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giovedì 22 agosto 2024

Yakhchal o "Pozzo di ghiaccio" nel deserto. - Iran

 

Creazione del ghiaccio durante l'Impero persiano in mezzo al deserto: lo Yakhchal o "Pozzo di ghiaccio" è un metodo architettonico usato per produrre ghiaccio e conservare il cibo. I Persiani stavano già facendo tonnellate di ghiaccio e cibo congelato nel deserto 2.400 anni fa.
1- Progettazione della struttura: lo Yakchal aveva una forma a cupola con pareti spesse realizzate in mattoni e argilla. Questa costruzione ha aiutato a mantenere una temperatura fresca all'interno del caveau.
2- Raccolta dell'acqua: durante l'inverno, l'acqua veniva raccolta dai fiumi o dalla neve sciolta in montagna. Quest'acqua era diretta verso lo Yakchal attraverso i canali.
3- Processo di congelamento: l'acqua era distribuita in piccoli stagni o piscine all'interno della volta. Durante la notte e nelle ore più fredde del giorno, l'acqua si gela a causa delle basse temperature del deserto di notte.
4- Deposito del ghiaccio: una volta congelato, il ghiaccio è stato tagliato in blocchi e conservato nella parte più bassa dello Yakchal, dove la temperatura era più fredda. La forma a cupola e l'isolamento naturale delle pareti hanno aiutato a mantenere il ghiaccio congelato per molti mesi.
5- Uso successivo: durante l'estate, il ghiaccio conservato veniva usato per raffreddare le bevande, conservare il cibo o anche per scopi medici, se necessario. In breve, lo Yakchal ha sfruttato il freddo naturale delle notti nel deserto per creare e preservare il ghiaccio, utilizzando semplici ma efficaci tecniche di conservazione e isolamento termico.

martedì 20 agosto 2024

𝗗𝗔 𝗤𝗨𝗔𝗟𝗘 𝗣𝗢𝗣𝗢𝗟𝗢 𝗩𝗘𝗡𝗡𝗘𝗥𝗢 𝗜𝗡𝗖𝗜𝗦𝗘 𝗤𝗨𝗘𝗦𝗧𝗘 𝟭𝟱 𝗠𝗜𝗟𝗔 𝗢𝗣𝗘𝗥𝗘 𝗗'𝗔𝗥𝗧𝗘 𝗥𝗨𝗣𝗘𝗦𝗧𝗥𝗘 𝗖𝗛𝗘 𝗥𝗔𝗖𝗖𝗢𝗡𝗧𝗔𝗡𝗢 𝗜𝗟 𝗣𝗔𝗦𝗦𝗔𝗧𝗢 𝗥𝗘𝗠𝗢𝗧𝗢 𝗗𝗘𝗟 𝗦𝗔𝗛𝗔𝗥𝗔?

 

Il Sahara algerino abbraccia un vastissimo altopiano chiamato Tassili N'Ajjer (che significa in Tamazight "Altopiano dei fiumi"), nella provincia di Elizi, che copre un'area di 72.000 chilometri quadrati.
Nel cuore di questo altopiano mozzafiato, si trova una foresta di rocce il cui strano paesaggio lunare con la sua arenaria erosa risale all'era preistorica.
Questa è la Città di #Sifar, l'ottava meraviglia del mondo, considerata anche la più grande città fossilizzata del mondo, un vero e proprio 'museo a cielo aperto'' per la presenza di oltre 5000 case cavernose e 15000 pitture rupestri, incisioni e disegni risalenti a 20.000 anni fa.
Queste pitture rupestri testimoniano i cambiamenti avvenuti nel corso dei periodi ( almeno 10mila anni) e delle fasi climatiche. Si tratta del più grande sito troglodita del mondo, un'immensa ''Cappella Sistina'' nel cuore del Sahara.
Il Tassili N’Ajjer è una delle più importanti pinacoteche a cielo aperto del mondo, serbatoio di iconografie preziose che raccontano la storia dell’evoluzione umana, della flora e della fauna, della geologia del Sahara. Ci parlano di quando il deserto era una vasta regione fertile abitata da animali selvatici, quali giraffe, leoni, bufali dalle corna giganti, rinoceronti, elefanti ed ippopotami, puntualmente ritratti nei graffiti e nelle pitture più antiche; ci informano sulle prime società organizzate, tramite scene rituali e di vita quotidiana, di allevamento, caccia e agricoltura; ci offrono le prime cronache di guerra, di uomini armati a cavallo e infine ci confermano dell’inesorabile e irreversibile avanzata del deserto, nelle raffigurazioni del solo animale in grado di sopportare l’aridità, il cammello.
Nonostante il grande numero di opere trovate dai ricercatori, sebbene rappresentino uno squarcio sulla vita degli antichi popoli del Sahara, molte domande rimangono ancora aperte su chi abbia realizzato le incisioni e i dipinti di Tassili n’Ajjer e cosa rappresentino veramente...

sabato 3 agosto 2024

Nidi di uccelli tessitori.

 

Il fotografo Dillon Marsh ha documentato nella sua serie "Assimilazione" gli impressionanti nidi comunali che gli uccelli tessitori del deserto meridionale del Kalahari costruiscono sui pali telefonici a causa della carenza di alberi nella regione arida. Questi nidi, fatti di bastoni, erba e cotone, crescono col tempo e possono ospitare più di 100 uccelli e altre specie. Le strutture sono una testimonianza della natura sociale e della capacità architettonica di questi uccelli.

https://www.facebook.com/photo/?fbid=1040938574707620&set=a.532241658910650

martedì 16 luglio 2024

Reptiliani rappresentati nella scoperta archeologica trovata in Egitto.

 

Reptiliani rappresentati nella scoperta archeologica trovata in Egitto.

Nelle profondità del deserto egiziano, una squadra di archeologi scopre un antico tempio nascosto, pieno di figure rettiliane scolpite nella pietra. Queste rappresentazioni, dall'aspetto inquietante e dettagliato, mostrano esseri umanoidi con caratteristiche rettili, la loro bocca aperta in un ruggito eterno, custodiscono gelosamente i segreti di una civiltà perduta. Questa scoperta archeologica non solo sfida la nostra comprensione della storia, ma solleva anche domande sui miti e sulle leggende di esseri alieni che hanno abitato la Terra in tempi remoti. Mentre i ricercatori svelano le iscrizioni e i simboli nascosti, affrontano la possibilità che questi esseri non solo siano esistiti, ma avrebbero potuto influenzare il corso dell'umanità.

giovedì 19 ottobre 2023

La città di Atlantide è stata scoperta nell'occhio del Sahara?

 

Se ti senti sfidato dalla nostra società relativamente inconscia, potresti essere uno dei tanti sognatori che fantastica sulla città perduta di Atlantide. Alcuni credono che l'Occhio del Sahara in Mauritania contenga i segreti che a lungo immaginavamo fossero veri. Estendendosi per 14,6 miglia, l'Occhio sembra provenire da un altro mondo. Considerando gli scritti di Platone sull'argomento, è possibile che questa incredibile struttura sia il luogo di riposo finale di milioni di Atlantidei.
Sebbene le descrizioni di Atlantide di Platone siano epiche e strabilianti, molti credono che abbia appena scalfito la superficie. Descrisse Atlantide come una massiccia formazione di cerchi concentrici, alternati tra terra e acqua, in modo simile a come viene visto oggi l'Occhio. Sottolineò che Atlantide era una civiltà ricca e utopica che creò le basi per il modello democratico ateniese. Platone continuò descrivendo la terra come ricca di oro, argento, rame, altri metalli preziosi e pietre preziose.
Secondo Platone, la storia di Atlantide, raccontata per la prima volta dagli antichi egizi, contiene tutti gli elementi che ci si aspetta da una cultura che non solo era in anticipo sui tempi, ma anche selvaggiamente arrogante. Atlantide era leader nel mondo accademico, nell'architettura, nell'agricoltura, nella tecnologia, nella diversità e nell'emancipazione spirituale, la sua marina e il suo esercito non avevano eguali e i re di Atlantide governavano con estrema autorità. Non sorprende che Atlantide sia caduta in modi simili a quelli di Roma, e potenzialmente in modo simile a come potrebbero cadere gli Stati Uniti.
“Questa potenza venne fuori dall’Oceano Atlantico… un’isola più grande della Libia e dell’Asia messe insieme… Ora, in quest’isola di Atlantide, c’era un grande e meraviglioso impero che governava su tutta l’isola e su molte altre, e su parti di il continente."
― Platone, Timeo/Crizia
Subito dopo aver intrapreso una guerra aggressiva e non provocata in alcune parti dell’Asia, gli Atlantidei furono sconfitti dall’unico esercito disposto a difendere il continente: gli Ateniesi. Nel mezzo delle battaglie, gli Dei scagliarono violenti tsunami, terremoti, tornado, uragani e inondazioni sull'Impero di Atlantide. Come se ammettesse i suoi peccati, Atlantide esplose, si dissolse nell'oceano e nel deserto e non fu mai più vista.
L'Occhio del Sahara, noto anche come "Struttura Richat" e "Occhio dell'Africa", si trova nell'altopiano di Adrar nel Sahara in Mauritania, la Repubblica islamica nell'Africa nordoccidentale. Questa enorme cupola geologica inversa contiene rocce e sedimenti risalenti a un'epoca precedente alla vita sulla Terra.
Visibile dallo spazio, l'Occhio del Sahara ricorda un enorme occhio di bue, che iniziò a formarsi quando il supercontinente Pangea si disintegrò. Le rocce ignee incastonate nell'Occhio includono carbonati e basalti neri simili alla Big Island delle Hawaii.
Di Paolo Wagner ; 26 novembre 2019

domenica 8 ottobre 2023

Cerchi delle fate.

 

Si chiamano “Cerchi delle Fate” e sono delle zone prive di vegetazione, delimitate da un anello di erba alta che varia dai 2 ai 20 metri.
Si trovano nel deserto di Namib e si estendono per circa duemila chilometri, dall’Angola fino alla parte Nord occidentale del Sudafrica.
Per secoli hanno alimentato le leggende delle popolazioni locali e messo a dura prova la comunità scientifica.
Chi “disegna” i Cerchi delle Fate? Secondo alcune leggende africane sarebbero le impronte delle divinità e degli spiriti. Per i popoli che abitano la zona si tratterebbe delle bolle del respiro di un grande drago che abita il sottosuolo.
Recentemente il mistero sembra essere stato svelato dai ricercatori dell’Università di Princeton: I “Cerchi delle Fate” in Namibia, nascono dall’azione combinata delle colonie di termiti della sabbia, in competizione con l’auto-organizzazione delle piante, che si dispongono circolarmente per far fronte alla scarsità di acqua.
Si tratta dunque di un magnifico esempio di auto-organizzazione ecologica.
Voi ci credete?

domenica 20 gennaio 2019

Matera, capitale del deserto. - (Marcello Veneziani)

Arriva come un sasso nello stagno l’anno di Matera capitale culturale d’Europa. Comincia ufficialmente oggi, con Mattarella e Conte, anche se da mesi e poi nella notte Rai di Capodanno, se ne parla come di un evento-riscatto per il sud a partire dal suo luogo più pittoresco e più arretrato.
È bella Matera, suggestiva come una fortezza mistica d’oriente, una località di Cappadocia oppure afghana, o una specie di Betlemme scivolata in Europa. Ha un fascino arcaico, Matera, sembra sospesa in un’età magica e preistorica, come un’età della pietra, lo splendore della miseria, il presepe delle origini; ma suona grottesco definirla capitale culturale europea, perché Matera non ha i tratti di una capitale né di un luogo culturale né di un centro europeo. Ed è scollegata da tutto.
Turismo a parte, è una capitale nel deserto, come una Fortezza Bastiani sospesa nel vuoto in attesa dei Tartari, come nel famoso romanzo di Buzzati. Per deserto non intendo semplicemente i suoi paraggi, la sua provincia, le sue campagne. Intendo il sud, il meridione intero, che è ormai un deserto dei tartari, sempre più disabitato. I tartari qui sono di volta in volta gli emigrati, gli immigrati, i disoccupati. Ma tartari cioè latitanti, sono pure gli investimenti, i progetti, le grandi opere, la cultura, l’editoria. Sempre meno gente legge al sud, altro che capitale culturale europea.
Un tempo il sud aveva mille handicap ma qualcuno, come l’Avvocato Agnelli, poteva ironizzare sugli intellettuali della Magna Grecia. A trovarne, adesso. Anche gli intellettuali, la cultura umanistica, i vecchi professori, come il mitico Aristogitone su cui ironizzava Arbore alla radio rilanciando i suoi ricordi liceali, non ci sono più. Non sono arrivati i manager, in compenso sono spariti gli intellettuali, i loro circoli, i tavolini di caffè in cui si faceva taglio e cultura, pettegolezzo e filosofia.
Il sud non esiste più. La famiglia tipo oggi al sud è costituita da padre, madre e niente più. I figli sono partiti per il nord, e non si portano nemmeno il caciocavallo che “impuzzolisce” le valigie, come recita uno spot della Conad, dove la mamma è una cretina: mette il cacio sopra le camicie, quando mai lo farebbe una mamma del sud; solo il padre ne capisce perché si affida all’ipermercato. Ma i ragazzi partono e al sud lasciano il cacio, non il cuore. Non tornano.
Il divorzio dei figli dai genitori è la prima emergenza del sud. La seconda sono i migranti che stazionano nel nulla col cellulare e la bici in molti centri meridionali d’accoglienza; e per ingannare il tempo, il sesso e magari procurarsi i soldi per vivere, combinano un po’ di guai. Resta in piedi del passato solo la brutta piaga del caporalato, coi braccianti neri o romeni ingaggiati per due soldi per raccogliere olive e pomodori, quando non arrivano anche questi dal medio oriente. Al sud è fiorente solo il filone comico, da Checco Zalone, che da solo fattura per ogni film più della Fiera del levante, a Frassica e alla scuola meridionale di Arbore, a Fiorello, più i comici che imperversano nei video terroni.
Era l’estate del ’64 e sotto un sole “ferocemente antico” Pasolini girava Il Vangelo secondo Matteo a Matera, alias Gerusalemme. La Madre di Gesù era la mamma di Pasolini. Un film all’epoca ritenuto blasfemo, oggi addirittura considerato il più cristiano dei film dedicati a Cristo in croce. Matera, al tempo, era la città più primitiva d’Italia, dove i Sassi evocavano la preistoria e la miseria ancestrale. Ma intorno a Matera già serpeggiava sulle strade e nelle case meridionali lo sviluppo del Mezzogiorno. Un sud in pieno boom, non solo economico ma demografico. Si facevano figli e autostrade, quartieri nuovi, sorgevano le prime industrie, arrivava la luce e l’acqua corrente dappertutto. Poi vennero le Regioni e fu il principio della fine, il raddoppio della malapolitica e degli sprechi. Tornando adesso trovi, si, Matera come uno splendido sito turistico di richiamo globale, ormai lanciato dai film (qui venne pure Mel Gibson con la sua Passion di Cristo), una location mitica, perfetta per la tv; più l’effetto riflesso della vicina Puglia che è diventata meta di forte attrazione.
Ma cos’è il sud, oggi? È un luogo desolato, e non solo perché una fetta larga di sud è nelle mani della criminalità organizzata. Ma perché non si costruisce futuro, non si vive il presente, si fugge e non si fanno figli. Il mondo si è posizionato al nord, i giornali del sud languono o sono in grave crisi (l’ultimo a rischio è la Gazzetta del Mezzogiorno). Rincuorerà qualcuno a sud sapere che in Italia “comandano i terroni”, come scriveva Libero qualche giorno fa. Ma a che vale avere nei Palazzi romani le facce meridionali di Mattarella e Di Maio, di Fico e Conte, se il Sud non conta niente in Europa, in Italia e perfino a casa sua? Se non fa sistema, se non fa rete, se è tutto un regredire, un perdere, uno spopolarsi? Magari fosse realizzabile quel progetto leghista di fare del nostro Mezzogiorno una zona franca, come il Portogallo e le Canarie, con fisco, bellezze e clima invitanti per i pensionati del nord Europa. Quindi con la necessità di creare infrastrutture, così creando occupazione per i ragazzi del sud.
E in questa landa desolata sarebbe oggi il cuore del comando italiano? Ma no, dai, non confondiamo emissari, figuranti, maggiordomi, masanielli e pazzarielli col potere effettivo. I terroni stanno a terra, alcuni sottoterra, lo dico da terrone avvilito, non da nordista che li detesta. Per questo Matera è la capitale del Sahara italiano. E poi giù il deserto…
La Verità 19 gennaio 2019

giovedì 16 agosto 2018

Arabia Saudita, il mistero dei 400 “cancelli” in mezzo al deserto. Si vedono da Google Earth

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RIYAD – Rivelate le immagini aeree delle misteriose strutture in pietra tra gli sperduti terreni vulcanici dell’Arabia Saudita, una serie di 400 curiosi “cancelli” o “porte” presenti nella sperduta regione di Harrat Khaybar.
Dai primi anni ’50, le restrizioni nel Paese hanno impedito ulteriori ricerche sulle strane forme geometriche, che gli esperti ritengono possano risalire fino a 7 mila anni. Con l’aumento delle immagini satellitari e di Google Earth, sono stati rivelati una serie notevole di nuovi scatti, che offrono nuovi sviluppi alla ricerca.
Un archeologo, David Kennedy, ha ottenuto un permesso speciale per sorvolare i desolati campi di lava della regione di Harrat Khaybar, fornendo immagini ancora più nitide delle misteriose “porte” o “cancelli”.
Kennedy, dell’University of Western Australia, ha trascorso quasi 20 anni a studiare le “opere degli antichi uomini”, e ipotizzato che i cancelli siano stati costruiti tra i duemila e i novemila anni fa da popolazioni nomadi e antiche tribù dell’area.
Non c’è una spiegazione chiara del motivo per cui siano stati costruiti i misteriosi recinti che comprendono varie forme, come cancello, aquiloni, pendenti e serrature. In molti casi, sono così grandi che la loro forma può essere vista soltanto dall’alto, ma gli esperti ritengono che le nuove fotografie dall’aereo combinate a un’analisi più attenta sul terreno, in un prossimo futuro potrebbero portare a una svolta.
Kennedy e i colleghi hanno utilizzato Google Maps per individuare i siti che erano più interessati a visitare; hanno poi trascorso 15 ore a bordo di un elicottero della Saudi Royal Commission, scattando 6.000 foto circa di 200 siti.
Su LiveScience, Kennedy ha scritto: “Il numero di “finestre” ad alta risoluzione su Google Earth è cresciuto rapidamente, soprattutto dal lancio del satellite Landsat l’8 febbraio 2013″. “Mancano tuttavia i dettagli e alcuni siti sono invisibili, le immagini possono risalire a mesi o anche anni e quindi meno utili”.
Realizzate su campi di lava, alcune di queste misteriose costruzioni artificiali sono 4 volte più lunghe di un campo di calcio. Alcune pareti in pietra sono state definite “cancelli” poiché dall’alto sembrano come delle porte in un campo.
Alcune sono lunghe fino a 518 mt, le più piccole misurano 13 mt ma tutte formano dei rettangoli con orientamenti diversi e senza una logica precisa, scrive il Daily Mail. In Medio Oriente, nel corso di precedenti ricerche, sono state trovate migliaia di strutture in pietra che formano modelli geometrici, incluse due a forma di ruota risalenti a 8.500 anni fa.
Alcune strutture si trovano nell’Oasi di Azraq, in Giordania, e sembrano avere un significato astronomico, allineate con il sole, secondo LiveScience. Si è pensato che alcune strutture in pietra a forma di “aquilone” fossero trappole per animali, altre forse adibite a riti funebri.

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lunedì 15 giugno 2015

Niger: nel Sahara 18 migranti morti di sete.

 © ANSA

Si erano persi in tempesta di sabbia. Corpi trovati 10 giorni fa.

L'Organizzazione internazionale per i migranti (Iom) ha reso noto che sono stati trovati nel deserto del Sahara i corpi di 18 migranti morti di sete e di fame nel nord del Niger. Un comunicato del responsabile della missione Iom in Niger, Giuseppe Loprete, ha riferito che i migranti sono presumibilmente morti il 3 giugno dopo che una tempesta di sabbia ha fatto perdere l'orientamento al gruppo che dalla città nigerina settentrionale di Arlit stava cercando di raggiungere l'Algeria.
   I migranti morti provenivano da Paesi dell'Africa subsahariana: Niger, Mali, Costa d'Avorio, Senegal, Repubblica Centrafricana, Liberia, Guinea e Algeria.  Secondo l'Organizzazione internazionale per i migranti, il gruppo stava cercando di raggiungere la Libia per imbarcarsi su uno dei tanti barconi che sfidano la sorte nel Mediterraneo per raggiungere le coste italiane e greche. "Il Sahara - ha denunciato il direttore generale dello Iom, William Lacy - può essere mortale tanto quanto il mare per queste ondate migratorie. Moltissimi migranti muoiono in modo tragico senza che nessuno ne sappia nulla". Nell'ottobre del 2013, le autorità del Niger trovarono per caso i cadaveri di 92 persone morte di sete dopo che il camion sul quale viaggiavano si era rotto nel deserto.

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/africa/2015/06/14/niger-sahara-18-migranti-morti-di-sete_470d585e-43cf-4143-b253-236357a3d426.html

Stramaledetti siano coloro i quali costringono esseri umani a fuggire dalle proprie terre ed a morire di stenti attraversando il deserto.

giovedì 10 gennaio 2013

Il grande deserto dei diritti. - Stefano Rodotà



Si può avere una agenda politica che ricacci sullo sfondo, o ignori del tutto, i diritti fondamentali? Dare una risposta a questa domanda richiede memoria del passato e considerazione dei programmi per il futuro.

Ma bilanci e previsioni, in questo momento, mostrano un’Italia che ha perduto il filo dei diritti e, qui come altrove, è caduta prigioniera di una profonda regressione culturale e politica. Le conferme di una valutazione così pessimistica possono essere cercate nel disastro della cosiddetta Seconda Repubblica e nelle ambiguità dell’Agenda per eccellenza, quella che porta il nome di Mario Monti. Solo uno sguardo realistico può consentire una riflessione che prepari una nuova stagione dei diritti.

Vent’anni di Seconda Repubblica assomigliano a un vero deserto dei diritti (eccezion fatta per la legge sulla privacy, peraltro pesantemente maltrattata negli ultimi anni, e alla recentissima legge sui diritti dei figli nati fuori del matrimonio). Abbiamo assistito ad una serie di attentati alle libertà, testimoniati da leggi sciagurate come quelle sulla procreazione assistita, sull’immigrazione, sul proibizionismo in materia di droghe, e dal rifiuto di innovazioni modeste in materia di diritto di famiglia, di contrasto all’omofobia. La tutela dei diritti si è spostata fuori del campo della politica, ha trovato i suoi protagonisti nelle corti italiane e internazionali, che hanno smantellato le parti più odiose di quelle leggi grazie al riferimento alla Costituzione, che ha così confermato la sua vitalità, e a norme europee di cui troppo spesso si sottovaluta l’importanza.

La considerazione dei diritti permette di andare più a fondo nella valutazione comparata tra Seconda e Prima Repubblica, oggi rappresentata come luogo di totale inefficienza. Alcuni dati. Nel 1970 vengono approvate le leggi sull’ordinamento regionale, sul referendum, il divorzio, lo statuto dei lavoratori, sulla carcerazione preventiva. In un solo anno si realizza così una profonda innovazione istituzionale, sociale, culturale. E negli anni successivi verranno le leggi sul diritto del difensore di assistere all’interrogatorio dell’imputato e sulla concessione della libertà provvisoria, sulla delega per il nuovo codice di procedura penale, sull’ordinamento penitenziario; sul nuovo processo del lavoro, sui diritti delle lavoratrici madri, sulla parità tra donne e uomini nei luoghi di lavoro; sulla segretezza e la libertà delle comunicazioni; sulla riforma del diritto di famiglia e la fissazione a 18 anni della maggiore età; sulla disciplina dei suoli; sulla chiusura dei manicomi, l’interruzione della gravidanza, l’istituzione del servizio sanitario nazionale. La rivoluzione dei diritti attraversa tutti gli anni ’70, e ci consegna un’Italia più civile.

Non fu un miracolo, e tutto questo avvenne in un tempo in cui il percorso parlamentare delle leggi era ancor più accidentato di oggi. Ma la politica era forte e consapevole, attenta alla società e alla cultura, e dunque capace di non levare steccati, di sfuggire ai fondamentalismi. Esattamente l’opposto di quel che è avvenuto nell’ultimo ventennio, dove un bipolarismo sciagurato ha trasformato l’avversario in nemico, ha negato il negoziato come sale della democrazia, si è arresa ai fondamentalismi. È stata così costruita un’Italia profondamente incivile, razzista, omofoba, preda dell’illegalità, ostile all’altro, a qualsiasi altro. Questo è il lascito della Seconda Repubblica, sulle cui ragioni non si è riflettuto abbastanza.
Le proposte per il futuro, l’eterna chiacchiera su una “legislatura costituente” consentono di sperare che quel tempo sia finito?

Divenuta riferimento obbligato, l’Agenda Monti può offrire un punto di partenza della discussione. Nelle sue venticinque pagine, i diritti compaiono quasi sempre in maniera indiretta, nel bozzolo di una pervasiva dimensione economica, sì che gli stessi diritti fondamentali finiscono con l’apparire come una semplice variabile dipendente dell’economia. Si dirà che in tempi difficili questa è una via obbligata, che solo il risanamento dei conti pubblici può fornire le risorse necessarie per l’attuazione dei diritti, e che comunque sono significative le parole dedicate all’istruzione e alla cultura, all’ambiente, alla corruzione, a un reddito di sostentamento minimo. Ma, prima di valutare le questioni specifiche, è il contesto a dover essere considerato.

In un documento che insiste assai sull’Europa, era lecito attendersi che la giusta attenzione per la necessità di procedere verso una vera Unione politica fosse accompagnata dalla sottolineatura esplicita che non si vuole costruire soltanto una più efficiente Europa dei mercati ma, insieme una più forte Europa dei diritti. Al Consiglio europeo di Colonia, nel giugno del 1999, si era detto che solo l’esplicito riconoscimento dei diritti avrebbe potuto dare all’Unione la piena legittimazione democratica, e per questo si imboccò la strada che avrebbe portato alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Questa ha oggi lo stesso valore giuridico dei trattati, sì che diviene una indebita amputazione del quadro istituzionale europeo la riduzione degli obblighi provenienti da Bruxelles a quelli soltanto che riguardano l’economia. Solo nei diritti i cittadini possono cogliere il “valore aggiunto” dell’Europa.

Inquieta, poi, l’accenno alle riforme della nostra Costituzione che sembra dare per scontato che la via da seguire possa esser quella che ha già portato alla manipolazione dell’articolo 41, acrobaticamente salvata dalla Corte costituzionale, e alla “dissoluzione in ambito privatistico” del diritto del lavoro grazie all’articolo 8 della manovra dell’agosto 2011. Ricordo quest’ultimo articolo perché si è proposto di abrogarlo con un referendum, unico modo per ritornare alla legalità costituzionale e non bieco disegno del terribile Vendola. Un’agenda che riguardi il lavoro, oggi, ha due necessari punti di riferimento: la legge sulla rappresentanza sindacale, essenziale strumento di democrazia; e il reddito minimo universale, considerato però nella dimensione dei diritti di cittadinanza. E i diritti sociali, la salute in primo luogo, non sono lussi, ma vincoli alla distribuzione delle risorse.

Colpisce il silenzio sui diritti civili. Si insiste sulla famiglia, ma non v’è parola sul divorzio breve e sulle unioni di fatto. Non si fa alcun accenno alle questioni della procreazione e del fine vita: una manifestazione di sobrietà, che annuncia un legislatore rispettoso dell’autodeterminazione delle persone, o piuttosto un’astuzia per non misurarsi con le cosiddette questioni “eticamente sensibili”, per le quali il ressemblement montiano rischia la subalternità alle linee della gerarchia vaticana, ribadite con sospetta durezza proprio in questi giorni? Si sfugge la questione dei beni comuni, per i quali si cade in un rivelatore lapsus istituzionale: si dice che, per i servizi pubblici locali, si rispetteranno “i paletti posti dalla sentenza della Corte costituzionale”, trascurando il fatto che quei paletti li hanno piantati ventisette milioni di italiani con il voto referendario del 2011.

Queste prime osservazioni non ci dicono soltanto che una agenda politica ambiziosa ha bisogno di orizzonti più larghi, di maggior respiro. Mostrano come un vero cambio di passo non possa venire da una politica ad una dimensione, quella dell’economia. Serve un ritorno alla politica “costituzionale”, quella che ha fondato le vere stagioni riformatrici.


http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-grande-deserto-dei-diritti/