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martedì 28 maggio 2019

Viaggio tra i siti Unesco d’Italia, la Basilicata.



Alla scoperta dei Sassi e delle chiese rupestri di Matera, patrimonio dell’umanità.

MATERA - E’ il capoluogo lucano, Capitale Europea della Cultura 2019, a stupire per bellezza, suggestione e unicità: gli antichi Sassi e il parco delle chiese rupestri di Matera sono beni preziosi che l’Unesco tutela dal 1993 come “il più eccezionale esempio d’insediamento trogloditico nella regione mediterranea, perfettamente adattato al proprio terreno ed ecosistema”. La città di Matera è bellissima e seducente, proprio come l’aveva descritta Carlo Levi nel romanzo Cristo si è fermato a Eboli: i suoi Sassi sono un intrico di vicoli bianchi come la calce, dove le chiese e le case rupestri sono scavate nella roccia di tufo lungo le ripide pareti del torrente Gravina. Unici al mondo, i Sassi sono abitazioni autonome e allo stesso tempo collegate, con pavimenti e tetti che si intersecano, come casa Grotta su vicolo Solitario, ora museo, che offre uno spaccato di vita familiare con oggetti e spazi condivisi dalle persone con gli animali. La roccia, in realtà, è tufo marino, materiale friabile che nei secoli si è trasformato in archi, colonne e scale naturali che caratterizzano la città, aggrappata in modo verticale ai Sassi Barisano e Caveoso, le due rocce più antiche che circondano la Civita, il primo nucleo che si trova nella parte più elevata. Qui sorgono l’imponente duomo e i resti di numerose torri, come Metellana, Quadra e Capone. Dai Sassi si dirama un labirinto di gallerie e vicoli bui, così stretti che non vedono mai il sole: Sasso Barisano è ricco di edifici con portali scolpiti e fregi mentre Caveoso è disposto ad anfiteatro con le case simili a grotte, che scendono a gradoni, tanto addossate una all’altra da sembrare un unico muro. Nel nucleo di case appaiono scale e piazzette dove si trovano ancora i resti di un labirinto di cisterne, enorme opera di ingegneria idraulica ispirata al sistema dei vasi comunicanti che si estende sotto tutta la città e che corrisponde a un moderno sistema fognario. Di sera le piccole abitazioni si illuminano trasformando la città in un magico presepe.
E’ qui che Pier Paolo Pasolini e Mel Gibson, due registi molto diversi tra loro, hanno deciso di girarvi i propri film - rispettivamente Il Vangelo secondo Matteo, del 1964, e La passione di Cristo, del 2004 – ritenendo che il capoluogo lucano fosse lo scenario più vicino a Gerusalemme che si potesse trovare in Europa. In effetti è difficile trovare un luogo al mondo con più vicoli ciechi, scale che salgono e poi si fermano contro una parete chiusa, strade che portano a un muro, buchi, grotte, anfratti, scalone di pietra riuniti in poche centinaia di metri. 
Qui tutte le pietre sembrano un’opera d’arte e non è un caso che molti artisti, stregati dall’energia emanata dai Sassi e affascinati dalla sua lunga storia, ancora oggi risiedano a Matera; le loro botteghe artigianali si aprono nei muri di tufo, bucati da piccoli negozietti e atelier e da tantissimi ristoranti e trattorie. Molte delle grotte sono state abilmente trasformate in alberghi, regalando agli ospiti un’esperienza unica, impagabile, perché alloggiare dentro un patrimonio dell’umanità è davvero un evento raro.
L’Unesco tutela anche le 150 chiese rupestri scavate nella roccia e affrescate in stile bizantino, con facciate austere e statue in legno dipinto. Si trovano in un Parco fuori Matera, oltre il torrente Gravina, che segna il confine della città dove si estende l’altopiano delle Murge punteggiato da alte pale eoliche: è un territorio roccioso, arido e spoglio, solcato da profonde gravine, pietraie e strapiombi. Qui le chiese rupestri sono un patrimonio d’arte sacra che testimonia le varie stagioni storiche e culturali del territorio. Tra le chiese materane spiccano la bellissima santa Maria della Valle, quella di santa Barbara e la “cripta del peccato originale”, considerata la Cappella Sistina delle chiese rupestri per il ciclo pittorico del X o IX secolo.
Anche la bellissima natura del parco del Pollino è stata inserita nell’elenco dei beni dell’Unesco, patrimonio dell’umanità: in particolare le faggete della foresta di Cozzo Ferriero sono rientrate sotto la tutela dell’organizzazione mondiale.
Per maggiori informazioni: www.unesco.it.

domenica 20 gennaio 2019

Matera, capitale del deserto. - (Marcello Veneziani)

Arriva come un sasso nello stagno l’anno di Matera capitale culturale d’Europa. Comincia ufficialmente oggi, con Mattarella e Conte, anche se da mesi e poi nella notte Rai di Capodanno, se ne parla come di un evento-riscatto per il sud a partire dal suo luogo più pittoresco e più arretrato.
È bella Matera, suggestiva come una fortezza mistica d’oriente, una località di Cappadocia oppure afghana, o una specie di Betlemme scivolata in Europa. Ha un fascino arcaico, Matera, sembra sospesa in un’età magica e preistorica, come un’età della pietra, lo splendore della miseria, il presepe delle origini; ma suona grottesco definirla capitale culturale europea, perché Matera non ha i tratti di una capitale né di un luogo culturale né di un centro europeo. Ed è scollegata da tutto.
Turismo a parte, è una capitale nel deserto, come una Fortezza Bastiani sospesa nel vuoto in attesa dei Tartari, come nel famoso romanzo di Buzzati. Per deserto non intendo semplicemente i suoi paraggi, la sua provincia, le sue campagne. Intendo il sud, il meridione intero, che è ormai un deserto dei tartari, sempre più disabitato. I tartari qui sono di volta in volta gli emigrati, gli immigrati, i disoccupati. Ma tartari cioè latitanti, sono pure gli investimenti, i progetti, le grandi opere, la cultura, l’editoria. Sempre meno gente legge al sud, altro che capitale culturale europea.
Un tempo il sud aveva mille handicap ma qualcuno, come l’Avvocato Agnelli, poteva ironizzare sugli intellettuali della Magna Grecia. A trovarne, adesso. Anche gli intellettuali, la cultura umanistica, i vecchi professori, come il mitico Aristogitone su cui ironizzava Arbore alla radio rilanciando i suoi ricordi liceali, non ci sono più. Non sono arrivati i manager, in compenso sono spariti gli intellettuali, i loro circoli, i tavolini di caffè in cui si faceva taglio e cultura, pettegolezzo e filosofia.
Il sud non esiste più. La famiglia tipo oggi al sud è costituita da padre, madre e niente più. I figli sono partiti per il nord, e non si portano nemmeno il caciocavallo che “impuzzolisce” le valigie, come recita uno spot della Conad, dove la mamma è una cretina: mette il cacio sopra le camicie, quando mai lo farebbe una mamma del sud; solo il padre ne capisce perché si affida all’ipermercato. Ma i ragazzi partono e al sud lasciano il cacio, non il cuore. Non tornano.
Il divorzio dei figli dai genitori è la prima emergenza del sud. La seconda sono i migranti che stazionano nel nulla col cellulare e la bici in molti centri meridionali d’accoglienza; e per ingannare il tempo, il sesso e magari procurarsi i soldi per vivere, combinano un po’ di guai. Resta in piedi del passato solo la brutta piaga del caporalato, coi braccianti neri o romeni ingaggiati per due soldi per raccogliere olive e pomodori, quando non arrivano anche questi dal medio oriente. Al sud è fiorente solo il filone comico, da Checco Zalone, che da solo fattura per ogni film più della Fiera del levante, a Frassica e alla scuola meridionale di Arbore, a Fiorello, più i comici che imperversano nei video terroni.
Era l’estate del ’64 e sotto un sole “ferocemente antico” Pasolini girava Il Vangelo secondo Matteo a Matera, alias Gerusalemme. La Madre di Gesù era la mamma di Pasolini. Un film all’epoca ritenuto blasfemo, oggi addirittura considerato il più cristiano dei film dedicati a Cristo in croce. Matera, al tempo, era la città più primitiva d’Italia, dove i Sassi evocavano la preistoria e la miseria ancestrale. Ma intorno a Matera già serpeggiava sulle strade e nelle case meridionali lo sviluppo del Mezzogiorno. Un sud in pieno boom, non solo economico ma demografico. Si facevano figli e autostrade, quartieri nuovi, sorgevano le prime industrie, arrivava la luce e l’acqua corrente dappertutto. Poi vennero le Regioni e fu il principio della fine, il raddoppio della malapolitica e degli sprechi. Tornando adesso trovi, si, Matera come uno splendido sito turistico di richiamo globale, ormai lanciato dai film (qui venne pure Mel Gibson con la sua Passion di Cristo), una location mitica, perfetta per la tv; più l’effetto riflesso della vicina Puglia che è diventata meta di forte attrazione.
Ma cos’è il sud, oggi? È un luogo desolato, e non solo perché una fetta larga di sud è nelle mani della criminalità organizzata. Ma perché non si costruisce futuro, non si vive il presente, si fugge e non si fanno figli. Il mondo si è posizionato al nord, i giornali del sud languono o sono in grave crisi (l’ultimo a rischio è la Gazzetta del Mezzogiorno). Rincuorerà qualcuno a sud sapere che in Italia “comandano i terroni”, come scriveva Libero qualche giorno fa. Ma a che vale avere nei Palazzi romani le facce meridionali di Mattarella e Di Maio, di Fico e Conte, se il Sud non conta niente in Europa, in Italia e perfino a casa sua? Se non fa sistema, se non fa rete, se è tutto un regredire, un perdere, uno spopolarsi? Magari fosse realizzabile quel progetto leghista di fare del nostro Mezzogiorno una zona franca, come il Portogallo e le Canarie, con fisco, bellezze e clima invitanti per i pensionati del nord Europa. Quindi con la necessità di creare infrastrutture, così creando occupazione per i ragazzi del sud.
E in questa landa desolata sarebbe oggi il cuore del comando italiano? Ma no, dai, non confondiamo emissari, figuranti, maggiordomi, masanielli e pazzarielli col potere effettivo. I terroni stanno a terra, alcuni sottoterra, lo dico da terrone avvilito, non da nordista che li detesta. Per questo Matera è la capitale del Sahara italiano. E poi giù il deserto…
La Verità 19 gennaio 2019