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domenica 6 gennaio 2019

Case comprate con i fondi Unicef per i bambini africani. - Giacomo Amadori per la Verità

L'immagine può contenere: abitazione, cielo, oceano, spazio all'aperto e acqua
Cascais
La saga dei 6,6 milioni di dollari, che alcuni parenti di Matteo Renzi avrebbero sottratto ai fondi per i bambini africani, si arricchisce di un nuovo capitolo grazie ad alcuni documenti di cui La Verità è entrata in possesso.
Le carte sembrano dimostrare come siano stati utilizzati i soldi inviati all' estero da un conto corrente della Cassa di risparmio di Rimini riconducibile ai Conticini e sottoposto all' attenzione della Procura. Alessandro e Luca sono accusati di appropriazione indebita e autoriciclaggio, mentre il fratello Andrea, il cognato dell' ex premier, è indagato per riciclaggio..
Come abbiamo già riferito, i Conticini avrebbero effettuato, via bonifico, investimenti immobiliari in Portogallo tra il 17 novembre 2015 e il 4 aprile 2017. La Procura però, negli avvisi di garanzia, non specifica quali, anche perché non ci risulta siano state effettuate rogatorie nel Paese lusitano.
Ma La Verità ha scoperto che il 23 novembre 2015, alle 17 e 18 minuti, sei giorni dopo l' invio del bonifico del 17 novembre, nel registro immobiliare della Conservatoria di Cascais è stato annotato l' acquisto della spettacolare «villa Pandana» in Travessa Sao Carlos, 200 metri di area coperta e 1.215 di area scoperta. Gli acquirenti sono Alessandro Conticini e la moglie francese Valérie Quéré, i quali, ci informa l' atto, hanno scelto
come regime patrimoniale la comunione dei beni. 
A vendere sono Fernando Carlos Rodrigues Martins, un docente di storia medioevale, e la consorte Maria Helena. A quanto risulta alla Verità l' acquisto è stato fatto «cash», cioè senza l' accensione di mutui. Dunque parte dei soldi provenienti dall' Italia e che, secondo la Procura, arrivavano dalle donazioni dell' Unicef e della Fondazione Pulitzer (che ammontavano in tutto a circa 10 milioni di dollari) sarebbero serviti per acquistare una sontuosa magione divenuta la residenza dei Conticini.
Grazie a un altro documento recuperato dalla Verità in Portogallo, emerge in modo inconfutabile che un altro immobile, un' elegante palazzina di Rua de Santa Marta 66 a Lisbona, appartiene («piena proprietà», si legge nel certificato urbanistico dell' Autorità fiscale e doganale, la nostra Agenzia delle entrate) alla società anonima Cosmikocean che, come già raccontato, è di Alessandro Conticini, della moglie e di altri due soci italiani. L' edificio è in via di ristrutturazione ed è suddiviso in quattro lussuosi loft di circa 150 metri quadrati l' uno, in vendita a un prezzo complessivo di 4.360.000 euro.
Anche in questo caso, considerata l' accuratezza delle rifiniture, l' affare immobiliare non pare avere lo scopo di ospitare piccoli denutriti o comunque in disgrazia, ma dà più l' idea di una speculazione immobiliare destinata a far realizzare sostanziose plusvalenze.
Tra le contestazioni dei magistrati Luca Turco e Giuseppina Mione anche la sottoscrizione di obbligazioni della società Red Friar private equity limited Guernsey per 798.000 euro. Guernsey è una delle isole della Manica che gode di una tassazione privilegiata. È un «baliato» (complicato e arcaico sistema di governo retto da un «balivo») che dipende direttamente dalla Corona britannica, e non dal Regno Unito.
Caratteristica di queste isole sono i pascoli (a Guernsey esiste anche una razza bovina autoctona) e una tassazione bassissima, in alcuni casi azzerata. Per questo aziende, imprenditori e celebrità spostano capitali sull' isola e molti dei loro nominativi sono emersi nei Paradise paper, come quelli del cantante degli U2 Bono Vox o della Apple, che ha trasferito su questo isolotto dalla superficie di 78 chilometri quadrati diversi uffici, dopo che l' Irlanda ha inasprito il proprio regime fiscale agevolato.
Ma perché i Conticini hanno puntato proprio su Guernsey? L' isola deve essere ben conosciuta alla famiglia di Valérie, che è originaria della Bretagna e precisamente di Morlaix, cittadina a circa 130 chilometri a Sudovest dell' isola. I coniugi, poi, prima di trasferirsi in Portogallo, risultavano residenti a Guimaëc, un villaggio con meno di mille abitanti, ancora più vicino in linea d' aria a Guernsey (120 chilometri). La famigliola ha investito in una società che ha la sede a St Peter, il capoluogo dell' isola, dove a ogni cassetta postale corrispondono numerose società.
La Red Friar fa parte di un gruppo diretto da un australiano residente a Guernsey con la passione per le moto (è l' editore di una rivista specializzata). Il suo nome è Warren Malschinger e risiede a Guernsey. Il quartiere generale è nell' ottocentesca Warwick House dove ha sede dal 1921 il locale Sporting club e si trova proprio di fronte all' Elizabeth college.
Warren è l' amministratore delegato di Equity bridge asset management e vanta «oltre 20 anni di esperienza nel campo della finanza aziendale e degli investimenti internazionali». Il manager è direttore di più fondi onshore e offshore, tra cui il Red friar («Frate rosso»).
Dalle carte apprendiamo che i Conticini non avrebbero scommesso solo su questo piccolo paradiso fiscale, ma acceso anche conti correnti in Paesi in cui il segreto bancario è abbastanza ben custodito: a Capo Verde (Banco Caboverdiano De Negòcios) e alle Seychelles (Barclays bank).
Nel 2013 l' Unicef deve aver sentito puzza di bruciato e ha messo alla porta i Conticini e la loro Play therapy Africa. Ha, invece, continuato a finanziarli, almeno sino al 2016, Cecille Stell Eisenbeis, un' anziana filantropa, moglie di Michael Edgar Pulitzer, la quale, dagli Stati Uniti ha preso le loro difese, sebbene dica di averne perso le tracce tre anni fa.
L' avvocato degli indagati, Federico Bagattini, raggiunto dalla Verità, risponde dal luogo di vacanza, che accidentalmente è il Portogallo. Scherzando gli domandiamo se sia volato a Lagos, nell' Algarve, per cancellare le prove contro i suoi clienti, e lui sta al gioco.
Poi però precisa: «Alessandro Conticini ha usato un suo conto corrente e non deve provare che i soldi erano suoi. È la Procura che deve provare che non lo erano, e che non ne poteva disporre. Io qui ho delle persone offese che dicono che hanno fatto i controlli e che per loro è tutto regolare. Punto». Nel frattempo Alessandro e Valérie sembrano aver cambiato decisamente vita. Per esempio nel villone di Cascais, ad aprile, la signora aveva organizzato la nuova edizione del programma Clear1, una specie di corso pratico per accrescere l' autostima e raggiungere i propri obiettivi.
«Qualunque sia il livello di avanzamento del tuo nuovo progetto (professionale o personale), desiderio profondo, percorso o progetto appena avviato, Clear porterà chiarezza per agire concretamente nella giusta direzione» si legge nella brochure di presentazione. Lo stage, di 32 ore, aveva la finalità di «delineare l' obiettivo; sviluppare la visione; ascoltare l' intuizione; accedere alle risorse; superare gli ostacoli; impostare la strategia e il piano d' azione». Una lezione che i coniugi Conticini, secondo l' accusa, devono aver introiettato con profitto.
La signora risulta essere anche «professionista Ho' oponopono», un' antica pratica hawaiana di risoluzione dei problemi attraverso la riconciliazione. Letteralmente significa «metti le cose al posto giusto» e il mantra dei sacerdoti guaritori in Occidente è stato così semplificato: «Mi dispiace, ti prego perdonami, ti amo, grazie». Chissà se tanto basterà ai magistrati.

venerdì 26 ottobre 2018

L'inchiesta sulle ville abusive Palermo, c'è un errore nel Prg. - Riccardo Lo Verso

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La scoperta nel 2017. L'indagine della Procura è partita da un immobile alla Bandita.

PALERMO - C'è un errore nel piano regolatore di Palermo. Resta da capire se e quante persone ne abbiano approfittato per costruire degli immobili abusivi. Ed è probabilmente anche su questo che sta indagando la Procura della Repubblica. Nei giorni scorsi LiveSicilia ha raccontato dell'esistenza di più inchieste che scuotono la burocrazia comunale. Una riguarda la costruzione di alcune ville sul mare.   

Procediamo per ordine. Nel 2017 un palermitano chiede il permesso di costruire una villa bifamiliare alla Bandita. Il Comune respinge l'istanza. L'uomo non si rassegna, chiede perché gli sia stato negato qualcosa che ad altri è stato consentito. Qualcuno, infatti, ha già costruito nel 2011. Strano, perché si tratta di un'abitazione che viola il divieto di edificabilità entro 150 metri dalla costa. All'edilizia privata fanno una verifica e scoprono che nel piano regolatore la zona in questione è identificata B1, e cioè edificabile. Come è potuto succedere?

La norma sulla inedificabilità assoluta entra in vigore con la legge 78 del 1976.L'articolo 15 stabilisce il divieto di costruire ad eccezione delle zone A e B. Nel 1991 la Regione fa una nuova norma che doveva spazzare via i dubbi. Non è così visto che nascono molti contenziosi. Nel 2001 ci pensa il Cga a mettere le cose in chiaro: le eccezioni sono limitate alle zone che già nel 1976 erano qualificate come A e B. Nessuna deroga per il futuro.

Il punto è che nel piano regolatore del 2002 si identificano nuove zone B, ad esempio alla Bandita e ad Acqua dei Corsari, e ci si dimentica di specificare che resta in vigore il 1976 come limite temporale massimo per le eccezioni alla inedificabilità assoluta.

Quante case sono state costruite approfittando dell'errore nel piano regolatore? E' questa la domanda a cui cerca di rispondere il Comune che nel 2017 ha segnalato in Procura di avere scoperto, grazie al cittadino che voleva edificare la bifamiliare alla Bandita, che qualcuno ha costruito abusivamente. L'amministrazione ha avviato un monitoraggio di cui non si conoscono ancora i risultati. Nel frattempo è partita anche l'inchiesta della Procura. Le nuove case abusive costruite negli ultimi anni nelle nuove zone B si conterebbero sulle dita di una mano.

Il punto è accertare cosa ha fatto il Comune per mettere a posto le cose e capire se ci sono immobili edificati dopo il 1976  e condonati nel 2003, dopo essere stati costruiti sfruttando l'errore del Prg del 2002. E qui potrebbe esserci stata una manina amica a sistemare le cose e a sanare qualche villa sulla costa.


Fonte: livesicilia del 26/10/2018

martedì 21 luglio 2015

Cardinali milionari: terreni, ville, denaro. Tutte le ricchezze del clero, alla faccia dell’umiltà.

Appartamenti, edifici, terreni: le fortune di tutti i cardinali, dati aggiornati ad aprile 2014.
“San Pietro non aveva conto in banca” ha detto papa Francesco I di recente, il cui nome certo esprime un’intenzione quanto meno a ispirarsi alla povertà, a quella “chiesa dei poveri” tanto cara al fondatore dell’ordine mendicante per eccellenza.
Un conto in banca sembrano averlo però molti sotto la mano di Santa romana Chiesa. E anche bello cospicuo, senza contare le proprietà e i beni. Precisiamo, moltissimi ottenuti in modo assolutamente lecito, per eredità familiari o lasciti testamentari, molti dei quali raccontati dal giornalista Mario Guarino, su Vaticash, il suo nuovo libro di inchiesta edito da edizioni Koinè.
Condensati in queste pagine vi sono mesi di ricerche catastali, sui patrimoni personali di oltre cento alti prelati, dati aggiornati all’aprile 2014, tutti dichiarati regolarmente al fisco. Insomma, nessuno scandalo giudiziario, nessun libro denuncia, ma una riflessione su ricchezza e povertà religiosa, con frequenti rimandi ai vangeli e citazioni di Bergoglio.
Tra i nomi che compaiono nel libro, molto ricco e ben documentato, compare anche Monsignor Liberio Andreatta, il responsabile dell’Opera Romana Pellegrinaggi, con 38 fogli di visure immobiliari al catasto, terreni coltivati tra la Maremma e le campagne di Treviso, un edificio di 1432 metri quadrati e tre immobili in usufrutto e una serie di fabbricati rurali tra Fibbianello e Semproniano. Oppure l’arcivescovo di Palermo, cardinale Paolo Romeo, con 8 appartamenti e sei monolocali, 22 vani abitativi, edifici residenziali, terreni coltivati, tra cui un vastissimo agrumeto.
L’arcivescovo ciellino Ettore Balestrero, classe ’66, pur ricoprendo il ruolo di nunzio apostolico in Colombia., conserva numerose proprietà in Italia, tra cui una residenza di dieci vani a Roma, in via Lucio Afranio, altre quattro unità immobiliari a Genova e un appartamento in nuda proprietà a Stazzano, nell’Alessandrino, dove risulta anche possessore di molti terreni agricoli e boschi da taglio. Passando per il vescovo Giorgio Corbellini, comproprietario di circa 500 ettari di boschi, due fabbricati e altre centinaia di ettari di pascoli e terreni seminativi sulle colline di Bettola (Piacenza). Il cardinale Domenico Calcagno presidente dell’Apsa, intestatario di un appartamento di 6,5 vani in via della Stazione di San Pietro e altri quattro edifici residenziali nel suo paese natale.Inoltre, insieme a due parenti, è comproprietario di oltre 70 ettari di campi e vigneti in Piemonte.
E ancora gli appartamenti di Camillo Ruini, di Carlo Maria Viganò e, per terminare in bellezza, un caso a dir poco “singolare”: quello di don Agostino Coppola, ex parroco di Carini, arrestato e condannato perché complice del clan mafioso dei corleonesi. Fu lo stesso che sposò in segreto Totò Riina quando era in latitanza. Smessi i panni da uomo di Chiesa, a don Coppola vennero sequestrati tutti i beni scoperti dai giudici di Palermo. Eppure, ad oggi, misteriosamente l’ex prete risulta proprietario di 83 ettari di uliveti e 14 di agrumeti a Carini. A nome del defunto e dei suoi familiari è registrato pure il possesso perpetuo (con l’antico sistema dell’enfiteusi) di altri 49 ettari di campagne e due fabbricati a Partinico.
Un viaggio attraverso nomi più o meno noti, che di certo riserverà non poche sorprese.

giovedì 21 marzo 2013

Per Bellavista Caltagirone sequestro di 145 mln.



Sigilli a ville di lusso a Capri e in Costa Azzurra, un superyacht di 71 metri che vale 100 milioni, un aereo privato e decine di immobili.

ROMA -  La Guardia di Finanza di Roma ha sequestrato beni mobili ed immobili per un valore di 145 milioni di euro a Francesco Bellavista Caltagirone, arrestato nei giorni scorsi nell'ambito dell'inchiesta sul porto di Fiumicino. Tra i beni sequestrati anche un aereo privato e un maxi yacht da 70 metri. Il sequestro è scattato per reati fiscali: Bellavista Caltagirone risultava nullatenente e aveva la residenza fiscale in Lussemburgo.
EVASE 162 MILIONI,SIGILLI A VILLE E AEREO SEQUESTRATI ANCHE YACHT DI 71 METRI E 23 IMMOBILI  - Gli accertamenti svolti dalle Fiamme Gialle che coinvolgono l'imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone hanno consentito di portare alla luce una galassia societaria costituita da cinquanta imprese con sede formale non in Italia. E' emerso soprattutto l'evasione di imposte per 162 milioni di euro. Il maxisequestro di questa mattina riguarda in particolare 23 gli immobili del valore complessivo di circa 15 milioni di euro, di cui 18 in Italia tra cui appartamenti di lusso a Roma, Milano e provincia, Venezia, una villa ad Anacapri e 5 in Costa Azzurra. Tra i beni mobili figurano, invece, un lussuoso superyacht di 71 metri, battente bandiera di Madeira e dal valore stimato di circa 100 milioni di euro nonché un aereo privato, tipo Falcon, formalmente intestato ad una società lussemburghese, attualmente custodito in un hangar di un aeroporto estero, del valore di circa 30 milioni di euro.
INDAGATO PER EVASIONE FISCALE, CON LUI ALTRE 17 PERSONE - L'imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone è indagato dalla Procura di Roma, assieme ad altre 17 persone, per associazione a delinquere finalizzata all'evasione fiscale. Da qui la decisione del maxisequestro di ben per 145 milioni di euro. Il filone di indagine che ha portato oggi al maxisequestro di beni è distinto da quello culminato con l'arresto dell'imprenditore martedì scorso per vicende legate al porto turistico di Fiumicino, su cui indaga la procura di Civitavecchia. Le indagini delle Fiamme Gialle di Roma, coordinate dalla procura capitolina, hanno anche rivelato l'esistenza di una miriade di imprese estere, prevalentemente ubicate, oltre che in Lussemburgo, a Cipro, nel Principato di Monaco, a Madeira, in Francia ed in numerosi "paradisi fiscali" oltreoceano (tra cui le Isole Vergini Britanniche e le Antille Olandesi), per lo più utilizzate dall'imprenditore per l'intestazione di beni mobili ed immobili - sia in Italia che all'estero - nella esclusiva disponibilità sua e dei familiari. Dagli accertamenti svolti dagli investigatori è emerso, inoltre, che il gruppo Acqua Pia Antica Marcia, la cui holding capogruppo è la Sapam Spa, faceva capo ad una società lussemburghese, a sua volta inserita in una catena di controllo costituita da altre imprese estere con sede in Lussemburgo, Antille Olandesi e Liechtenstein ed avente al vertice un trust con sede a Malta.
La misura restrittiva dei giorni scorsi è stata firmata dal Gip di Civitavecchia Chiara Gallo su richiesta del pm Lorenzo del Giudice. Nel novembre dello scorso anno l'area del nuovo porto turistico di Fiumicino fu sequestrata dalla Guardia di Finanza per carenze strutturali, problemi di stabilità e sicurezza dell'intera opera. Oltre a Francesco Bellavista Caltagirone, il Gip del tribunale di Civitavecchia ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Emanuele Giovagnoli, legale rappresentante di alcune società che, secondo le indagini della Guardia di Finanza, sarebbero riconducibili a Bellavista Caltagirone. Secondo l'accusa, Caltagirone avrebbe distratto almeno 35 milioni dalla società Acqua Marcia.
GIP, FRODE PERNO POLITICA DI BELLAVISTA   "La frode ai danni degli interessi pubblici sembra rappresentare il perno della politica imprenditoriale di Francesco Bellavista Caltagirone". E' quanto sostiene il gip Civitavecchia Chiara Gallo nell'ordinanza di custodia in carcere emessa nei confronti dell'imprenditore romano e di Emanuele Giovagnoli. Alla base della misura restrittiva il pericolo di reiterazione del reato. "La condotta ascrivibile all'indagato - è detto nel provvedimento di 30 pagine - attraverso le disposizioni impartite ai suoi sottoposti o ai suoi uomini di fiducia, ha operato affinché la disponibilità di fondi di pertinenza di società allo stesso direttamente o indirettamente riconducibili fossero attribuiti solo formalmente ad una società soltanto in apparenza estranee al Gruppo Acqua Marcia, ma la cui attività é, in realtà, direttamente controllata da Bellavista Caltagirone". "La vicenda relativa alla realizzazione del porto di Fiumicino - conclude il gip - si caratterizza per un intento fraudolento preordinato e finalizzato a realizzare un'opera con caratteristiche costruttive di gran lunga inferiori a quelle previste dagli accordi iniziali e a sottrarre alle casse delle società coinvolte le ingenti risorse ricevute dal sistema bancario".
PERITO,SCOGLIERA REALIZZATA IN MODO CASUALE - Nell'area del porto di Fiumicino sono state riscontrate "gravissime criticità " dal perito nominato dal tribunale Civile che ha poi inviato la relazione preliminare alla Procura di Civitavecchia. Un estratto del documento viene citato nell'ordinanza di custodia in carcere per Francesco Bellavista Caltagirone. La relazione dell'ingegner Pietroantonio Isola si sottolinea che è stata riscontrata "una situazione che può degenerare sino a mettere a repentaglio la stabilità del corpo diga, che presenta una struttura in materiali sfusi non idonea a sopportare l'attacco diretto delle onde". Nella sua relazione il perito spiega, inoltre, che la "scogliera" è stata "realizzata in maniera casuale" e "non certo" con le caratteristiche "di una struttura sottomarina a difesa dell'opera foranea principale". Infine "in uno stato del tutto critico risulta oramai la punta estrema del molo ove si riscontrano solo materiali di piccola pezzatura, mancando massi delle categorie superiori".
COSTO 400 MLN, LAVORI CHIAVI IN MANO - Dinamica dei prezzi nei subappalti tale da fare in modo che, a fronte di un costo ipotizzato per la realizzazione dell'opera da parte della società affidataria per 400 milioni di euro, i lavori fossero appaltati, "chiavi in manò, a soli 100 milioni di euro". E' quanto evidenzia la Guardia di Finanza a proposito dei presunti illeciti legati ai lavori di costruzione del porto della Concordia, a Fiumicino, che oggi hanno determinato l'arresto di Francesco Bellavista Caltagirone e di Emanuele Giovagnoli. "Tale circostanza, più di altre - è detto in una nota delle Fiamme gialle - mostra come la prospettazione iniziale dei costi fosse del tutto disancorata dal valore dei lavori che, sin dall'inizio, la concessionaria intendeva eseguire". Un articolato meccanismo di frode nei lavori di costruzione - hanno accertato gli investigatori - con un sistema di attribuzione fittizia a soggetti terzi di somme di denaro, per complessivi 35 milioni di euro, oggetto di distrazioni a danno di due società vicine al gruppo imprenditoriale 'Acqua Marcia' di Roma, riconducibile a Bellavista Caltagirone".
Le modalità con cui il concessionario ha gestito contrattualmente l'esecuzione dei lavori, attraverso una catena di appalti e subappalti, presentano "molteplici anomalie - prosegue la Guardia di finanza- non spiegabili se non con il tentativo di mascherare intenti fraudolenti: contratti di sub-affidamento stipulati a distanza di un sol giorno l'uno dall'altro; mancanza, da parte delle società interessate, delle potenzialità strutturali per procedere autonomamente ai lavori". In questo contesto è stata attuata "una rilevante distrazione di fondi societari, circa 35 milioni di euro, a favore, per almeno 17 milioni di euro, di due società estere, con sede formale a Cipro, in tutto riconducibili a Bellavista Caltagirone, amministratore di fatto del gruppo "Acqua Marcia". "L'attività di spoliazione, risalente al periodo 2008-2010, - conclude la nota - è avvenuta, ad esempio, attraverso bonifici documentalmente giustificati quale corrispettivo di asserite prestazioni di consulenza, in realtà mai ricevute".