioni aperte riguardanti Iraq, Afghanistan e Nigergate. Quando è avvenuta la perquisizione, però, Pompa non faceva più parte dell’intelligence militare e dunque non poteva detenere quei file”. E perciò, dieci giorni fa, il pm ha chiesto la condanna di Pompa a 4 anni e mezzo di carcere per essersi procacciato documenti “atti a fornire notizie che nell’interesse della sicurezza dello Stato dovevano rimanere segrete”.

Ieri il sito del Fatto ha rivelato che, sentito come testimone, il generale Pollari – ex superiore di Pompa – ha invocato il segreto di Stato depositando una lettera che gli ha scritto Giampiero Massolo, direttore del Dipartimento Informazioni per la Sicurezza della Presidenza del Consiglio (il Dis, che coordina i servizi segreti militare e civile). Che dice Massolo? Che anche il governo Renzi, come i precedenti, ha deciso di apporre il segreto di Stato e addirittura di ricorrere alla Corte costituzionale per mandare in fumo il processo a Pompa. Ora, nei dossier sequestrati nel 2007, emergeva un sistematico dossieraggio su magistrati, politici e giornalisti considerati “ostili” a Berlusconi, definiti “bracci armati” di non si sa quale Spectre e dunque da “disarticolare”, “neutralizzare”, “ridimensionare” e “dissuadere”, anche con “provvedimenti” e “misure traumatiche”. 

Davvero il governo Renzi ha così a cuore la libertà di stampa e di pensiero da impedire verità e giustizia anche su quell’oscura vicenda? È vero, noi giornalisti siamo una categoria malfamata. Ma ormai il primo che passa si sente autorizzato a prenderci a ceffoni senza che nessuno dica o faccia nulla. È di questi giorni l’incredibile vicenda dell’Unità, che il Pd vorrebbe rimandare in edicola con i soliti soldi pubblici, ma abbandonando al loro destino i giornalisti delle ultime gestioni, lasciati soli a difendersi da querele penali e cause civili, a pagarsi gli avvocati e addirittura a farsi pignorare le case e gli stipendi.

Ed è dell’altro giorno la sentenza del Tribunale di Roma che dà torto a Sandra Amurri, giornalista del Fatto Quotidiano, e ragione all’ex deputato Dc e poi Udc Calogero Mannino, tuttora imputato a Palermo per violenza o minaccia a corpo dello Stato nel processo sulla trattativa Stato-mafia. L’antefatto è noto, almeno ai nostri lettori. 

Il 21-12-2011 Sandra Amurri, trovandosi al Bar Giolitti di Roma, a due passi da Montecitorio, ascoltò casualmente una conversazione fra due politici. Uno lo riconobbe subito: Mannino. L’altro lo identificò poi dalle foto scattate con l’iPhone: Giuseppe Gargani. Sentì dire fra l’altro a Mannino: “Stavolta ci fottono: dobbiamo dare tutti la stessa versione. Spiegalo a De Mita, se lo sentono a Palermo è perché hanno capito. E, quando va, deve dire anche lui la stessa cosa, perché questa volta ci fottono. Quel cretino di Ciancimino figlio ha detto tante cazzate, ma su di noi ha detto la verità. Hai capito? Quello, il padre, di noi sapeva tutto, lo sai no? Questa volta, se non siamo uniti, ci incastrano. Hanno capito tutto. Dobbiamo stare uniti e dare tutti la stessa versione”. E a Gargani: “Certo, certo, stai tranquillo, non ti preoccupare, ci parlo io”. Un caso di scuola di inquinamento delle prove. 

La Amurri raccontò sul Fatto quanto aveva visto e sentito e, chiamata dai giudici di Palermo a testimoniare sotto giuramento, confermò tutto. Mannino la insultò: “Mitomane”, “spia”, “agente volontario in servizio della Stasi in Germania o del Kgb nell’Urss”, “fantasia eccitata”, “delirio”, “menzogna organizzata”. La Amurri gli fece causa. Intanto, sentito come teste al processo Trattativa, Gargani confermava il colloquio (non, ovviamente, le parole) con Mannino nella data e nel luogo indicati. E il deputato Aldo Di Biagio, che l’aveva incontrata alla sua uscita dal bar Giolitti, testimoniava che subito la nostra giornalista gli aveva raccontato ciò che aveva appena sentito dai due politici. 

Ora il giudice di Roma dà ragione a Mannino e condanna la Amurri a pagargli 15 mila euro di spese legali. Ma, quel che è peggio, scrive nella motivazione che gli insulti sanguinosi di Mannino – i peggiori che un giornalista possa ricevere – sono “espressioni riconducibili all’esercizio del diritto di critica… proporzionate e strettamente collegate alle accuse mossegli nell’articolo” e “all’indebita interferenza della giornalista in una sua conversazione privata”. Già, perché qui la colpevole è la cronista: ha “abusivamente origliato il colloquio” e, anziché starsene zitta come fanno i conigli che non cercano rogne, l’ha denunciato e poi confermato ai giudici per aiutarli ad accertare la verità. 

La domanda è semplice: se io, comune cittadino o giornalista, ascolto al bar due persone che progettano un omicidio, o una rapina, o uno stupro, che devo fare? La sentenza non lascia dubbi: devo farmi i cazzi miei e lasciare che i due portino a termine il crimine. Altrimenti, se faccio il mio dovere di denunciarli, quelli potrebbero diffamarmi e, se reagisco, rischio di incontrare un giudice che mi accusa di averli abusivamente origliati violando la loro sacra privacy, e mi obbliga pure a rimborsarli con 15 mila euro. 

Una lezione di educazione civica.

http://temi.repubblica.it/micromega-online/dagli-al-giornalista/