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giovedì 21 marzo 2013

Per Bellavista Caltagirone sequestro di 145 mln.



Sigilli a ville di lusso a Capri e in Costa Azzurra, un superyacht di 71 metri che vale 100 milioni, un aereo privato e decine di immobili.

ROMA -  La Guardia di Finanza di Roma ha sequestrato beni mobili ed immobili per un valore di 145 milioni di euro a Francesco Bellavista Caltagirone, arrestato nei giorni scorsi nell'ambito dell'inchiesta sul porto di Fiumicino. Tra i beni sequestrati anche un aereo privato e un maxi yacht da 70 metri. Il sequestro è scattato per reati fiscali: Bellavista Caltagirone risultava nullatenente e aveva la residenza fiscale in Lussemburgo.
EVASE 162 MILIONI,SIGILLI A VILLE E AEREO SEQUESTRATI ANCHE YACHT DI 71 METRI E 23 IMMOBILI  - Gli accertamenti svolti dalle Fiamme Gialle che coinvolgono l'imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone hanno consentito di portare alla luce una galassia societaria costituita da cinquanta imprese con sede formale non in Italia. E' emerso soprattutto l'evasione di imposte per 162 milioni di euro. Il maxisequestro di questa mattina riguarda in particolare 23 gli immobili del valore complessivo di circa 15 milioni di euro, di cui 18 in Italia tra cui appartamenti di lusso a Roma, Milano e provincia, Venezia, una villa ad Anacapri e 5 in Costa Azzurra. Tra i beni mobili figurano, invece, un lussuoso superyacht di 71 metri, battente bandiera di Madeira e dal valore stimato di circa 100 milioni di euro nonché un aereo privato, tipo Falcon, formalmente intestato ad una società lussemburghese, attualmente custodito in un hangar di un aeroporto estero, del valore di circa 30 milioni di euro.
INDAGATO PER EVASIONE FISCALE, CON LUI ALTRE 17 PERSONE - L'imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone è indagato dalla Procura di Roma, assieme ad altre 17 persone, per associazione a delinquere finalizzata all'evasione fiscale. Da qui la decisione del maxisequestro di ben per 145 milioni di euro. Il filone di indagine che ha portato oggi al maxisequestro di beni è distinto da quello culminato con l'arresto dell'imprenditore martedì scorso per vicende legate al porto turistico di Fiumicino, su cui indaga la procura di Civitavecchia. Le indagini delle Fiamme Gialle di Roma, coordinate dalla procura capitolina, hanno anche rivelato l'esistenza di una miriade di imprese estere, prevalentemente ubicate, oltre che in Lussemburgo, a Cipro, nel Principato di Monaco, a Madeira, in Francia ed in numerosi "paradisi fiscali" oltreoceano (tra cui le Isole Vergini Britanniche e le Antille Olandesi), per lo più utilizzate dall'imprenditore per l'intestazione di beni mobili ed immobili - sia in Italia che all'estero - nella esclusiva disponibilità sua e dei familiari. Dagli accertamenti svolti dagli investigatori è emerso, inoltre, che il gruppo Acqua Pia Antica Marcia, la cui holding capogruppo è la Sapam Spa, faceva capo ad una società lussemburghese, a sua volta inserita in una catena di controllo costituita da altre imprese estere con sede in Lussemburgo, Antille Olandesi e Liechtenstein ed avente al vertice un trust con sede a Malta.
La misura restrittiva dei giorni scorsi è stata firmata dal Gip di Civitavecchia Chiara Gallo su richiesta del pm Lorenzo del Giudice. Nel novembre dello scorso anno l'area del nuovo porto turistico di Fiumicino fu sequestrata dalla Guardia di Finanza per carenze strutturali, problemi di stabilità e sicurezza dell'intera opera. Oltre a Francesco Bellavista Caltagirone, il Gip del tribunale di Civitavecchia ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Emanuele Giovagnoli, legale rappresentante di alcune società che, secondo le indagini della Guardia di Finanza, sarebbero riconducibili a Bellavista Caltagirone. Secondo l'accusa, Caltagirone avrebbe distratto almeno 35 milioni dalla società Acqua Marcia.
GIP, FRODE PERNO POLITICA DI BELLAVISTA   "La frode ai danni degli interessi pubblici sembra rappresentare il perno della politica imprenditoriale di Francesco Bellavista Caltagirone". E' quanto sostiene il gip Civitavecchia Chiara Gallo nell'ordinanza di custodia in carcere emessa nei confronti dell'imprenditore romano e di Emanuele Giovagnoli. Alla base della misura restrittiva il pericolo di reiterazione del reato. "La condotta ascrivibile all'indagato - è detto nel provvedimento di 30 pagine - attraverso le disposizioni impartite ai suoi sottoposti o ai suoi uomini di fiducia, ha operato affinché la disponibilità di fondi di pertinenza di società allo stesso direttamente o indirettamente riconducibili fossero attribuiti solo formalmente ad una società soltanto in apparenza estranee al Gruppo Acqua Marcia, ma la cui attività é, in realtà, direttamente controllata da Bellavista Caltagirone". "La vicenda relativa alla realizzazione del porto di Fiumicino - conclude il gip - si caratterizza per un intento fraudolento preordinato e finalizzato a realizzare un'opera con caratteristiche costruttive di gran lunga inferiori a quelle previste dagli accordi iniziali e a sottrarre alle casse delle società coinvolte le ingenti risorse ricevute dal sistema bancario".
PERITO,SCOGLIERA REALIZZATA IN MODO CASUALE - Nell'area del porto di Fiumicino sono state riscontrate "gravissime criticità " dal perito nominato dal tribunale Civile che ha poi inviato la relazione preliminare alla Procura di Civitavecchia. Un estratto del documento viene citato nell'ordinanza di custodia in carcere per Francesco Bellavista Caltagirone. La relazione dell'ingegner Pietroantonio Isola si sottolinea che è stata riscontrata "una situazione che può degenerare sino a mettere a repentaglio la stabilità del corpo diga, che presenta una struttura in materiali sfusi non idonea a sopportare l'attacco diretto delle onde". Nella sua relazione il perito spiega, inoltre, che la "scogliera" è stata "realizzata in maniera casuale" e "non certo" con le caratteristiche "di una struttura sottomarina a difesa dell'opera foranea principale". Infine "in uno stato del tutto critico risulta oramai la punta estrema del molo ove si riscontrano solo materiali di piccola pezzatura, mancando massi delle categorie superiori".
COSTO 400 MLN, LAVORI CHIAVI IN MANO - Dinamica dei prezzi nei subappalti tale da fare in modo che, a fronte di un costo ipotizzato per la realizzazione dell'opera da parte della società affidataria per 400 milioni di euro, i lavori fossero appaltati, "chiavi in manò, a soli 100 milioni di euro". E' quanto evidenzia la Guardia di Finanza a proposito dei presunti illeciti legati ai lavori di costruzione del porto della Concordia, a Fiumicino, che oggi hanno determinato l'arresto di Francesco Bellavista Caltagirone e di Emanuele Giovagnoli. "Tale circostanza, più di altre - è detto in una nota delle Fiamme gialle - mostra come la prospettazione iniziale dei costi fosse del tutto disancorata dal valore dei lavori che, sin dall'inizio, la concessionaria intendeva eseguire". Un articolato meccanismo di frode nei lavori di costruzione - hanno accertato gli investigatori - con un sistema di attribuzione fittizia a soggetti terzi di somme di denaro, per complessivi 35 milioni di euro, oggetto di distrazioni a danno di due società vicine al gruppo imprenditoriale 'Acqua Marcia' di Roma, riconducibile a Bellavista Caltagirone".
Le modalità con cui il concessionario ha gestito contrattualmente l'esecuzione dei lavori, attraverso una catena di appalti e subappalti, presentano "molteplici anomalie - prosegue la Guardia di finanza- non spiegabili se non con il tentativo di mascherare intenti fraudolenti: contratti di sub-affidamento stipulati a distanza di un sol giorno l'uno dall'altro; mancanza, da parte delle società interessate, delle potenzialità strutturali per procedere autonomamente ai lavori". In questo contesto è stata attuata "una rilevante distrazione di fondi societari, circa 35 milioni di euro, a favore, per almeno 17 milioni di euro, di due società estere, con sede formale a Cipro, in tutto riconducibili a Bellavista Caltagirone, amministratore di fatto del gruppo "Acqua Marcia". "L'attività di spoliazione, risalente al periodo 2008-2010, - conclude la nota - è avvenuta, ad esempio, attraverso bonifici documentalmente giustificati quale corrispettivo di asserite prestazioni di consulenza, in realtà mai ricevute".