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venerdì 12 aprile 2019

E ora?

E ora?

Dopo aver trascorso 2.487 giorni nell'ambasciata dell'Ecuador a LondraJulian Assange è stato arrestato. Revocato il suo asilo politico, gli agenti britannici hanno prelevato il fondatore di Wikileaks per portarlo alla stazione centrale di Scotland Yard. Il 47enne rischia ora l'estradizione negli Stati Uniti, dove potrebbe essere condannato a 5 anni di carcere. Portato fuori di peso dall'edificio e spinto dentro un furgone mentre gridava "il Regno Unito deve resistere", capelli e barba lunga, è apparso invecchiato e provato. 

Assange, cittadino australiano, sta ricevendo l'assistenza consolare ma non riceverà alcun "trattamento speciale", ha detto il primo ministro Scott Morrison. Il ministro degli Affari esteri australiano, Marise Payne, si legge sul Guardian, ha fatto sapere che i funzionari sono stati informati che la Gran Bretagna non accetterebbe l'estradizione se un individuo dovesse affrontare la pena di morte a cui "l'Australia è completamente contraria.

Come hanno spiegato i legali di Assange, l'arresto è avvenuto "in relazione a una richiesta di estradizione degli Stati Uniti" che dal canto loro hanno confermato di aver chiesto al Regno Unito l'estradizione di Julian Assange "in relazione all'accusa federale di aver partecipato ad un complotto per accesso abusivo in una rete informatica". Secondo quanto si legge negli atti dei procuratori federali, datati 8 marzo ma finora secretati, il 47enne è accusato di aver "aiutato Chelsea Manning, ex analista dell'intelligence militare, ad entrare nei computer protetti da password del dipartimento della Difesa collegati al Siprnet, la rete del governo americano usata per documenti e comunicazioni classificate". Per Assange è dunque stata richiesta l'estradizione per reati informatici e non per spionaggio. Nell'atto di accusa si sottolinea che Assange ha avuto un ruolo "nella più ampia sottrazione di materiale classificato della storia degli Stati Uniti".

"Deve rispondere per quello che ha fatto", ha commentato l'ex candidata presidenziale democratica degli Stati Uniti Hillary Clinton. Il sito web fondato dal giornalista australiano ha pubblicato le email dal Partito democratico, hackerato dal governo russo, che sono state dannose per la Clinton durante le elezioni presidenziali del 2016. "È chiaro dall'accusa che è venuta fuori, che l'arresto riguarda l'assistenza all'hackeraggio di un computer militare per rubare informazioni dal governo degli Stati Uniti", ha detto Clinton. "Aspetterò e vedrò cosa succederà, ma deve rispondere per quello che ha fatto", ha sottolineato l'ex segretario di Stato.
Nell'atto di accusa dei procuratori distrettuali di Alexandria, Virginia - il tribunale più vicino al Pentagono - si afferma che Assange ha "incoraggiato in modo attivo" Manning a consegnare materiale top secret. E quando l'analista dei servizi segreti militari gli disse di aver consegnato a Wikileaks tutti i file che aveva rubato, Assange avrebbe risposto: "Occhi curiosi non rimangono mai a secco nella mia esperienza". Una ricostruzione in contrasto con quanto affermato da Manning che durante il suo processo disse di aver inviato di sua iniziativa i documenti rubati a Wikileaks e che nessuno del sito di Assange le aveva mai chiesto di dare altre informazioni. Ma i procuratori presentarono copie di conversazioni in chat tra Manning ed Assange sostenendo quindi che i due avevano collaborato.
"Non so nulla di Wikileaks, non è una cosa che mi interessa e so che è qualcosa che ha a che fare con Julian Assange", è stata la risposta di Donald Trump ai giornalisti nello Studio Ovale che gli chiedevano se amasse ancora Wikileaks. Trump twittò 'I love Wikileaks' quando, nell'ottobre del 2016, il sito pubblicò le mail compromettenti su Hillary Clinton. "Vedremo quello che succede con Assange, non so molto di lui, non è la questione della mia vita" ha detto ancora il presidente Usa dimostrando disinteresse per la vicenda dell'estradizione richiesta dagli Usa che, ha sottolineato, è una questione su cui dovrà decidere l'attorney general William Barr.


L'arresto ha provocato un acceso dibattito. Da una parte c'è il governo che difende l'arresto prova che "nessuno è al di sopra della legge". Comparso in un tribunale di Londra, il 47enne australiano è stato dichiarato colpevole di aver infranto i termini della libertà condizionale, poiché non si è consegnato alle autorità britanniche per un mandato del 2010 legato alle accuse di violenza sessuale in Svezia, che sono state successivamente ritirate. Ma i gruppi laburisti e delle libertà civili hanno condannato la richiesta di estradizione degli Stati Uniti. L'avvocato di Assange, Jennifer Robinson, ha dichiarato che l'arresto del suo cliente è un "pericoloso precedente". L'ex analista della Nsa americana Edward Snowden ha definito l'arresto un "momento buio per la libertà di stampa". "Le immagini dell'ambasciatore dell'Ecuador che invita la polizia segreta britannica all'interno dell'ambasciata per trascinare fuori dall'edificio un giornalista vincitore di premi finiranno nei libri di storia. I critici di Assange possono anche rallegrarsi, ma questo è un momento buio per la libertà di stampa", ha scritto Snowden in un tweet. 


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sabato 10 maggio 2014

Mafia, Dell’Utri condannato: estradizione o latitanza? Le 72 ore decisive. - Giuseppe Pipitone

Mafia, Dell’Utri condannato: estradizione o latitanza? Le 72 ore decisive


E' il tempo necessario per capire se l'ex senatore di Forza Italia sconterà sette anni di detenzione in un carcere italiano o se invece potrà rimanere a piede libero in Libano. L'avvocato: "Il reato di cui è accusato è il concorso esterno in associazione mafiosa: un reato fumoso, non riconosciuto negli altri stati”.
Condannato in via definitiva per concorso esterno a Cosa Nostra, ma ancora oggi lontano dall’Italia. Passeranno settantadue ore prima che Marcello Dell’Utri possa conoscere il suo destino: sette anni di detenzione in un carcere italiano o la remota possibilità di tornare a piede libero in LibanoL’ex senatore è detenuto dal 13 aprile scorso in un ospedale di Beirut, guardato a vista dagli agenti della polizia locale. È proprio in ospedale che Dell’Utri è venuto a conoscenza della sentenza della Cassazione, che ha messo il bollo sulla sua condanna, informato in diretta dai familiari che a loro volta erano stati avvisati dai legali.
L’amico fidato di Silvio Berlusconi era stato arrestato dall’intelligence libanese in una suite dell’hotelPhoenicia, come ordinato dall’Interpol, dopo che si era reso irreperibile a pochi giorni dalla sentenza della Corte di Cassazione. “Sono dimostrati i rapporti mai interrotti che Dell’Utri ha avuto con le famiglie mafiose palermitane in favore delle quali ha svolto un ruolo di mediatore del patto di protezione personale e delle sue attività, siglato nel 1974 da Silvio Berlusconi”, ha detto nella sua requisitoria il sostituto procuratore generale Aurelio Galassochiedendo la conferma della condanna emessa dalla corte d’appello di Palermo il 25 marzo 2013. Richiesta avallata dalla prima sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Maria Cristina Saitto, dopo quattro ore di camera di consiglio. Immediatamente dopo è arrivato l’ordine di carcerazione del sostituto pg di Palermo Luigi Patronaggio, trasmesso al Ministero della Giustizia, che ora dovrebbe allegarlo alla richiesta di estradizione spedita in Libano.
Al momento dell’arresto a Beirut sul capo di Dell’Utri non pendeva alcuna condanna definitiva: secondo il Trattato bilaterale che disciplina i rapporti giuridici tra Italia e Libano, l’ex senatore era quindi da considerarsi soltanto un indagato. Ecco perché il procuratore generale di Beirut Samir Hammoud ha fatto appello all’articolo 21 della stessa convenzione Italia – Libano, chiedendo a via Arenula di avere a disposizione non solo ordine d’arresto e le motivazioni della condanna d’appello, ma anche gli atti relativi alle altre sentenze emesse a carico di Dell’Utri. Documenti che il Ministero della Giustizia italiano ha dovuto tradurre in francese, riuscendo a spedirli in Libano soltanto il 5 maggio scorso, 23 giorno dopo l’arresto di Dell’Utri. “Per quanto riguarda l’estradizione non cambia nulla: semplicemente la richiesta di custodia cautelare sarà sostituita dall’ordine di carcerazione”, ha detto l’avvocato Giuseppe Di Peri, storico legale di Dell’Utri, specificando che “l’ex senatore è assistito a Beirut da un legale libanese”, l’avvocato Akram Azoury,“esperto del diritto locale”.
L’avvocato Azoury conoscerà sicuramente molto bene il Trattato che disciplina i rapporti tra Libano – Italia. Soprattutto l’articolo 23, quello che sancisce come si possa “porre fine all’arresto provvisorio se, nel termine di trenta giorni dall’arresto, il governo richiesto non avrà ricevuto uno dei documenti menzionati al secondo comma dello articolo 21. La liberazione esclude l’arresto e l’estradizione se la domanda di estradizione perviene successivamente”. In pratica le autorità libanesi dovranno decidere il destino di Dell’Utri entro i prossimi tre giorni: e poco importa se nel frattempo l’ordine di custodia cautelare si sia trasformato in un ordine di carcerazione per scontare la pena definitiva.
“Stiamo anche ragionando sull’ipotesi di un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, aggiunge l’avvocato Di Peri a ilfattoquotidiano.it. “Non bisogna dimenticare – spiega – che oltre ad una vicenda lunga vent’anni, il reato di cui è accusato Dell’Utri è il concorso esterno in associazione mafiosa: un reato fumoso, non riconosciuto negli altri stati”. Un reato che anche in Libano dovranno studiare prima di concedere l’estradizione. “Credo che questa vicenda non si possa considerare ancora conclusa”, conclude l’avvocato Di Peri. La stessa speranza del suo assistito: Marcello Dell’Utri, uomo cerniera tra BerlusconiCosa Nostra e fondatore del primo partito italiano degli ultimi vent’anni.