Carta Canta - l'Espresso, 28 settembre 2012.
Siccome in Italia il rinnovamento della politica si fa conservando gli stessi politici, che però cambiano continuamente idea e nome ai loro partiti, Pierferdinando Casini si crede il non plus ultra del nuovo che avanza: infatti ha 57 anni e ne ha trascorsi più in Parlamento (29) che fuori, essendo entrato alla Came
ra nel 1983 per non uscirne più. Ha militato nella Dc, nel Ccd con Berlusconi e nell'Udc contro Berlusconi, ma ora ha sciolto l'Udc per traghettarla nel “Partito della Nazione” che si propone una grande coalizione col Pd e con Berlusconi per un bel Monti-bis.
E dire che, nel dicembre '94, quando il primo governo del Cavaliere cadde per la sfiducia di Bossi, i governi tecnici gli davano l'orticaria: infatti rifiutò di appoggiare quello di Lamberto Dini, antesignano di Monti, perché era “la versione raffinata, tecnico-universitaria, del ribaltone politico”, un “gioco scorretto” contro “il bipolarismo che abbiamo costruito”, per “far dimenticare il voto popolare” e negare “la parola agli elettori” (17 gennaio '95). Quando poi, un anno dopo, Dini si candidò con una sua lista nel centrosinistra, Casini tuonò: “Se c'è una persona inaffidabile è Dini: ha fatto un governo tecnico che doveva restare neutrale e invece è diventato un partito” (24 marzo '96). Ora naturalmente patrocina una “Lista Monti” con dentro un bel po' di ministri tecnici, da Corrado Passera ad Andrea Riccardi (Monti, purtroppo per lui, è già senatore a vita), tutti invitati alla sua convention diuretica di Chianciano. E guai a chi dà loro degli “inaffidabili” per le loro fregole ben poco tecniche e molto politiche.
Nel dicembre 2005, quand'era presidente della Camera per grazia berlusconiana ricevuta, Casini minacciò di ritirare l'appoggio al secondo governo Berlusconi se il centrodestra non avesse subito cambiato la legge elettorale. Naturalmente fu accontentato: il nuovo sistema di voto lo scrisse il ministro Roberto Calderoli sotto dettatura di Casini. E fu subito Porcellum: proporzionale senza preferenze, ma con liste bloccate e soprattutto con un mostruoso premio di maggioranza alla coalizione vincente. Pierferdy, tutto contento, regalò al Cavaliere il suo Follini come vicepremier.
Ora, fischiettando come se niente fosse, si batte come un leone contro il Porcellum che aveva dettato lui e addirittura promuove una raccolta di firme per reintrodurre le preferenze che aveva bocciato lui. E se nel '95 osteggiava il governo Dini nemico del “bipolarismo che abbiamo costruito”, oggi il nemico del bipolarismo è lui, Pierfischiettando: infatti sogna la grande coalizione e non vuol saperne di una legge elettorale che costringa i partiti a dichiarare prima del voto con chi si alleeranno. Un uomo tutto d'un pezzo. O d'un prezzo. Dopo aver votato una trentina di leggi vergogna in favore dei corrotti, invoca un giorno sì e l'altro pure la legge anticorruzione. E promette, ça va sans dire, liste pulite: “Riteniamo sia giusto presentare un'offerta politica composta da persone perbene”. Fantastico.
Ma forse chi, come il Pd, vuole portarlo all'altare dovrebbe pretendere qualche garanzia più precisa, visti i precedenti. Stiamo pur sempre parlando del formidabile talent scout che portò in Parlamento Totò Cuffaro, Calogero Mannino e Saverio Romano quand'erano imputati per storie di mafia (il primo fu poi condannato e gli altri due assolti, però Mannino è di nuovo sotto processo per la trattativa fra lo Stato e Cosa Nostra). Ora non vorremmo che Pierfischiettando ci ricascasse, visto che ai suoi raduni sfilano abitualmente Paolo Cirino Pomicino (due condanne definitive: finanziamento illecito e corruzione), Giorgio La Malfa (una condanna per finanziamento illecito), Lorenzo Cesa (reo confesso di una dozzina di tangenti e salvato per un vizio di forma), Emma Marcegaglia (la cui azienda di famiglia ha patteggiato per corruzione), lo stesso Passera (indagato per frode fiscale) e alcuni emissari di Italia Futura di Luca Cordero di Montezemolo (condannato in primo grado per abusi edilizi).
Urge chiarimento sul concetto di “persone perbene”.
E dire che, nel dicembre '94, quando il primo governo del Cavaliere cadde per la sfiducia di Bossi, i governi tecnici gli davano l'orticaria: infatti rifiutò di appoggiare quello di Lamberto Dini, antesignano di Monti, perché era “la versione raffinata, tecnico-universitaria, del ribaltone politico”, un “gioco scorretto” contro “il bipolarismo che abbiamo costruito”, per “far dimenticare il voto popolare” e negare “la parola agli elettori” (17 gennaio '95). Quando poi, un anno dopo, Dini si candidò con una sua lista nel centrosinistra, Casini tuonò: “Se c'è una persona inaffidabile è Dini: ha fatto un governo tecnico che doveva restare neutrale e invece è diventato un partito” (24 marzo '96). Ora naturalmente patrocina una “Lista Monti” con dentro un bel po' di ministri tecnici, da Corrado Passera ad Andrea Riccardi (Monti, purtroppo per lui, è già senatore a vita), tutti invitati alla sua convention diuretica di Chianciano. E guai a chi dà loro degli “inaffidabili” per le loro fregole ben poco tecniche e molto politiche.
Nel dicembre 2005, quand'era presidente della Camera per grazia berlusconiana ricevuta, Casini minacciò di ritirare l'appoggio al secondo governo Berlusconi se il centrodestra non avesse subito cambiato la legge elettorale. Naturalmente fu accontentato: il nuovo sistema di voto lo scrisse il ministro Roberto Calderoli sotto dettatura di Casini. E fu subito Porcellum: proporzionale senza preferenze, ma con liste bloccate e soprattutto con un mostruoso premio di maggioranza alla coalizione vincente. Pierferdy, tutto contento, regalò al Cavaliere il suo Follini come vicepremier.
Ora, fischiettando come se niente fosse, si batte come un leone contro il Porcellum che aveva dettato lui e addirittura promuove una raccolta di firme per reintrodurre le preferenze che aveva bocciato lui. E se nel '95 osteggiava il governo Dini nemico del “bipolarismo che abbiamo costruito”, oggi il nemico del bipolarismo è lui, Pierfischiettando: infatti sogna la grande coalizione e non vuol saperne di una legge elettorale che costringa i partiti a dichiarare prima del voto con chi si alleeranno. Un uomo tutto d'un pezzo. O d'un prezzo. Dopo aver votato una trentina di leggi vergogna in favore dei corrotti, invoca un giorno sì e l'altro pure la legge anticorruzione. E promette, ça va sans dire, liste pulite: “Riteniamo sia giusto presentare un'offerta politica composta da persone perbene”. Fantastico.
Ma forse chi, come il Pd, vuole portarlo all'altare dovrebbe pretendere qualche garanzia più precisa, visti i precedenti. Stiamo pur sempre parlando del formidabile talent scout che portò in Parlamento Totò Cuffaro, Calogero Mannino e Saverio Romano quand'erano imputati per storie di mafia (il primo fu poi condannato e gli altri due assolti, però Mannino è di nuovo sotto processo per la trattativa fra lo Stato e Cosa Nostra). Ora non vorremmo che Pierfischiettando ci ricascasse, visto che ai suoi raduni sfilano abitualmente Paolo Cirino Pomicino (due condanne definitive: finanziamento illecito e corruzione), Giorgio La Malfa (una condanna per finanziamento illecito), Lorenzo Cesa (reo confesso di una dozzina di tangenti e salvato per un vizio di forma), Emma Marcegaglia (la cui azienda di famiglia ha patteggiato per corruzione), lo stesso Passera (indagato per frode fiscale) e alcuni emissari di Italia Futura di Luca Cordero di Montezemolo (condannato in primo grado per abusi edilizi).
Urge chiarimento sul concetto di “persone perbene”.