Ieri Juncker, presidente della Commissione, è stato ospite di Fazio a “Che tempo che fa”. L’ennesimo capitolo di una narrazione di regime.
Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, che oggi incontrerà il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e domani il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e l’ex presidente Napolitano, è sempre uguale a se stesso. Fabio Fazio, uno specialista di “incontri ravvicinati del terzo tipo” con i pesi massimi dell’Europa, dopo essersi cimentato con Macron si è speso anche per Juncker. Un’intervista magistrale per densità politica, tanto da richiamare la filosofia di Emanuele Severino: il divenire non esiste, c’è solo l’eternità degli accadimenti. Ecco, l’intervista a Juncker rimanda a questo: ieri, oggi, domani, sempre il presidente della Commissione europea è eternamente se stesso. E, dunque, eternamente identico alla sua funzione, al suo ruolo, al suo posto.
Impeccabilmente se stesso e con questa aura severiniana a far da cornice a un volto espressivo come le maschere teatrali giapponesi, Juncker ha sciorinato, con pacata indifferenza, le ragioni della forza burocratico-formalistica dell’Ue.
Non è vero, afferma Juncker, che l’Italia sia un pericolo per il resto del mondo, come afferma il Fmi, certo che no, ha solo un debito pubblico insostenibile, ci vogliono adeguati “strumenti” per rilanciare la crescita italiana. Che cosa ha detto? Niente, naturalmente: è quell’ovvio, però, che sa di parziale de profundis per il sistema-Italia. L’Italia non è nemica del mondo, ma solo di se stessa; a buon intenditor, poche parole.
Per la cronaca: Fazio approva.
Da questa prima dirompente dichiarazione, di chiaro sapore “eversivo”, Juncker prende le mosse per allargare lo scenario, un vero grandangolo: la previsione del livello di crescita dell’Italia allo 0,2%, molto imprecisa, loro lo sapevano già, perché loro sanno sempre tutto, e sanno anche che questo significa stagnazione. Ma ovviamente l’Italia non è un pericolo per il mondo e il Fmi sbaglia.
Ancora una volta, sempre per la cronaca: Fazio approva, con un linguaggio del corpo non molto dissimile da quello largamente usato con Macron.
D’altra parte, chi l’ha detto che Juncker non abbia un cuore? Ce l’ha, eccome, ha perfino provato tristezza per i greci, sa anche che molti greci sono poveri, forse ha assaggiato anche lo yogurt di quelle parti, e insomma, quello che ha fatto il Fmi proprio non va. Ma come? Parla oggi, a distanza di un ciclo di crisi socio-economica? Non facciamo troppo i puntigliosi, seguiamo la linea di Fazio, che anche stavolta ha approvato, aggiungendo alla commovente dissertazione di Juncker un velo di malinconia. Ma dopo entrambi si sono ripresi e via con le questioni pesanti: come la vuole questa Europa, eccellentissimo presidente della Commissione europea, Juncker?
La risposta non è di quelle che possano lasciare indifferenti gli uomini dabbene: l’Europa deve essere più “sociale”. I greci ringraziano.
Fazio qui non ha avuto il tempo di sfoggiare un eccellente linguaggio del corpo perché sono troppi i nodi drammatici da sciogliere: la Cina, la Via della Seta.
Approvo, ha sentenziato Juncker. Solo che i singoli Paesi sono pregati di non decidere le alleanze strategiche per contro proprio, possono al massimo deliberare sull’ora legale. Ma, naturalmente, l’Italia ha fatto bene a sancire accordi con la Cina (tradotto nel duro lessico tattico-militare: sfàsciati pure da sola, così poi arriverai a più miti consigli e con perdite economiche e sistemiche di non poco momento).
E la Brexit? Incalza il prode Fazio. “Quanta pazienza abbiamo avuto con i britannici, ma ora si sta esaurendo” (ma non è una minaccia, sia chiaro; Juncker, lo ha dichiarato espressamente, è un uomo di “pace”). La Gran Bretagna è come la Sfinge, anzi quest’ultima è più chiara nei suoi intenti della prima. Amen to that. Fazio, europeista entusiasta, approva, of course, è il caso di dire, e sospira. Ma non può mica fermarsi qui, c’è molta altra carne al fuoco: come la mettiamo col “sovranismo”?
Su questo punto, Juncker è stato magistrale nell’esercizio del potere della retorica del comando. Ecco l’argomento: 1)l’Europa è il continente più piccolo, mica siamo eurocentrici, noi, non vogliamo farla da padroni o fare avventure neocoloniali (svalutazione);
2) l’Europa perde, tra l’altro, peso economico, lo sappiamo tutti (principio di realtà);
3) ergo, come possiamo creare un’Europa più solida ed autorevole con le nazioni che vanno “in ordine sparso” (ritorna il gergo militare: e siamo all’intimidazione, bingo).
2) l’Europa perde, tra l’altro, peso economico, lo sappiamo tutti (principio di realtà);
3) ergo, come possiamo creare un’Europa più solida ed autorevole con le nazioni che vanno “in ordine sparso” (ritorna il gergo militare: e siamo all’intimidazione, bingo).
Non male, presidente, la retorica del comando è smascherabile, ma decisamente funzionante. Fazio che fa? Ok, ormai lo sapete già.
Indefesso, il nostro intervistatore insiste: ma Orbán che fa? Campagna politica contro di lei? Juncker è uno tosto e non ci pensa due volte nel dare il meglio di sé: “Me ne frego alla grande”. Gli xenofobi non fanno paura a noi, uomini distinti e operosi nella costruzione della “pace” (un vero kantiano), che vadano pure al diavolo, li tolleriamo perché sono perdenti. E così sia.
Altre mirabili incursioni sul leggendario tetto del 3%, il clima, che assilla le coscienze giovanili, il “gretinismo” piazzaiolo insomma, con questi nuovi rampolli che fanno bene a manifestare come faceva lui, da giovane, prima di scoprire, con la teoria delle élites, che il potere logora chi non ce l’ha, e allora è bene sedere sugli scranni che contano. Ma non senza averci reso nota la sua importante militanza di manifestante anti-Vietnam, uno scoop che dobbiamo per intero a Fazio. Questo ripaga ampiamente il canone Rai.
Galoppiamo verso la fine: “più Europa”. Ecco lo Juncker “marxista”, che smaschera la falsa coscienza: “Non vuol dire niente”. Non c’è bisogno neanche di avere “più Europa”, il “più” è superfluo, abbiamo già preso tutto, pare questo il senso ultimo della sua discettazione. Che seguo nei suoi termini essenziali: no agli Stati Uniti d’Europa, perché gli “europei”, che lui conosce davvero bene, non li vogliono. Dobbiamo creare canali di comunicazione e conoscenza reciproca, sembra l’idea di un Progetto Erasmus diffuso a macchia d’olio, detto in formula: “Cosa sanno i finlandesi dei napoletani?”. Rimango silente, in attesa di cavar fuori dalla mia coscienza, meno raffinata di quella di Juncker, una risposta a cotanto quesito.
E le politiche migratorie, dica un po’, illustrissimo Presidente Juncker, che ne pensa? Juncker è tetragono anche su questo punto: abbiamo dato un miliardo di euro, “non di lire”, si affretta a precisare (la lira resuscitata dal Verbo che viene dall’Alto), per sostenere l’Italia, nell’impegno con i migranti, gli sbarchi, etc. Juncker si è speso per l’Italia, anzi ha affermato che “l’Italia salva l’onore dell’Europa” con la sua azione di accoglienza e solidarietà verso i migranti. Fazio è compiaciuto.
Gli “eterni” si sono incontrati, alla maniera severiniana, in questa intervista e dunque ogni giudizio storico e ancor più politico non sarà mai all’altezza di un così elevato rigore destinato ad altri mondi. Severino, in un’intervista, ha spiegato perché proprio quella stessa intervista fosse eterna. Comincio a pensare che Juncker sia un lettore del più celebrato filosofo italiano. D’altra parte, l’ha dichiarato nell’intervista, occorre fare rete e amicizia in Europa: che ne sa un lussemburghese degli “eterni” prodotti in Italia? Il Presidente, solerte, provvede a rispondere.
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