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sabato 27 dicembre 2014

Cagliari, terminal crociere da 5,5 milioni di euro mai usato. ‘Fondale troppo basso’. Monia Melis

Cagliari, terminal crociere da 5,5 milioni di euro mai usato. ‘Fondale troppo basso’

Per l'attracco dei "giganti del mare" servivano 10 metri di profondità, ma solo a fine cantiere nel 2008 si sono accorti che erano solo 7. Aperta un'inchiesta della procura di Cagliari.

Non solo crociere”, recita il poster sotto vetro davanti al molo Ichnusa. E in effetti qui al terminal crociere di Cagliari le maxi navi con migliaia di passeggeri non si sono mai viste, né i turisti americani ed europei hanno sorseggiato un caffè appena sbarcati. Solo qualche evento e l’approdo sporadico di imbarcazioni più ridotte. Eppure la struttura di vetro e acciaio con pilastri alti decine di metri è stata ultimata nel 2008. Realizzata dall’ex Gecopre, il costo totale è 5 milioni di euro, più 490mila per l’arredo esterno: panchine, fioriere, lampioncini. Pronta, nuova, ma mai usata. Il motivo? Il fondale in quel punto è troppo basso per i giganti del mare. Circa 7 metri, abbassato di uno, ma ne servirebbero almeno 10 – dicono gli esperti. E quindi niente da fare. Peccato che il cavillo sia saltato fuori un po’ tardi, cioè quando il cantiere era già terminato. Un dettaglio che ha contribuito a far andar deserta la gara a caccia di un gestore per l’hub del Mediterraneo
Lo sbarco tra i tir – Nel frattempo, e sono passati altri cinque anni, i crocieristi arrivano lo stesso nel sud dell’Isola, ma qualche molo più in là. Precisamente al molo Rinascita, non certo accogliente: in mezzo all’area industriale, tra i tir, praticamente senza servizi. Scendono dalla scaletta e devono per forza salire su un bus: o quello della canonica visita guidata o sulla navetta messa a disposizione. A piedi non si può girare: e in ogni caso non c’è né un bagno pubblico, né un negozio, né un bar. Ed è pronto un nuovo progetto, la concessione è già stata firmata, per un altro terminal amovibile, da spostare all’occorrenza. Stessi materiali dell’originale: acciaio e vetro e una linea simile.
Il veliero vuoto – Sul molo Ichnusa la struttura completata ricorda un veliero con tanto di finestre oblò sui lati: da qui si vede il porto, la passeggiata di via Roma fino al quartiere storico Castello. Il percorso al terminal è segnato dai grossi vasi bianchi con le palmette, qualche panchina in legno. Telecamere puntate, citofoni senza targhette per i due piani con oltre 2mila metri quadri che avrebbero dovuto ospitare negozi, ristoranti e pizzerie affacciati su una piazza coperta. Fronte mare e fronte città. Ed è già tempo di acciacchi: macchie di ruggine sui tiranti, una luce a terra in frantumi e gli angoli trasformati in orinatoi occasionali. Nessun lucchetto o catenaccio: anzi, i maniglioni dell’ingresso sulla banchina sono stati chiusi dall’interno alla bell’e meglio con dei lacci che lasciano comunque un’ampia fessura di circa dieci centimetri. Come se i crocieristi, o chi per loro, dovessero entrare da una settimana all’altra.
C’è un fondale da scavare, oppure no - Per tentare di recuperare la destinazione originale del terminal si è pensato anche di sistemare il fondale del molo Ichnusa. Il costo ulteriore per il progetto è di circa 2 milioni di euro. Nel 2011 l’ok del ministero dell’Ambiente, ma poi tra favorevoli e contrari l’ennesima impasse: tra reperti archeologici da tutelare per la Soprintendenza e la necessaria Valutazione d’impatto ambientale della Regione. Il risultato è lo stallo: l’operazione potrebbe infatti compromettere la stabilità del molo e avere conseguenze (anche economiche) incalcolabili. Ma ormai la struttura c’è, che si fa?
Non più crociere ma yacht – Resta il target del turismo di lusso, seppur con obiettivo e portata ridimensionati: dalle crociere agli yacht fino a 150 metri e crociere medie. Un progetto ambizioso sostenuto con energia dall’Autority portuale retta dal presidente e commissario Giorgio Massidda (ex senatore Pdl) e ora da un commissario straordinario. Quindi nuova gara e in questo caso c’è pure un’assegnazione per 25 anni affidata all’Ichnusa Marina Srl: ma una settimana fa si è mossa la Procura di Cagliari. Perquisizioni della Finanza e tre indagati per turbativa d’asta: il sospetto è che la società, creata apposta (e giusto in tempo) per partecipare al bando abbia vinto a maggio di quest’anno in virtù dei criteri poco limpidi, quasi creati “su misura”. Tutto parte da un esposto anonimo su presunte irregolarità e dalla denuncia dell’ex amministratore delegato sulla presenza di un socio occulto. La vincitrice è stata travolta (anche) dai veleni interni. La nuova vita del terminal parte quindi con la cattiva stella. E per il momento resta la meta di qualche passeggiatore solitario. Una scatola, bellissima, da riempire.

giovedì 21 marzo 2013

Per Bellavista Caltagirone sequestro di 145 mln.



Sigilli a ville di lusso a Capri e in Costa Azzurra, un superyacht di 71 metri che vale 100 milioni, un aereo privato e decine di immobili.

ROMA -  La Guardia di Finanza di Roma ha sequestrato beni mobili ed immobili per un valore di 145 milioni di euro a Francesco Bellavista Caltagirone, arrestato nei giorni scorsi nell'ambito dell'inchiesta sul porto di Fiumicino. Tra i beni sequestrati anche un aereo privato e un maxi yacht da 70 metri. Il sequestro è scattato per reati fiscali: Bellavista Caltagirone risultava nullatenente e aveva la residenza fiscale in Lussemburgo.
EVASE 162 MILIONI,SIGILLI A VILLE E AEREO SEQUESTRATI ANCHE YACHT DI 71 METRI E 23 IMMOBILI  - Gli accertamenti svolti dalle Fiamme Gialle che coinvolgono l'imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone hanno consentito di portare alla luce una galassia societaria costituita da cinquanta imprese con sede formale non in Italia. E' emerso soprattutto l'evasione di imposte per 162 milioni di euro. Il maxisequestro di questa mattina riguarda in particolare 23 gli immobili del valore complessivo di circa 15 milioni di euro, di cui 18 in Italia tra cui appartamenti di lusso a Roma, Milano e provincia, Venezia, una villa ad Anacapri e 5 in Costa Azzurra. Tra i beni mobili figurano, invece, un lussuoso superyacht di 71 metri, battente bandiera di Madeira e dal valore stimato di circa 100 milioni di euro nonché un aereo privato, tipo Falcon, formalmente intestato ad una società lussemburghese, attualmente custodito in un hangar di un aeroporto estero, del valore di circa 30 milioni di euro.
INDAGATO PER EVASIONE FISCALE, CON LUI ALTRE 17 PERSONE - L'imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone è indagato dalla Procura di Roma, assieme ad altre 17 persone, per associazione a delinquere finalizzata all'evasione fiscale. Da qui la decisione del maxisequestro di ben per 145 milioni di euro. Il filone di indagine che ha portato oggi al maxisequestro di beni è distinto da quello culminato con l'arresto dell'imprenditore martedì scorso per vicende legate al porto turistico di Fiumicino, su cui indaga la procura di Civitavecchia. Le indagini delle Fiamme Gialle di Roma, coordinate dalla procura capitolina, hanno anche rivelato l'esistenza di una miriade di imprese estere, prevalentemente ubicate, oltre che in Lussemburgo, a Cipro, nel Principato di Monaco, a Madeira, in Francia ed in numerosi "paradisi fiscali" oltreoceano (tra cui le Isole Vergini Britanniche e le Antille Olandesi), per lo più utilizzate dall'imprenditore per l'intestazione di beni mobili ed immobili - sia in Italia che all'estero - nella esclusiva disponibilità sua e dei familiari. Dagli accertamenti svolti dagli investigatori è emerso, inoltre, che il gruppo Acqua Pia Antica Marcia, la cui holding capogruppo è la Sapam Spa, faceva capo ad una società lussemburghese, a sua volta inserita in una catena di controllo costituita da altre imprese estere con sede in Lussemburgo, Antille Olandesi e Liechtenstein ed avente al vertice un trust con sede a Malta.
La misura restrittiva dei giorni scorsi è stata firmata dal Gip di Civitavecchia Chiara Gallo su richiesta del pm Lorenzo del Giudice. Nel novembre dello scorso anno l'area del nuovo porto turistico di Fiumicino fu sequestrata dalla Guardia di Finanza per carenze strutturali, problemi di stabilità e sicurezza dell'intera opera. Oltre a Francesco Bellavista Caltagirone, il Gip del tribunale di Civitavecchia ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Emanuele Giovagnoli, legale rappresentante di alcune società che, secondo le indagini della Guardia di Finanza, sarebbero riconducibili a Bellavista Caltagirone. Secondo l'accusa, Caltagirone avrebbe distratto almeno 35 milioni dalla società Acqua Marcia.
GIP, FRODE PERNO POLITICA DI BELLAVISTA   "La frode ai danni degli interessi pubblici sembra rappresentare il perno della politica imprenditoriale di Francesco Bellavista Caltagirone". E' quanto sostiene il gip Civitavecchia Chiara Gallo nell'ordinanza di custodia in carcere emessa nei confronti dell'imprenditore romano e di Emanuele Giovagnoli. Alla base della misura restrittiva il pericolo di reiterazione del reato. "La condotta ascrivibile all'indagato - è detto nel provvedimento di 30 pagine - attraverso le disposizioni impartite ai suoi sottoposti o ai suoi uomini di fiducia, ha operato affinché la disponibilità di fondi di pertinenza di società allo stesso direttamente o indirettamente riconducibili fossero attribuiti solo formalmente ad una società soltanto in apparenza estranee al Gruppo Acqua Marcia, ma la cui attività é, in realtà, direttamente controllata da Bellavista Caltagirone". "La vicenda relativa alla realizzazione del porto di Fiumicino - conclude il gip - si caratterizza per un intento fraudolento preordinato e finalizzato a realizzare un'opera con caratteristiche costruttive di gran lunga inferiori a quelle previste dagli accordi iniziali e a sottrarre alle casse delle società coinvolte le ingenti risorse ricevute dal sistema bancario".
PERITO,SCOGLIERA REALIZZATA IN MODO CASUALE - Nell'area del porto di Fiumicino sono state riscontrate "gravissime criticità " dal perito nominato dal tribunale Civile che ha poi inviato la relazione preliminare alla Procura di Civitavecchia. Un estratto del documento viene citato nell'ordinanza di custodia in carcere per Francesco Bellavista Caltagirone. La relazione dell'ingegner Pietroantonio Isola si sottolinea che è stata riscontrata "una situazione che può degenerare sino a mettere a repentaglio la stabilità del corpo diga, che presenta una struttura in materiali sfusi non idonea a sopportare l'attacco diretto delle onde". Nella sua relazione il perito spiega, inoltre, che la "scogliera" è stata "realizzata in maniera casuale" e "non certo" con le caratteristiche "di una struttura sottomarina a difesa dell'opera foranea principale". Infine "in uno stato del tutto critico risulta oramai la punta estrema del molo ove si riscontrano solo materiali di piccola pezzatura, mancando massi delle categorie superiori".
COSTO 400 MLN, LAVORI CHIAVI IN MANO - Dinamica dei prezzi nei subappalti tale da fare in modo che, a fronte di un costo ipotizzato per la realizzazione dell'opera da parte della società affidataria per 400 milioni di euro, i lavori fossero appaltati, "chiavi in manò, a soli 100 milioni di euro". E' quanto evidenzia la Guardia di Finanza a proposito dei presunti illeciti legati ai lavori di costruzione del porto della Concordia, a Fiumicino, che oggi hanno determinato l'arresto di Francesco Bellavista Caltagirone e di Emanuele Giovagnoli. "Tale circostanza, più di altre - è detto in una nota delle Fiamme gialle - mostra come la prospettazione iniziale dei costi fosse del tutto disancorata dal valore dei lavori che, sin dall'inizio, la concessionaria intendeva eseguire". Un articolato meccanismo di frode nei lavori di costruzione - hanno accertato gli investigatori - con un sistema di attribuzione fittizia a soggetti terzi di somme di denaro, per complessivi 35 milioni di euro, oggetto di distrazioni a danno di due società vicine al gruppo imprenditoriale 'Acqua Marcia' di Roma, riconducibile a Bellavista Caltagirone".
Le modalità con cui il concessionario ha gestito contrattualmente l'esecuzione dei lavori, attraverso una catena di appalti e subappalti, presentano "molteplici anomalie - prosegue la Guardia di finanza- non spiegabili se non con il tentativo di mascherare intenti fraudolenti: contratti di sub-affidamento stipulati a distanza di un sol giorno l'uno dall'altro; mancanza, da parte delle società interessate, delle potenzialità strutturali per procedere autonomamente ai lavori". In questo contesto è stata attuata "una rilevante distrazione di fondi societari, circa 35 milioni di euro, a favore, per almeno 17 milioni di euro, di due società estere, con sede formale a Cipro, in tutto riconducibili a Bellavista Caltagirone, amministratore di fatto del gruppo "Acqua Marcia". "L'attività di spoliazione, risalente al periodo 2008-2010, - conclude la nota - è avvenuta, ad esempio, attraverso bonifici documentalmente giustificati quale corrispettivo di asserite prestazioni di consulenza, in realtà mai ricevute".